VITTORIO                        via Vittorio Emanuele II

 

LA STRADA Era da poco finita nel sangue la repressione della rivolta genovese contro i Savoia, nel 1849. Ai fautori monarchici genovesi, messi a governare città e comuni attorno, presumibilmente seppur angosciati dal comportamento di ‘loro altezze’, incombeva la necessità di ricucire gli strappi cercando di rivalutare le figure dei reali invisi per le scelte fatte e le parole dette; dovettero studiare come cercare di rendere facile nominare il proprio re senza aggiungere improperi o peggio. Così, dare un nome ad una strada importante, sopperiva a tutte queste necessità: ossequiare il potente e farlo nominare ripetutamente senza irriverenza. Lui, ancora vivente (cosa che oggi è impossibile considerato che la prassi vuole che siano passati almeno dieci anni dalla scomparsa della persona promossa alla titolazione).

 


dove, al centro è un tram: ha appena superato                         

Largo Lanterna ed inizia via Vittorio Emanuele.      Verso destra, via de Marini; a sinistra in verticale, diverrà via Pietro Chiesa e porta alla galleria Romairone. Sul tetto la réclame a Pearson

 

 

la lapide era affissa sotto la targa stradale, appena superato l’angolo della casa con il terrazzo a forma di prua di nave

 


 


 

 

 

 

 

 

dove a destra si vedono degli alberi, è Largo Lanterna. A destra la nostra strada con sotto, alla sinistra, la linea ferroviaria che passava a piano terra traversando via Balleydier e, in fondo entrava in galleria sotto le case, per sbucare dove ci sono gli alberi più a destra.

 

 

 

 

 

ai piedi della facciata più scura al centro della foto iniziava, da Largo Lanterna, la via in oggetto; scorreva ai piedi della facciata biancastra verso ponente. Foto 1980

 

 

 


 

 

 

 

 

 

La foto è stata scattata dall’elicoidale nel 1999.

Mostra la nostra strada, all’atto della demolizione delle case di via De Marini;

Le ruspe sono proprio all’inizio strada; a destra la casa che nella foto precedente ha la facciata biancastra; i tre vigili sono al limite di dove la strada era stata tagliata sopra via Balleydier


 

nell’angolo destro-basso i tetti di via DeMarini (dal Toro);        attuale via G.Buranello, allora via

a metà a sin. la villa Gardino: tutte le case da essa in giù,          Vittorio Emanuele

non esistono più.

 

La strada era nata come parallela a mare al lungo tracciato della ferrovia negli anni tra il 1850-4 (a scapito ed invasione dei giardini ed orti di tutte le ville patrizie posti sul tracciato; dietro ordine di sequestro obbligato dei terreni per ragioni di pubblica utilità; in ossequio alla casa reale torinese e nel tentativo di instaurare un rapporto di dipendenza nella cittadinanza avendo da poco Genova perduto l’autonomia repubblicana); la titolazione – probabilmente per accordo tra i vari comuni confinanti - fu estesa a tutto il nuovo tracciato che da Largo Lanterna portava a Rivarolo; dalla Lanterna a quella oggi piazza N.Barabino, il percorso era tra giardini e case; poi sino a Rivarolo pressoché tutto fiancheggiato dalla strada ferrata, e prima non esistente  (sino ad allora il traffico da e per Genova, avveniva usando – dopo il taglio dalla Lanterna - o l’antichissima via De Marini o la regia strada della Marina).

    

  via Vitt.Emanuele ante 1900; tratto in zona attuale – a sin. di via Buranello – ed   destra da piazza

                                                                                        Masnata a via Salineri con unica a sin. v.Vicenza   

 

  Il regio decreto del 22 magg.1857 riconosce una “strada nuova provinciale”, chiamata via Vittorio Emanuele, che dalle porte della città di Genova, arrivava oltre il confine sullo stradone Palmetta (occorre una precisazione, meglio descritta ai ‘confini’: Genova città, pur restando al di qua della collina di san Benigno, considerava suo territorio la strada che dalla Porta della Lanterna scendeva sino alla Coscia, ovvero sino alla piazzetta –poi chiamata Largo Lanterna, ove fu fatto porre il casotto del dazio, dove fu aperto poi il tunnel del tram e da dove iniziava questa nuova strada). Così si comprende la definizione ‘dalle porte della città di Genova’: in realtà da Largo Lanterna. Da qui, proseguiva parallela al mare per quella strada che poi, spezzettata, diverrà via Chiusa, via G.Buranello, via P.Reti, via W.Fillak).

 

foto di fine 1800                                                        quando piazza V.Veneto non aveva nome proprio

       

foto 1910  -  visione da piazza V.Veneto                            allargamento tunnel da piazza Omnibus  

 

      

INSEDIAMENTI  Ai lati del suo lungo percorso, sorsero case abitative, magazzini, e qualche industria di media grandezza.    A dimostrazione che fu presto circondata da case che sorsero come funghi avendo messo in condizione di lottizzare tutti i giardini ed orti che essa aveva tagliato, si porta che la lunga strada fu sede di ben 15 decessi a domicilio (su 68 in totale), citati in una statistica dei morti di colera nel periodo 7 agosto-7 ottobre 1867.

   Degli opifici invece, molti famosi fanno inizio in questa seconda metà del 1800, e proseguiti poi nel 1900:

==== lo stabilimento dell’ing. TORRIANI. L’officina, nata in quegli anni, occupò parte dei giardini della soprastante villa Spinola (di via A.Saffi, oggi via C.Rolando) ormai soggetti a lottizzazione.  A fianco c’era un’altra fonderia, degli Storace-Roncallo (i quali vennero dopo ed erano più piccoli; erano posizionati presumo a levante del Torriani perché in via UmbertoI non sono segnalati; e perché -quando cedettero all’UITE il terreno, forse trasferendosi in via Armirotti -  permisero all’azienda del tram ‘sbucare’ in via A.Saffi).

Risulta fornitore tra l’altro al CAP di tettoie metalliche per calata Zingari nel periodo 1894-9.

Nel 1901, sulla strada già c’era il tram, al civico 7-8 e Torriani al 9: quindi quest’ultimo era a nord (più vicino ai giardini) rispetto la prima sede del deposito, comunque oggi facilmente localizzabile dagli anelli infissi nel muraglione del treno, ove venivano attaccati gli animali da tiro che trasportavano il materiale della fonderia. Una cartolina postale (sotto) con prezzi in offerta (per apparecchi divisori per fresatrice) datata 1 ottobre 1920, firmata “Ing D. Torriani & C. in Liquidazione”.


 

Cessò la sua attività -cedendo l’area all’UITE- poco prima del 1930 in seguito alla morte del titolare (il quale possedeva una ‘filiale’ in via san Fermo –vedi, località di san Martino del Campasso- la quale invece riuscì a sopravvivere ancora per vent’anni circa).


Tuvo segnala -foto 5.16, alla Marina, in corrispondenza dell’attuale civico 95 di via SPdA, a ovest del palazzo del Sale- il cantiere navale del Torriani (appare una baracca-tettoia messa perpendicolare al mare, con sulla spiaggia una alta gru (come poteva essere a quei tempi, fatta di 4 assi appoggiati al vertice, e sotto una barca in costruzione. Probabilmente non fu ‘fagocitato’ dall’Ansaldo, ormai orientato a Sestri; ma fu solo demolito).  Nella foto 5.95 si nota sullo sfondo in alto una ciminiera, sembra probabile fosse dello stabilimento di via Reti (ma non è facile stabilirlo): vedi 5.93.95 e foto della biblioteca Gallino.

 ==== Risale al 1870 circa un secondo insediamento industriale della zona. l’opificio di WILSON & MACLAREN.

   Le persone  = Questi furono due scozzesi, arruolati dalla regia Marina sarda come  macchinisti navali. Ambedue pare fossero, in patria, già impiegati in officine meccaniche; e proprio considerato le loro esperienze attive nel campo della meccanica e col fine di gestire i motori delle navi furono assunti per la spedizione relativa alla guerra di Crimea (sappiamo che Cavour doveva rifornirsi in Inghilterra di motori, locomotive e naviglio, e quindi anche di personale qualificato per il quale aveva tolto l’obbligo di possedere un passaporto; non solo perché quasi unico fornitore  ma anche per tessere e mantenere relazioni di commercio con la GranBretagna la cui potenza era necessario fosse amica per le idee di espansione che covava).

   John Wilson (Virson, per il popolo) era nato a Lannark (Scozia) nel 1825 compare nei registri della Marina dal 1853 al 1856 come meccanico; rimasto vedovo, si era risposato con la signorina Giuseppina Bottazzi e con essa aveva avuto tre figlie (Jannette era morta precocemente di tisi malgrado un’alimentazione ricercata; una sposata con un albergatore; delle terza non si sa).

  

foto Alexander Brothers, Glasgow & A.Noack- da Il Lavoro

 

   Alexander Maclaren –la sua storia è meno nota; era nato a Glasgow nel 1823, era ingegnere e rimase celibe.  

 Quando nel 1856-7 vennero congedati dalla regia Marina sarda (ed abbondantemente liquidati economicamente), è facile intuire perché provarono ad investire i loro capitali guadagnati; si insediarono a San Pier d’Arena alle dipendenze del già avviato connazionale Thomas Robertson (Wilson come capo tecnico e MacLaren forse impiegato, visto il titolo; col proprietario condividevano patria  e conoscenze tecniche sui motori a vapore, probabilmente già da prima della guerra o comunque dall’atto dello imbarco-sbarco nel porto di Genova. Intuirono che Torino si stava aprendo a questo argomento e che Genova, col porto, era il posto ideale; la ferrovia fece cascare la scelta su SPdArena).

   Se dapprima forse abitarono delle case lungo l’attuale via Pacinotti, quando trasferirono le officine al Campasso, si sa che sulla via Provinciale V.Emanuele al n. 55 prospettava anche l’abitazione dei due proprietari.

   Ambedue, seppur descritti ‘cattolicissimi’ erano come molti inglesi presbiteriani con idee politiche tendente alla sinistra liberale e modicamente progressisti; facevano parte (o forse solo Wilson) della loggia massonica locale “La Verità”. Risultano essere state persone dal forte temperamento, legati a modi di vita semplici e severi, attenti alle problematiche sociali dei propri dipendenti, e quindi vicini alle esigenze della nuova categoria di lavoratori, i metalmeccanici (per esempio non licenziavano i richiamati alle armi ma li riassumevano al ritorno; nel 1880 non licenziarono alcun dipendente – come fecero gli altri opifici – preferendo lavorare in perdita. Ciò malgrado, Ciliento scrive che quando divenuti vecchi e malati, furono vergognosamente truffati da soci italiani e morirono carichi di debiti. Non lasciando beni particolari, molte furono le suppellettili (piatti o soprammobili) e la Bibbia di Wilson (che riportava sia la scritta ‘Genoa 1854’ a memoria di quando sbarcò a Genova, e sia una dedica della madre, donatrice del libro “ricordati amore di chi ti ha donato questo libro. Quando altri giorni verranno: quando chi per prima conobbe i segreti del tuo cuore dormirà nella stretta dimora, ricorda che fu tua madre a darti il dono, dono di chi morirebbe per salvarti”), donati alla servitù.

   I due fondatori dell’impresa metallurgica morirono a breve distanza, nel 1897: a maggio McLaren, a dicembre Wilson; il giornale radicale ‘Caffaro’ segnala nel gennaio 1898 la tumulazione delle salme dei due (più laconica la notizia sul ‘SecoloXIX’ e sul ‘Corriere Mercantile’; non riportata sul quotidiano cattolico ‘Il Cittadino’).

   Tutti i componenti delle due famiglie, sono ricordati assieme, in un caratteristico monumento  posto nel novembre 1901 nel Cimitero della Castagna, scolpito in forma semplice dall’artista locale Valsecchi Federico.

 Lo stabilimento - Nel 1862 avviarono in proprio uno stabilimento nella zona della Fiumara prospiciente il mare, divenendo ”costruttori di macchine e caldaie a vapore, molini a grano, ruote idrauliche, turbine e materiali diversi per ferrovie”. 

L’attività progredì fino a quando, in piena espansione, non trovarono ulteriori spazi per allargarsi e modernizzarsi; anzi,  furono scalzati volenti o nolenti dal vicino Ansaldo, evidentemente più forte.

   Così, negli anni subito dopo il 1870, decisero un trasferimento in zona Campasso (forse anche con previsione di minori commesse relative a imbarcazioni da varare, e maggiori relative ai  motori ed al vasto materiale della ferrovia): occuparono con facilità un terreno di oltre 3mila mq (Cevini dice 13mila; che avevano comperato l’anno prima, pare dalla Carena e Torre; delimitato tra la ferrovia e via Vittorio Emanuele (poi via UmbertoI, oggi via WFillak)  e che a lato-mare arrivava a piazza Palmetta ed a lato-monte sino all’attuale via V.Capello che delimita la zona a quei tempi  definita piazza d’Armi). Pare che però riuscirono a mantenere in zona Fiumara una fetta di spiaggia per il residuo cantiere navale della società.

   Lo stabilimento occupava circa 80 operai nel 1874 ed era terzo d’importanza in città.

200 divennero gli addetti nel decennio 1880-90; nel 1884 la decisione governativa di rinunciare all’importazione e favorire la produzione nazionale di materiale ferroviario e marittimo, arrecò un notevole balzo in avanti con evidente aumento dell’occupazione, dedicandosi anche alla produzione di beni strumentali per l’industria alimentare (macchine agricole) ma soprattutto cantieristica (aveva la doppia caratteristica di stabilimento metallurgico e fonderia, e di officina meccanica).  Sintomo delle continue fluttuazioni del mercato, si segnala invece la presenza di soli 150 operai nel 1892 quando produceva sempre macchine a vapore, caldaie e tutti quei pezzi metallici necessari ai più svariati macchinari compresi per piccoli  navigli interamente preparati nella fabbrica anche se non più in condizioni di essere varati direttamente (si stava passando dagli scafi in legno a quelli in metallo); per dimensioni era la sesta in Liguria.

   Con la scomparsa dei titolari, si interruppero anche le conoscenze necessarie per ottenere commesse, e proprio in un periodo storico negativo per l’industria; questo determinò per la società entrare in crisi parallela a quella dei Balleydier ed essere posta in liquidazione gli impianti da un valore di 1,5milioni, nel 1900 vennero valutati solo 460mila lire: fu rilevata dal banchiere Pietro Canzini che la chiamò “Società Ligure di costruzioni meccaniche e navali Wilson e MacLaren”.

   Rientrò in crisi dopo due anni, e i 300 operai furono prima ridotti, poi  tutti licenziati (non esistevano ancora i sindacati ed era appena nata la Camera del Lavoro sampierdarenese). Cosicché nel 1903 anche il banchiere dovette cedere tutto il manufatto alla società che già aveva rilevato l’azienda Balleydier (ridivenuta potente con l’apporto di numerosi finanziatori locali) divenendo parte della “Soc. F.lli Balleydier, soc.Ital.di Fonderie in Ghisa e Costruzioni Meccaniche”: l’attività riprese, con 350 operai, con la costruzione di alcuni rimorchiatori per la regia Marina. Nel 1907, giudicando l’impianto obsoleto e divenuta la società “già f.lli Balleydier”, si ripeté l’opera del licenziamento.

   Così che ogni attività cessò completamente, non trovando acquirenti; per valorizzare ed utilizzare ancora le attrezzature, esse  furono trasferite alla Tubi Ghisa di Cogoleto.

   Una relazione sull’opificio, datata 1913, specifica che con un cancello d’ingresso di adiva ad uno stretto e lungo piazzale sul quale si affacciavano gli uffici e, in fondo, la fonderia e le varie officine (meccanici, fabbri, tornitori, calderai); il tutto in edifici a capannone  “solidamente costruiti ad uso industriale”, alti una diecina di metri. Poco discosto, erano i “servizi igienici” (tra virgolette perché definiti  “una pozzanghera in un canto”) ed alcune stalle per i cavalli. 

   L’area fu  affittata divenendo magazzino di cotone e raccolta stracci, finché allo scoppio della guerra 1915-18 venne rilevata dall’Ansaldo per fabbricare motori per aerei militari: ”Fabbrica Motori a combustione interna terrestri e marini - compressori  d’aria” (nel periodo bellico  vennero fabbricati aerei SVA e Balilla con motore SPA6: fu con questi aerei che D’Annunzio fece la famosa ‘impresa trasvolata su Vienna’).

   Dopo un ulteriore tentativo di riconversione a macchine agricole, l’Ansaldo rivendette tutto alla vicina società della Corderia Nazionale, a cui il terreno rimase sino alla totale demolizione dell’opificio (credo che Lamponi faccia confusione tra piazza Palmetta e via Bezzecca, quando scrive che l’area divenne sede della Cooperativa calderai in rame (nata nell’anno 1900, ebbe onorificenze alle esposizioni di Milano del 1906-Bruxelles 1910-Torino 1911; nel 1915 si trasferì a Cornigliano e che-sul Pagano/33- è solo a Genova).

 

====Quando l’UITE il 1 ott.1895 acquistò dalla Compagnia Generale Francese le concessioni e proprietà tranviarie, tra i beni acquisiti erano compresi lo stabilimento detto “Centrale” (sito in via Vittorio Emanuele -oggi via P.Reti-  al civ. 33B =nuovo civico rispetto quello del 1901), e quello della “Coscia” (in largo Lanterna, a monte di  dove iniziava la galleria sotto il colle); nella contemporanea convenzione tra Azienda e Comune si incluse l’obbligo di impiantare un doppio binario lungo tutta la via. Quindi nell’anno 1900, la strada comprendeva il lungo tragitto: dal tunnel (nord-sud) al bivio con via DeMarini (largo Lanterna),  al bivio con via C.Colombo (est-ovest), alla piazza Teatro Modena, al sottopasso di via N.Barabino (dalla stazione ferroviaria), al bivio con via A.Saffi (nord) (via Rolando) , al Campasso, al Dazio presso Rivarolo.

   Il libro scritto dal dr. Lorigliola Gualtiero (dottor Walter) intitolato “Cronistoria documentata illustrata dei fatti di Genova marzo-aprile 1849”, fu stampato nel 1898 dall’editore G.Palmieri e figli Tipografo, in via V.Emanuele, 15.

 

via Vittorio Emanuele nel tratto tra la Lanterna e piazza N.Barabino

 

==== LAVORAZIONE DELLA LATTA.

La latta nasce dall’unione dello stagno col ferro: questo, portato a lamina, riceve successivi bagni di lavaggio e fissaggio in stagno fuso. I vantaggi sono il basso costo, robustezza, leggerezza, velocità di produzione, impermeabilità, capacità di conservazione naturale del contenuto.

Lo stagno è un minerale conosciuto fin dai tempi più antichi, estratto dalla  casserite, ovvero biossido di stagno; ed essendo la regione del Wunsiedel tedesco particolarmente ricca del minerale grezzo - e quindi anche produttrice - si pensa che essa sia stata il primo posto produttore, seguita poi dalla G.Bretagna.

L’industria della latta nacque come ovvia conseguenza della sempre più fiorente attività del mercato dell’olio, dall’importazione, lavorazione ma sopratutto immagazzinamento e distribuzione al minuto. Il repentino incremento di questa attività verificatosi nella prima metà del 1800 determinò la necessità di reperire recipienti adatti per forniture all’ingrosso. Veniva usata una lega al 50% di stagno e piombo per saldare le lattine.

In parallelo avveniva la scoperta della litografia (=disegno su pietra). Essa  nacque in Baviera agli inizi del 1800 per idea del boemo Alois Senefelder il quale  voleva stampare in forma economica le sue opere letterarie e musicali: notò che la pietra delle costruzioni locali, pestata, si può portare ad un impasto solido e duro, intaccabile però dall’acido nitrico escluso sotto un eventuale disegno tracciato con sostanze grasse. Ottenne così il disegno in rilievo netto, possibile di essere usato come stampo e di ottenere molte riproduzioni tutte eguali. L’invenzione venne bloccata da leggi locali mirate ad impedirne l’esportazione. Sbloccato il mercato nel 1820 il francese Engelman ne derivò l’oleografia (usando  matite grasse) ottenendo disegni di maggiore nitidezza.

A SpdA, primi in Italia, arrivò a metà di quel secolo portato dal giornalista Carlo Daste (espatriato in Francia nel 1830  per motivi politico mazziniani e capace di intuirne l’applicazione nella inscatolazione del pesce, già in atto) ed applicata dall’officina Clavenna di via Calatafimi.

Pare fu DeAndreis figlio, che dall’Inghilterra   introdusse per primo la litografia su metallo.

Importanti divennero sia  i tecnici cromisti, ovvero gli esperti nel miscelare i colori, sia i pittori (vengono ricordati i locali M.A.Canepa, A.Bertorello, ErcoleDagnino, ErnestoMassiglio; ed anche Luigi Pasero, Craffonara, Gentili, Bigliardi, DellaValle, PietroBarabino, FedericoPeschiera, RomoloR.Tessari). Alcune fabbriche più importanti avevano i loro, altre si riferivano a professionisti esterni; finché non vennero sostituiti dalle macchine stesse.

Tale sistema decorativo delle latte divenne così esteso in Sasn Pier d’Arena, da determinarne il titolo di capitale della latta 

Gli industriali, vengono ricordati in ordine alfabetico (con segno ^ se capaci di litografare la latta per illustrarla; alcune avevano macchinari per la produzione completa del pesce in scatola - dalla raccolta, a tutte le fasi di preparazione fino all’inscatolamento definitivo -; altre si limitavano a produrre i contenitori, opportunamente litografati nell’etichetta ed indicazioni;  tra parentesi, dove trovare riferimenti più specifici descritti in SpdAPuzzle (abbreviati):

 Balestrino v.VEmanuele 163r---; Bozzolo^, v.Ruffini poi c.so Martinetti 25r ( MA+PRO)—-; Canale Pietro (D)---; Casanova Giacomo^ v. Manin 5 (D)---; Conte (c.soMartinetti)---; Costa v. DeMarini 32r (D)—; DeAndreis Gottardo (apr/1906-telef. 900 e telegrammi Dadre; e giu/1925; soc.an.stabilimenti grafici; capitale L. 1.500.000) → poi DeAndreis&Casanova^  v.Cassini 6 (C,D,MA,SAN)—; Fabbrica Minuterie v. Cristofoli 1 (C)---; Falchi A^  v CRota 8 (PRO)---; Fossati Giacomo v.GB Sasso 11r, v. Rela 35r, v gen.Cantore (C,SAN)—;  Galoppini f.lli^ v. SBdFossato 28 (B, BEN, C, G)—; Ligure(L-Emiliana; soc. Lig. Lavoraz. latta, fabbrica conserve) v. VEmanuele 1 (Ligure: BEN, C, G, MA)--- LigureEmiliana (BEN); la soc. Massardo-Diana (Fondatore fu Diana R.D. L’officina è data come importante anche perché Manlio Diana fu l’ultimo sindaco della città di San Pier d’Arena prima dell’inglobamento nella Grande Genova. I Diana erano due fratelli:  uno interessato alla fabbrica di scatole in latta ubicata in via Vittorio Emanuele ed ancora attiva nel 1942; produceva -assieme ad altre 10 officine similari in città- scatole per conservare il tonno o conserva di pomodoro. L’altro fratello con officina ubicata in via A.Castelli, inscatolava sott’olio il tonno cotto al vapore.)---; Molinari Eugenio (SA)--; Moro T. v. Bottego 1 (B, C)—; Nasturzio^  v.VEmanuele 17 (vedi sotto lo stabilimento; BEN,D)—--; Pretto E. e C. v. Larga 13 (G)---;  Raffetto^ v.CColombo, v.d. Cella (C, PRO)---; Rottigni con la ditta RB---; Sanguineti (G) ---; Savio^, poi l’Americana’ v. GAlessi  (A)---;  Solertia vSBdFossato 1  (B, C)---; Tabacchi (C)---; Taddeo & figli;  f.lli Tardito^ v. GB Monti 23  (MI)---;  Tosetti (D)---; UVAL (BEN)---; Vicari & Barazzone (B). 

Più d’uno poi,  i lattai, piccoli artigiani, non citati, come Repetto, Firpo, Gazzo, Gandolfo.

 Tra tutti, alcune centinaia di dipendenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Due cartoline postali eguali, di ricevuta ordinazione, datate 1905 e 1906, sono state spedite da “Società Anonima Conserve Alimentari e Lavorazione della Latta / capitale statutario L.2.000.000 – dei quali L.500.000 emessi e L. 1.500.000 versati / con  sede in Genova e stabilimenti a Sampierdarena, Alghero” senza spiegazione di indirizzo. Altrettanto per l’esportazione – di tutte le qualità e dimensioni – per olio e conserve alimentari”.  Parimenti, si ricava dalle azioni emesse: recano scritto che la società si era costituita con rogito 5 luglio 1899 – presso il notaio Costa di Torino ove fu registrato l’8 luglio 1899 e trascritto alla Cancelleria di Genova; conferma che il capitale statutario di 1,5 milioni nel 1905 fu innalzato a 2milioni dopo assemblea straordinaria, emettendo delle azioni.- 


 

 

 

Una cartolina segnala nel 1890 l’esistenza dello stabilimento cromolitografico sulla latta, di Gaspare Rossi, in via Demarini n. 8 “lavorazione completa di scatole e casse per


Un opuscolo tipo Bignami, pubblicato nel 1918 ed indirizzato ai principianti calderai, nello spiegare lo stagno riferisce che “fabbriche di tal genere abbondano nel Nord America, Germania, Francia. In Italia a Sampierdarena, a Torino, a Milano, a Forlì.”.

Il Costa/1922. guida di Genova, a SPdArena cita come rimasti lavoratori la latta, la presenza de: Bozzolo & C. (cromolitografia-via Ruffini, 16 tel 33399; Casanova G. via Manin 9 tel 1662; l’Americana soc.an. via Alessi, 7;  Solertia soc.an via sBartolomeo, 13r tel 1298; SocietàLigure per la Lavorazione della Latta.     Erano invece solo produttori di litografia su latta, Nasturzio F. in via Vittorio Emanuele; De Andreis G. via Manin soc.an.

 

 

CIVICI

===civ.2: Crivelli scrive sul Gazzettino che – a SanPdA - E. Salgari abitava al piano terra delle ‘case Canepa, 96’ alla Coscia, senza precisare meglio.  Da altre informazioni, apparirebbe che il palazzo nel quale abitò non esiste più, sostituito da un edificio moderno – probabilmente quello posto nell’angolo tra via Pietro Chiesa e piazza N.Barabino (ove ora, di famoso, c’è il night club san Françisco).

Sappiamo che invece  in casa Rebora di via V.Emanuele, assistito dalla levatrice Carbone Maddalena alle ore 12 del 6 nov.1898 gli nacque Romero il terzogenito (esiste il certificato di nascita di Romero: ebbe come testimoni un cavalier Luigi Gottardi ed il signor Amedeo Bertorello; parteciperà poi come soldato a gloriosa esperienza bellica;  ma anche lui ebbe breve esistenza perché morì suicida a 33 anni), e non a caso -nell’elenco proprietari del 1901, vedi sotto -, al civ. 2 compare un Rebora  Augusto. Non conosciamo con precisione dove era la casa Rebora – case omonime sono anche in via De Marini vicino a Largo Lanterna -  trovatagli dal procuratore dell’editore, Edoardo Spiotti: alcuni descrivono essere nell’angolo tra via Galata (oggi via Pietro Chiesa) e via Vittorio Emanuele (oggi via G.Buranello). Dove nella cartolina sotto è una carrozza, finiva via C. Colombo (v.SPdArena, di spalle) ed iniziava via Galata (v.P.Chiesa); la casa dietro alla carrozza potrebbe essere quella abitata da Salgari (di positivo, è che corrisponde la comunicazione con via Emanuele, considerato che allora non esisteva ancora piazza Barabino e giustificherebbe come posizione, la mareggiata subita. Di negativo è che essendo al civ.2, sembra troppo ad ovest rispetto l’inizio strada in largo Lanterna). Di sicuro che divenne insufficiente per una famiglia di cinque persone, con una bimba femmina tra essi; e forse era anche cara come affitto. 

 la foto segnala la ‘casa Rebora’;  

senza però specificare dove era.

 

  Allora  trentaseienne,  Emilio Carlo Giuseppe Maria Salgàri   fu Luigi, aveva in moglie Aida Peruzzi ventinovenne, attrice di teatro. Dei quattro figli, Fatima e Nadir sono precedenti alla sua venuta a San Pier d’Arena; Romero nacque qui; e Omar l’ultimo venne alla luce a Torino.

   Wikipedia scrive che il nome va letto accentando la seconda a,  perché deriva dal nome dialettale di una pianta: ‘salgàr’ che in veneto corrisponde al salice nero.

  Emilio era nato a Verona il 21 agosto 1862 (alcuni storici scrivono 1863) in vicolo San Marco al n.839;  figlio di commerciante-negoziante veronese di tessuti Luigi e da Luigia Gradara, casalinga veneziana. Poco si sa della sua gioventù: fu mandato a balia da Maddalena Cinquetti, e crebbe nella frazione Tomenighe di Sotto, del  comune di Negràr in Valpolicella. Poi la famiglia si trasferì all’attuale “ca’ Salgari”. Già da bambino, era chiamato ‘Salgarello’ per bassa statura; e da ragazzo; 13enne, iniziò le scuole tecniche comunali (che non concluse): già animato dalle fantasie orientali, si scrive che a Verona frequentava la biblioteca per raccogliere i particolari che poi descriverà nei romanzi: infatti aveva 9 in italiano e voti molto più modesti nelle altre materie. A sedici anni fu ospite a Venezia da una zia –Filomena De Rossi – la quale lo iscrisse, prima come uditore poi ai corsi regolari, al Regio Istituto Nautico al fine di conseguire la licenza di capitano di gran cabotaggio (richiedeva anche 4 anni di esperienza di navigazione e l’età di 22 anni); ma al secondo anno non si presentò agli esami né si imbarcherà come programmato, quale mozzo su un trabaccolo “Italia uno” che faceva la spola Venezia-Brindisi.

   A 21 anni (1883) esordisce pubblicando su un giornale illustrato di Milano “La valigia” il suo primo racconto in quattro puntate e titolato ‘I selvaggi della Papuasia’ firmandosi con la sola sigla S.E.

  A questo racconto seguono l’anno dopo, 150 puntate sul quotidiano veronese “La Nuova Arena” del romanzo ‘La tigre della Malesia’ (il quale, poi ristampato in libro da Donath nel 1900, diverrà ‘Le tigri di Mompracem’).

   Dicorato racconta tre episodi: uno, che –frequentando nel 1878 a Venezia il regio Istituto nautico P.Sarpi- era un promettente studente  ma non riuscì mai a raggiungere il diploma come avrebbe voluto, di capitano. Secondo, che dopo aver dato alle stampe due libri fortunati (La tigre della Malesia e Le tigri di Mompracem- in realtà uno solo romanzo) fu introdotto nel quotidiano veronese “L’Arena” dove lo chiamavano col soprannome ‘capitano’ per i suoi trascorsi liceali. Terzo, che il giornalista Biasioli Giovanni (o Giuseppe?) de “L’Adige”, volendo ridicolizzarlo prese a nominarlo ‘mozzo’, oppure ‘Salgarello’,  oppure ‘La tigre della magnesia’. Salgari, sentendosi offeso sfidò a duello di sciabola il rivale e nella contesa (a Chievo, 25 settembre, alle ore 14) lo ferì lievemente mandandolo però all’ospedale. Ma dovette subire sei giorni di prigione da scontare nella fortezza di Peschiera, più 30£ di ammenda. Il fatto ebbe una certa risonanza ed accrebbe la conoscenza ed ammirazione verso il  giovane autore.

   L’Enciclopedia Zanichelli propone che collaborò ad altri giornali veronesi (‘La nuova Arena’, e ‘La Valigia’), nonché un’altra cronologia: dapprima -1883=dei racconti, accolti favorevolmente dai giovani (‘Tay-sea’, ed  ‘I selvaggi della Papuasia’, quest’ultimo pubblicato su un settimanale milanese); poi romanzi d’avventura (1890=’La scimitarra di Buddha’; 1895=’I misteri della giungla nera’ ed ‘Il Corsaro Nero’; 1897=’I pirati della Malesia’; 1901=’Le tigri di Mompracem’;   1903=Jolanda la figlia del Corsaro Nero; 1907=’Sandokan alla riscossa’. Tutti tradotti in molte lingue.

  Il padre morì suicida il 27 novembre 1889, come poi faranno pure il nostro Emilio e due suoi figli: Romero ed Omar, quest’ultimo per precipitazione dal secondo piano nel 1963.

   Si era trasferito a Torino e –lui 30enne- si sposò il 30 gennaio 1892 con la 29enne Ida Peruzzi conosciuta in una compagnia di attori dilettanti; lui la ribattezzò Aida, e sempre così la chiamerà.

   A Torino lavorò per alcuni anni (dal nov.1893 al 1898) sotto contratto con l’editore Speirani che pubblicò una trentina di lavori, alcuni firmati con pseudonimi. (Lo scrittore Piero Zanotto - sulla rivista “Prezzemolo” ed a conclusione di una rassegna durata cinque mesi a Verona – non riconosce questi due anni torinesi e lo fa legato a contratto -nello stesso 1892- a Milano con Treves – il quale gli pubblica il romanzo ‘la scimitarra di Budda’, illustrato da Gaetano Colantuoni e già pubblicato a puntate su un settimanale “Il giornale dei fanciulli”).

   A fine anno, gli nasce la primogenita Fatima (e poi chiamerà così anche l’eroina del romanzo “il Re della Montagna”); e così, si trasferì a Milano.

   Nel 1894 gli nasce il secondogenito, che verrà battezzato Nadir (come era il protagonista del secondo libro pubblicato da Treves ‘il Pescatore di balene’ illustrato da Gennaro Amato = famoso illustratore che per molti altri libri definirà graficamente gli eroi del Salgari)

 

   Arrivò a SPd’Arena (con moglie incinta di Romero), nella prima metà dell’anno 1898; e vi abitò per alcuni anni.

  Il figlio, come detto nacque qui nel 1898. Pino Boero dice esplicito ‘due anni; dalla fine del 1897 alla fine del 1899’; Felice Pozzo è più preciso e documentato. Bertieri, precisa che l’appartamento abitato era di cinque vani nel ‘palazzo Reboa’ in via Vittorio Emanuele:  “un grosso casamento tra la piazza Barabino ed il nucleo della Coscia, demolito quasi mezzo secolo fa per fare spazio alla rampa    elicoidale della camionale «Genova-Serravalle». Salgari vi si era trasferito all’inizio del 1898, pagando un affitto di cinquecento lire annue, per essere più vicino al suo editore...”.

Finalmente a tu per tu con il ‘suo’ mare, ideale per produrre il capolavoro del ‘Corsaro Nero’ ed altri titoli famosi. In quell’anno lo scrittore era stato nominato cavaliere. E qui visse una parentesi particolarmente felice e serena, reduce di  un grave esaurimento sofferto negli  anni precedenti, travagliati da un seguirsi di disgrazie, compreso la vista che ebbe un calo significativamente pauroso.


   Minnella  scrive che era conosciuto ed apprezzato dalla gente come scrittore di libri di avventure, forse già il più noto d’Italia. Ma si racconta che lui, grande scrittore di avventure di mare, a parte  un unico viaggio in nave da Venezia a Brindisi nel periodo scolastico, ebbe riscontro di esso solo quando per una mareggiata ebbe -come un vero marinaio- la casa allagata, con conseguente rovina di molti manoscritti e dell’enciclopedia da cui traeva notizie dei luoghi d’oriente.


  Dalla Coscia, frequente era la passeggiata in barca o a piedi fino alle osterie di Sottoripa ed angiporto a raccogliere testimonianze dirette dai marinai. 

  Boero riprende ricordi di Emilio Firpo, il quale descriveva Salgari in via Luccoli ed il suo desiderio di accompagnarlo fino a Caricamento – ove prendeva il tram a cavalli per tornare a SanPdA - per ascoltare le idee di nuove trame fantastiche, le quali – ricorda Firpo - lo attiravano tanto da spesso inciampare nelle buche perché ammirato ad ascoltarlo.  

   A Genova, suo editore dal febbraio 1897 a giugno 190 fu il bibliotecario berlinese  Julius Anton Donath di via Luccoli 33r (nato 28 febb.1857, battezzato cattolico; arrivò a Ge all’età di 40 anni, il 22 nov.1897 quando sposò Ester Giordano nata 1873. In attività dal 1886-7, nel 1890 assunse la cittadinanza italiana -con giuramento al re ed al regno, e con diritto al voto ed iscritto alla Camera di Commercio-; non ebbe particolari difficoltà –anche se le temette- durante il conflitto contro la Germania nel 1915-18 ed è documentato fosse ancora in città nel 1917; non si sa dove e quando morì) (; più di tutti pubblicò libri dell’autore. Arrivato a Genova nel 1886 per fare il libraio ed editore –gran fornitore della Biblioteca Universitaria ed iscritto alla Soc.Lig. di St.Patria-. Voleva essere editore di libri di pregio; e quindi, le storielle di quel finto marinaio lo squalificavano: lo giudicava capitano di mare seduto su una sedia, che  però riusciva a far navigare la fantasia come mai altri. Infatti – libri di questo ‘navigante’ ne vendeva tanti, il che faceva trovar posto ad un compromesso morale con se stesso, sfruttandolo: iniziò convincendolo con un contratto scritto –che non prevedeva diritti d’autore-,  a trasferirsi da Cuorgné con la famiglia –allora composta dalla moglie Ida Peruzzi, da Fathima (nata 1892) e da Nadir (1894)- .

Per ‘colpa’ di Salgari, Donath era passato da editore di cultura e di portata europea, a editore di romanzi; gli intellettuali genovesi lo ignorarono preferendo altre pubblicazioni.  L’editore teneva legato lo scrittore con un contratto di esclusiva, con minimo tre libri annui. Malgrado tirature che arrivavano a 100mila copie per enorme – a quel tempo- successo di pubblico, per lo scrittore non corrispose una agiatezza economica adeguata, per abile sfruttamento delle sue capacità da parte di tutti gli editori. 

 NB=La legge sui 'diritti d'autore' era nata  nel 1840 (sino ad allora, essi erano furbescamente trascurati dagli editori che si sentivano autorizzati a 'usare' gli scritti di data antecedente; il povero Salgari è posteriore a questa data però si può pensare che essa era non obbligatoriamente applicabile o poco chiara, visto i tempi lunghi e le scarse possibilità di comunicazione).

 I rapporti con l’editore genovese Anton Donath vedono una relazione (che, altra fonte pone nel periodo 1895-1907); ma negli ultimi anni era tornato a Torino; nel 1895 aveva iniziato con ‘I misteri della Jungla nera’, modificato nel 1903 con l’aggiunta di altri otto capitoli. Seguirono editi con lui ben 34 libri, alcuni (almeno tre) firmati con lo pseudonimo Enrico Bertolini, oppure Romero S., quasi tutti illustrati da Pipein Gamba (su un totale di 82 romanzi e oltre cento racconti).    Di essi, 5 corrispondono al periodo di soggiorno qui.

   Con Donath, in ordine cronologico: 1896=‘i pirati della Malesia’ e ‘i Robinson italiani’;  1897=’Il capitano della Djumna’; 1898=‘al Polo nord’,’Il Corsaro nero’, ‘Le stragi delle Filippine’, La Costa d’Avorio’;  1899=‘la Capitana dello Yucatan’, ‘Avventure straordinarie di un marinaio in Africa’, ‘Le caverne dei diamanti’; 1900=‘i minatori dell’Alaska’, ‘Le tigri di Mompracem’, ‘gli orrori della Siberia’, ‘gli scorridori del mare’;  1901=’La stella polare e il suo viaggio avventuroso’ , ‘la regina dei Caraibi’e ’il fiore delle perle’; 1902=‘i naviganti della Meloria’ e ‘la montagna di luce’; 1903=’i predoni del Sahara’ e ‘le pantere di Algeri’; 1904=‘le due Tigri’,’i figli dell’aria’, la città del re lebbroso’, ‘l’uomo e il fuoco’, ‘i solitari dell’oceano’;  1905=’Jolanda la figlia del Corsaro Nero’, ‘La sovrana del Campo d’oro’, ‘La perla sanguinosa’, ‘il Capitan Tempesta’; 1906=‘le figlie dei faraoni’, ‘il re del mare’;  1907=‘le aquile della steppa’, ‘alla conquista di un impero’;   1908= ‘Cartagine in fiamme’.

Con Donath, dal febbraio 1904 pubblicò il periodico ‘Per terra e per Mare’, che uscirà per 31 numeri fino al 1906 (non citata da Beccaria).

Ed a stimolare la fantasia, famosi sono i disegni di Giuseppe Garuti (firmati Pepein Gamba, capace caricaturista e disegnatore di costumi anche per il Carlo Felice), e di Alberto DellaValle che in cromolitografia a otto colori, prima fotografava amici e parenti nelle posizioni che voleva rappresentare.  

Nell’anno 1900 gli nacque il quartogenito, terzo maschio, che sarà chiamato Omar. È un periodo positivo: popolarità alle stelle e vendita ‘come il pane’; ma lo scrittore scivola in uno stato depressivo e tenta di uccidersi con la spada.

La burrascosa collaborazione con Donath era  finita con una lettera datata 20 ottobre 1906 in cui l’editore scrisse “stando così le cose, V.S. si persuaderà facilmente che la casa Donath non è verso di Lei contabile per somma alcuna. Ciò per di Lei norma onde mettere le cose nei veri termini ed a scanso di equivoci”. In quell’anno tornò a Torino (in corso Casale, 298 del borgo Madonna del Pilone), e passò all’editore Bemporad.

   A causa della sua ingenuità, distratto dalla sua fantasia e da un paventato calo di vista, dalle bizzarrie della moglie (peggiorata da quando lui aveva tentato il suicidio una prima volta, ma venne salvato); e dovette ricoverarla l’anno dopo. Non meno, i doveri di padre, accompagnato solo da cento sigarette e da una bottiglia di marsala al giorno le difficoltà economiche con debiti che divennero una costante della sua vita.   Sciocco poteva essere ribellarsi, ma non tanto da non accorgersene se, nella lettera testamento che lasciò prima di precipitarsi, scrisse amaramente 13 lettere di addio, tra le quali una per l’editore: “a voi che vi siete arricchiti con la mia pelle mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi-miseria od anche più, chiede solo che per compenso dei guadagni che vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna”.

Anche lui come il figlio, morì il 25 aprile 1911, quarantanovenne, suicida (alcuni scrivono per precipitazione in un burrone del bosco della Madonna del Pilone a Torino; Wikipedia scrive per karakiri col rasoio di casa; Zanotto scrive ‘a colpi di rasoio’).

   Ai figli lasciò scritto: «sono un vinto. Non vi lascio che 150 lire più un credito di altre 600 che incasserete dalla signora...». Il corpo fu trovato per caso da una lavandaia. L’11 febbraio il suo corpo venne traslato in treno a Verona, salutato fino al cimitero da una straripante folla commossa.

Sono conosciuti numerosi apocrifi (più di un centinaio) che editori privi di scrupoli, gli attribuivano

Dai suoi libri sono stati tratti i soggetti per oltre 45 film.

Gli è stata intitolata la scuola elementare di salita san Barborino. 

Sulla rivista Focus si legge che nell’ottobre 2011 la Associazione ex allievi e docenti dell’Istituto Nautico San Giorgio di Genova ha promosso la concessione Honoris Causa del diploma di capitano a Emilio Salgari. Attestato che è stato ritirato da Romero Salgari, pronipote discendente da Romero figlio.

 

CRONOLOGIA  & CIVICI

 

Nel 1901 dal tunnel di largo Lanterna sino al sottopasso ferroviario dell’attuale piazza V.Veneto, vi abitavano : civ. 1 caserma guardie di Finanza; civ.1a  casa Carpaneto Giuseppe ed 1b Carpaneto Giacomo; civ.2 Rebora Augusto; civ. 2a casa Ballejdier eredi; 4 casa Croce; civ.5,5b casa Carrozzino ; 6,8 casa Pittaluga Antonio;  7,7a casa Cassa Invrea; civ. 9,10 casa Durante e Roncallo e C; civ.11 casa Podestà Tobia e C; civ. 12 casa Sommaria; civ.12a magazzeno legnami Casanova; civ.13 Casanova Bianca; civ.14 Scaniglia eredi; civ.14 magazzeno legnami Canotti e C; 14a Garibaldi Luigi; 14b Queirolo Giuseppe; 15 Arata e C; 15a Costa Giacomo C; 16,16a,17 casa Natini già Pallavicini; 18 Tubino Arturo; 19 e 20 Balbi e C (il palazzo d’angolo con piazza Modena?); 21 vedova Parodi; 22 Masnata e C già Morando; 23 Chiesa e C già Leanghi; 25 ospedale Pammatone;  26 Galliano e Ratto; 27 Galliano Pietro; 28 Fava (l’albergo Centro)– Tuo già Aronne; 29 Campi e C. già Borzino

Si nota che tutti questi insediamenti, vanno dal tunnel al volto ferroviario; o perché ce ne erano pochi progredendo verso il Campasso; o perché il Pagano non era ancora ben organizzato; o perché nel 1901 il tratto finale  (via P.Reti e via W.Fillak) fu dedicato al figlio del re, UmbertoI,  assassinato a luglio dell’anno prima (quest’ultima spiegazione che sembrerebbe la più logica, invece non regge perché nel 1902 il Pagano non si aggiorna sul nuovo nome di UmbertoI e continua a descrivere in via VEmanuele anche dalla stazione al Campasso. 

due operai al lavoro in un buco – con le pietre ammucchiate al

marciapiede; un trasportatore trasloca due cavalli; un nugolo di gente

attende l’apertura del cinematografo

 

   Il Pagano 1902 « segnala (la data dopo →, significa che l’esercizio è presente nei Pagano successivi) al ---2 Savio Angelo, tel 590, litografo e fabbrica casse in legno;--- Dellepiane Davide (→1912) ha negozio di cereali e carrube;---4 assieme ai depositi di Carpaneto, c’erano quelli di Garibaldi e Copello, tel 758;--- 8 spedizioniere Pittaluga Antonio fu Andrea (→1919);--12 p.p. f.lli Frassinetti sarti---13 Malfettani e Burlando fabbricano liquori;---nell’archi.ferr. Cavaglione Giuseppe vende stracci;--- 14 Svicher G. «(→1919, il fotografo:--- 14A Ditta Sanguineti Antonio (→1919): deposito di birra e fabbrica di acque gassose;--- 14B/4 l’appaltatore di costruzioni Carrena Carlo (→1912);---14B Bagnara Ermillo ha un cappellificio;--- 15 Canepa e soci grossisti di olio d’oliva;--- Boccardo Giuseppe (→1912; 1925, eredi) tornitore;--- Plateo cav. A. e Ferrari sono appaltatori di costruzioni;---Palmieri Gius. e Figli tipografi (→1912; 1925 in via C.Colombo);--- 16 Sanguinetti Policarpo fa l’ebanista e Sanguinetti Michele i mobili;--- verniciatore Burlando Luigi (→1919);--- civ.17 0steria dei f.lli Tacchini (→1912);--- 18 negoz. cappelli di Glorio Gius.;---negozio di calzature di AghinaFrancesco (anche in via Mazzini)--- 19 un albergo ‘del Commercio’ gestito da Crespi Giovanni;---trattoria ‘Leon d’Oro’ di Gruna Anna (→1912);--- Grazioli Biagio «(→1912) vende apparecchiature per gaz;--- 20 e 21  negozio di macchine da cucire, rispettivamente di Brolis Cesare «→1925; compare anche come negozio di mobili e tappezziere ed orologiaio; nel 1925 è al 42n, 163r,214r, tel.5906, ed anche in pza G.Bovio,);---  la compagnia Singer;--- 21 ombrellaio Motta Quirico;---22 succursale della sartoria genovese dei f.lli Conte (si facevano réclame con intera pagina, con scritta “F.lli Conte fu Lazzar / Genova Sampierdarena // Fornitori di impermeabili gommati alle Ferrovie dello Stato, Ministero della Marina, dell’Aeronautica e dell’Interno nonché dei principali Comuni d’Italia // Confezione speciale di impermeabili per Borghesi in tutte le forme di Gabardine con iterpedini gommate e di tessuti gommati //Specialità in stoffe Nazionmali ed Estere acquistate direttamente dalle fabbriche // Confezione di abiti / accurata Vendita di stoffe a metro / sartoria in via vittorio Emanuele, 294 rosso, tel.42101 / laboratoprio nimpermeabili via azzini 10-1 tel. 41140;---negoz cappelli di Carrera Pietro;---abit del pittore Orgero Carlo;--- 23 i f.lli Chiesa fu Francesco vendono chincaglierie e di ferramenta;--- l’osteria (mescita vini)-trattoria di Rivara Franc.(→1912), diventerà dal 1919→’25 ristorante il BRILLÈ’’ sempre di Rivaro, ma al civ. 56);

 

---25 un Peri Carlo con negoz. pellami ed art. per calzature; nel 1911 il figlio continuerà l’attività;---Arnolfi Antonio è droghiere e confettiere;--- 26 l’orefice (fabbr.) Noli Angelo (→1925); ed 27  Rebora Giuseppe ha negozio di cereali;---28 ristorante del Centro (di Podestà Rosa ved. Fava (→1912; dal 1919 al 25 di Frassinetti Adriano), tel 3337 poi 41-004);---29 (d’angolo con v.N.Barabino 8) il pasticciere Muller e C.(→1912);--- e negozio di stoffe di Villa Giuseppe (→1912);---31B selleria di Pagella Luigi fu Carlo;--- 31c fabbrica di cinghie di pelo di cammello, di A.Massoni e Moroni, tel.910--- f.lli Trucchi rappresentanti, vendono filtri per olio---32 brillatori di riso F.Franchini e C.;---33A l’eserc. UITE (trasporto viaggiatori telef.n.901);--- 34 Morando succ. si interessano di macine per molini;---commestibili di Bagnasco Maria;--- 34L f.lli SASSO  fabbrica pallini da caccia;---35r Garibaldi Salvatore (→1912) ha mescita di vini;-35 i Monticelli Bartolomeo e figli di via s.Antonio hanno una fabbrica di pasta alim.;---41 archi Ferrovia negozio di vetrami  di Meirana Bartolomeo (→1912);--- 48 la Corderia Nazionale Carrena e Torre ha un deposito aperto;

      

                                                                Bagni r.Margherita e l’inizio strada (davanti essi, e dietro

                                                                casetta con tettoia). A destra, palazzo di via De Marini

 

---56-A al Campasso le ‘Fabbriche Riunite Glucosio Destrina e affini;--- 50B fabbriche di turaccioli, di Canessa & Spanio (→1912) e di Ondano Emanuele (→1912);

---Con civico non specificato:Rolla Vittorio (un omonimo nel 1911 con differente attività) vende carbone minerale;--- Spanò e Solari negozio di mobili---  f.lli Chiesa fu Francesco sono armaiuoli (sic)—vicino al tunnel tramway, i ‘bagni Regina Margherita’ di Bonifacini Lagorara e Cabella;--- Canepa Ernesto (archi Ferrovia→1912), intagliatore in legno, ha una segheria a vapore e fabbrica cornici;---negozio vetrami di Canepa Ernesta;---f.lli Puppo ortocoltori;---

 

      Una cartolina (collez. Canepa) viaggiata il 29 maggio 1904 (con l’immagine del Nuovo Ponte di Cornigliano, porta scritto a penna «Grazie della sua gentilissima lettera. Presto le scriverò a lungo. Quando scrive a Mamma prego mettere “Corso V. Emanuele n. 30” oppure “presso il Pretore”». Negli elenchi sopra, precedenti a quella data non c’è il civ. 30 e  sembrerebbe che i civici non siano ancora ancora suddivisi in pari/dispari altrimenti sarebbe stato sotto le arcate della ferravia.

 

     È nella cronaca cittadina del 22 gennaio 1903, che nella mattina mentre si recava a Cornigliano per il varo di uno yacht da diporto privato, Luigi Amedeo Savoia, duca degli Abruzzi nella via ebbe un pneumatico forato all’auto che lo trasportava, proprio all’altezza di via della Cella. Ovvio il capannello di curiosi ed entusiasti, trattenuti da un tenente dei carabinieri prontamente intervenuto con le guardie comunali, ai quali per mezz’ora il Duca rispose amabilmente fino alla sostituzione della ruota bucata.

 

    Una ricevuta delle Imposte Dirette relative all’esercizio 1904 è della ‘Esattoria di SAMPIERDARENA’  -  Assunta dalla Banca Popolare di San Pier d’Arena – L’Ufficio esattoriale trovasi in via Urbano Rela n. 1, ed è aperto.... (nel 1909 invece trovasi in ‘vico Mentana, 16’, telef. 456). Nell’agosto 1915 manda un avviso scritto segnalando che causa il richiamo alle armi di molti dipendenti, è costratte a chiudere la filiale di Pontedecimo; mantenendo quelle di Bolzaneto, Busalla, SestriPon., Voltri.

 

 

 

 

Nel 1904, al civico 48/1 esisteva un Poliambulatorio medico, chiamato «Policlinico Generale’ - istituzione fondata da medici specialisti, ed ha per iscopo la cura in singole Sezioni delle malattie riguardanti le specialità medico-chirurgiche. Tale cura è gratuite per le classi povere’». Era suddiviso in undici sezioni: sez. 1: sistema nervoso-dirigente dott.Emilio Greco; sez 2: cuore e polmoni-dirig. dott. Peone Gandolfo; sez. 3: stomaco e intestini-dirig. dott. GB Ramino; sez. 4: bambini-dirigente dott. Giorgio Rotondi; sez. 5: chirurgia in generale-dirig. dott.MarioOberti; sez. 6:  Donne ed Ostetricie: dott-Italo Benso; sez. 7: genito urinarie-dott. Metello Sacco; sez. 8: pelle e sifilitiche-dott.S.Artom; sez. 9: occhi- dott. Edoardo Besio; sez. 10: ORL-dott.Achille Torretta;  sez. 11: bocca e denti-dott. Vittorio Marcori.

Nel 1928 era ancora in attività

 

    Nel 1910 compare scritta nell’elenco delle strade pubblicato dal Comune “dal bivio con via DeMarini al sotto passaggio Umberto I (quest’ultimo riferimento appare poi cancellato a penna e sostituito con ‘alla piazza F.sco Ferrer’)”, con civici sino al 66 ed al 21A.

 

         

                                                                                          L’inizio della strada da Largo Lanterna –davanti 

                                                                                     al palazzo bianco- come era ancora negli anni 1980

 

   Nel Pagano 1908, 1911, 1912, 1919, 1925-6) si rilevano di più appariscenti attività: al 3 ed al civ.23 i Parodi e Parodi (→1912; si reclamizzano come armaiuoli - aggiunge:’success.’. Invece come  ferramenta e chincaglieria ‘succ. f.lli Chiesa’ (come scritto nella foto sopram, ”succ. f.lli Chiesa fu Franco”Nel ‘19 sono ai civv. 288.290.292, tel.294; nel ‘25 ai civv. 312-4-6r tel. 41313);--- al civ.4 i magazzini per depositi (docks, anche in via C.Colombo 96) di Carpaneto GB (→1925);--- civ.5 Sanguineti Antonio (→1919) fabbrica acque gassose:--- 8r sotto il viadotto ferroviario, la “Coop. tra muratori ed affini”;--- 13 (archi. ferrovia.) negozio di stracci di Cavaglione Giuseppe (1908; forse Caviglione Giuseppe);---  14  fratelli Grasso (1908→1912) fabbricano casse di legno;--- al 14-44 c’era la Camera del Lavoro a cui aderivano innumerevoli categorie di lavoratori e cooperative (tra esse  la grande coop di Consumo “Alleanza Coop. Ligure Avanti” di via Saffi);--- 15,  Caprile Antonio →1912,  tappezziere e fabbricante di mobili in legno;--  Vaiatica Felicita (1908) con negozio di mode (diventa poi di Biocchi);--- al n.20 del viadotto ferrov. l’armaiolo Masnata Giuseppe →1919;--- 22, ing. Scaniglia Angelo (→1919);--- ed al p.3 l’ambulatorio dell’oculista dr Staderini Carlo (1908→1919);--- 25 coesistono un negozio di legnami da costruzione Molinari Diego (1908→1912) e idem di Giuseppe, distinti;--- il confettiere Molinari Ettore;--- e Peri Francesco (1908→1912) che ha negozio di pellami;--- civ.26  (PIAZZA OMNIBUS) il ferramenta chincagliere Serra Raffaele 1908→1912 (nel ‘19 al civ.64, tel.1204)---, ed all’int.1 Cattaneo Bartolomeo mediatore in grano e cereali;---  27r fabbrica di pettini di Giovanni Galli fu Lorenzo telef. 2372;---  civ.28 albergo e ristorante ‘del CENTRO’;---  ed una fabbrica di turaccioli di Scibilia C. (→1912);---  civ. 29CAFFE’ ELVETICO e pasticceri;--- al 29r Rosso Omero e C vendita di velocipedi;--- 31 assicurazioni Ausonia (→1919; telef.910) infortuni, agenzia di Sampierdarena; e fabbrica di cinghie di pelo di cammello di Massoni e Maroni con telef.n. 910;--- 31B, Alberti Luigi →1912;  di ‘istrumenti musicali’;---  e Pagella Luigi fu Carlo →1912 di selleria;--- al civ. 31C i f.lli Trucchi →1912 (n.telef.: 29) hanno rilevato (vedi nella categoria dei rappresentanti) fabbrica articoli tecnici e negozio di filtri per olio e cinghie per trasmissione nonché rappresentanti di oli e saponi;--- come identica di A.Domange e f.gli →1912, che nel 1912 avrà telef. 910 (telefono uguale alla ditta FoltzerEmilio che vedi in civ. non specif. ha fabbr. olio minerale);---  civ.32, ancora i fratelli Trucchi;  e la Wacuum Oil Company →1912, fabbriche di olio minerale;--- civ.32A fr.lli Galoppini (→1912, tel.821) fabbr.casse in legno e litografia (uffici a Ge.); al civ. 33 ditta di costruzioni meccaniche e navali nonché fonderia in bronzo e ghisa ing.D. TORRIANI e C. Nel 1912, ha telef. n. 849; poi telef. 598);---  civ.33 TRATTORIA ‘del tramway’ di Parodi Andrea →1912;  il meccanico Repetto GB (→1912 è al 33-D, oppure al 34D) tel 849 e fonderia in bronzo e costruttore meccanico;--- e F.Franchini e C. brillatori di riso;---  civ. 33A di nuovo la Galoppini→1912, ma per Litografie per illustrazioni casse e latte per conserve alimentari;---  civ.34 la Farmacia Sibelli Clemente  (oggi Mauro; in essa avevano reperibilità quasi tutti i medici locali: Bonanni Carlo→1912, Botteri GB →1912, Bruno →1912,  Canessa Lazzaro 1908, Canevari Pietro 1908, Danovaro →1912, Gras 1908, Viglione →1912); ---ed i ‘succ. Morando →1912 di macine per molini;--- 34D Guiducci Luigi  lavorava il crine per fare cavi e corde;--- 34L fabbrica pallini da caccia, tubi e lastre di piombo fr.lli Sasso (dalla TORRE DEI PALLINI);--- civ.35 pastificio Monticelli Bartolomeo e figli →1912 (anche in via s.Antonio);---  al 42 fabbrica mobili in legno Sanguinetti Michele (1912) (citato essere anche al civ.16); al 42/11 l’appaltatore di costruzioni Piano Agostino (1919);--- al civ.44 Pastorino Giovanni →1912 rappresentante di oli e saponi;  e vi coesiste il negozio di art. per calzature di Cavanna Ernesto→1912 divenuto (1919) Nicolò;--- civ.52 neg.calzature di Rapallo Raffaele→1912);- al 52-1 Galliano Lorenzo e fratello nel 1919 con casella postale n.30, tel.64-31, vendono acciai inglesi fusi al crogiuolo per utensili);---  civ. 54  fabbrica di liquori e deposito c.te Chazalettes e C.→1925; il rappresentante DeAmici Enrico; e le levatrici Boltaro Caterina →1908 e Moretti Teresa, 1925;-  civ.58 Banca Popolare →1912, telef.n. 456;- civ.83 Bodio e C. →1925, rappresentanti della Casa “Peugeot di Parigi”;- 117r l’asfaltista Cavo Zaccaria, 1919, tel 30-25;- 121r altra fabbrica di liquoridi DeAmici Enrico (→1925) tel 30-25;  142r Roccatagliata e C.→1912, di articoli tecnici, olio minerale  e fabbrica di cinghie per trasmissione (nel 1925, telef.32-18).

---In civv. non specif.: il cinematografo Dante (dal 1921, dei f.lli Queirolo);  caffè ROMA (1908→1912 di Frassinetti Adriano; 1925, di Trevisan Serafino);--- fabbrica carrozze e carri Tortarolo Giacomo «1912, archivolto ferrovia;--- i f.lli Rolla Vittorio (da solo « con negozio di metalli ed impresa trasporti) ed Edoardo→1912 con articoli tecnici, cinghie per trasmissione ed olii (sic) minerali lubrificanti tel.n.813 (1925, saranno stessa via, al civ.251, tel 41341);---  le assicurazioni generali Venezia (1908-12) (agenti Brignole e Lagorio, telef 19-23; nel 1919-25 solo Lagorio Silvio);---  fabbrica di olio minerale di Foltzer Emilio 1908-12, con telef. n. 910;--- il confettiere Coppo Federico;--- Rastrelli Adolfo →1912,  e C. che nell’archiv.ferroviario vende legnami da costruzione ed ha telef. n.304;---  Luigi Gallotti →1912, di stoffe;---  f.lli Puppo orticoltori;---- Conte Emanuele macchine per cucire;--- Vernazza Ettore →1919 mediatore in grano, cereali e foraggi;---  Mainetti negozio moda;--- Spanò e Solari negozio mobili;--- la società Anonima Coop. di Produzione costruzioni meccaniche e navali, fonderia in ghisa e bronzo (anche in via Saffi);---   trattoria della Gina →1925 (s.Martino, Campasso);--- fr.lli Massa cartolai;--- il merciaio Polacco (1908-12)---Soc. Servizio Automobili di piazza, 1919, di Dodi e C, tel. 5976 (tariffa per percorsi – Per i primi 1200 metri L. 1,20. Per ogni 300 metri successivi L.0,20. Per ogni bagaglio da collocarsi all’esterno della vettura L.0,25. Aumento durante la notte L. 0,25 % senza contare le frazioni. Nei percorsi fuori comune il ritorno a vuoto va retribuito in ragione del 50%)—

  

foto 1921                                        1928                                                 1930

 

=Pagano 1911 e 1912  civ.2 Dellepiane Davide vende carrube e cereali;- 7 (archiv.ferrovia) il negozio di cappelli di Pieragostini Alessandro (nel 1925 è al civ.35r);--- 16 negozio mobili di Sanguinetti Michele;--- 21 l’ombrellaio Motta Quirico;--- 22r commestibili di Marzocchi Francesco;---  23 brillatori di riso F.Franchini e C.;--- 25 Verardo Eugenio 1908 confettiere (1912, è solo pasticciere);--- 27 Rebora Giuseppe con negozio di cereali;--- 27r forno per produzione di pane di Bozzone Domenico; e fabbrica di pesi e misure di Ferrari Gatti e C. (anche in via s.Antonio);--- 29r vende velocipedi Rosso Omero;--- civ. 30 Castello Jole levatrice;--- 34 negozio commestibili di Bagnasco Maria;--- 38 dentista Odino Filippo;--- 41r commestibili di Marchese Angela;--- 42.11 appaltatore di costruzioni Piano Agostino, →1912, (oppure Domenico);--- 52 il droghiere Coppo Rinaldo;---  52-4 Masnata Silvio tel 1889 fa filetti per macchine e rappresentante ‘di macchine in genere’;--- 56 levatrice Moretti Teresa;--- 59r un ufficio commerciale e rappresentanze di Adené Ferdinando;--- 60 elettricista Orsi Angelo;--- 68r commestibili di Multedo Giuseppe;--- 118r commestibili di Grasso Agostino;--- 132r commestibili di Bruzzone GB;--- 166r commestibili di Cuneo Oreste;--- 178r impresa trasporti di Mattioli T.;- 184r commestibili di Monteverde Giovanni;--- 201r l’orologiaio Carlevaro Lindo.→1912;- 223r negozio di pellame di Mignone Tomaso;--- 254r commestibili di Dagnino Agostino;-  286r commestibili di Parodi Angela;- 304r commestibili di Oneto Filippina.

---Non specificato il civico: Canessa Ernesto→1912 fabbrica di casse;--- Pittaluga Luigi con negozio di frutta secca ed agrumi nell’archivolto ferroviario;---  impermeabili fratelli  Conte fu Lazzaro →1912 (nel 1925 è anche in via Mazzini 10-2: sartoria civile e militare per ufficiali con drapperie inglesi finissime e nazionali. Forniture per Municipi, collegi. Fabbrica di beretti (sic. ma altrove, berretti), specialità per forniture e ufficiali-fornitore del Municipio di Genova e Ferrovie dello Stato);---  farmacia Della Ferrera Francesco →1912 (nel 1919 è al civ. 202r tel.2975; non c’è nel 1919,’21,’25; il proprietario appare nel 1919 lo stesso della farmacia di via Marabotto,25);--- lo straccivendolo Veardo che ritroveremo nel 1925 e 1933 in vico Stretto dove ora c’è con lo stesso mestiere Frontali Socrate;--- impresa trasporti fratelli Bagnasco (nel 1925¨ è solo Giacomo al civ.44-7);--- società’ Cooperativa tra spazzaturai’ 1912;---   Dotto cav. Federico, scultore;--- Ivaldi, 1912, fa il confettiere nella via quando essa  inizia a chiamarsi Pza Ferrer);--- Cavo Zaccaria asfaltista;--- Bagnasco Giacomo impresa trasporti;--- Spanò e Solari negozio mobili;--- Mainetto V, negozio di mode;--- l’ebanista Policarpo Sanguinetti;--- Canepa Ernesta con negozio di vetrami;--- Ivaldi Bartolomeo fu Carlo salumiere---. 

   ===civ.54  dal 1920 ed attiva ancora nel 1933 vi operava una “società di Mutuo Soccorso di impiegati civili” di Sampierdarena.

Negli anni trenta, vi aveva sede all’interno 6 una soc.an. Ateneo musicale intestato a G.Monteverdi.  (Già erano aperti lungo la strada, la farmacia della Ferrera ed il cinema Dante).

   Nel marzo 1921, dal Comune vengono sottoposte ad aumento delle tasse una serie di società aperte nella strada: al civ.19 la soc.Ligure Lavorazioni Latta e Fabbrica conserva (vedi via G.Buranello, Centro Civico);--- al civ. 104  Santamaria Carlo , ferramenti d’acciaio;-. 

   Nel Pagano/1925 compaiono nuovi: al 9 il sarto Bonatti Achille;    ---al  17 Nasturzio Silvestro è: (a) produzione di casse di legno (nel 1920 aveva una delle sei fabbriche locali di conserve alimentari, in via C.Colombo; nel 1921 appare in via Vitt.Em. al civ.32A; nel 1925 ha qui - al 17, con tel.41207 - uno dei nove stabilimenti similari locali); b) al 17 la fabbrica e negozio di conserve alimentari, tel.41353; c) al 17 lavorazione della latta e litografie tel 41-207);   --- al 17r ha sede anche una “soc. Ligure per la lavorazione della latta e la fabbricazione delle conserve, Anonima”, (sic),”telef. interc. 41453”;  ---

---al 19 la “soc.an. R.D.Diana & C. (industria e commercio della latta nonché litografia e lavorazione della latta tel. 11.472.  Nel 1926, fatturava  una ordinazione di ‘creolina Pearson’ da essere ‘consegnata a ½ Vs/carro’. → così ancora nel 1935, tel.41 472. ). Nel 1961 risulta ancora presente (ma spa, in via G.Buranello, 85r); --- e Costa Giacomo fu A. negoziante di olio d’oliva e di seme;--- al 22 negozio di sale e tabacchi di Platone Carlo;--- al 25 il tabacchino Cipollina Carlo;--- 27r il fornaio Borzone Domenico;--- 36 l’abitazione del prof. Skultecki E. grande protagonista dell’Ospedale cittadino;--- 36-2 l’esportatore Burlando dott. Francesco;--- 38 p.p. ha il suo gabinetto dentistico il dr. Rasia dal Polo Remo;---  42n e 163r e 214r Traverso Luigi tappezziere ha una segheria e mobilificio; e lavora con Canepa come falegname ( anche in v.Gioberti);---; al 48 il sarto Cardillo Antonio;--- al 60 Taricco & C.si impegnano sia per lo sfruttamento dei brevetti, sia per la e gestione della “ELASTIT (copertura elastica impermeabile brevetto G.Fava);--- al 87-89r archivolti ferroviari la fabbrica di soda di Carretta A.F.;--- al 127r i f.lli Cavo asfaltisti;---145 la tintoria di Cardinale Carlo;--- civ. 163r l’officina meccanica f.lli Balestrino fu G. per “lavoraz. stampi per la lavorazione della latta”:--- civ.186-8r Nicelli Arturo¨ negozio di merceria, biancheria, maglieria specialità per bambini;---civ. 188-190 Vedorato Luigi vende forniture industriali di materiali elettrici;--- 205r negozio esede di mobili-legnami e legna da ardere di Ambrosini Annibale (attivo anche nel 1920-con fabbrica e deposito in v.ACairoli)--223r negozio pollame di Mignone Tomaso;--- al 238r la ‘Sartoria Internazionale’ di Vitale Angelo, tel. 34-96;---262 tessuti di Robotti & Lusuardi presente ancora nel ‘33;--- al civ. 298 il calzaturificio di Lanzini & Tegoni;---292r la fabbrica profumi di Comotto Achille & Cornelia;--- a 306-8r Taborelli Giuseppe ha una succursale delle ‘seterie di Como’;--- 314r Parodi e Parodi hanno negozio di ferramenta;---

 due carta intestata di RD Diana con diverso logo (quello del 1935, col fascio)

NonPrecisatoCivico = Ristorante-trattoria ‘TESTIN’ posta all’angolo con via Gioberti;---Vaggi Onorato¨ confettiere pasticciere;--- Bagnasco Emanuele, trasporti;--- agenzia della Banca Commerciale Italiana (dal 1919);---  Banca Popolare (Sampierdarena), istituto di credito ed esattoria;---- eredi Forni Enrico legnami (via Buranello lato mare altezza via Gioberti);--- Galoppini Fratelli¨ lavorazione latta (a monte in via A.Castelli);--- Homberger Walther (¨civ.32, & C.o), articoli tecnici, fornitura industriale;--- Massardo Diana & C , conserve alimentari (a levante di via A.Castelli

;--- Ottone Giorgio negoziante in olio;--- Repossi Adolfo , titolare cinematografo Dante.

 

   Nel 1926 quando avvenne l’unificazione comunale nella Grande Genova, la via esisteva a SPd’Arena  (dalla Lanterna a piazza Bovio, da questa a piazza V.Veneto ed anche una piazza), a Nervi (piazza e viale), Rivarolo, Sestri, Borzoli, Centro, Pegli, Pontedecimo, Prà,  Quarto, S.Quirico, Voltri.

   Nel 1927 al 27r esercitava Carlo Martinetti – officine fabbromeccanica e saldatura autogena.

    Nel 1931 era già percorsa da intenso traffico giornaliero, con 4861 veicoli così suddivisi, 1695 auto, 994 camion  dei quali 480 a grande portata, 1756 tram dei quali 700 con rimorchio, 370 autobus, 75 moto, 12 carri a trazione animale, 13 biciclette, 9 carretti a mano.

Al civ. 21r lavorava il sellaio Civallero Lorenzo

   La titolazione stradale ancora c’era nel 1933, da largo Lanterna al sottopasso di piazza V.Veneto, di 2.a categoria. In questi anni vengono ricordati alcuni esercizi aperti sulla strada: una fabbrica di cappelli Bellini (non unica in città: in una foto del 1910 troneggia una grossa insegna murale nei pressi di piazza Barabino, di un’altra fabbrica di cappelli di Donato Fanfani, nonché il vasto cappellificio di via A.Doria (v.Giovanetti); l’Ateneo Musicale ‘G.Monteverdi’ con sede principale a Genova in via Ettore Vernazza.

Nel Pagano/1933 (già dal 1925=¨) sono descritti: al civ.2, dal 1925, il negozio di cereali e carrube di Dellepiane Davide;--- al civ. 5 una fabbrica di acque gassate di Sanguinetti Antonio con, al 14-a un deposito di birra (quest’ultimo civ., era la fabbrica);


 

--- sempre al 5 fabbrica di colori e vernici Lechner & Muratori (casa italo svizzera-, con uffici in via Mameli – a destra, cartolina usata per ordinazioni: a Vado vengono ordinati in data 7 settembre 1923, 4 fusti di ossido ferro rosso v);---

 


---16 il verniciatore Burlando Luigi¨ (dal 1925; vedi al 105);---16r l’ottonaio con saldature autogene Volta Luigi presente dal 1925;--- 19 i tornitori eredi di Boccardo Giuseppe in attività dal 1925;--- 21 i f.lli Galoppini con ‘casse in legno, e litografie per illustrazioni casse e latte per conserve alimentari. Telef.41.224’;--- «civ.22, all’angolo con v.della Cella il negozio di ombrelli di Prini Francesco;---23 il negoz. vini di Rivara Francesco (dal 1925)¨;--- 26 i magazzini dei figli di Enrico Forni negozianti in legnami;--- 30.p.t il fotografo Svicher Alfredo (uno dei primi a fissare Genova con immagini artistiche, e punto di riferimento locale per ogni ritratto, da quello tombale ai matrimoni e di ricordo. Proveniva da Amburgo nel 1890;  divenne cavaliere e sposò una Storace con la quale fece nascere Michele, che aveva l’hobby della poesia e dello studio della Liguria e che prosegì l’attività nel negozio vicino al cinema;--- 32 (pal.De FRANCHI, oggi civ.14) la Assicurazioni “Liguria”, sindacato di mutua contro infortuni del Lavoro, tel. 41262;---  36-2 e 40 gli importatore, esportatore dr Burlando Francesco ed Ottone Giorgio & figli;--- 42-11 l’appaltatore Piano Agostino e costruttore edile Piano Domenico  (ambedue dal 1925);--- al 44 Cavanna Nicolò, già dal 1925 con negozio di calzature ed articoli per calzolai ed al 44-4 l’accordatore di pianoforti Rovegno Luigi (dal ’25); 48, il floricoltore Magnanego Dionisio (dal ’25);--- 51 il droghiere Coppo Rinaldo (dal ’25); 54 negozio di ferramenta di Masnata Silvio (anche rappresentante macchine in genere, ritagliatura meccanica e lime, tel. 304);--- 68r commestibili di Multedo Giuseppe (dal ’25); 85r Picagli A.F. offre impianti elettrici;---  105-6 arcate ferroviarie, impresa di coloritura e verniciatura di Burlando Edoardo (vedi al civ.16¨);--- 118r commestibili di Grasso Agostino¨;---  121r DeAmici Enrico¨ importatore ed esportatore, è rappresentante di conserve alimentari;--- 129r i f.lli Rossi sono incisori;--- 132r commestibili di Bruzzone GB¨;--- 134r negozio di biacca e vernici di Ruffini Ennio¨ (anche in via C.Colombo);--- 151 floricoltore (sic) Franco Margherita¨;--- 163A il fotografo Roasio Virginio (che si reclamizzava con mezza pagina «Premiata Foto Artistica / stabilimento fotografico di prim’ordine / diploma e grande Medaglia d’oro all’Esposizione di Livorno / Roasio Virginio / sviluppo e stampa per Dilettanti / consegna al giorno successivo / Quialunque lavoro industriale// Genova sampierdarena/ via Vittorio Emanuele 163r»;--- al 164 il “Gran Caffé Dantedi Falciola Francesco;--- 164r l’officina meccanica di Grillo Andrea¨;--- 169r il vetraio Meirana Bartolomeo¨;---  171r negozio e grossista di olio d’oliva e di semi Ferrua Salvatore ed il salumiere Parodi Giuseppe¨ fu Luca;--- al 184r i commestibili di Morasso Coronata¨;--- 187r deposito ed ufficio di Gatti Epifanio  fu L. succ. Gatti G. e E. f.lli fu L. (Fabbr.Lig. strumenti per pesare e costruz.metalliche, con officina (nel 1925 sarà in via A.Doria 60r) in v.C.Colombo;--- 195r Masnata Salvatore vende (e venderà anche nel 1925) armi e munizioni;--- 198r negozio di materiale elettrico di Vedovato Luigi (ancora presente nel 1925- si reclamizzava con pagina intera  con scritto «Lampadine/Lampadari/Conduttori elettrici /// L.Vedovato 7 Genova Sampierdarena / via vittorio Veneto 214-216r. / Ufficio 41413 – Telefoni – abitaz. 41862 /// forniture/elettriche/Industriali»;--- 201r l’orologiaio Toselli Oreste; 203r il caffè Delfrate Ferruccio(sinanche nel 1925),  poi Baldini-Podestà;--- 206r il ristorante “Umberto”;--- (al 207r –non citato dal Pagano- è invece una fattura del 1934 dei Parodi e Parodi ferramenta,-ottona i/ utensili ed attrezzi / articoli casalinghi / armi e munizioni, tel.41-313; (infatti si reclamizzavano a piena pagina con «Parodi&Parodi / Genova-Sampierdarena / via Vittorio Emanue, 207r. – telefono 41.313 / Filiali : Genova – p. Inf. Pellicceria-telef. 25-380 / Genova-Sampierdarena – vico Mentana, 22r// anno di fondazione 1904 – CPEC Genova 14941 // Ferramenta–Ottonami– Serramenta / Guarnizioni–Bolloneria-Viteria-Fili // Catene, Reti, Moiette, Minuterie metal-// STUFE (a carbone – legna- petrolio, benzina, nafta) – CUCINE (economiche – a carbone, legna, gas, nafta) – ARTICOLI CASALINGHI // utensili – attrezzi – Articoli tecnici // deposito della “Sapmarg” soc. an. Prod. Mole Abrasive Richard Ginori / Pennelli, Cordami, Corbe, Munizioni da Caccia e Difesa»    ---209r tintoria Alfieri Antonietta;---  256r il salumiere ditta GalloA¨. in Galliano Costantino¨ vende anche funghi secchi;--- 260r negoz. di macchine per cucire, di Conte Cesare (dal 1912 rappr. “Naumann);--- 262r fabbrica impermeabili e negoz. tessuti Robotti & Lusuardi¨;--- 304r gli eredi Sciaccaluga Emanuele¨ vendono ricco assortimento di apparecchi fotografici, pellicole, articoli ottici, binoccoli (sic) per teatro, marina e campagna, ecc.;--- mentre Oneto Filippina¨ vende commestibili;--- 312.4.6 r, di nuovo i Parodi e Parodi come al 207r

Non specificato dove, l’orologiaio Bonacini Ezio;- il pasticciere Savelli Umberto¨;- 3 pizzicagnoli Alpa Ferdinando¨ , Ferrando A.¨, Lanfranconi¨;- un quarto salumiere Ivaldi Amedeo¨ fu Bartolomeo;- il tappezziere Morando Emilio (nel 1925 era in via Gioberti);-  il neg. tessuti f.lli Conte fu Lazzaro¨ (anche in v.Mazzini, tel41140, grande assortimento drapperie nazionali ed inglesi finissime-panni finissimi per livree ed uniformi e colorati per mostreggi- tessuti gommati e loden in pezza per impermeabili, fustagni, tele, velluti, foderami. Vendita a metro);- il droghiere Attilio Bottaro¨;- Pedemonte Nunzio¨ che in un archiv.ferrovia vende frutta, agrumi e verdure.

Non specificato l’epoca di quando c’erano: l’Istituto Scolastico Nicolò Barabino che si reclamizzava i «Genova-Sampierdarena / via Vittorio Emanuele – angolo via A.Doria / ambiente di fiducia – serio – famigliare – risultati ottimi / fondato nel 1917 – telefono 42-346 // Specializzato nel Doposcuola/ completo, razionale, metodico per qualunque materia, classe e tipo di scuola //  corsi accelerati / per preparazione ad esami per qualunque tipo di studi, Elementare, Avviamento al lavoro, Tecnico, Commerciale, Ginnasiale, Magistrale, Liceale, Nautico // Lezioni individuali e collettive / per qualuinque materia, Lingue moderne, Dattilografia, Stenografia // Iscrizioni ed informazioni tutti i giorni feriali dalle 14 alle 18» ; ---e il negozio di «pelletterie – bijotterie – valigerie – ombrelli // di Santina Morando // via Vitt.Emanuele 284r (Angolo Via della Cella)»  

 

   Ma proprio in quegli anni, dopo iniziati (nel 1928) i primi espropri per erigere l’elicoidale e formare la nuova via di Francia (su cui fu spostato il traffico tranviario rinunciando alla galleria), il tratto iniziale fu inglobato in largo Lanterna, la cui targa si sovrappose alla precedente; nacque la via Chiusa (il nome ufficiale  fu dato il 18 gennaio 1954 per delibera del Consiglio comunale, col cambio alla pari di tutti i civici 1, 3, 5, 7 e 2, 4 che erano divenuti tali dopo revisione della numerazione effettuata nel 1951) per il tratto sino a piazza Bovio (N.Barabino): via Vittorio Emanuele rimase al solo tratto tra le due piazze.

   

                                                                            foto di proprietà biblioteca Gallino – rivendita scarpe

 

    Negli anni  1930, al civ. 52/3bis aveva sede l’assicurazione milanese soc.an. ABA, una delle prime a proprorre una “polizza della strada” garantendo assistenza stragiudiziale giudiziale e peritale per uso di veicoli

   Il 19 agosto 1935 divenne ‘via 2° Fascio d’Italia’ ed il 12 maggio 1945 -fino ad oggi- ‘via G.Buranello’.

 

===Al civ 17 si apriva lo stabilimento Nasturzio Silvestro, acciaieria e fabbricante di bande stagnate.

Allo stesso 17r si apriva nel 1933 la  soc.Ligure per la lavorazione della latta e la fabbricazione di conserve

===Al 19 aveva sede sempre nel 1933 la soc. anon. R.D.Diana & C., industria e commercio della latta

=== Al 26 era la ‘Nova Spes’, società di armatori.

===civ.30  Nel 1923 vi abitò un abilissimo incisore falsario di nome Pollastri Attilio sedicente commerciante di vini ma in realtà ‘produttore’ in proprio di carta moneta. Furbo, pur perdendo tutto il materiale era riuscito a fuggire alla cattura avendo nascosto la sua attività dietro svariati nomi ed utilizzando più sedi (via Chiusone 1r, via Gioberti 12r, via R.Parodi 7/2). Fu catturato poi nel 1948 quando 65enne  non  falsificava più  le cento lire ma le diecimila. Di lui inteso come ‘il più abile’, si è fatta memoria nel 2004 ai primi euro falsi trovati sul mercato.

===Al civ.32 si apriva negli anni 1933 una azienda, la ‘Pearson Guglielmo’ col n° telefonico 41-346. (Dal Pagano/1912 è descritta, per la prima volta, in via G.Alessi, tel 599; dal Pagano/1919-1926 è in largo Lanterna 8 tel 5310). Produttrice di prodotti chimici industriali e farmaceutici, era l’unica fabbrica del disinfettante ‘creolina’ con marchio brevettato: minacciava «procederò in via legale contro chiunque imita od abusa in qualunque maniera la parola ‘creolina’»; il creosolo era un disinfettante impiegato anche per sciroppi anticatarrali e disinfettanti in genere molto usato allora; con essa produceva direttamente altri farmaci chiamati Medol (un linimento, anche lui marchio brevettato) e Pacolol (creosolo saponato) nonché in apposite grandi vasche e caldaie lavorava il sego importato puro per fare saponi di toilette ed inscatolare il (famigerato per i bambini di allora) olio di fegato di  merluzzo, la vaselina borica, la soda caustica, la pece greca. Fu il primo  importatore locale del famoso ddt. Nel Pagano 1950 risulta ancora in attività, in via Buranello 14, telef. 41-316.

Una pagina di réclame citava «Guglielmo Pearson / Genova Sampierdarena / via Vittorio Emanuele, 32 / tel. 41.316 / case a Londra-Parigi-NewYork-Bruxelles-Amburgo-Barcellona-Bombay-Calcutta-CapeTown-Johannesburg-Montreal // Creolina è il migliore prodotto per la disinfezione generale. Esigere la CREOLINA in recipienti originali // Olio di fegato di Merluzzo Pearson è il preferito per la sua garantita genuinità, per il gradevole gusto e per l’alto contenuto di VITAMINE // OLIO RICINO MEDICINALE / OLII DI VASELINA – VASELINE // MATT – BITU è lavabile come il vetro – Pittura ad acqua per interni – Insensibile alla luce, alla calce, Impareggiabile per la moderna decorazionje degli ambienti»

=== civ. 90     il cinema Dante, poi Odeon, oggi Eldorado. Locale sempre molto popolare, e per lungo tempo il preferito dai bambini.

Degli attori concittadini di allora, vengono ricordati solo i fratelli Aldo ed Enrico Poggi.

da Biblioteca Gallino   - la Machester ...                verso ponente. In fondo, il palazzo dell’orologio

 

                                                                                  la strada, da sinistra in basso, con villa Pallavicini

 

 

verso piazza Omnibus - Vittorio Veneto      all’altezza di piazza Modena

 

 

 

 

foto del 1999- l’ultimo residuo del tratto iniziale della strada, fotografato da via De Marini all’altezza di Largo Lanterna (scomparso pure lui). Tra breve sarà demolito tutto e ricostruito tutto nuovo.

 

 

DEDICATA a


Vittorio Emanuele II di Savoia, ultimo re di Sardegna e primo re d’Italia; fu chiamato il “padre della Patria ”o “il re galantuomo”.

Di questo re,  innumerevoli sono gli scritti: moltissimi sono veri e propri atti di omaggio e di reverenza con una piaggeria simile all’adulazione; molti altri sono smaccatamente contro, tendenti a soffermarsi più sui pettegolezzi e dicerie, mettendolo in confronto con Cavour o Garibaldi o addirittura col papa Pio IX; nel complesso assai a disagio di fronte ad un  grosso zoccolo di popolazione strettamente repubblicana e di fronte al potere ed al lustro degli altri regnanti.

 Nato a Torino il 14.3.1820, primogenito di Carlo Alberto e di Maria Teresa d’Asburgo-Lorena. Quando un sovrano era tale per diritto divino.

Fu cresciuto con educazione rigida militaresca; ostile fin dalla giovinezza  alle tendenze liberaleggianti (elezione Pio IX- 1846- e quindi contrario alla Costituzione concessa dal padre) ed alla presenza austriaca in Italia.

Aveva sposato  nel 1842 la cugina di primo grado, l’austriaca Maria Adelaide d’Asburgo, figlia dell’arciduca Ranieri e di Elisabetta Savoi; dalla quale ebbe sei figli (altri scrivono otto figli; ella morì nel 1855).

Madre e moglie, ambedue della dinastia di Asburgo, sua costante nemica. 


  

 

 


  D’altronde lui, figura esuberante, di carattere rude, più quasi un rozzo militare che un raffinato uomo di corte, riuscì a guadagnarsi la più ampia simpatia popolare. Voci però, legate alla predilezione di CarloAlberto verso il secondogenito duca di Genova, e considerato il fisico e la fisionomia, lo vedevano essere un figlio ‘spurio’ messo al posto del vero, che sarebbe morto per ustioni a Poggio Imperiale nel sett/1822.

   Ebbe il battesimo di fuoco alla battaglia di Pastrengo, meritando una medaglia d’argento al VM; poi a 28 anni a Goito (30 maggio 1848), meritò quella d’oro perché in un momento di grande difficoltà, si lanciò contro il nemico gridando “a me le guardie” e  capovolgendo così le sorti dello scontro; e poi a Custoza (23 luglio).

  Successe ventottenne -  il 23 mar.1849 - al padre Carlo Alberto, che  abdicò andando in esilio ad Oporto nel Portogallo, proprio nel triste giorno della sconfitta di Novara (1ª guerra di Indipendenza, con Vitt.Eman comandante di divisione, con modesti risultati militari); mossa ritenuta necessaria per contenere le ovvie pretese dell’Austria vincitrice proprio in un momento cruciale legato alle casse vuote, la guerra perduta, critiche aspre dai repubblicani, gli operai in fermento.

 Divenne così re di Sardegna dovendo per primo atto negoziare l’armistizio a Vignale (Novara) e successiva, 10.8.49, pace di Milano (la Camera respinse per due volte la ratifica di questa pace, mentre era primo ministro M.D’Azeglio; a questa scelta fece seguito a novembre il “proclama di Moncalieri” con il quale chiedeva che i parlamentari fossero più razionali e consapevoli della responsabilità di fronte alla reale situazione: il nuovo parlamento ratificò la pace).

  Fu in questo contesto che, divenuto re, dovette dimostrare subito avere polso, fermezza ed equilibrio, fino a far prevalere l’idea - radicata nell’educazione  decisamente antiliberaleggiante -  che abrogasse lo statuto.

  Ed a riceverne i danni fu proprio Genova che in quel momento osò rivendicare dei propri diritti che il re ritenne inopportuni e meritevoli di essere soffocati anche usando violenza e versando sangue del suo popolo. Poca poté sembrare da allora in poi la differenza tra regno, regime e dittatura: chi non condivideva o addirittura era contro, era classificato un bandito e quindi da eliminare – politicamente e fisicamente -.

  Già per Genova, l’annessione era avvenuta in un contesto irregolare, in virtù di equilibri internazionali dove l’Inghilterra giocava dall’alto delle carte a suo favore mirate a creare situazioni che potessero sfavorire la Francia e l’Austria: l’annessione della Liguria al Piemonte era il frutto di un lungo maturare di eventi: dall’essere stati pro Napoleone anche se da sottomessi, dall’essere ricchi e pieni di crediti internazionali (da azzerare così),  dall’essere Repubblica di fronte ai Regni.

In più, Genova aveva altri diritti che non erano stati riconosciuti fin dalla sottomissione forzata al governo torinese: da subito aveva ricevuto che l’inclusione era avvenuta per mero interesse economico (tasse ed obblighi, compreso il servizio militare), di prestigio (allargamento di territorio), di sbocco al mare (tenuto inutilizzato nel potenziamento, ma non per pagare gabelle), senza corrispondente ammissione di fiducia (nei suoi imprenditori, nelle sue industrie, nel suo porto, nella sua marina), di fratellanza (né economica, né amministrativa, né sociale), di doveroso riconoscimento (gli innumerevoli volontari al servizio di Garibaldi, perché venivano ritenuti infidi in quanto seppur miravano all’unità della patria, conservavano non celato lo spirito repubblicano di Mazzini).

La ribellione popolare subì la dura repressione del generale LaMarmora, con le ciliegine dell’offesa (‘vil razza dannata’), della simbolica sottomissione delle code dei leoni nello stemma (non sicura), della taciuta verità nei testi di storia (nei quali gli eventi genovesi neanche sono descritti) e di storici, come l’Abba, messi in condizioni di negare che fossero accaduti.

Mack Smith interpreta questa soppressione, come benedetta –se non voluta- dall’Austria stessa all’atto della firma della pace, al fine di conservare come alleato un Piemonte quale cuscinetto con la Francia repubblicana ed i suoi rivoluzionari; pertanto concessioni di benevolenza mirate –in contratto segreto tra regnanti- a dare fiducia nella monarchia sabauda, eliminare i radicali in parlamento e le correnti  liberali(con Mazzini in capofila). Insomma fece intendere a Radetzky che lui nulla aveva con l’Austria e che suo malgrado erano i liberali a volerla.

   Per sua fortuna, dall’insediamento, fu aiutato da valenti uomini politici che generalmente gli fecero fare scelte opportune, tanto da meritare dal D’Azeglio l’invenzione della definizione di “re galantuomo”.

   Fu dapprima il ministro Siccardi che gli propose il passaggio dallo stato feudale a quello moderno (iniziando con l’eliminazione dei tribunali ecclesiastici, la limitazione dei loro beni e del diritto d’asilo: ovvero liberarsi dell’ingombrante ed assillante influenza del clero) 

Dal 1852 fu coadiuvato dal Cavour, con i risultati fortunati, frutto dell’abbinamento impulsività di uno, fredda e scaltra capacità di decisione dell’altro: così a seguire, le varie coalizioni internazionali risultate vincenti; la spedizione in Crimea nel 1855; i rapporti col Papa con il quale si stabilì il rapporto “libera chiesa in libero stato”; l’alleanza con la Francia con la quale conseguirono le vittoriose battaglie della 2ª guerra d’Indipendenza (pace di Villafranca) e 3ª (respinto l’ultimatum di Francesco Giuseppe e forte dell’alleanza francese, volle il comando supremo, con battaglie finali di Solferino e san Martino alle quali seguì il forzato armistizio per il ritiro di Napoleone dall’alleanza); i delicati, invisi ma ricercati rapporti con i garibaldini specie durante la spedizione in Sicilia; i problemi del Veneto; non sempre tutto filava liscio tra i due: disaccordi, dimissioni, scontri aperti su temi calamitosi (la questione romana, la pace di Villafranca, la dolorosa decisione di Aspromonte, le tristi ore di Custoza e Mentana).

   Importante ricordare, del 1859 inaugurando la sessione parlamentare, la famosa frase “non essere insensibile al grido di dolore che si leva da tutta l’Italia”. Nel 1860  invase l’Umbria e le Marche e dall’Abruzzo scese in Campania incontrando Garibaldi a Teano 

  Divenne re d’Italia nel 1861 (anno della morte del Cavour, al quale successe prima Ricasoli poi Rattazzi). 



  Nel 1869 sposò morganicamente la bella Rosina (Rosa Vercellana Guerrieri, che divenne contessa di Mirafiori e Fontanafredda e dalla quale ebbe un figlio).


  L’apice della gloria fu raggiunto – in concomitanza della caduta di Napoleone III -  con la conquista di Roma il 20 sett. 1870 e l’insediamento nel Quirinale; di nuovo a memoria, le parole dette alla prima convocazione del parlamento, “l’opera a cui consacrammo la vita, è compiuta“ dimostrano la forza di uno spirito avventuroso  e decisionale.

   Morì a Roma il 9 gennaio 1878.

   Gli successe il figlio Umberto I

 

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