UMBERTO via Umberto I
Corrisponde alla attuale via P.Reti-W.Fillak .
Finché per secoli e secoli dall’epoca romana, la strada ufficiale per uscire da Genova fu quella a monte, che passa ora a livello del cimitero della Castagna, il tratto stradale fondovalle, parallelo al torrente fu inesistente o comunque in totale disuso se non per traffici e scambi locali che avvenivano transitando generalmente per il primitivo antico asse centrale del borgo (via DeMarini-via Daste-viaRolando-via Campasso).
La viabilità subì un netto miglioramento dopo il 1630 con le ultime mura ed il nascere della strada dalla Lanterna. Da questo nuovo asse viario, per arrivare a Rivarolo si potè iniziare ad usare sempre più sia la antica direttiva al centro del paese che quella nuova lungo il litorale; ma ambedue in zona Mercato si congiungevano e per arrivare alla parrocchia (san Martino) e Rivarolo, unica strada era l’attuale via C.Rolando.
Solo dopo il 1700 in quest’ultima direzione si migliorò la viabilità lungo il torrente (fu a spese personali del doge G.B.Cambiaso, poiché era per proprio interesse: poter raggiungere le proprie tenute a Rivarolo ed oltre).
Aperto questo esercizio, anche il commercio, ne trasse vantaggio. La nuova strada fu però percorsa nei due sensi più volte anche dall’ esercito austriaco in aggressione di Genova.
Solo a fine dell’epoca napoleonica - e poi ancor di più con i Savoia - le condizioni di mantenimento stradale migliorarono; così iniziano a metà del 1800 le prime denominazioni delle strade più importanti e di maggior conoscenza popolare ( vaghe indicazioni legate a punti di riferimento di rilievo, non ancora ufficialmente denominati); tipo – per la strada in trattazione - “stradone della Palmetta” e poi dopo dal Porro: “strada reale di Torino”, e dall’ Alizeri: “strada Nuova provinciale”.
Nelle carte, questi nomi persistono a lungo, anche oltre la nominazione ufficiale del regio decreto del 1857, che finalmente riconosce il nome di “via Vittorio Emanuele” (comprendente tutto il percorso, dalla Lanterna a Rivarolo, particolareggiando il tratto, come ‘via Vittorio Emanuele alla Palmetta’ ).
Nel luglio del 1900, con l’assassinio del re Umberto I, il solo tratto - lungo un chilometro e cento metri circa, da piazza V.Veneto a Certosa ed oltre -, fu dedicato al re ucciso. In quell’epoca per la prima volta fu applicata in modo più razionale anche una numerazione civica, e fu chiarito il modo ufficiale il confine tra la città di San Pier d’Arena e Certosa (dalla strada al torrente Polcevera fu specificatamente titolata una “via del Confine” oggi via G.Frassinello); e dalla strada al colle, fu indicato il torrente che dall’alto scende fino a via Brin (oggi, dalla metropolitana).
Nel periodo in cui fu applicata la tassa del dazio - fino all’ ultima guerra -, il casotto – per ragioni di spazio di collocazione - fu posto a mare del cavalcavia ferroviario, ma ancora il confine era cento metri più a nord (un altro posto di controllo fu istituito in alto, a forte Crocetta).
Per motivi non conosciuti – forse numero di abitanti - dopo l’ultimo conflitto mondiale il confine è stato per noi accorciato, passando ora per via Campi ed il ponte dell’Autostrada (ed escludendoci l’ultimo tratto di via W.Fillak, metà via del Confine, via M.Bercilli e via A.Ristori, via Pietra, tutte allora di nostra competenza).
Appena denominata, un censimento delle case esistenti al fine di elaborare anche la numerazione (che già preesisteva ma appartenente alla più lunga via V.Emanuele, per cui il civ.1 attuale corrispondeva al 30 della precedente), vedeva, dapprima il tratto oggi via P.Reti: sul lato destro al civ.1 (ex 30) casa Castello; al 2,3,4 casa Carpaneto (ex 31); all’angolo con via san Cristoforo il civ.5 di Chiesa e C, e di fronte casa Razzetti al civ.6 (ex 33); civ. 7 assegnato nuovo all’ingresso stabilimento Tramvai; civ.8 alla ‘casa d’abitazione del Tramvai’( ex 33B); civ. 9 (ex 33C) ingresso stabilimento Torriani (aperto nel 1895, con indirizzo di stabilimento meccanico navale, arrivò ad avere 200 operai quando, in espansione, si aggiunse un secondo fabbricato “per l’impianto di macchine perfezionate per l’esecuzione dei lavori secondo gli ultimissimi sistemi e le migliori regole dell’arte”); civ 10 (nuovo) all’ingresso stabilimento Repetto a me sconosciuta la sua funzione; civ. 11 (ex 34) alla casa custode giardino; civ 12 (ex 34K già ingresso dello stabilimento Produzione) alla casa Franenini; civ. 14 (ex 34A) casa Galeazzo; civ.18 (ex 34B) casa Movegno. Sul lato sinistro civ 13 (ex 34D) casa Guiducci; civ 15 (ex 34E) casa Morando fabbrica mole; civ.16 (ex 34L) ingresso stabilimento Sasso; civ.17 (ex 34F) casa Sasso (evidentemente in via WFillak ancora non c’erano case).
In corrispondenza, nel Pagano 1902 «ne compare solo uno perché, gli esercizi commerciali sono ancora alla voce via Vittorio Emanuele: all’ 1 Rolla Vittorio e Rolla E. separatamente sono commissionari e rappresentanti, si interessano di articoli tecnici, oli e grassilubrificanti, e fabbricano cinghie per trasmissione, lavorano ferro-acciaio-ghisa, filetti per macchine. tel 813;---
Nel Pagano 1908 compaiono nella via al civ.5 il ferramenta Serra Ercole;--- al 20 la farmacia di Grosso Agostino (nel 1919 il civ. è divenuto 29 ed il farmacista successore fu Lanfranchi Filippo con tel 44-95).
Civ non specificato, la sede di un impresario edile tal Merlo Bartolomeo;--- il venditore di automobili Campora Antonio;
La strada compare ufficializzata nell’elenco delle strade, pubblicato dal Comune nel 1910:”da sotto il passaggio Umberto I al confine territoriale con Rivarolo Ligure” (ovvero dal sottopasso ferroviario di piazza VVeneto); aveva civici sino al 62 e 65.
a sinistra, inizio di via Umberto I con eculissi del tram; a destra via N.Bixio
Nel Pagano 1911 e 1912 sono citati al civ.5 negozio di ferramenta di Serra Ercole; Robba Andrea (→’25 civv. dal 9r al 15r) di casalinghi e chincaglieria; al 18 la levatrice Ferrarini Luigia; al 19 (dal 1912 al ‘25) la levatrice Migliara Carolina; al 29-6 Brizzolara Emilio esercita ancora nel 1925 da dentista; al 32r rivendita pane di Parodi Giacomo, al 34r di Derchi Marcello; al 39 (frazione S.Martino) era la fabbrica di mobili f.lli Cambiaso fu Stefano;
al 45r la Coop. fra muratori ed affini dell’edilizia (tel. 3778 – nel 1904 fanno reclame sul giornale “L’azione socialista” specificando avere sede in piazza Omnibus; nel 1905 assunsero l’incarico di restaurare il palazzo del Monastero (vedi) prevista sede del Municipio; nel 1908 il Pagano li descrive in via Vittorio Emanuele al civ. 8r sotto la ferrovia ed attivi nell’erigere la vasca di piazza Settembrini (vedi); nel 1913 pubblicano il bilancio consuntivo dell’anno: presidente Repetto Giovanni, ha un movimento di £.1105,60 con un utile di 209,65). Senza data un documento è intestato a “Società Cooperativa Ligure fra Muratori Sampierdarenese - con sede in via Goffredo Mameli, presso la Società Universale”, specifica che “si eseguiscono ogni sorta di lavori inerenti all’arte edile” ed elenca undici soci: Alfieri Federico fu Ferdinando; Caiti Luigi fu Giovanni; Repetto Giovanni fu Andrea (presidente), Meneghelli Vincenzo fu Giovanni; Vicchi Giulio fu Giuseppe; Maccio Matteo di Nicolò; Cocconi Alessandro fu Luigi; Cortellini Luigi fu iuseppe; Castellani Giuseppe di Prospero; Bazei Angelo fu Marco; Fracchia Severino du Felice
al 48r Bottaro GB; al 55 (dal 1912) la levatrice Pedrini Carolina; al 59 rivendita di pane (di Bagnasco Maria, al 60 delle sorelle Lonzi);
(i numeri a seguire, il Pagano li colloca sempre a Sampierdarena)=al 67r di Franzone Paola; al’83r Porcile Gaetano (Giacomo) ha un negozio di commestibili e rivendita pane; forni (all’88r il di Melchiore Elisa, al 102r quello di Cocchiano Emilia, al 128r quello di Goffi Natalina, al 130 e 243 r di Moscato Feder.; al 173r di Colombato Teresa ed al 211r quello di Penna Malvina); 163r la Coop.Ligure Lombarda (anche in via Daste 46r);
Non specificato il civico: Sobrero Antonio di cartoleria; la farmacia san Martino del dr. Caraccino; Bertorello Remo ha un negozio di articoli tecnici tipo cinghie per trasmissione (e deposito di quelle di pelo di cammello) macchina per filettatura; corderia Nazionale Carrena e Torre ha fabbrica, macchinari ed un deposito aperto; Morando Giuseppe (in altre righe è Francesco), tel.937, fabbrica cavi ed altri lavori in crine; gli eredi Merlo Bartolomeo gestiscono una impresa edilizia; un libraio Vernazza e Zai; Campora Antonio che vende velocipedi; Lucotti Paolo, tessuti; la ‘Coop Muratori ed affini’ quale impresa edilizia; Moris Gaetano panettiere; G.Gatto & figli (nome rilevato su una cartolina postale il cui timbro postale è di Rivarolo- “fabbrica botti e tini, fusti per esportazione per liquidi ed imballaggi; riparazioni a domicilio e in Stazione Ferroviaria”; vedi 1933).
In una Guida cinematografica del 1914, viene descritta l’esistenza di un ‘cinema Eden’ (nella guida definito: ‘varietà Eden’), con sala per solo 50 spettatori, aperta negli anni attorno al 1910, cinquanta metri dopo verso Rivarolo rispetto all’attuale collocazione del ex-cinema Massimo (allora cinema Verdi); fu chiuso nel 1918.
Nel 1915 il notaio Bonini ha ‘di fronte’ in una lite, Emanuele Vittorio Parodi, presidente della soc.an. Corderia Nazionale già Carena e Torre, e Pasquale Merlo, per questioni di immobile sulla via (vedi a vico Chiusone).
In una seduta straordinaria del Municipio, datata 31.3.1921, si decise l’aumento delle tasse agli stabilimenti sampierdarenesi aperti sulla strada: al civ. 16, Sasso fratelli, lavorazione lastre e tubi in piombo (ove ora è Metallegno). Un loro opuscolo indica la stessa strada, ma il civico 10, telef. 16-47 (vedi via P.Reti); civ. 20 spa Commercio Metalli e Ferramenta¨ ; civ.41.43r. la soc.an. già Torriani fu Davide, fonderie e officine meccaniche e cantiere (ove ora è l’AMT, a monte).
Non specificato il civico: soc.Corderia Nazionale Carrena e Torre (con sede a Genova, e deposito aperto, che nel 1908 fu in via UmbertoI, poi in piazza Palmetta); soc. Unione Italiana Tramways Elettrici (ove ora è l’AMT, terreni a mare); soc.an.Gio Ansaldo macchine agricole; cinematografo Eden (di Parodi B e C.); negozio di chincaglierie di Robba Andrea; negozio di calzature di Porta Primo; negozio di cinghie per trasmissione di Remo Bertorello;
Nello stesso anno la stessa Giunta deliberò anche il cambio del nome, mirato ad onorare –come in tutta Italia, con grosse, imponenti e solenni onoranze- il nome del Milite Ignoto (vedi).
1917 – collez. Canepa
Ma ancora nel Pagano 1925-6 compaiono indifferentemente come via UMBERTO I (UI) e come via Milite Ignoto : civ. 10 i succ. Morando che ancora nel ‘33 si interessano di macine per molini; -civ. 19 levatrice Migliara Carolina ed i successori (UI) della vedova G.B.Repetto,tel 849, in una officina meccanica;- civ. 20 la Società Commercio Metalli e Ferramenta, tel.41-373;- civ. 31r Piccardo Bartolomeo di Filippo ha negozio di ardesie e materiali da costruzione (poi andrà a finire in via Pastrengo-v.Stennio);- civ.40 il Linificio & Canapificio Nazionale (stabilimento di Sampierdarena), fabbrica di cordami, spaghi e corde per imballo, tel, 41139;--- civ. 44r “la antica farmacia Sibelli, di DeBernardis Giuseppe (civ.18 tel. 45-25) nel 1919§; e di Mauro Giuseppe nel 1925, tel 41169);- civ.54-1 levatrice Pedrini Carolina;- civ. 89-91r la farmacia “Lanfranchi Filippo (Laboratorio chimico farmaceutico, tel 41242);- civ.168r impianti elettrici di Tronca Umberto-; civ. 181r negozio di tesuti di Caratti Caterina;--- civ. 265r Pellegrini Michele ripara copertoni-; civ. 267-271r: alla voce ‘velocipedi’, una “Agenzia Sportiva”;-
Non specificato dove: levatrice Pambianchi Emilia---; impresa edilizia degli eredi Merlo Bartolomeo---; Gotti Lisandro ha negozio di macchine per cucire (‘vicino al deposito tramway’=forse il negozietto all’angolo con via Stennio)---; Lucotti Paolo negozio di tessuti---;
Ancora nel Pagano 1925 si segnala in più, al civ. 168 il terzo calzaturificio nella via, questo di Tronca Angelo; al 163r il negozio commestibili della Cooperativa Ligure Lombarda
Quando nel 1926 tutte le città vicine a Genova furono assorbite nell’unico comune della Grande Genova, numerose erano le delegazioni che possedevano questa titolazione si programmò sostituirne il nome (Apparizione, Bolzaneto, Centro, Bavari, Borzoli, Cornigliano, Nervi, Pegli, Pontedecimo, Prà, Quarto, Quinto, Rivarolo, SPd’Arena (di 2a categoria), S.Quirico).
La strada aveva lo stesso nome Umberto I ancora nel 1933 quando fu appaltata la pavimentazionecon lastroni di porfido preventivando una spesa di 1milione100mila lire; in effetti con una spesa di 600mila lire venne completata fino al confine con Rivarolo (e continuata oltre con altrettanta spesa) la lastricatura con masselli di granito, posti su apposito sottofondo di calcestruzzo (nella delibera, la via viene ancora genericamente chiamata ‘via dei Giovi’ oppure ‘per l’entroterra’).
Già vi esistevano le tre farmacie ( la Sibelli di G.Mauro al civ.40; la Failla già Lanfranchi oggi Croce d’Oro al 107 ; la san Martino di A.Perrone al 96. Però in un elenco non datato, al civ.18 viene segnalata una quarta farmacia di proprietà del dott. Bernardis Giuseppe); dal 9r al 15r il chincagliere-articoli casalinghi Robba Andrea; al 10 il bottaio Gatto Giuseppe ed la succursale di macine per molini di Morando¨; il cinema Verdi; al 20 la soc. Commercio Metalli e Ferramenta (fabbrica e negozi); al 54 era il Linificio e canapificio Nazionale, sede/Milano (fabbrica cordami e spaghi-funi metalliche); al 215r calzaturificio di Porta Primo; al civ. 235r l’Azienda Autonoma Annonaria cittadina (per la vendita di generi alimentari di prima necessità, a prezzi minimi); 265r negozio di cereali di Rabbino Amilcare e di riparazione copertoni di Pellegrini Michele; al 267.269.271r l’agenzia sportiva di Velocipedi.
Non precisato dove: la fabbrica di cinghie per trasmissione di Bertorello Remo; calzaturificio Torinese (dal 1925 ha anche una sede in piazza Ferrer); il negozio di idraulica-elettricità-casalinghi dei f.lli Curti; il negozio di articoli tecnici di Bertorello Remo; i costruttori edili ‘Eredi Merlo Bartolomeo’. .
La giunta sampierdarenese decise mutare il nome in ‘via Milite Ignoto; il 19 agosto 1935. Il podestà divise la strada in due tratti : quella a mare divenne ‘via Martiri Fascisti‘ e quella a monte ‘via delle Corporazioni’. Nel 1945 , per la legge del ‘chi vince ha diritto all’ultima’ divennero rispettivamente ‘via P.Reti’ e ‘via W.Fillak’
DEDICATA al secondo re d’ Italia, soprannominato“re buono”.
Umberto di Savoia nacque a Torino il 14 mar.1844 da Vittorio Emanuele II e da Maria Adelaide d’Austria.
Da giovanotto, per ovvietà sociale e forse anche per contrastare il naturale carattere mite ed incerto, fu avviato alla carriera militare; a 22 anni partecipò con distinzione nella perduta battaglia di Custoza (1866 - 3ª guerra di Indipendenza, fece parte del famoso quadrato del 49° reggimento) ove si meritò una medaglia d’oro al VM.
Divenuto re per successione nell’anno 1878, ebbe un periodo di governo assai difficile sia per le difficoltà economiche legate a tutte le guerre affrontate sino ad allora; sia per il contrasto con le forti forze repubblicane che –nella sua ottica- stavano quiete solo nei periodo bellici a cui partecipavano in massa come volontari ma che in pace innescavano irrequietudine nelle popolazioni sollevando gravi problemi sociali; sia per le difficoltà burocratiche nell’amministrare uniformemente tutte le terre unificate, legate come ideale ma con ciascuna abitudini burocratiche ed amministrative diverse: quindi una Italia unita politicamente e militarmente, ma non ancora nell’assetto ideologico e produttivo; sia infine per delle scelte -a posteriori giudicabili inopportune ed infruttuose, se non addirittura portatrici alla nazione solo di lutti e difficoltà economiche- come la guerra d’Africa, la Triplice Alleanza, il dissidio con la Francia. Quindi in sostanza ‘buono’ per modoi di dire e molto di parte.
Sposò Margherita di Savoia, nata a Torino e figlia del Duca di Genova;
la quale politicamente fu sempre più legata alle destre (fino al fascismo) e che assai spesso riuscì ad influenzare anche il consorte, costringendolo ad una personale condotta ‘cerchiobottista’. Tipici esempi sono, per di qua, le scelte neo assolutiste, tipo decorare il generale Fiorenzo Bava Beccaris (che aveva –poco gloriosamente - soffocato nel sangue le rivolte della Lunigiana (1894) e di Milano (1898, arrestando nelle patrie galere riformisti (Anna Kuliscioff e Filippo Turati), anarchici, cattolici progressisti (don Davide Albertario), socialisti e poeti schierati nella protesta (Pietro Gori, assente da Milano ma compositore di una poesia contestatrice); oppure tentare una svolta del regolamento parlamentare somigliante ad un colpo di stato mirato a diminuire o annullare l’appena inaugurata svolta democratica (sorretto dai ministri Starabba march.di Rudinì e dal gen. Pelloux, ma sventato dai liberali giolittiani, dai radicali e socialisti (tra essi –in Parlamento- Leonida Bissolati, moderato, dopo essersi azzuffato in aula di Montecitorio contro Sidney Sonnino e Prampolini, rovesciò nell’aula l’urna della pericolosa votazione). Per di là, anche se ammansito da questa pesante sconfitta elettorale, avallando infine - o meglio, politicamente costretto - la svolta liberale giolittiana, riconoscendola nel successivo – e per lui ultimo - discorso alla Camera (16 giu.1900) di inizio legislatura.
L’errore più grave fu di non aver capito e quindi non aver affrontato il malumore e l’agitazione popolare; illuso da lusinghe imperialiste e glorie esteriori, non prese decisioni per arginare le gravi incrinature dovute ai dissidi sociali interni, che gli causarono ben tre attentati alla vita, di cui l’ultimo fatale per mano dell’anarchico Gaetano Bresci il 29 lug.1900 a Monza, ove era per una premiazione scolastica.
Il Bresci anarchico pratese, trentunenne, tessitore di seta, schedato come sovversivo ha però la fedina penale pulita; venuto apposta da Paterson in America e sistematosi momentaneamente dalla sorella presso Bologna dove riusciva anche ad esercitarsi al tiro a segno con la pistola. Senza una organizzazione più vasta, per propria iniziativa quindi, riuscì a saltare sul predellino della a ed a sparare a bruciapelo tre colpi (uno al cuore, uno alla spalla, ed uno al polmone. Fu subito catturato; nel preparare il processo chiese essere seguito a Filippo Turati che però rinunciò; fu difeso da un altro anarchico avv.Francesco Saverio Merlino, non trovando nessuno che si arrischiava a provare a difenderlo pubblicamente; difatti nemmeno poté sviluppare la tesi difensiva quando il Presidente sbrigativamente interruppe l’arringa. Ergastolo. Ma il 22 maggio dell’anno dopo, 1901, fu trovato morto in cella nel penitenziario di santo Stefano, suicida per impiccagione o -per i suoi amici- ‘suicidato’. E motivi di sospetto ce ne sono tanti, dall’uso giornaliero del ‘santantonio’ ovvero percosse a dosi quotidiane, all’abbandono anche dei suoi simpatizzanti politici (che intravvedevano nel re le aperture a riforme di liberalizzazione, all’assenza di qualsiasi documento nella cartella a lui intestata dell’Archivio di Stato).
La salma del re fu tumulata a Roma, nel Pantheon.
Alla sua morte, il successore diede il via ad una serie di riforme in senso liberale e sociale (età giolittiana).
Nel 1898, il re aveva stipulato una polizza vita con i Lloyd londinesi: la famiglia non poté intascare la somma per vari motivi (tra i quali il congelamento dei beni all’estero durante l’embargo -quando l’Italia invase l’Etiopia-; e l’ultimo conflitto). La cifra più gli interessi (2 miliardi nel 1950) fu prelevata dai Savoia dopo un tentativo dell’avvocatura di Stato della Repubblica di rivendicarne la riscossione.
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