TAVANI                                    via Giuditta Tavani

 

 

 

 

TARGHE:    via – Giuditta Tavani

                      San Pier d’Arena – via – Giuditta Tavani                                                                                                            

 

 

angolo sud ed angolo nord con via W.Fillak

angolo con voltino

 

QUARTIERE ANTICO:    san Martino

 da M.Vinzoni, 1757. In verde, via G.Tavani. In giallo via san Martino (C.Rolando); rosso l’Abbazia e fucsia canonica e Oratorio di san Martino.

 

N° IMMATRICOLAZIONE:   2857   CATEGORIA: 2

 da Pagano/1961

CODICE INFORMATICO DELLA STRADA - n°:   60720

UNITÀ URABANISTICA: 24 - CAMPASSO

 da Google earth, 2007

CAP: 16151

PARROCCHIA: s.Giovanni Bosco e san Gaetano

STRUTTURA: senso unico viario, da via C.Orgiero a via  W.Fillak. Pedonalmente si collega, tramite il  sottopassaggio ferroviario, alla fine a nord, di via G.Spataro (nell’angolo proprio all’ingresso del cunicolo, ci sono un piccolo antico paracarro ed un inusato cancello ferrato senza numero).

  È servita dall’acquedotto Nicolay.

     

STORIA: la strada già esisteva in antico (vedi carta del Vinzoni, 1757) collegando a nord la fine della ‘via Superiore a nord’ (poi strada san Martino, oggi via C.Rolando) con il torrente Polcevera, allora non ancora racchiuso da argini. Delimitava le proprietà: a mare il vasto terreno del mag.co Stefano Lomellini Carlo; ed a nord del mag.ca Giovanna Lomellini.

   La ritroviamo ovviamente ancora anonima, in una carta del Porro del 1781 passante tra le proprietà del m.co Steffano Lomellino a sud e del m.co Giannetto Lomellino a nord, ambedue con una casa sulla strada principale. Portava al torrente, ove moriva. Nell’epoca della data della carta, si studiava il tracciato dell’attuale via Spataro: questo l’avrebbe tagliata quasi perpendicolare per congiungersi con la via principale, poco più a nord.

   Quindi senz’altro preesisteva alla ferrovia (1850), che col suo muraglione la sbarrò accorciandola a un quarto del suo primitivo percorso. 

   Tale era ancora all’inizio del 1900 con un primo nome non ufficializzato di “via Polceveracollegante la via Umberto I (via W.Fillak),  sia con via G.Garibaldi (via G.Spataro da poco nata a ponente della ferrovia), che con via Calatafimi (via C.Orgiero).

   Solo dopo il 1914 quando si andarono a cercare figure e gesta del Risorgimento, fu ufficialmente deciso chiamarla come oggi, delimitandola ‘da via Umberto I , verso la ferrovia’.

   Nel 1926 avvenne l’unificazione dei comuni limitrofi, nella Grande Genova; SPd’Arena conservò la titolazione di questa strada essendo l’unica delegazione a possederla. Fu classificata di 4ª categoria .

   Nel 1933 era con 4 civici neri e 4 osterie, 1 trattoria ed al 10r un banco del lotto. Questi servizi erano conseguenza del numeroso quotidiano passaggio degli operai che usufruendo del sottopasso ferroviario, alto appena appena da passarci ritti, e lievemente avvallato da riempirsi d’acqua se piovesse in eccesso; si recavano alle varie fabbriche, specie il  zuccherificio dell’Eridania ed all’Ansaldo. Durante il bombardamento navale inglese (da loro chiamata ‘operazione Grog’) del 9 febbraio 1941, una bomba da 381 mm, caduta all’ingresso dalla parte di via Tavani, uccise tre operai della ditta di trasporti Lanati che vi avevano cercato rifugio.

 

CIVICI   Neri= 1;                 e da 2 a 6

               Rossi= 1r- 19r       e da 2r a 20r 

 

Il Pagano/40 scrive “da via Corporazioni a via C.Orgero”: ha nn. neri 1,2,3,4 e rossi: 3r osteria; 4r osteria; 6r fruttiv.latteria; 9r osteria; 10r carbone; 12r parrucc.; 14r osteria; 15r commestib.; 17r osteria.

 Il Pagano 1950 segnala quattro osterie: al 3r di Mollea G.; 4 di Devasini Giuseppe; 9r di Risso G.; 14.16r di Marchisio Giuseppe;  una trattoria al 17r di Setti Enzo. Evidente zona di passaggio di operai.

 Il Pagano 1961 descrive ancora 4 osterie al 3r di MarlettaR, al 4r sempre Devasini Giuseppe, al 9r Mazzarello A, al 14r Spriano P.; una trattoria al 17r di Mandirola L., un commestibili=15r;  parrucchiere=12r; officina per moto=11r; latteria=6r; panificio=5r.

 

 

 


===civ. 1:   nell’atrio del portone, è visibile un grosso basamento di colonna, saggiamente evidenziato nella ristrutturazione, testimone di una precedente più massiccia costruzione, non conosciuta.


===civ. 5-7r negli anni 2003-4 compare il Paradise club, con spettacoli a luce rossa di trasgressione: sexy star, strip tease; ma non vita notturna: alle 0,30, tutti a letto

===civ.6:  chiudendo la porta a cui era assegnato, fu soppresso nel 1945.

 

DEDICATA 


alla eroina romana, nata nel 1832 e sposa nel 1848 a Francesco Arquati, noto patriota romano. Da poco sposati, erano tornati dopo essere fuggiti a Venezia, essendo lui ricercato per motivi politici (la gendarmeria lo conosceva e lo ricercava, specie dopo aver arrestato un confidente chiamato Girolamo Giacobbe).

 

  Tornati  a  Roma, parteciparono  ad

  


organizzare i moti popolari che accompagnarono nell’ott.1867 la spedizione garibaldina nell’Agro Romano.

  Fu dopo uno di questi tentativi che - a seguito di accordi con Garibaldi stesso col fine di liberare Roma -  una quarantina di patrioti –dei quali 22 romani guidati dall’Arquati - si riunirono in un lanificio a Trastevere (in via Lungaretta n. 97) -di proprietà di Guido Ajani- col proposito di associarsi e continuare a favorire il generale. Era prevista una insurrezione per il 27 prossimo, quando Garibaldi avrebbe dovuto arrivare a ponte Nomentano.

Gli zuavi, appoggiati dagli sbirri e squadriglieri (detti ‘zampitti’) papalini, per tutta Roma si diedero a setacciare le località sospette, ponendo la città in stato di assedio: scontri a fuoco e sommarie esecuzioni, ebbero ragione dei vari insorti isolati che si erano riuniti in trattorie o domicili vari.

Invece nell’opificio, assieme a Francesco Arquati e –forse unica donna-, sua moglie Giuditta con i figli -tra i quali Antonio il più grande quattordicenne- si ritrovarono in più numerosi; vengono citati il colonnello Francesco Cucchi, capitano dell’insurrezione; Pietro Luzzi, Paolo Gioacchini (capo fabbrica), Cesare Bertarelli, Angelo Marinelli, Giovanni Rizzo, Enrico Ferroli, Rodolfo Donnaggio, Francesco Mauro, Augusto Domenicali, Luigi Domenicali, Casimiro Cerroni, Piero Calcina (questi tre ultimi si salvarono).

Il giorno 25 ottobre 1867, mentre nell’opificio si contavano tra loro e preparavano le munizioni per eventuale conflitto a fuoco, non si sa se in seguito a delazione (pare che monsignore Randi –capo della polizia pontificia- nella mattinata aveva ricevuto un messaggio anonimo –firmato ‘un buon cristiano’ in cui si segnalava nel lanificio un banchetto a cui sarebbe seguito una rivoluzione) o perché spiati da dei frati vicini appostati sul campanile della vicina chiesuola di santa Rufina, furono intercettati da trecento gendarmi pontifici -chiamati zuavi per il loro vestito- e circondati. Anche se arresi, sicura era la pena capitale. Pertanto fu decisa la resistenza.

Gli zuavi andarono all’attacco cercando di abbattere il portone (furono feriti il sergente Riouz –spagnolo- da una bomba, e il soldato Chouteaux da una fucilata al malleolo; ma furono più volte respinti da fucilate e bombe; finché gli asseragliati non rimasero senza  munizioni.

La difesa divenne, così, sporadica, a focolai, all’arma bianca a corpo a corpo: gli zuavi poterono fare irruzione e malgrado qualche singolo eroismo iniziarono a fare strage dei presenti uccidendo tutti i patrioti che si opponevano. Una ventina di essi riuscirono a fuggire passando da finestre di abbaini e usando delle scale per passare da una finestrella  all’altra delle misere casupole. Nove furono presi prigionieri perché feriti o circondati, tra essi anche l’Ajani (medicati all’ospedale san Galliano, poi trasferiti alle Carceri Nuove per essere giudicati dal Supremo Tribunale della sacra Consulta. Le pene furono da condanna a morte per alcuni, a galera perpetua o vari anni di carcere per altri). In uno stanzone più ricco di armi, morirono i due Arquati ed una decina di altri. Singoli, rimasero intrappolati nelle varie stanze dell’opificio, opponendo eroica resistenza: tra essi, nella perquisizione delle case adiacenti, anche Giuditta venne scoperta, ma ella li affrontò a pistolettate (erano le armi che poco prima aveva offerto ricaricate al marito ed al figlio più grande) per cui nella reazione fu colpita assieme ai figli, uno che aveva in grembo, la piccola Ersilia che portava in braccio ed il più grandicello Catullo che teneva per mano al fianco.  Si descrive che gli zuavi, infierirono sui loro corpi, con calci, il legno dei fucili e baionettate inutili lasciando i vari cadaveri anche fratturati: essi furono ammucchiati assieme e gettati in fossa comune del cimitero.

Un testimonio oculare, corrispondente del sig. D’Ideville, descrive a quest’ultimo la scena, vista poco dopo la cessazione dello scontro: sedie e tavole rovesciate, a terra bicchieri, bottiglie ed un ‘pantano di vino e sangue’; aggiunge: «nel mezzo di queste rovine giacevano tre cadaveri e tra gli altri quello di una donna  di una cinquantina d’anni, la cui  mano rattrappita stringeva ancora un revolver. Avrò per tutta la vita davanti agli occhi quell’orrenda visione. Oh caro amico, quanto è atroce la guerra civile!»

(DeLandolina scrive che era nata nel 1839; aveva un bimbo in braccio ed era incinta di un altro; che dapprima fu ferita con una baionetta e poi –persistendo la sua azione ribelle- colpita da una palla al petto).

Tutta l’organizzazione dell’insurrezione si concluse tragicamente: due patrioti Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti furono condannati a morte per decapitazione ‘a esemplarità’ –furono gli ultimi condannati a morte da Pio IX: gli altri condannati a morte furono imprigionati a vita, ma poi liberati il 20 settembre 1870.

Anche i fratelli Cairoli a Villa Glori, avevano offerto il loro momentaneamente inutile ma glorioso sacrificio.

 

BIBLIOGRAFIA

-Archivio Storico Comunale

-Archivio Storico Comunale Toponomastica - scheda 4359

-AA.VV.-Annuario.guida archidiocesi—ed./94-pag.448—ed./02-pag.485

-De Jaco A.-Antistoria di Roma capitale-Ed.Riuniti 1970-pag.287

-DeLandolina GC-Sampierdarena-Rinascenza.1922 – pag. 56

-Enciclopedia Motta

-Enciclopedia Sonzogno  

-Gazzettino Sampierdarenese  :  2/94.6 + 7/2011.

-Lamponi M.- Sampierdarena – Libro Più.2002- pag. 164

-Novella P.-Strade di Genova-Manoscritto b.Berio.1900-pag.17

-Pagano 1933-pag.248;  /40-pag.418;   ed./1961-pag.404.566

-Pastorino&Vigliero-Dizionario delle strade di Ge.-Tolozzi.1985-pag.1760

-Poleggi E. &C.-Atlante di Genova-Marsilio.1995-tav.21