SOLFERINO                           vico Solferino

 

in rosso, via solforino. In giallo via Garibaldi (A.Pacinotti); in verde via Pieragostini; grigio ferrovia Ge-Sv, con via S.Dondero sottostante.

 

 

     Prima dell’anno 1900, c’era una unica casa, di proprietà Mongiardino, e senza alcuna denominazione. In quell’anno, fu proposto questo nome al vicolo (oggi –all’incirca- vico Alberto di Bozzolo; scrivo all’incirca,  perché nella carta senza data sopra riprodotta, si riporta il nostro vicolo (in rosso) che però -rispetto ai limiti del palazzo dei tabacchi (linea nera marcata)-, appare più a ponente dell’attuale vico AdBozzolo) che si era formato  in zona Crociera, trasversalmente tra via Garibaldi e via san Cristoforo, lungo lo stabilimento Solei Hebert (scritto a mano - di non facile comprensione).

Con la fantasia e la cartina sopra, perché non esiste più -ma c’era in quegli anni-: occorre costruire una grossa casa (o, un complesso di case e cortili) posta a ponente del nostro vicolo, delimitandolo da quella parte,  ove ora sono i giardini. Questo casermone fu abbattuto negli anni ’30, e lo spazio rimasto vuoto utilizzato per allargare la strada della Crociera e lasciarvi il giardino.     

   Identico era nel 1910, con civici solo pari fino a 4. Dopo questo anno, nel vicolo definito ‘privato’ vi vengono ricordati –non solo la presenza ma soprattutto gli odori e rumori- di un’osteria, proprietà di un certo Pesce che riceveva -con un camion direttamente dal Piemonte- l’uva da spremere con i piedi; di un fabbro, che ancora ferrava i cavalli; di una trattoria posta d’angolo aperta ai lavoratori dei Molini; dei bimbi che vi giocavano a piedi nudi ed a fare le monellerie per creare con il nulla un po’ di interesse e fantasia. Dietro il palazzo, passava il treno merci, che dal porto, tramite il  Canto, andava alla ‘stazione piccola’ posta sulla riva del torrente.

   Nel 1926 fu creata la Grande Genova e con essa si propose l’unificazione dei nomi stradali. Dedicata alla battaglia erano strade di Prà (anche una piazza), Pegli e SPd’Arena: tutte dovettero soccombere di fronte all’omonima in Centro (zona di Castelletto) che conservò il titolo.

   Nel 1933 era ancora tale, di 4.a categoria, con 2 civici; ma intanto via san Cristoforo era stata chiamata via Cesare Battisti. In quest’anno, una proprietà privata venne ceduta gratuitamente al Comune, ma non è precisato quale.

   Attualmente, dal 19 agosto 1935 per delibera del podestà di Genova, è intestato  vico Alberto di Bozzolo.

DEDICATO:  al comune mantovano ove il 24 giu.1859 fu combattuta per quindici ore l’epica ed asprissima  battaglia del Risorgimento (2.a guerra di Indipendenza), tra   80mila francesi guidati dall’ imperatore Napoleone III, e gli austriaci forti di 90mila uomini, guidati da Francesco Giuseppe (i Piemontesi, erano schierati all’ala sinistra e contemporaneamente impegnati nella vicina san Martino: un unico fronte ma con due battaglie distinte; erano guidati dal re Vittorio Emanuele II, che riuscì ad avere il sopravvento solo alle ore 21: soldati e re, si addormentarono esausti, accanto ai soldati morti e non ancora raccolti).

E. Meissonier – museo del Louvre - Solferino

   Quindi nelle due località vicine, separatamente, si scontrarono in  assalti e contrattacchi  furiosi  e sanguinosi all’arma bianca, 250 mila soldati (in vari testi, sono controverse le cifre : per PastorinoVigliero: 118m francesi-120m austriaci-imprecisati gli italiani ; per l’Enciclop.Motta 80m francesi-90m austriaci-imprecisati gli italiani; per Barbagallo 130m pari . Nella carneficina generale, morirono o furono gravemente feriti, secondo PastorinoVigliero: 22,5mila austriaci, 17mila francesi; secondo l’Enciclop.Sonzogno 13m francesi, 13m austriaci, 5521 italiani; secondo l’Enciclop.Motta 17m francesi e 21m austriaci ; per Barbagallo 50000 morti e 23m feriti tra tutti).

    I francesi mandarono in battaglia gli zuavi (soldati africani,caratteristici per gli ampi pantaloni fino al ginocchio, una fascia alla vita ed il fez in testa) di straordinario vigore, genericamente feroci e scarsamente rispettosi dell’avversario tanto che compirono vere e proprie stragi tra gli austriaci: furono loro che a Palestro riconoscendo il coraggio del re italiano, lo promossero sul campo al grado di caporale.

   Solo a sera, la spinta dell’armata francese contro il centro dello schieramento austriaco ebbe il sopravvento,  rompendo il fronte nemico: cosicché alle ore 15 Francesco Giuseppe ordinò la ritirata. Stremati, i soldati si addormentarono sui prati di battaglia: la Lombardia era liberata e poteva entrare nel regno lanciando contemporaneamente un chiaro messaggio alla popolazione di tutti gli staterelli in cui l’Italia era ancora divisa.

   Malgrado la vittoria, Napoleone III sconvolto dalle perdite subite            (disse: “non dimenticherò mai più l’urlo disperato dei morenti”),  firmò la pace di Villafranca deludendo i patrioti italiani; Cavour si dimise da presidente del Consiglio.

In quegli anni, in guerra, era concetto generale considerare la morte come una fortunata alternativa alla vita, mentre rimanere feriti era un po' come morire lentamente in agonia, sia per  le ferite (molte d’arma bianca, generavano emorragie inarrestabili  o infezioni con necessità di medicazioni o amputazioni da svegli,  senza anestesia , in un ambiente  genericamente sporco, infetto) sia perché c’era il rischio sostanziale di rimanere abbandonati  trascinandosi  infermi  alla misericordia degli altri, non esistendo alcuna forma assistenziale né immediata né proiettata nel futuro). Fu in questo scempio, in mezzo agli innumerevoli casi di penosissima sofferenza fisica e morale che a Enrico Dunant -svizzero, e per questa iniziativa premio Nobel per la pace nel 1901- nacque l’idea di proporre a tutte le Nazioni un codice di protezione per i feriti in guerra, chiamato “Croce Rossa”, che ancor oggi, ampliando il servizio  al di là degli eventi bellici, è benemerita di infiniti casi di assistenza nel mondo.

Re Vittorio Emanuele II , presente e partecipe alla battaglia di san Martino, promosse sul campo i due generali italiani che - con metà soldati rispetto al nemico-,  seppero condurre con estremo valore e sacrificio sei successivi assalti frontali contro  50 mila austriaci.

BIBLIOGRAFIA

-Archivio Storico Comunale

-Archivio Storico Comunale - Toponomastica , scheda 4234    

-Barbagallo C.-Storia Universale-UTET-vol.V    -pag.1432

-Colombo E.–Epoca rivista Mondadori.1964-documentari

-DeLandolina GC.-Sampierdarena -Rinascenza.1922-pag,55

-Enciclopedia Motta

-Enciclopedia Sonzogno 

-Gazzettino Sampierdarenese:  8/80.12  +  7/89.4  +  

-Novella P.-Strade di Genova-Manoscritto b.Berio.1930ca-pag.19

-Pagano/1933-pag. 248

-Tuvo&Campagnol-St. di Sampierd.-D’Amore.1975-p1716dice Napoleone II