SAVONAROLA                               via Girolamo Savonarola

 

 

STORIA: Agli inizi dell’anno 1900 fu proposto alla Giunta comunale cambiare nome alla antica via san Cristoforo (che corrispondeva alle attuali via A.Scaniglia, via E.Degola, via R.Pieragostini ) dandole il nome del frate “Girolamo Savonarola”. La proposta non fu accettata, e per questa strada le modifiche furono diverse.

Ancora nell’elenco stampato dal consiglio comunale il 1910, questa titolazione non appare ufficialmente riconosciuta; ma vi compare inserita a posteriori, a penna, con la titolazione: “via fra Gerolamo Savonarola; 1ª traversa a sinistra di via G.Bruno’; senza civici”).

Nel 1914 non era stato ancora deciso nulla, finché nel settembre di quello stesso anno venne definitivamente accettato di donare il nome di “via Gerolamo Savonarola” a quella che attualmente, per delibera del Podestà genovese in data 19 agosto 1935, è via Sofonisba Anguissola,  anche allora traversa chiusa di via G.Bruno (via del Campasso).

In Comune è catalogata alla G di Gerolamo: così è scritta nel 1927 - di 5ª categoria - nell’elenco delle vie comunali all’atto della unificazione delle delegazioni nella Grande Genova, assieme all’omonima del Centro che nella scelta definitiva, ovviamente, conservò la titolazione.

Negli anni 1925-30 al civ. 5 c’era la conceria pelli, fabbrica cinture-cinghie e lacciuoli in cuoio-estratti tannici,  di Pinato Giulio; 10-4 lavorava il formaggiaio Rastelli Giovanni; Barbieri Nicola frutta secca ed agrumi.

Il Pagano del 1933 include un negozio di formaggi al civ. 10-4 di Rastelli Giovanni; e di frutta e verdura di Barbieri Nicola

Nel 1935 la delibera di cambio della titolazione, come descritto sopra.

 

DEDICATA  al famoso frate domenicano, nato a Ferrara il 21 sett.1452, e morto a Firenze il 23.5.1498. Entrato in convento a 22 anni a Bologna, otto anni  dopo divenne Priore al convento di san Marco di Firenze.      Eccelso di mente, spaziò in cultura come allora si educava, a tutto campo dall’astronomia alla legislazione, dalla letteratura soprattutto alla filosofia. Studioso, insegnante, abile oratore e predicatore, iniziò a sostenere la tesi che la Chiesa doveva rinnovarsi e riformarsi, ma prima moralizzarsi e castigarsi.  

Nel 1490 venne a Genova in san Lorenzo, per predicare la quaresima; tale fu la delusione della situazione spirituale della nostra città divisa in fazioni e lontana dallo spirito ecclesiale che lui auspicava, che –si racconta- andandosene via attraverso la porta di san Tomaso (a Principe), scosse rudemente i propri calzari esclamando “neanche la polvere, dei genovesi!”.


In contemporanea, il contesto politico era – come sempre - ingarbugliato. Nell’anno 1492 (scoperta dell’America), l’epoca dei Medici iniziava il declino; a determinarlo furono sia la morte di Lorenzo nei primi mesi dell’anno (e cadrà definitivamente nel 1494 con l’invasione –auspicata dal frate- del re di Francia Carlo VIII);  e sia, a Roma, la nomina a papa  – in agosto  - di Alessandro VI nemico


dei Medici (Rodrigo Borgia: per tre anni successivi fu favorevole al frate, limitandosi a richiamarlo; finché le sue denunce non sconfinarono  da Firenze per coinvolgere la corruzione romana dei Borgia: ne conseguì scomunica due anni dopo, e l’impiccagione l’anno dopo ancora). Con i Medici, tramontava  assieme l’istituzione repubblicana e l’epoca del Rinascimento rappresentato da una società amante dell’arte e del bello, sconfinante nel lusso, scivolante nella simonia e libertinismo (e perfino della sodomia: si scrive fosse molto diffusa, allora nella Firenze ‘bene’ e religiosa)). Ne conseguì una riduzione commeciale che mise in ginocchio la città.

In questa fase di impantanamento politico, a Firenze, il frate si fece coinvolgere iniziando a prendere parte alla politica attiva -schierandosi con Carlo VIII che però poi non lo protesse-. Stese un programma ricco di ideali ugualitari ispirati dalla carità cristiana e zelantemente a favore di una riforma contro la corruzione e la vanità (allora tipico comportamento dei nobili e del clero). Secondo lui, tutti troppo allontanati dai principi cristiani, ed espressione di una moda di rinascimento paganeggiante.

Inizialmente ottenne un certo potere cittadino, durante il quale promosse sagge riforme, riportò la  pace tra le fazioni locali e proseguì nella missione di ricondurre la società ad una più austera e rigida morale. Eccedette quando i suoi seguaci da lui ispirati, conosciuti col nome di “piagnoni”, irrigidirono le pretese ed arrivarono a bruciare (i “roghi della vanità”) libri, quadri, oggetti, tutto ciò che poteva essere catalogato frivolo e moralmente non ascetico, generando perplessità e ribellione tra i nobili, i quali -ripristinata la signoria e conosciuti col nome di “arrabbiati”-, si sentirono disturbati da regole sì schiette ma troppo severe: si  adoperarono per allontanarlo o denunciarlo di sospetta eresia per farlo mandar via. Papa Alessandro VI dopo averlo benevolmente richiamato lo invitò a Roma, lo propose cardinale, infine però non ottenendo risposta gli proibì la predica  con una  bolla, essendo stato anche lui  accusato dal frate di essere indegno della sua carica.

I ripetuti attacchi contro l’operato del papa, lo portarono successivamente alla scomunica (12 mag.1497) ed all’accusa di eresia;  cosicché nel 1498 fu arrestato, processato, e seppur animato da nobili e democratici  principi, la disobbedienza  gli costò la condanna (22 maggio, assieme ad altri due frati,  Silvestro Manuffi da Firenze e Domenico da Pescia) ‘ad essere impiccati, il corpo arso sulla piazza della Signoria (un tondo in bronzo incastrato nel pavimento, ricorda il punto del rogo), e le ceneri disperse in Arno’.

Il convento fiorentino rimase chiuso per alcuni mesi, spopolato dei frati, dispersi in tante sedi; anche la campana maggiore fu rimossa ed allontanata dalla città sopra un carro, mentre un boia la frustava.

Scrisse numerose opere, tra cui :“Trattato circa il reggimento e il governo di Firenze”;“Prediche”; “Poesie”.

Contrastante, singolare e di non facile comprensione quindi la sua posizione nella storia di allora (anche essa, di per sé e come già detto, assai confusa e compromessa tra interessi e potere –a sua volta religioso, temporale, laico, agnostico): in parte moralista (e quindi martire e quasi santo: così lo vedono i protestanti, i repubblicani, i filosofi ed alcuni ecclesiastici famosi come san Filippo Neri, san Francesco da Paola, papa Benedetto XIV); in parte ribelle (offensivo e soprattutto recidivantemente non obbediente ai superiori -come dovuto essendo frate- e quindi scomunicabile ed esecrabile; e, nell’ottica di allora, da pagare con la vita)

Papa Karol Wojtyla (nato 1920; eletto 1978) ha poi chiesto perdono, per questo tipo di violenza della Chiesa.

Quindi una figura - oggi classificabile moralmente nobile e normale, ma- inserita in un mondo impreparato ad ospitarlo.

 

BIBLIOGRAFIA

-Archivio Storico Comunale.     

-Archivio Storico Comunale - Toponomastica, scheda 4083

-BrunoGuerri G.-Questo Savonarola-Il Giornale quotidiano del 2.3.08

-DeLandolina GC-Sampierdarena -Rinascenza .1922 – pag. 54

-Enciclopedia Motta

-Enciclopedia Sonzogno

-Il Giornale, quotidiano-02.03.2008-p.11

-Novella P.-manoscritto guida di Genova. 1930 – pag. 17

-Pagano / 1933  -pag.248

-Pastorino.Vigliero-Dizionario delle strade di Ge.-Tolozzi.1985-pag.1670

-Terrile F-Le vie e piazze del borgo Pila-Mascarello 1936-pag.52

 

-non citato da Pescio-I nomi delle strade di Genova