ROTA                                    via Carlo Rota

 

TARGHE: San Pier d’Arena – via – Carlo Rota

                  via - Carlo Rota

 

angolo con via C.Rolando

 

 

in angolo con via P.Cristofoli

 

 QUARTIERE MEDIEVALE: san Martino

 da M. Vinzoni, 1757. La via, in verde. In rosso le attuali proprietà salesiane (chiesa e confine Oratorio); celeste, via A. Scaniglia; fucsia via GB. Monti; giallo via A. Stennio.

 

N° IMMATRICOLAZIONE:   2842

da Pagano 1967-8

 

CODICE INFORMATICO DELLA STRADA - n°:   55020

UNITÀ URBANISTICA: 25 - SAN GAETANO

 da Google Earth 2007. in celeste via PCristofoli; giallo, via A. Stennio; fucsia vico Scanzi; rosso via SGBosco. In verde inizio e fine di via CRota.

CAP:   16151

PARROCCHIA: san Gaetano e san Giovanni Bosco

 

STRUTTURA: senso unico viario veicolare da via C.Rolando a via P. Cristofoli. 

Vi si aprono numerosi esercizi commerciali, che sono variati nei tempi.

È servita dall’acquedotto DeFerrari Galliera

Il Pagano 1911* e 25¨ al civ. 1 la levatrice Pavia Luigia¨;--al civ. 6 i f.lli Bertola¨ (tel. 41-932, e con negozio anche in p.za Ferrer) avevano una fabbrica di liquori (il ‘Ligure Chinato Bertola’);--- al civ.8 si segnala la Litografia (per illustrazione sulla latta e fabbrica di barattoli e casse per conserve alimentari) di Falchi Aldo e C.telef. 2193 (nel ’25, tel.41.186);-- civ.NP l’impresa edile Capello e Risso¨;--- .Dal 1920 il Pagano segnala (nel 1919 non c’è) la  officina meccanica di Cicala e Delmonte  ponendola in “vico Pellegrina Amoretti già Carlo Rota, 6-8r”: si può interpretare in due modi a) che si erano trasferiti; b) che il vico prima di essere nominato autonomo, era via C.Rota

Il Pagano 1950 segnala una osteria al civ. 21r di Guabello R.; nessun bar né trattoria. Subito a monte dopo l’incrocio con via Cristofoli, negli anni 1950 viene ricordato il lattoniere Dentella

Negli anni 2000 hanno da anni la sede l’ANPI, il colorificio Cortivo, un supermercato, negozio di mattonelle, libreria Voltapagina (che ha abbandonato i locali nel 2008 circa, lasciandoli a profumiere), tabacchino, giornalaio, bar; dal 2003 un negozio per telefonia e comunicazioni internet.

 

CIVICI

2007=      NERI= da 1 a 7                           e da 2 a 6

(controllato)     ROSSI= da 1r a 45r (manca 33r)     e da 2r a 76r (aggiungi 46Dr, 38ABr)

 

Nel Pagano/40 (da via E.Mazzucco a via P.Cristofoli) si segnalano i segg. civv.: NERI=vari privati; 7 ist.naz.fasc.per assicuraz.contro infortuni sul lavoro; ROSSI= 3 macellaio; 7 latteria; 11 az.municip. Gas (magazz.); 12 casse imballaggi; 21 osteria; 23 merceria; 27 parrucch.per signore Esterina; 29 polliv.; 31commestib.; 33 macelleria; 37 calzat.

===civ.1   nacque per terzo, essendo del 1912

===civ.3   fu il secondo palazzo eretto nella via, nascendo nel 1909 circa; nell’int. 2 negli anni 1919-26 c’era la sede della filiale italiana delle acciaierie Sanderson Bros. e Newboultd ltd di Sheffield telef. 41.001.

Si  dice che nel posto c’era una corderia.

===civ. 5 fu il primo nel 1906, ad essere eretto dall’impresa Capello (come anche gli altri civici dello stesso lato; essa aveva sul lato opposto, dove i civv 4-6, una propria segheria ove venivano preparati in forma autonoma pali per impalcature, ma anche infissi, braghettoni, persiane, e quant’altro fosse necessario per i palazzi in erezione sul lato di fronte. Confinava nel retro con altra segheria, di Lavagnino- aperta in via Cristofoli).

===civ. 7  risulta essere del 1923

===civ.11r: viene segnalata la presenza nel 1933 della sede della “società Mutuo Soccorso e circolo Ricreazione sociale”.

===civ. 2  fu costruito nuovo nel 1948 al posto della vecchia villa cinquecentesca.  Si racconta che il palazzo era stato iniziato molti anni prima, nelle prime fasi della guerra, ma ne fu ritardata l’abitabilità completandolo solo ben dopo la guerra; la giustificazione di tale ritardo non fu solo legata alla carenza di mano d’opera o materiale ma anche al timore degli imprenditori che potesse essere fatto occupare dai sinistrati dai bombardamenti o sfollati, con ovvia  ripercussione negativa economica.

===dal 2r al 10r, sono nel 2006 del supermercato Eskom.

=le targhette col numero civico, sono state quasi tutte rimosse; in una rimasta sembrerebbe leggersi un 4.

===civ. 4  fu demolito nel 1952 e riassegnato a nuova costruzione nel 1958.

===dal 12r al 22r nel 2007 c’era la libreria Voltapagina.

===civ. 6  fu demolito nel 1955 e riassegnato nello stesso anno come 38*** dopo aver annullato i civici rossi e neri***

===civv.40r-42r-44r = Nel 1950 c’era l’enopolio dell’Alleanza  Coop. Genovese

===76r sono due cancelli affiancati che danno adito, il primo al supermercato DìxDì; il secondo (78r= non considerato nell’elenco di corso Torino) –comunale- al retro della scuola.

 

STORIA:  dalla carta del Vinzoni datata 1757 (vedi sopra), si nota un sentiero –ovviamente non di uso popolare - che costeggia a lato mare la proprietà di Gio Giacomo Grimaldi (con villa del XVI secolo, distrutta: la casa allora era affacciata su via san Martino (via C.Rolando) ed il vasto giardino ed orti si prolungavano nel retro, sino alle pendici di  Belvedere). Quel sentiero, la separava dalla proprietà del mag.co Ferdinando Spinola, posta a sud di essa.

 

   Dopo i vari passaggi di proprietà dei terreni e ville (divenuta Cristofoli, fu poi della sua vedova signora Rebora; ed infine nel 1937 di un certo Capello, che fece demolire la villa per poter costruire i palazzi attuali), negli anni inizio secolo (1905-10 circa) iniziarono le lottizzazioni dei giardini, ed iniziarono a sorgere i primi palazzi.  La strada formatasi con essi e mantenuta più larga, fu dapprima detta “via  Montebello superiore” essendo in prosecuzione a monte di via Stennio, allora via Montebello ( divenuta ovviamente “inferiore”).

    Nel 1906 appare già ben delineata a ponente, con suo inizio da via A.Saffi (via C.Rolando); ma è ancora imprecisa a levante dove finiva nella località Fornace (vedi E.Rayper), vagamente “incrociandosi con una traversa che è nella proprietà Cristofoli”. Comunque, in quegli anni le fu intestato il nome del Rota.  Infatti nell’elenco ufficiale pubblicato nel 1910 è più specificata: da via A.Saffi alla via P.Cristofoli, con civv. fino a 5 e 10 poi corretti entro il lustro dopo a 1 ed 8.

   Il Pagano 1925 vi colloca una delle locali 8 fabbriche e negozio, di barattoli e casse per conserve alimentari con capacità di litografare la latta, di Falchi Aldo & C. (ancora attivo nel 1933), tel 41186.

   Unica titolazione esistente in tutte le delegazioni appena unificate nella Grande Genova del 1926, si salvò dall’epurazione dei doppioni, classificata di 4a categoria.

   Nel Pagano 1933 si segnala la presenza di: civ.8, dal 1925, Falchi Aldo & C. (in questa data ne rimanevano 4 di oleifici: i Galoppini, i Tardito ed i Raffetto); marmista Valdevit Giacomo; reperibilità del costruttore edile Capello (in via Pastrengo un omonimo Filippo e con stesso mestiere; forse sono parenti); una officina, di Cicala & Delmonte (localizzata in vico P.Amoretti, ha aggiunto: ‘già Carlo Rota 6-8r‘, con doppio significato: o avevano traslocato, o prima la strada era una e poi  fu divisa in due titolazioni);

foto 1938. A sinistra i giardini della villa

 

   

foto 1998 panoramica              foto 2008 - da via Crisftofoli.

 

 

 

 

 

 

 

 

DEDICATA:


 

 

 

al monzese nato il 2 febb.1830 (E.Costa dice il 20 febbraio), che ancor 18enne scese a Milano per partecipare alla battaglia delle 5 giornate dell’ago. 1848  preludio della prima guerra di Indipendenza.


 

Tornati gli austriaci, seguì Garibaldi con i suoi volontari - che non avevano deposte le armi continuando a combattere a Luino sul lago Maggiore (15 agosto) ed a Morazzone (26 agosto); finché non furono obbligati a sciogliersi (Tuvo dice chefuggì in Piemonte dove servì nell’esercito regio fino a dopo Novara. Una fonte dice che il Rota preferì ritirarsi in Svizzera; altri dicono che entrò nell’esercito piemontese).

   Nel 1849 andò a combattere per la Repubblica romana.  

   Da là però ben presto scese a Genova alla ricerca di lavoro, che trovò in San Pier d’Arena, come incisore (era il suo mestiere) in un negozio di oreficeria.  Nel 1851, entrò a far parte della società di mutuo soccorso Unione Umanitaria, che fu dalla sua nascita centro e  fucina di educazione ed assistenza tra gli operai;  ma anche di opposizione repubblicana contro il regno; e soprattutto favorevole all’unione dell’Italia e quindi di insurrezione contro gli austriaci. Due anni dopo entrò a far parte del Partito d’Azione mazziniano.

   A 27 anni 1857 si imbarcò, munito di passaporto falso, con Carlo Pisacane (vedi a strada specifica) sul piroscafo Cagliari ‘concesso’ da Rubattino, avviandosi verso Sapri nella sfortunata spedizione contro i Borboni (30 giu.1857; la memoria è sollecitata dalla poesia di Luigi Morgantini intitolata ‘la spigolatrice di Sapri’ e che inizia “eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti! In realtà i volontari erano circa 25 e contarono sia liberare i carcerati a Ponza per arrivare con quella quantità a sbarcare a Sapri dove sia raccogliere volontari tra la popolazione locale) che per lui  si concluse a Padula dopo il ferimento e cattura (assieme a Giovanni Nicotera); torturato e poi processato a Salerno, fu condannato a 30 (Bettinotti scrive 11) anni di carcere e lavori forzati da scontare nel forte di santa Caterina nell’isola di Favignana (Egadi), e nel penitenziario ( bagno penale) di Nitida, legato alla catena con Giovanni Nicotera (fiero barone siciliano, che diventerà Ministro d’Italia).

   Liberato tre anni dopo da Garibaldi, ancora vestito da forzato rientrò nei garibaldini seguendoli fino a Milazzo (1860) ove durante una carica dei Carabinieri genovesi venne nuovamente ferito ad una coscia. Questo evento, ed anche il fatto che il corpo garibaldino fu sciolto, lo costrinsero a rientrare a San Pier d’Arena ‘col proposito di dedicarsi animosamente all’organizzazione del corpo garibaldino dei Carabinieri genovesi’; assieme a Nicotera (il quale aveva promesso interessarsi ed adottare la figlioletta di Pisacane).  Ristabilitosi, dovette affrontare un processo per i fatti del 29 giugno 1857 intentato a 62 superstiti tra i quali ovviamente anche Lagorara Stefano dal governo Sardo (sospettati di appartenere al ‘Partito d’Azione’); comunque trovò lavoro all’Ansaldo, dedicandosi all’organizzazione del Corpo dei Carabinieri Genovesi, ed anche alla società Unione Fraterna  (che poi divenne Universale); ma da buona anima inquieta, due anni dopo, organizzato dalla SMS, partì con altri 30 sampierdarenesi per andare a combattere (1862) a Sàrnico (Bergamo) in un ennesimo tentativo insurrezionale di patrioti, riuniti per la liberazione del Veneto: anche qui venne catturato ed imprigionato ad Alessandria. Riuscì però a liberarsi,  tornando a Genova;  ma ormai era segnalato alla polizia che aveva preso misure generiche ma rigorosissime per impedire i movimenti a  questi cospiratori ricercati : dopo  tre mesi di latitanza, trovò come unico lavoro possibile, un imbarco come fuochista su un piroscafo. Con esso poté partire da Genova e raggiungere poi Garibaldi ad Aspromonte (9 ago.1862). Lavorò anche per la spedizione nel Friuli del 1864.

   Nel 1866 si arruolò nel 1° battaglione  bersaglieri, organizzato a Bergamo dal comandante Mosto, combattendo  a Condino ed a Bezzecca (21 lug.), fino al famoso “Obbedisco”(9 ago) di Garibaldi.

Avendo però perduto il lavoro che aveva qui, si fermò a Livorno ove gli Orlando, amici industriali pure loro patrioti gli offrirono un lavoro.

   Fuggito da Caprera, il Nizzardo fu raggiunto nell’Agro dalla spedizione dei fratelli livornesi Sgarallino con i quali erano il Nostro e V.Armirotti, combattenti -sul finire del ’67- nella campagna di Roma, al suo fianco fino alla catastrofe di Mentana (3 nov.1867). Con questa battaglia il Rota  finì il ciclo come guerriero garibaldino, ottenendo il grado di sottotenente per valore militare.

   Dopo un breve soggiorno a Firenze perché malato fu richiamato dagli amici qui e così tornò definitivamente a San Pier d’Arena. Nel ’68 fu incaricato da questi amici di gestire la “Cooperativa di Produzione e Consumo”, che non riusciva a decollare (l’idea nata  nel 1864 nell’Ansaldo-fonderia in bronzo, quando il borgo aveva 14mila abitanti, fu realizzata da un gruppo di repubblicani (vengono ricordati solo: Balzarin Gerolamo, Botto Pietro, Grondona GB, Caminada Antonio, Locatelli Francesco, Pecci Giuseppe, Firpo Giacomo, Toma GB, Bagnasco GB, Bagnasco Nicolò, Bagnasco Antonio, Medici Luigi, Pittaluga GB detto û Carruba,  Bolla GB, Bagnasco Gerolamo, Repetto Giacinto) col patrocinio della SMS, con l’assistenza dei fratelli prof.ri Viganò (Francesco e JacopoVirgilio) e di Armirotti, ma senza nessuna particolare incentivazione tanto che dagli iniziali 50 soci, una rivendita ed iniziali debiti (con imprenditori locali che sulla parola anticiparono la merce: DeMarchi Gerolamo l’olio; Bruzzo Francesco per grano, riso e legumi); nel ’70  (quando la SMS venne chiusa per ‘propaganda sovversiva’ e subito ricostituita come Associazione Operaia Universale di MS) ne aveva 200; nel ’71 ancora solo 300 soci, ma finalmente un capitale, di ben 20mila lire e la sede nell’attuale piazza Montano; nel 1874 con mille soci e 88.600 lire di capitale. Era retta da un rigido statuto in base al quale era sostenuta solo dalla emissione di azioni di pochi soci-lavoratori che versavano una quota massima (di allora) di 5mila lire; e poteva fornire spaccio di commestibili preparati dagli stessi soci nelle ore fuori del lavoro usuale).

Si richiedeva una persona capace di dedicarsi, che fosse retta e volenterosa, capace di affrontare la concorrenza interessata dei bottegai e di smuovere l’apatia ed inerzia degli operai: ad essa il Rota come era sua indole caratteriale: nemico dell’inerzia e della disperazione d’animo, misurato come la merce da comperare (fa parte della leggenda del personaggio la sua presenza alle sedute del consiglio di amministrazione munito di campioni delle merci proposte e dei loro prezzi:  una campionatura delle varie qualità di fagioli e di riso, un quartino del monferrato, bottiglini di assaggio dell’olio, una prova di farina, ecc.), si dedicò totalmente lavorando come facchino, magazziniere, mugnaio, direttore responsabile, contabile amministratore: un tuttofare dal 1869 al 1874, quando -per ulteriori 18 anni- ne sarà direttore in forma ufficiale (lo sdoganamento di alcune merci in arrivo (grano, petrolio, caffè, zucchero, ecc); il dazio al Comune; le varie tasse (ricchezza mobile, diritto di esercizio e rivendita, bestiame e foraggio) e quant’altro poteva servire per ottenere la qualità migliore di merce al prezzo più basso e le modalità di pagamento più dilazionate).

 


   Nel 1883 la cooperativa  aveva  soci, capitale e fondo di riserva da poter acquistare per 92.500 lire il terreno e la villa Lomellini-Spinola al civ. 8 di via A.Saffi (via C.Rolando. La villa era di 1000 mq e possedeva 3000 mq di terreno a giardino ed orto.  vedi foto in 37.251 dove l’entrata è già spostata a levante, e sullo sfondo -ultima  a destra- si vedono una ciminiera e l’altra villa Spinola.). Il prezzo era pagabile a rate in 15 anni (furono versati interamente dopo sette, otto anni).

Fu immesso un mulino a vapore modello americano con il quale direttamente si macinava il grano (costruito dall’Ansaldo, aveva una forza motrice di circa 20 cavalli;  lavorò per 10 anni, finché nel  ’77 la Cooperativa di produzione meccanica  ne costruì un altro da 70 cavalli capace


di macinare 100q di grano in dieci ore). Si dovette restaurare sia l’acquedotto (per la turbina occorse l’allacciamento diretto con il DeFerrari Galliera), sia le mura della villa e dei magazzini adattandole a tali macchinari ed a deposito o magazzino generale per le riserve (alte quantità (3000)  di sacchi di grano ed altrettanti di farina, farinetta, semola, crusca e crudetelli). Si costruì anche un forno gigante (della ditta Rolando; si arrivò poi ad averne tre) con il quale si produssero tutti i relativi farinacei dal pane alla pasta (dai 16 ai 20 q. al giorno di pasta e 40 t di pane) che uscivano dalla villa diretti  alla distribuzione e vendita in altri sette negozi.

   In pochi anni, divenne la  più attiva cooperativa nazionale fornitissima di ogni merce necessaria e di qualsiasi qualità, con più di 2500  soci iscritti  (cronologicamente, con anno=soci=capitale=fondo di riserva: 1864=50=poco=nulla (in 14mila abitanti) - ‘70=200=55mila=nulla – ‘74=1000=88.600=nulla – ‘80=1200=102.500+18.000 – ‘83=1350=100mila+30mila= ? -  ‘85=1700=140mila+55mila – ‘92=2500=349.993,98+64mila (e 33mila abitanti) – cifre che incrementarono anche dopo la morte del Rota, fino a diventare 2800 soci.

   La presenza delle due cooperative (di Consumo una;  e –dal 1882- di Produzione la seconda, o altrimenti «soc. an. Cooperativa di Produzione Officina Meccanica e di Costruzioni navali») diedero il nome alla zona, come indicazione popolare della località; e ‘travaggià in ta prodössion” era sinonimo di serietà e risparmio: i loro prezzi funzionavano da calmiere cittadino e rimanevano bassi perché a fine anno gli utili dividendi tra soci, in parte venivano resi e reinvestiti.

   I lunghi periodi di disoccupazione, di crisi economica, di grossi travagli sindacali con rivendicazioni, minacce ed arresti, di tanta e tanta miseria quotidiana, sconvolgevano la popolazione più indifesa che ideologicamente mirava al “sole nascente” nell’attesa di un migliore avvenire, aspirando essere guidati da persone forti, oneste, disinteressate ed umane, come il Rota abituato da sempre alla lotta in condizioni svantaggiose, ma vittoriose per caparbietà.

   All’esposizione operaia di Torino del 1890,  la Cooperativa ottenne un diploma d’onore per qualità di merce esposta. Altrettanto e di più fu decretato alla Esposizione Italo-Americana del 1892 (riconoscimento alle qualità dello statuto, relazione di bilancio, qualità dell’impianto, e medaglia d’oro ai prodotti)

Personalmente usufruiva di un appartamentino nella stessa via san Martino (via C. Rolando), fornitogli dalla cooperativa, e si accontentava di uno stipendio miserevole, preferendo impiegare i capitali nell’organizzazione, che vide crescere da una semplice botteguccia a magazzini, forno (la ciminiera ?), altri 15 punti vendita e 50 lavoratori assunti; dopo la sua morte, e poco prima dell’anno 1900, la Cooperativa poté rilevare persino un cantiere navale lungo la spiaggia,  ed il grande terreno con fabbricati in via A. Saffi dove aveva la sede.

Fu tra i primi a portarsi tra i colerosi nel 1884, e tra i terremotati della riviera nel 1887; sempre presente nelle sottoscrizioni patriottiche ed umanitarie.

Riconosciute le sue qualità, fu (1887) pure eletto consigliere comunale (rifiutando però il mandato parlamentare).


Così lavorò instancabilmente, sorretto da quell’onestà che lo accompagnò sino alla morte, avvenuta in totale povertà a 62 anni, il 16 ago.1892 (anno in cui veniva festeggiato il IV centenario della scoperta dell’America, e della nascita del Partito Socialista). Fu sepolto alla Castagna ove il Comune eresse un piccolo e modesto monumento appoggiato ad una colonna all’ingresso della chiesa.


  

 

Alla sua vedova, Teresa Pozzuolo, l’amministrazione comunale concesse una pensione annua di 2mila lire.

Risulta, nel 1922 esserci un consigliere comunale omonimo, abitante in via Operai al 3/5.

La Cooperativa di Consumo divenne poi l’“Alleanza Cooperativa Ligure”, e poi ancora dopo il 1900, amministrata dai socialisti divenne “Cooperativa Avanti”. Col fascismo cambiò nome in “Consorzio annonario”.

 

BIBLIOGRAFIA

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-non citato da Enciclopedia Motta + Enciclopedia Sonzogno + Oltre un secolo di Liguria del SecoloXIX  +