RAYPER                                     via Ernesto Rayper

 

TARGA:  via - Ernesto Rayper – pittore – 1840-1873

                                                         

 

angolo con via P.Cristofoli

 

QUARTIERE  ANTICO: Mercato

 da MVinzoni, 1757. Ipotetici tracciati: in giallo, salita Belvedere; fucsia di via GBMonti; celeste, via Farini, rosso, via FAnzani.

 

N° IMMATRICOLAZIONE: 2835, CATEGORIA  2

 da Pagano/67. Non scritto il nome ad indicare la                                  .                                                                              strada.

CODICE INFORMATICO DELLA STRADA - n°  :   52520

UNITÀ URBANISTICA: 25 – SAN GAETANO

 da Google Earth 2007. In giallo, via GBMonti; celeste, via Farini; fucsia, via PCristofoli.

 

CAP:   16151

PARROCCHIA:  (9 e 16)= NS del ss.Sacramento; (12 e 14)= s.G.Bosco.

STRUTTURA:  brevissimo tragitto non superiore ai 40 m., racchiuso tra via P.Cristofoli e via GB.Monti; tagliato a metà da via L.C.Farini. Sia il tratto inferiore che superiore, possono dare accesso ad autoveicoli; ma ambedue sono chiuse a monte da una scalinata (la inferiore non è segnalata nella carta del Pagano/67).

  

tratto superiore                                              tratto inferiore

 

CIVICI

I civici sono ancora collegati -e ne sono la conclusione- a via C.Dattilo: quindi mancano i numeri iniziali 

2007*= neri: da 9 a 11 (mancano da 1 a 7);      e da 12 a 16 (mancano da 2 a 10)   

           rossi solo pari: da 64r a 70r (mancano da 2r a 62r)

   Controllati ago/07, manca il 23r (da uffici di corso Torino erroneamente messo in via Dattilo)

   Nel Pagano/40 , va da via E.Mazzucco a via P.Cristofoli; ha civv. neri a privati, e al 3n  soc.telef.Tirrena; 6n Cappello Filippo edilizia; 9 pt vaccheria Migone T.;  Civv.rossi1 osteria; 2.4.6 bar; 3 la Provvida; 7 uff.collocamento; 7 patronato naz.p.assist.sociale e sindacati fasc.industria; 8 polliv.; 10 latteria; 12 salumi; 13 Calderoni riproduz. disegni; 14 macell.; 16 Macciò ferram.; 17 mobili; 22 rappr.; 24 fruttiv.; 30 chiesa Cristiana Evangelica; 34 commest.; 38 macell.; 44 casse mutue ind. amb. n2; 54 parrucch.

 

=== il civ. 14 è del 1930

===civ. 23r.   Nel 1950 era aperta una osteria, allora di Massini Ida

STORIA:  Inizialmente e fino al tardo 1800, dove ora è la sede stradale, erano giardini ed orti di proprietà private (vedere carta del Vinzoni: proprietà di Lorenzo Lomellini).

   In essi avvenne dapprima, l’insediamento di una fabbrica di lavorazione dell’argilla e mattoni di proprietà di un Carosio, famiglia residente al Campasso ma proveniente da Voltaggio-Ronco: pur senza documentazione, è deducibile perché la zona –corrispondente a quella racchiusa tra via F.Anziani-C.Rota e via san G.Bosco, venne popolarmente chiamata “la Fornace”.

 

Per ovvietà attribuiamo questo titolo alla fornace dei Carrosio, piemontesi trapiantati qui per impastare argilla e fare mattoni: fu attiva sino alla fine del secolo.

Difficile la ricostruzione dell’evoluzione dello sfruttamento della zona, apparendo che l’area -chiamata la Fornace - in realtà non fu tutta – ma solo in piccola parte - occupata dall’opificio, il quale però diede indicazione a tutto l’intorno essendo l’epicentro di una vasta zona che prima era occupata ad orti e palazzi; poi, i primi, abbandonati e lasciati a prati incolti e piatti ed i secondi abbattuti e cambiati.  Questa deduzione, è perché dalle foto disponibili, riferibili a pochi anni prima dell’anno 1900, si notano sia una area piatta (direttamente a levante della antica via san Martino (oggi v.C.Rolando); in altre, l’area è più limitata all’estremo levante, vicino all’attiuale via P.Cristofori (foto sopra). Essendo vere entrambi, possiamo supporre che anche se impropriamente rispetto l’opificio posto ai piedi delle colline, tutto il terreno – che una volta era  sfruttato a orti e giardini dai nobili proprietari - una volta sgomberate le ville ed i loro orti era divenuto libero e pianeggiante, e quindi usuruibile anche per attività ludiche) sia un contorno di palazzi che oggi non ci sono più e quindi anteriori al 1900, convertiti in altri edifici datati 1902).

Infatti, in altra foto <Fornace> anno 1904; non si riesce a ricuperare ulteriori riferimenti validi: nella cornice dei prati, è possibile che i palazzi a destra siano stati modificati nella facciata, perché oggi non ci sono più o comunque non corrispondono. Può essere anche che la cartolina fu timbrata in quella data, ma scattata alcuni anni prima, perché a) tutto il gruppo di case al di là del muro limitante lo spiazzo –compreso i collegi e la villa soprastante, che potrebbe essere quella di via GBMonti dietro il palazzo degli invalidi- non esiste più. E b) poiché quelli costruiti nell’attuale via Amoretti sono stati ceduti agli inquillini proprio in quella data 1904 ed erano stati iniziati nel 1902, non comparendo essi nella cartolina significa che furono abbattuti nell’anno 1900-01) e pertanto infine, che la foto è anteriore al 1900).

 Al termine della demolizione di detta fabbrica, nello spiazzo rimasto, adiacente a campi e prati più o meno momentaneamente abbandonati, negli anni vicini al 1900 venne praticato il primo foot-ball degli inglesi (quasi tutti dipendenti dall’Ansaldo e quindi facilmente raggiungibile da loro, ovviamente a piedi), per cui popolarmente conosciuta come “a ciassa du futt-ballun”. È dove si andavano ad allenare la società Sampierdarenese e la Croce d’Oro (in alternativa alla più lontana piazza d’Armi), anche se non aveva né le misure né le attrezzature neppure di un micro-stadio (come poi lo avrà per primo quello aperto dietro a villa Scassi), essendo adatto solo a imbastire partitelle tra dilettanti.  Poco a poco, fu invaso dall’edilizia.

 

La strada vera e propria nasce con l’edificazione selvaggia  sulla traccia dell’antica crosa dei Disperati, nome non ufficiale anche se usato nelle carte comunali . 

Già nell’anno 1910 tutto il tratto -dall’attuale via C.Rolando a via Gb Monti- fu chiamato, dapprima vico, poi via Pastrengo. Ma all’atto dell’unione comunale con Genova, essendo questa titolazione un duplicato con il Centro, fu deciso sostituirla: solo il 19 ago 1935   venne firmato dal podestà una delibera col nome di via E.Rayper.

Così rimase sino al periodo fascista quando il podestà il 20.12.43 deliberò si tramutasse tutto in via Manlio Oddone. 

Il 19 lug.1945 tutto il tratto stradale fu ridenominato, dedicandolo a Cesare Dattilo.

Fino al 26 mag.1947 quando la giunta comunale deliberò –sino ad oggi definitivamente- di separare il tratto a monte-levante, oltre via P.Cristofoli ridedicandolo, di nuovo, al pittore; ed il tratto a valle-ponente lasciandolo al Dattilo.

 

DEDICATA  al pittore genovese, nato il 2 nov.1840, da Giuseppe (agiato proprietario di una fonderia) e da Angela Prato, savonese di Gameragna.


 

Dopo aver seguito i classici studi inferiori presso gli Scolopi di Carcare e poi quelli superiori nel collegio dei Tolomei a Siena, a 19 anni -1859- preferì abbandonare l’università per  iscriversi all’ Accademia Ligustica genovese alla scuola di prospettiva, con insegnanti GB.Novaro, T.Luxoro e Tubino (la RotondiTerminiello scrive che frequentò i corsi di incisione di Raffaele Granara).


Sentendosi maggiormente attratto dal riprodurre i paesaggi, frequentò il più specifico studio di Tammar Luxoro, il quale riuscì a stimolare in lui l’interesse alla pittura del paesaggio, appoggiando le novità che portavano ad uscire dai rigidi schemi settecenteschi,  per entrare  - tra polemiche, dissensi ed entusiasmi nell’ambiente - in una visione e descrizione pittorica più aperta,  favorendo l’istinto artistico di ciascuno.       

Su questa strada, la sua pittura sempre più confermò l’apertura ad uno stile veramente libero e molto espressivo sia nel descrivere l’ambiente vivo -  quasi in movimento -, sia con l’uso di toni cromatici più accesi. Con questi stimoli, il maestro lo avviò a frequentare e studiare Alexandre Calame (a Ginevra, nel 1861), i francesi Corot, la scuola di Barbizon, ma sopratutti quella di Daubigny (che lascerà più di tutti una profonda traccia nello stile pittorico), ed in Italia le Promotrici di Torino (ove espose nel 1863; prima e dopo aver esposto a Genova dal 1862 al 1873) ma soprattutto di Ernesto Bertea che gli fece conoscere Fontanesi, ed i macchiaioli toscani (a Volpiano, ed a Firenze nel 1864).

Rientrato a Genova, a 23 anni (1863 in questo anno espose alla Promotrice genovese l’oper ‘Motivo sulla Bormida presso Carcare’) iniziò a frequentare un gruppo di artisti allievi di Tammar Luxoro come Alfredo De Andrade, Alberto Issel, Serafin DeAvendano, tutti felicemente accomunati  al desiderio di rinnovarsi e quindi dall’avversione verso quanto imposto nelle scuole (in genere soggetti storici ed artistici): dal favorire la libera invenzione nel descrivere la natura ricercata andando all’aria aperta, “en plein air”. Queste giovani forze artistiche locali, diventano senza saperlo il primo nucleo di una nuova scuola di paesaggio (detta goliardicamente ‘scuola degli spinaci’).

Così lo troviamo -specie d’inverno- nella spiaggia di s.Nazzaro o nelle fasce di Albaro e di Fassolo (ove, nel palazzo del principe D’Oria di via san Benedetto, aveva lo studio GB.Villa, un bigio camerone frequentato ed usato oltre che dal Rayper, anche da DeAndrade, F.Gandolfi e S.Bertelli, Varni, Issel, Semino).

D’estate invece divennero punto di ritrovo le rive del Bormida. Nella vallata- era allora un vedere, come fossero funghi, ombrelli aperti a proteggere dal sole i singoli artisti; e, tra loro, si consigliavano impasti cromatici caratterizzati da toni chiari, mezze tinte e grigio-argentate, ma soprattutto rifuggendo il nero: da questo concetto presero più responsabilmente il nome di “scuola grigia”.

In questo gruppo, il Rayper si ritrovò ben presto il più degno caposcuola e l’allegro animatore (viene descritto ‘bella persona, amato e ricercato per la sua giovialità’; recitando nell’Otello (1869 A Rivara), da un critico presente fu descritto “bello…sicuro di sé…; a sentirlo pareva Shakespeare in persona…; a vederlo lo avresti detto il più matto dei buontemponi, e ... avreste indovinato”).

 

Carcare–olio su cartone 33x48  datato 1863              Tramonto a Porretta Terme

(valutato oltre 10mila e)                                             –olio su tela 23x30 (valutato 6mila e)

 

Errabondo, col bel tempo lo si trovava ad errare per la riviera o nelle campagne di Carcare (la sua frequente presenza ed il suo dipingere dal vero lungo la Bormida furono descritti nella trama di un romanzo ’Amori alla macchia’ di A.G.Barrili, e la vediamo nei suoi quadri intitolati ‘Carcare’ anno 1861, 1862, 1863), fino a Rivara ove esisteva una “scuola di Rivara” gergalmente chiamata “cenacolo ligure piemontese”, il più avanzato nell’innovazione della pittura di macchia, frequentato anche da Telemaco Signorini, e di cui –anche qui- divenne per il suo carattere gioviale, l’animatore, il riconosciuto ‘fondatore di una nuova scuola di paesaggio’, sia per lo stile e sia calamitando le unanimi simpatie.

Ma in contemporanea manteneva seppur fugaci, contatti anche con artisti di tutta Italia (scuola di Posillipo; macchiaioli (evidenti nell’opera - esposta alla P.di Ge nel 1864 - chiamata ‘il gombo’; ora alla GAM); piemontesi), faceva sì che ciascuno di essi riconoscesse l’influsso positivo tratto dalle conoscenze della scuola genovese, anche se poi –in campo nazionale- l’apertura mentale dei maestri si aprì a questi innovatori molto prima che a Genova: fu solo dopo il 1870 che l’Accademia Ligustica di BA –fino ad allora arroccata nelle posizioni antiche- si arrese accettando dare il via ufficialmente ad un corso di scuola di paesaggio.

 il gombo

A 26 anni (1866; ma già dal 1864 frequentava a Firenze il caffè Michelangelo, ove conosceva Signorini, Serneso, Borrani, DeTivoli. In particolare, il ‘Paesaggio a Baveno’ del 1867, ora al museo dell’Accad.Ligustica è significativo delle suggestioni toscane), e per alcuni anni a seguire, espose in galleria, assieme al già famoso Lega, alla Promotrice di Torino e poi a quella di Genova.

Tele, acquarelli, disegni, incisioni (era stato allievo di R.Granara): tutto segna la progressiva maturazione dell’artista che già nel 1865 -dando dimostrazione di equilibrio e di spessore artistico notevole-, raccolse i primi significativi riconoscimenti: medaglia d’oro e poi accademico di merito, dalla Ligustica (1869).

 A trent’anni (1870) fu iscritto all’Albo dei professori accademici di merito dell’Accademia Ligustica nella classe ‘pittori’; divenne socio della Accademia torinese, e di Urbino; medaglia d’oro all’esposizione nazionale di Parma (1870)  per un ‘paesaggio storico’ (titolo provocatorio e volutamente scandaloso per i maestri genovesi i quali, di fronte alla premiazione, dovettero cedere nell’ostinata difesa del vecchio stile ed aprire la strada –anche se in ritardo- al nuovo stile).

Nel 1872, l’ultima esposizione, alla Promotrice di Genova

L’artista, che teneva aggiornato un taccuino-diario, iniziò nel 1872 a registrare l’inizio di quello che fu un male incurabile ed inesorabile insorto sulla lingua.

Gli ultimi due anni della vita, trascorsero miseramente sconvolgenti, alla ricerca di una impossibile via di uscita: Roma (febb.’72), forse Bologna, Torino (dal 17 febb.’72 fu ricoverato nella casa di salute Sperino, ove rimase ricoverato 58 giorni e dove fu solo curato. Il  5 apr.1872 scrisse “ io muoio tra breve: lo so, nel vigore dell’età, e dopo aver passata una vita priva d’ogni reale dolcezza”) divennero tappe di un conosciuto, lento, straziante e pauroso  struggersi. A novembre scelse il celebre prof. Rizzoli di Bologna, che lo illse essere un banale papilloma non necessario di cure drastiche: vi si recò 5 volte sino a marzo 1873 quando lo abbandonò mantranendo la linea del far niente anche quando un esame istilogico aveva confermato la malignità del processo

Dopo i primi consulti, doveva già essere realisticamente assai sconfortato, disperato e di pessimo umore: “tagliare la lingua” scrive sul taccuino: il 10 feb.1873 (Rebaudi scrive il 1 aprile) andò a Novara a consultarsi con un altro famoso chirurgo Bottini il quale i 4 aprile 1873 lo operò; nell’occasione scrisse “ ho sofferto molto ma non ho mai perduto i sensi, mentre il chirurgo Bottini sudava…”. Tutti i suoi ultimi scritti dimostrano la desolante coscienza della propria fine. La ferita però non cicatrizzò del tutto e ne rimase una orrenda e straziante piaga necrotica e infetta.

Le sue possibilità divennero sempre più limitate sia nel parlare che nel masticare; ovviamente straziato nell’animo e nel fisico si ritirò a Gameragna -frazione di Stella, nell’entroterra savonese- ove stremato e consunto, dal dolore e dal male, produsse le ultime immagini e paesaggi, fino al tragico momento, che troncò la raggiunta maturità artistica, dimostrata con opere di alta qualità.

Morì il 5 ago.1873, a 32 anni: effettivamente dopo una troppo breve esistenza.    

Molti suoi quadri, sono alla Galleria d’Arte Moderna a Nervi (oltre a disegni, la ‘veduta del Gombo quadro donato dal principe Oddone di Savoia al municipio; ‘i pittori’, ‘paesaggi’, ‘studio dell’incisore); alla accademia Ligustica in DeFerrari (ove alcuni furono danneggiati da incendio secondario a bombardamento, ‘in cerca di legna, ‘riviera ligure’. Qui esiste un marmo scolpito da Giulio Monteverde con il suo volto e sotto inciso: ”questa effige- di Ernesto Rayper- pittore paesista- che l’indirizzo dell’arte- a nuovi principi informato- comprese e promosse- onde giovine ancora- ebbe plauso ed onori-tributo di stima e di affetto- gli amici qui posero-1874”); alla Carige; galleria d’arte moderna di Firenze e Torino; in Prefettura.

A lungo la bravura artistica del Rayper rimase relegata ad una ristretta cerchia di intenditori, ed ignorata da cataloghi e libri d’arte prima di essere ufficialmente riconosciuto il pittore più valido dell’ottocento ligure, il più rappresentativo nell’esprimere i paesaggi sia per la costanza lirica  che per la sensibilità dei toni. Per primo, fu O. Grosso direttore dell’Ufficio di Belle Arti e Storia, che  acquisì dal fratello del pittore per conto del Comune un certo numero di dipinti per la collezione d’arte moderna. Nel 1926 ad opera di M. Labò fu aperta una mostra di ‘pittura ligure dell’800’ con esposizione di oltre venti sue produzioni (acquarelli e fusain. Moltissimi di proprietà privata). Altre e sempre più capaci di dare la dovuta importanza dell’artista, seguirono nel 1938 (anno in cui la sua bravura venne riscoperta: ‘giovane miracolo dell’800 genovese’; e riconosciuta anche oltre regione  “...‘il più pittore’ … i suoi verdi densi, profondi, i suoi grigi delicati, acquosi, d’una rara bellezza tonale, fanno di lui uno dei più sensibili coloristi ottocenteschi dell’Italia settentrionale”.

 

BIBLIOGRAFIA

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-Pastorino&Vigliero-Dizionario delle strade di Ge.-Tolozzi.’85-p.554.1572

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