PRATO prato dell’ Amore
Non fu una strada, ma un zona del borgo: è citato per la prima volta nella località della Fiumara, quando nel 1847 vi sorse lo stabilimento di Taylor e Prandi (poi Ansaldo).
Non è dato sapere il perché di questo nomignolo popolare che però era presente per indicare una zona allibrata al catasto di Sampierdarena, ai numeri 176 e 178 nei quartieri del Canto e della Fiumara (ogni tanto chiamata anche “spiumara, o lazzaretto, o prato d’amore”) di 33.616 mq dei quali 1.156,9 occupati da «una casa padronale e tre coloniche, un baraccone ad uso saponeria, una piazzetta chiusa ed il resto era terreno ortivo, con canneto e vigna, posto oltre la ‘Crosa dei buoi’ , nell’angolo tra il mare e la foce del torrente». La terra, allora era ricca di acqua sorgiva, di produzioni viticole ed orticole tra le migliori (come oggi può vantare più solo la piana d’Albenga), di proprietà della marchesa Maria Oriettina Lamba Doria, moglie del marchese Fabio Pallavicini, ambasciatore del regno Sardo in Baviera.
Per il Taylor la zona appare l’ideale, sia per la cantieristica navale che per uno stabilimento di locomotive (da fabbricare con un sistema perfezionato rispetto l’ideatore Stephenson , ed a prezzo ridotto). Appena l’Intendenza Generale di Genova pubblicò il manifesto di occupazione del suolo affiggendolo nel municipio di San Pier d’Arena dal 20 al 27 ago.1846, scattarono le opposizioni dei proprietari: della marchesa (che oltre agli orti aveva affittati dei poderi alle famiglie Piccaluga e Ferrari; degli appartamenti -tra cui uno ad un GB Derchi (non certo il pittore); ed un capannone a Salvatore Tubino per una fabbrica di sapone), del sig. Pescetto proprietario di una fabbrica di amido, di Giuseppe Torre e Francesco Carena proprietari dell’antica e prospera corderia, forti di 50 operai e che temono le scintille; dei fratelli Rolla proprietari di una tintoria. Il Consiglio di Stato esaminò domanda, opposizioni e controricorso, e decise a favore di se stesso, cioè del Taylor dichiarando la sua iniziativa di pubblica utilità (al Cavour non era dispiaciuta l’idea di iniziare una produzione al servizio della propria marina militare e delle strade ferrate, in quegli anni in via di forte espansione; e degli inglesi si fidava più che degli italiani). Gli espropri seguirono una lunga procedura, ma il 23 giu.1847 si dovette firmare in palazzo Ducale. L’atto di cessione, destina 120mila lire al Pallavicini.
BIBLIOGRAFIA
-Montarese M.Genova secolo XX-ERGA 1980-pag63
-Gazzo E.-I 100 anni dell’Ansaldo-Ansaldo 1953-pag 76-80