PISACANE                                   scalinata Carlo Pisacane

 

 

Il Novella  segnala la scalinata, dipartente “da via G.B.Monti” (ma poi divenuta, e lo segnala tra parentesi senza dire quando, “scalinata Gaetano Filangeri”).

Nel 1910 non era ancora ufficializzata; lo divenne (aggiunta dopo a penna sull’elenco delle vie) come “scalinata Carlo Pisacane, da via G.B.Monti verso la proprietà Palau”, con civici sino al 3.

Nel 1927 fu pubblicato l’elenco delle strade di tutte le delegazioni entrate a far parte della grande Genova: la scalinata è presente (classificata di 5ª categoria, con omonime dedicate a Sestri, Voltri ed in Centro): ma la titolazione fu lasciata solo in Centro per una strada più importante, posta tra viale B.Bisagno e piazza Palermo.

Ma nel 1933 sul Pagano è ancora segnalata tra le nostre strade, la “salita Carlo Pisacane”; come sempre, da via G.B.Monti, chiusa, di 5ª categoria, ma con civici sino al 7.

Fu con delibera del podestà datata 19 agosto 1935 che divenne “scalinata Filangeri” ( da vedere per i dettagli).

 

DEDICATA:    allo scrittore e patriota napoletano nato il 22 agosto 1818.

Di carattere amabile, delicato e fiero; deciso come soldato; inquieto e irascibile nei sentimenti. Di nobili origini – cadetto dei duchi di san Giovanni- dopo i primi insegnamenti in collegio preferì arruolarsi – 1839,  divenendo  - come il fratello


Filippo fedele al re di Napoli - tenente del genio nell’esercito borbonico.

Usò questa carica militare per poter insinuare negli alti gradi dell’esercito borbonico il concetto ed il desiderio dell’Italia unita e - determinatamente mazziniana.


Ciò gli valse che – in piena carriera – nel 1847 dovette fuggire via da Napoli (divenendo disertore).  Riuscì ad allontanarsi, accompagnato dalla donna amata (era Enrichetta Di Lorenzo in Lazzari, moglie di un cugino e madre di tre figli; corteggiata da quando lui era appena dodicenne e dichiarati tra loro nel 1845); assoggettandosi assieme a complicate peripezie.

Scapparono insieme a Londra (ove fu raggiunto da richiesta di estradizione, rifiutata dal governo inglese), poi a Parigi (arrestati per falso passaporto; lei incinta). Infine a Marsiglia ove lui (senza lavoro, accettò un comando nella Legione Straniera francese che lo portò in Africa ma senza combattere, essendosi arresi i momentanei nemici algerini; e quindi rientrato ben presto) e lei  (che  partorirà Carolina, bimba che i parenti non accettavano e ponevano come condizione per rientrare a Napoli che la affidasse ad un orfanatrofio; ma che troppo presto morirà a metà febbraio 1848).


Nel 1848 scesero insieme in Lombardia - raggiunti da notizie di moti e sommosse: Palermo, Napoli, Torino, Milano, (non viene citata Genova) – avendo avuto nomina di  ufficiale nell’esercito Sardo e  partecipare alla prima guerra di indipendenza ove fu sconfitto l’esercito piemontese; lui già si era ritirato perché in battaglia era stato ferito. Rifugiarono in Svizzera.


L’anno dopo lo troviamo – quale colonnello, capo di stato maggiore,  a guidare la difesa della Repubblica di Roma chiamato personalmente da Mazzini a far parte della Commissione di guerra (mentre lei assisteva i feriti nei punti di assistenza); sconfitto anche qui, dal gen N.Oudinot, fu da lui arrestato e imprigionato in Castel Sant’Angelo; liberato, fu ricostretto all’esilio a Lugano. Nel libro “La guerra combattuta in Italia  negli anni 1848-49”, edito nel 1851, stigmatizza le cause del fallimento: mancanza di una politica sociale popolare, che coinvolgesse le masse (coerentemente, nel frontespizio di un suo libro, riportò la frase di Giordano Bruno “non temete nuotare contro il torrente; è d’una anima sordida pensare come il volgo, perché il volgo è in maggioranza”).

Da Lugano, nel 1852 arrivò a Genova con Enrichetta, ove rimase per tre anni vivendo con l’insegnamento della matematica; accolto nel salotto di casa Benedettini, vagheggiava un rientro a Napoli; scrisse per giornali cospirando contro i Borboni: collaborò con ‘l’Italia del Popolo’ di Losanna (1849-50) con toni spesso assai polemici; dove l’affetto dell’adorata ma fragile Enrichetta divenne instabile seppur anno di nascita (28 nov. 1852) di una seconda bimba, battezzata Silvia; approfittò per compilare anche saggi e libri, scrivendo “Saggi storico-politico-militari sull’Italia”, in quattro volumi, i primi due dei quali (uno di 102 pagine e l’altro 179) pubblicati a Genova dallo ‘stabilimento Tipogafico Nazionale Antonio De Barbieri’, nel 1858  (gli altri due, a Milano con aggiunto il ‘Testamento politico’ scritto prima di partire per l’impresa);  si scrive che – specie i primi due – erano fortemente polemici, ed osteggiati quindi sia dai monarchici che temevano le mozioni a casa Savoia, e sia dai repubblicani per i toni socialistizzanti e critici di Mazzini – anche se ogni gesto e parola erano improntati di vera amicizia e unità di intenti col Mazzini (primario ideatore di Sapri), sino all’estremo sacrificio di se stessi.

Nel 1857 preparò (Mazzini e l’ambiente di Carlotta Benettini già l’avevano progettato) quella che fu definita ‘Rivoluzione Italiana’, e comandò la cosiddetta “spedizione di Sapri”. Enrichetta, presagendo il dramma cercò invano di dissuaderlo. Al tramonto del 25 giugno si imbarcò come passeggero sul piroscafo postale ‘Cagliari’ assieme ad altri  25 volontari: essi firmarono un documento che riportiamo «noi qui sotto sottoscritti dichiariamo che avendo tutti congiurato, forti nella giustizia della nostra causa e nella gagliardia del nostro animo ci dichiariamo gli iniziatori della Rivoluzione Italiana. Se il paese non ci asseconderà noi, senza maledirlo, sapremo morire da forti seguendo la nobile falange dei Martri Italiani. Trovi altra Nazione al mondo uomini che come noi si immolino per la libertà, ed allora solo potrà paragonarsi all’Italia, benché tutt’ora sia schiava. A bordo del vapore Cagliari, il 26 Giugno 1857, ore 8 di mattino. firmato Carlo Pisacane, nativo di Napoli; GB Falcone, di Lerici; Cesare Faridone, di Lerici; Pietro Porro, di Lerici; Lorenzo Giannone, di Lerici; Domenico Mazzoni, di Ancona; Giovanni Camilucci, di Ancona; Giovanni Gaglioni, di Milano; Amilcare Benoni, di Milano; Carlo Rota, di Monza; Lodovico Negroni, di Orvieto; Luigi Conti, di Faenza; Giuseppe Merenzio, di Fabbriano; Giovanni Nicotera, di Sembiase Nicastro; Luigi Barbieri, di Lerici; Francesco Meduto di Lerici; Gaetano Poggi, di Lerici; Domenico Rolla di Lerici; Achille Perucci di Ancona; Cesare Cori, di Ancona;   Giovanni Sala, di Milano; Pietro Rosconi, di Monza; Federico Fantoni, di Longo; Giuseppe Santamaria, di Imola; Giuseppe Faelli, di Parma.

Al largo dopo mezz’ora di navigazione, appoggiato da Giuseppe Daneri, se ne impadronì facendo rotta prima su Portofino ove doveva incontrarsi con Rosolino Pilo ed altri volontari in armi (invece, per ritardo di telegrammi, Pilo tardò all’appuntamento e Pisacane decise proseguire senza il suo aiuto, puntando su Ponza ove liberò i prigionieri politici ed i galeotti (i famosi ‘eran trecento’); con essi, poi sbarcò a Sapri mirando a sollevare il napoletano dal regime borbonico e prevedendo  una accoglienza positiva da parte della popolazione e spontaneo rafforzamento delle sue truppe da parte di volontari locali.

Finì  invece ben presto in un massacro, causa il mancato appoggio degli insorti locali e la non collaborazione del popolo, sommati ad una energica ed inaspettata reazione delle truppe borboniche incontrate in località Padula. 

Con pochi superstiti cercò di sfuggire  puntando sul Cilento ma pochi giorni dopo (il 2 luglio) furono accerchiati a Sansa: nello scontro molti morirono, altri si arresero (vedi Carlo Rota); lui fu ferito e non volendo essere fatto prigioniero sapendo che riconosciutolo lo avrebbero trattato da disertore e traditore, preferì suicidarsi con un colpo di pistola (qualcuno dice che invece fu catturato e fucilato). Falcone morì combattendo.

“Eran trecento giovani e forti...” così inizia la poesia di Luigi Mercantini del 1857, intitolata “la spigolatrice di Sapri” a memoria dell’impresa che seppur fallita, destò una maggiore attenzione e sensibilità al tema dell’unità nazionale, che fu utile nelle imprese successive.

 

BIBLIOGRAFIA

-Archivio Storico Comunale

-Archivio Storico Comunale Toponomastica - scheda 3538  

-DeLandolina GC-Sampierdarena-Rinascenza.1922-pag.51

-Enciclopedia Motta

-Enciclopedia Sonzogno

-Fabbri L.-L’opera più rara di Carlo Pisacane-il Mese, 1944- pag. 446

-Genova, rivista comunale – 3/57.16foto

-Marasco G.- Carlo Pisacane, Enrichetta...-La Casana- 3/85-pag.35

-Novella P.-Strade di Ge-Manoscritto bibl.Berio.1900-pag.17

-Pagano/1933-pag.248

-Pastorino&Vigliero-Dizionario delle strade di Ge.-Tolozzi.1985-pag.1482

-Pescio A.-I nomi delle strade di Genova-Forni.1986-pag.77