PELLEGRINI                                  via Antonio Pellegrini

 

TARGA: via – Antonio Pellegrini

 

angolo con via del Campasso

 

QUARTIERE ANTICO: Campasso

 da MVinzoni, 1757. In celeste via Vicenza-Campasso; in verde ipotetico tracciato di via APellegrini nei terreni Cicala.

 

N° IMMATRICOLAZIONE:   2823.   CATEGORIA:  2

CODICE INFORMATICO DELLA STRADA -  n°:   46540

UNITÀ URBANISTICA: 24 - CAMPASSO

        

da Pagano 1961                                                         da Google Earth, 2007

 

CAP:   16151

PARROCCHIA:   Sacro Cuore di Gesù

 

STORIA:  Compare già così titolata nel 1926 all’atto della unificazione del comune di SPd’Arena con quello genovese, e classificata di 4a categoria. In quel tempo omonima dedica esisteva per una strada di Cornigliano, che fu obbligata a cambiare.

Il Pagano 1919 colloca al civ.2 l’unico veterinario cittadino, dr. Briccola Luigi attivo ancora nel Pagano/25.

 

STRUTTURA:  rettilineo di circa trecento metri,  praticamente diviso in due tronchi: il primo, è senso unico viario -dall’altezza della chiesa e via Campasso, sino a metà percorso- quando si innesta da ponente via S.Spaventa nella quale il maggior traffico stradale prosegue - sempre come senso unico. Il secondo tronco, continua il òprecedente verso monte, è chiuso in fondo  ed è doppio senso viario.

La ripida pendice della collina di Belvedere tagliata orizzontalmente dall’autostrada, fa da sfondo verde ed un po’ selvaggio al paesaggio.

                

 

   A lato nord della chiesa, in una iniziale  vasca -collettrice (studiata dal geom. Lastrico del Comune) posta alla confluenza del rio Belvedere con il rio  detto Pellegrini-, inizia un  torrentello anonimo, che corre lo stesso itinerario naturale interrato sotto la strada  di via Campasso; attraversa via Fillak e percorrendo via  Chiusone (vedi), sfocia nel Polcevera. Attualmente in parte si unisce alla tubatura delle acque bianche della zona, così inviate al torrente tramite il collettore di via Capello e via Porro.  Spesso i due rivi,  nelle giornate piovose, entrano in piena;  e prima -quando esisteva solo una iniziale camera sotterranea, troppo spesso si intasava di detriti determinando lo straripamento ed arrivando ad allagare l’intera zona, favorita dall’’effetto imbuto’ della obsoleta tubatura finale di via Chiusone maggiormente ristretta; in questo vano, dopo l’8 settembre vi si rifugiarono 13 ex militari che cercavano sfuggire ai tedeschi e fascisti.

   È servita dall’acquedotto DeFerrari Galliera.

   Nello stesso spiazzo a lato della chiesa, vi sono quattro cancelli: uno, il più a ponente, chiuso ed arrugginito, aggiustato nell’anno 2001, si apriva nel vico del Diavolo (vedi) che portava ad una villa signorile, detta “o cason”, distrutta per la costruzione del ponte autostradale, e che all’interno era decorata con dipinti sui soffitti.    A fianco, il secondo cancello apre ad un viottolo di recente fattura, che salendo lungo il fianco del colle - forma dei giardinetti (e pertanto vengono chiusi da un vigile urbano alla sera); arriva sino a Belvedere 2, alle case di via Baden Powell.

Terzo, è quello della villa Torre. Il quarto,  a mare della casa , è il civico 1A

 

in basso, i primi tre cancelli     il percorso che sale verso via Baden P.        civ. 1A             

 

CIVICI   neri= da 1 a 19  (compresi 1ab, 3a, 9a, 11a);       e da 2 a 8 (escluso 4)

               rossi= da 1r a 17r    e da 6r a 12r (compreso 6abe, ed 8b)

 

Nel Pagano/40 la strada andava ‘da via S.Spaventa a v. Campasso ai monti” sono citati solo i civv. rossi: 3n Macelleria; 5n latter.fruttiv; 7n Asilo infantile del Campasso; 11 calzol.; 13n coop C Rota vend. n.13; 13 Dopolavoro «Pietro Avellini».

  civ. 1

==== civ. 1:  Il terzo cancello, dà adito alla antichissima “villa dei Torre”, col termine villa inteso come casa di campagna; ancora nel 2003 abitata dalla fantastica Eleonora Torre (da giovane fu partigiana, chiamata ‘Ivonne’ delle SAP cittadine, ed ora semplicemente ma con fermezza ‘la Nora del Campasso’ perché decisa ed agguerrita nella difesa del rione e degli interessi dei più deboli. Il padre, fu ucciso dai fascisti in maniera subdola e col giustizialismo tipico degli impuniti di allora. Personaggio caratteristico della zona appunto per il carattere ‘dolcemente impetuoso’ che la portava a contatto con i dirigenti sociali –specie politici- presso i quali difendeva gli interessi degli abitanti in genere e delle persone che si erano rivolte a lei in particolare).

 

villa Torre dalla piazzetta d’ingresso                                      la fossa di raccolta dei due torrenti

La casa è intesa come ‘villa alla genovese’, ovvero casa di coloni-pastori-contadini; viene descritta vecchia di oltre 3-400 anni, e forse anche di più.  Alle spalle ha due o tre fasce coltivate ad orto; poi il pendio sale piuttosto rapidamente verso Belvedere concedendo piccole fasce in alto (una con pollaio).

Il terreno è tagliato da un torrentello: esso passa di fianco ed a mare della casa –laddove è profondo circa un metro e più, scavalcato da un ponticello ‘artigianale’,  il cui alveo in certi casi di piogge pesanti è insufficiente e lo faceva straripare allagando anche la piazzetta davanti alla chiesa ed oltre-.

 

il torrentello, che ancora ‘tiene’                                        2ª / Zona Mil / M . 500       

Anche sul muro di questa casa, come altre disseminate nella città (una vicina, è anche in via del Campasso) è una targhetta della “Zona Militare m. 500” relativa alla distanza dal forte e quindi – forse - limite demaniale.

===civ 1A appare di recente costruzione   

===1r, assieme al 3r, posti nell’angolo da cui inizia la strada, porta sullo stipite l’incisione “macelleria” e “spaccio municipale” relativi all’uso di case popolari con relativi servizi. Forse fu qui che lavorò nel periodo attorno alla guerra del ‘45 il macellaio Borghi del Campasso (un grosso e pesante omone,  attivo atleticamente nelle gare di ciclismo ma con la caratteristica di cercare di arrivare ultimo, e vincere così più numerosi premi di consolazione; come poi, più famoso perché in gare di più alto livello, il famoso Malabrocca).

                                        

civ. 1r-3r-5r-

 ===civ  2:  l’ex macello civico. 

         

anno 1920 circa                                                                                                   Borghi

Su questo terreno, nel primo 1800 si ergeva uno stabilimento che produceva  glucosio (vedi via del Glucosio- dava nome omonimo alla strada che da li, arrivava al via Umberto I (attuale via W.Fillak); strada che fu annullata, sepolta sotto il terrapieno della ferrovia; un passaggio a voltino viene segnalato essere esistito sino alla fine del 1900, ma in via Campasso, 200metri più a nord della strada ).   

   Nel 1901-2, in occasione di un riscontro di alcuni casi di vaiolo in cittadini immigrati dal napoletano, e nel dubbio di una epidemia, si pensò aprirvi un lazzaretto affinché fosse un po’ meglio isolato ma anche attrezzato, rispetto un altro provvisorio aperto a Promontorio e dimostratosi inefficiente.

   Il settimanale “L’Azione Socialista”, favorevole all’amministrazione locale retta da N.Ronco, nel numero del 4 dicembre 1904 annuncia che il Consiglio Comunale ha approvato nella sua ultima seduta la costruzione di un nuovo macello pubblico, unico per tutta la città di San Pier d’Arena che sorgerà al Campasso, su terreni della proprietà Piuma, collocato tra il ‘Crosino del Diavolo’ e ‘via del Campasso’. Dopo essersi soffermato a decantare la bontà di tale iniziativa (che si somma con l’ospedale, le scuole, le case operaie), conferma che la non pulizia paga alto tributo per tante malattie, chiarisce che “quello che esiste attualmente, là sul Polcevera, in fondo a via della Fiumara, non corrisponde a nessuno dei requisiti richiesti dalla scienza. È un luogo qualunque dove si ammazzano delle bestie per comodità propria, non un pubblico macello, costruito appositamente con questo scopo. I pubblici macelli sono specialmente ditretti a rendere efficace l’ispezione ..., l’igiene, la lavorazione, ecc.” 

    Prima di allora, lo scritto chiarisce come avvenissero le macellazioni - alimentando le varie interpretazioni relative alla ‘Crosa dei Buoi’: alla marina  quindi, c’era già un qualcosa di attrezzato, dove avvenivano autonomamente le macellazioni –per iniziativa di singolo macellaio-; così si può pensare da secoli, e per tutto l’800 quando gli abitanti del borgo erano appena qualche migliaio; il problema nacque evidentemente con la moltiplicazione esponenziale dei residenti-.

    Una assai anziana signora, nel 1998 ricordava  che al Campasso, nel posto, c’era un laghetto e vicino una casa tipo colonico con orti.

   Si scrive che nel 1907 che la civica amministrazione iniziò i lavori per innalzare l’edificio adibito a  macello civico. Ma nel Pagano/20 non compare.

                                            

 anno 1980                                                     anno 2000

 

   All’inizio l’edificio fu chiamato in gergo popolare “ammazzatoio” e come tale compare nel Pagano/1921 telefono 41008; in forma ufficiale fu titolato  ‘Macello civico’ (e così fu scritto ai lati di un grosso stemma cittadino sampierdarenese, con grosse lettere sopra il portone centrale dell’edificio a due piani, e con architettura di stile tipico classicheggiante di primo 900).   La costruzione, aveva annessa una ciminiera, perché autorizzata a bruciare le carogne di bestie non sane, specie di muli e cavalli usati allora come normale mezzo di traino cittadino.

   Dal 1 genn.1923 il mattatoio fu in gestione alla soc.an. Industrie Frigorifere,  società privata  con una convenzione stipulata dal comune locale (era previsto nel contratto una gestione per 25 anni. Infatti nel Pagano/1925 c’è la “fabbr. ghiaccio chiamata S.A.I.F. Soc.An.Industrie Frigorigene”); nel 1933 il comune di Genova disdisse il contratto perché ritenne  lesivo ai propri interessi che un privato gestisse uno stabilimento di proprietà civica, in concorrenza con quelli propri e gestiti direttamente, ed in più percependo delle somme per questa attività.

   

cinque foto dell’anno 2007

 

                     

 

   Negli stessi anni, tutta questa attività venne spostata e concentrata in unico stabilimento in val Bisagno, cosicché l’edificio sampierdarenese fu trasformato in deposito per i servizi funebri comunali  (carri e cavalli).

   Dopo la guerra. lo stemma fu poi distrutto (forse era accompagnato da simboli fascisti), e fu mutato con un altro più piccolo di Genova assieme alla scritta ‘mercato uova e pollame’. Infatti l’edificio, rammodernato con una spesa di oltre 32milioni, fu destinato al ‘nuovo mercato all’ingrosso delle uova e pollame’: fu inaugurato il 20 febbraio 1955 dal sindaco Pertusio e giunta con assessori; comprendeva 23 posti auto per i commercianti, una sala per contrattazioni uso borsa merci, locali per il veterinario, per la direzione, per lo scannatoio del pollame, per la cottura del mangime, un ufficio dazio, la banca BNL e vari box di 65mq per i venditori . Era previsto anche un raccordo con la linea ferroviaria vicina, costruendo una rampa di accesso verso il parco, programmato quale allora il maggiore e più attrezzato mercato specifico in Italia.  Come ‘ex Mercato ovoavicolo del Campasso’, l’edificio è tutelato e vincolato dalla Soprintendenza per i beni architettonici della Liguria.

L’attività e licenza relativa al pollame, era stata dapprima gestita dall’Annona comunale, poi passato in gestione a privati.    Nel 1982  una petizione del ‘Comitato ambiente del Campasso’, preoccupato per i rumori dovuti al carico e scarico merci nelle ore notturne,  e per gli odori cattivi, determinò un ordine del giorno del Consiglio comunale che sfrattava le strutture invitandole a sgomberare i locali al più presto, e prospettando una destinazione delle strutture a uso sociale (parcheggio o casa protetta per anziani; o cedere a privati. Venne escluso la destinazione a posteggio dei nomadi). Da allora comunque, appare chiuso ed inutilizzato. 

foto 2011

interno, visto dalla saracinesca d’entrata. Foto 2011

 

===civ. 3a: chiesa  cattolica parrocchiale , dedicata al “sacro Cuore di Gesù al Campasso”: nel marzo 1930-XV, un regio decreto autorizza la Chiesa parrocchiale di Certosa di acquistare il terreno, per quello scopo. Il 4 dic.1939 il card. Boetto Pietro , arcivescovo di Genova, emise un decreto di costruzione di una Vicaria autonoma nella località del Campasso, resasi necessaria per la cura spirituale di un centro che -già allora- superava i tremila abitanti, abbastanza lontani da una propria chiesa parrocchiale. Quindi, la erigenda chiesa, allora aveva già il terreno necessario (una parte del demanio; un’altra più piccola parte comprata dalla famiglia Marchese che lo teneva a prato; ed una terza parte già di proprietà della curia ricevuta in lascito. La Curia ed i Marchese, si scambiarono reciprocamente in accomodato un tratto di terreno, concedendo l’uno dove ora è il campanile e ricevendo dove ora è il cancello per proprietà privata).

 

 

   Nell’attesa, fu aperta una Vicaria autonoma e provvisoria (decreto arciv. Del 4 dic. 1939 con vigore dopo 17 dic.) ma decorosa cappella da iniziare il culto dove è il civ. 7 al piano terra, e provvista degli arredi necessari, compreso un conveniente appartamento per l’abitazione del sacerdote.

   Il tutto rimase però inattivo, sino al 31 mag.1940 (giorno festivo del Sacro Cuore di Gesù), quando l’Arcivescovo riprese il decreto e lo firmò l’8 giu.1940 (due giorni dopo, alle ore 18, Mussolini dichiarò guerra alla Francia ed alla Gran Bretagna) dopo aver constatato che presso la Curia esisteva un deposito di lire capace di provvedere alla dote del nuovo beneficio parrocchiale .

   Si aggiunse che il decreto sarebbe entrato in vigore il 16 giugno, sancendo così per quel giorno,  l’erezione della nuova parrocchia e prevostura, denominata Parrocchia del Sacro Cuore di Gesù al Campasso, con un nucleo di assistibili di 1600 abianti. Fu tolto allo scopo  una parte di territorio alla parrocchia di san Gaetano ed una parte alla parrocchia della Certosa di Rivarolo. Fu dato l’incarico a don Bartolomeo Tubino (poi trasferito a Certosa), seguito da don Natale Traversa (bolzanetese di nascita -8.8.1914-, divenne sacerdotge nel 1938 e fu inviato come cappellano militare a seguito del corpo di spedizione di truppe alpine in Russia, ove nel 1941 meritò un medaglia d’argento ed una Croce di Guerra, al VM. ed il grado di tenente. Al rientro in patria, scrisse un libro di questa drammatica esperienza, titolato ‘Croce sul petto’; e divenne prima parroco nella natia Bolzaneto (dove –aiutando i partigiani- fu individuato dalle forze nazifasciste e costretto alla latitanza-) e poi prevosto al S.Cuore del Campasso quando la chiesa era ancora da costruire; rimase sino al 1955 quando passò a Voltri. Morì nel 1999).

Da allora, il parroco  dovette ricorrere a varie sedi provvisorie nei dintorni, compreso l’uso dei locali ove ora è l’asilo in via Pellegrini  7pt (e qui la segnala il Pagano /1961);  e dove poi si aprì un negozio di piastrelle  al 17r (la ditta Edilcentro di Carcare).

   La prima pietra fu posta nel 1950. La chiesa fu eretta in un anno su disegni dell’ing. Senise, dall’impresa Sfondrini. Fu consacrata il 17 marzo 1951 alla presenza di mons. Siri , allora arcivescovo di Genova, lo stesso che pochi mesi dopo (17 giugno) benedisse il nuovo altare maggiore.

   E’ ad una sola navata, delle dimensioni di m.12x8 (Lamponi dice 12x18+4 di abside); con un solo altare principale. Tipico il campanile, eretto ad L e con le campane poste in finestrelle.

   Possiede un marmoreo bassorilievo posto sopra il portale; una tela del sampierdarenese Traverso dedicata al sacro Cuore di Gesù, ed una statua lignea della Madonna della Guardia,  scolpita ad Ortisei.  Pregevole anche il battistero.  La parrocchia è la più piccola (1380 anime) delle nove del Vicariato sampierdarenese; il prevosto attuale, dal 1979, è don Antonio Pietro Picollo (incaricato dalla Curia arcivescovile dell’ Ufficio per la disciplina dei Sacramenti -matrimoni-. Nel 2007 nominato monsignore).

===5r è il negozio che pospetta a nord dentro la lunga aia dei 5 civici sudescritti. Sullo stipite ha inciso “consorzio agrario”. Naturalmente oggi non è più adibito a questa funzione anzi, come i civici rossi precedenti appare chiuso da molti anni.

 

=== civv. 3-5-7-9-11.  L’ing. Adriano Cuneo studiò i progetti di utilizzo delle aree, dando inizio nel 1921 alla costruzione del grande edificio,  posto a monte dei macelli; l’impresa edile fu il  Consorzio Ligure delle Cooperative (che poi nel 1930 si fuse per formare lo IACP - oggi si chiama ARTE: il presidente ing.Sirtori dovette in quegli anni affrontare la grave crisi degli alloggi, legata all’accrescimento abnorme della popolazione, in seguito all’immigrazione straordinaria dovuta allo sviluppo industriale: alla sua fondazione, il Comune cedette all’Ente una casa già costruita in via Pellegrini ed un’altra in via Spaventa, nonché 500mila lire ed alcuni lotti di terreno per 53mila mq , già edificabili da molto tempo ma non messi in atto per difficoltà economiche). Il grosso complesso in cemento armato, copre un’area di 1150 mq., con 6 scale, a sette piani, 107 alloggi (per 414 vani).

 civ. 7

===civ.6, progettato nel ‘38 dall’ing. Braccialini, realizzato nel ‘40, eretto in muratura dall’impresa SAF.Liberti, copre un’area di 647 mq, ha due scale, un cortile, 6 piani, 47 appartamenti. (132 vani). Fu inizialmente utilizzato per accasare degli emigrati francesi, dei quali ancor nel 2001 rimangono alcuni degli eredi.

 

===civ. 7 Durante la guerra, nelle cantine ospitarono un rifugio rinforzato. Nel 2007 (ma da oltre un decennio), al piano terra (int.1 e 2) si trova l’ asilo materno comunale, chiamato “scuola dell’infanzia G.Govi” del Campasso. Ebbe inizio dal 1922 un servizio per l’infanzia -dapprima nei fondi del civ. 3 (sotto il negozio con la scritta ‘macellaio’), poi al 13-. Il calo demografico già nel 1998 minacciò la chiusura (come avvenuto per la scuola elementare). Nel giardino, un ciliegio -forse selvatico- fiorisce a primavera con intenso colore rosato meraviglioso.

 

 

===civ. 8 fu edificato nuovo nel 1959

===civ.9 e 11 furono riparati nel 1945.

===civ. 7r: anteguerra, vi aveva sede uno dei vari  spacci della cooperativa di consumo C.Rota (nel 1933 erano in  via A.Doria 37r e 79r, corso D.Alighieri, 42r, v.GB.Monti 14r, via DeMarini 1, e via UmbertoI al 147r).

Tra questo civico ed il 9r c’è la colonnina funzionante di una fontanella, ancora antica con la pigna in vetta. Raccoglie acqua potabile dalle falde soprastanti che già anticamente (quando non esistevano i palazzi) era sorgiva.

 

===civ. 8r:   il circolo ricreativo “Pietro Avellini”

Nato col nome di “ club amici del Campasso”  nel 1919, in una sede vicina all’attuale: sempre in via Pellegrini ma al civ. 15, che rimase sinistrato durante un bombardamento aeronavale all’inizio del conflitto 40-45 e quindi qui trasferito subito dopo.

 

In data 21 genn.1925 fu sciolto dall’autorità di pubblica sicurezza (fiduciario di zona era un certo Lucchesi), applicando un  decreto prefettizio che imponeva la liquidazione di tutti i debiti e crediti, e di cessare tutte le attività consegnando tutte le iniziative e beni a qualsiasi altra istituzione locale purché sempre e solo con scopi di ricreazione.    Risorto nel 1937 nei locali attuali (che sono dello IACP-Arte),  ai soci rifondatori fu imposto di cambiare colore della bandiera sociale (che era rossa) ed il nome da dare : “circolo ricreativo Pietro Avellini” (un non bene conosciuto caporale alpino tanto che in alcuni testi è chiamato Avellino, nativo di Pegli; morto valorosamente  combattendo tanto da guadagnarsi la Croce di guerra alla memoria negli anni 1935-7 nell’ A.O.I. (Africa Orientale Italiana): evidentemente in Etiopia (la conquista di queste terre in quegli anni, associate alle colonie dell’Eritrea, Somalia ed Oltregiuba per circa 6 anni fino al 1941 costituirono l’Impero coloniale italiano, con capitale ad Addis Abeba). Stranamente e paradossalmente risultò poi che fosse di ideologie politiche  assolutamente non  affini al regime fascista).

Il circolo, che prima era aderente all’ ENAL, successivamente al 4 dic.1971 aderì all’ ARCI; all’art.1 del proprio statuto, riconosce voler essere “strumento di lotta per la crescita democratica del Paese e per la affermazione culturale e politica e sociale del lavoratore e del cittadino attraverso una effettiva pluralità di partecipazione alle decisioni e alla conduzione della società civile.  ... ecc”.

In seguito, in seno al circolo, si è formato anche un attivo “club Sampdoria”.  Subito dopo il cancello d’ingresso, una lapide ricorda i soci caduti in guerra.

 

=== civ. 10r   posto sotto la scuola fu costruito dalla famiglia Laffi, ad uso lavorazione di materiale elettrico, con otto operai. Negli anni 1954 fu rilevato dai fratelli Garobbio, Cosimo e Giuseppe, ex fabbri in carpenteria che lavoravano (per l’Italsider, per la Fulgor Cavi) materiale come macchinari e presse per la lavorazione dell’acciaio,  arrivando ad avere oltre 30 dipendenti. Dopo essi, dal 1957 vi ebbe sede l’officina di Francesco Gallo & Figli, piemontese genovesizzato dal 1935, specializzata nella costruzione ed installazione di arredamenti di bordo, e per l’edilizia pubblica e privata . (dalle porte o vetrine corazzate, a divisori, cabine vetrate o metalliche e stands fieristici), producendo materiale che andava anche all’estero (Germania, Arabia); i due figli negli anni ’80 aprirono una officina in altra sede. Attualmente è adibito a deposito cartaceo della banca Popolare di Novara e della banca d’Italia .

   Attualmente vi ha  un deposito-archivio cartaceo di una,  o forse più, grandi banche.

 

===civ.13-15r  nel 1933 c’era un club “Amici Campasso”

===civ. 15: nel febb.1917  esisteva solo questa casa popolare, di proprietà comunale; in questa data, la casa ed il terreno attorno fu ceduto all’ EACP ( ente autonomo case popolari) già ben  diviso in lotti edificabili. Lamponi vi segnala la sede di un ‘circolo la Ricreazione’ negli anni 1930 non segnalato dal Pagano/33.

Distrutto da una bomba durante la guerra, fu edificato nuovo nel 1954.

Proveniente da salita Angeli, per lunghi anni vi abitò il pittore-scultore, nonché poeta e scrittore Galotti Francesco, espressivamente forte e caratteristico, poco conosciuto nella sua stessa zona perché persona schiva, mite ed introversa (nativo di Fermo, AP, il 5 apr.1921, venne a Genova nel 1936 per diventare ansaldino e nel tempo libero allievo alla scuola di disegno e modellato in legno. Durante il periodo bellico, fu soldato del regio esercito e poi partigiano sui monti di Montemarzo (AT) con nome di battaglia ‘iena’, e  (forse) prigioniero. Dalla guerra tornò gravemente malato ed invalidato da non poter riprendere l’attività operaia: seppur disoccupato iniziò a produrre significativamente, e tentò la via del professionismo artistico esponendo in molte rassegne e mostre ottenendo riconoscimenti e premi. Insegnò bozzetto grafico ed ornato nell’Istituto don Bosco ed al Vivaldi di Genova. Nel 1952 aprì il ’cenacolo artistico dell’Acquasola’ quale sala riunioni, mostre e conferenze per artisti, e dal quale emersero tante firme autorevoli nel campo dell’arte –come Giannetto Fieschi-. Malgrado lavorasse nella cupa miseria non ottenne alcun finanziamento dal potere civico, proprio per quella umiltà dignitosa, generosa e non invadente che lo caratterizzava. Non amava il soldo se non come elemento di sopravvivenza ed era sempre pronto e primo ad aiutare con presentazioni, mostre gratuite gli artisti nullatenenti). Morì il 9 dic.1984).

 

===civ. 17, fu progettato uguale al 6 e realizzato in contemporanea, anche se appare abbia 45 appartamenti (125 vani). Fu anch’esso utilizzato per ospitarvi degli sfollati, già residenti nella zona della Centrale del latte; ma anch’esso ebbe l’ala di nord-ovest distrutta nei bombardamenti.

 

 ===civ. 19, raggiungibile solo salendo un’erta scaletta, fu assegnato ad una nuova costruzione nel 1965, adibita a scuola elementare, succursale dapprima della Cantore e poi della industriale Ludovico Ariosto di Certosa. Dismessa, fu occupata nella primavera del 1994 dal Centro Civico Zapata, la cui liberazione avvenne solo con l’uso della forza pubblica. È stata giudicata non agibile con continuità causa la presenza di amianto nelle strutture; è quindi stata offerta in gestione ad un circolo ARCI Musicale di Pegli che la ha usata saltuariamente. Nel 2008 si parla di vendere o abbattere, essendo inagibile ed irrecuperabile (costoso e complicato) da parte del Comune, proprietario-.

 

 

STORIA:  la strada già esisteva prima dell’anno  1900 .

   Alla data del 1910 già la titolazione era stata ufficializzata: lil nome compare nell’elenco delle strade pubblicato in quell’anno dal Comune, con civici sino al 4 e 7 (ma in pochi anni a seguire divennero civv. sino a 2 e 19) nel percorso ‘da via G. Bruno (via Campasso) alle nuove case popolari’ . In altro documento si precisa: “strada che da via G.Bruno corre tra il mattatoio e le case popolari”.

   Notevole fu il contributo dei campassini alla resistenza negli ultimi anni del conflitto mondiale, ed il tributo di sangue sia sotto i bombardamenti che nelle azioni belliche o ‘trasferiti’ in Germania.

 

DEDICATA  all’illustre politico avvocato, nato il 16 mar.1843 da Didaco ed Anna Di Negro, a Costantinopoli (oggi Istàmbul; nacque così lontano perché il padre -avvocato pure lui, genovese del sestriere di Prè,  era là in fuga in quanto –escluso dall’amnistia- era stato condannato a morte a Genova per aver partecipato attivamente ai moti dell’aprile 1849, assieme a G. Avezzana, C. Reta, G. Morchio; tutti poi graziati da altra amnistia).

Tornato in Italia dopo la morte del padre, completò gli studi a Pisa, esercitò la prima avvocatura a Costantinopoli e, dopo il 1870 tornò definitivamente a Genova, ove ben presto si fece amare, ammirare, ricercare.


     Di una magrezza spettrale, con occhietti penetranti come punte d’acciaio, geniale e generoso, di carattere bizzarro e singolare, con uno stile originale sia nel parlare, sia nel comportamento, sia nel vestiario (sceglieva abiti in forma perennemente austera ed altrettanto sempre con la tuba in testa -una delle ultime in città, e la più celebre assieme a quella di Nicolò Garaventa, narrano che non se la levava neppure a  letto-; e che tenesse due sigari accesi contemporaneamente per poterli afferrare di qua o di là a seconda della mano occupata  nel momento).


   Come avvocato penalista, quando discuteva le cause,  creava e regalava emozioni a non finire perché era un ottimo oratore, pieno di impeto e di spirito critico arguto; le sue arringhe facevano affollare le aule per ascoltare i suoi detti, ricchi di sarcasmo, battute salaci e bei motti  (oggi si chiama humour: la raccolta di essi, chiamata “Pellegriniana”, ne ricorda alcuni:  notando l’età dei deputati al senato, disse che “il Senato è la camera di moribondi”; “a Milano non c’è nebbia ma solo fumo di risotti”; oggi forse sciocche, ma a quei tempi come sempre ancor oggi,  certe battute salaci creavano una curiosa sete di  anticonformismo e di  disprezzo delle rigide regole dei bigotti e benpensanti) .

    Come politico, era favorevole ai repubblicani, ma aperto alla collaborazione con i socialisti, si schierò sempre a favore del popolo e degli scioperanti nei periodi iniziali di rivendicazioni umanitarie dapprima, sindacali dopo con i diritti dei lavoratori; difese Stefano Canzio nel processo il 10 mar.1878 ritorcendo sulla polizia il contegno scorretto verso il corteo che si avviava a commemorare Mazzini a Staglieno; per lunghi anni non ci fu adunata popolare -anche a San Pier d’Arena- a cui non fosse invitato per essere ascoltato; nell’anno  1900, dopo il regicidio a Monza, vennero stretti i freni libertari e sciolta la camera del lavoro: assieme a Pietro Chiesa ed al sindaco Bettinotti fu alla testa degli scioperanti per recarsi dal prefetto ed ottenere con sagacia e fermezza un successo all’imponente movimento operaio.  Candidato nel 1882 nel 1° collegio di Genova, nella lista dei Repubblicani-radicali contro il candidato governativo (quando faceva parte del Comitato democratico radicale (assieme a F.Campanella, V.Armirotti e F.Gattorno) ed al governo era Depretis),  ebbe 5000 scelte ma non vinse.  Fu invece vincitore della campagna elettorale a deputato per la Camera nel magg.1886 (16ª legislatura) la vittoria politica dei repubblicani fu schiacciante, risultando primi in due collegi di Genova - di cui uno al Pellegrini (abitante in via s.Lorenzo), uno a Lazzaro Gagliardo –ed in quello di San Pier d’Arena con Valentino Armirotti-.

 

Il 19 dicembre 1900 il Prefetto riscioglieva le organizzazioni camerali di Genova e di Sestri Ponente, le leghe dei lavoratori del Porto e quelle metallurgiche-navali. La risposta operaia non si fece attendere. Il 20 mattina entravano in sciopero 7 mila portuali; e nella stessa giornata la sospensione del lavoro si allargava a macchia d’olio ai cantieri, alle fabbriche, ai servizi, ai trasporti urbani; si estendeva agli stabilimenti metalmeccanici di Sampierdarena, Cornigliano, Sestri e Prà; e coinvolgeva oltre 25 mila lavoratori, provocando l’arresto di tutte le attività economiche. Dinanzi alla paralisi completa della città e della zona, le autorità dovevano ammettere la loro impotenza. Il 22, il governo si trovava costretto a intervenire per sconfessare l’operato del prefetto: e il giorno seguente, le organizzazioni disciolte si ricostituivano in un’atmosfera di trionfo. A Genova, intanto, gli operai procedevano alla rielezione dei membri della disciolta commissione esecutiva della Camera del Lavoro. Il seggio, stabilito nell’ex-oratorio di San Filippo, era presieduto da Pietro Chiesa; dieci tavole con altrettante urne erano state disposte nella sala. Le operazioni di voto, cominciato per alcune urne già alle 17, continuò fino all’una dopo mezzanotte, alla luce di poche candele, non essendovi nell’oratorio né luce elettrica, né gas. La scena, all’indomani, fu descritta dal Corriere Mercantile con queste significative parole: chi entrava in quella semioscurità, rischiarata da poche fiammelle giallognole e vedeva quel via vai di operai seri e composti che si recavano alle urne riceveva l’impressione tale che difficilmente potrà dimenticare. Pareva un episodio grandioso, per la sua imponenza, della Rivoluzione francese. Al banco stettero quasi sempre l’On. Chiesa e l’Avv. Pellegrini, quest’ultimo dominante la folla con il suo cilindro, in abito rigorosamente nero e guanti, che al mattino forse erano stati bianchi, ma che alla sera non avevano più un colore definibile. I votanti furono 9.200 circa e pochissime furono le schede bianche o nulle. Tutti i candidati presentati dai dirigenti delle leghe furono eletti con votazione plebiscitaria e con scarti di voti insignificanti, risultato questo, che dimostrò, più che la disciplina e la compattezza dei lavoratori, la loro consapevolezza del valore di quelle elezioni:
   Nel 1901 (21ª legislatura) nel secondo collegio di Genova, anche perché animatore del grande sciopero del porto dell’anno prima, vinse senza dover ricorrere al ballottaggio,  su Luigi Arnaldo Vassallo, grande direttore del giornale “Il secolo XIX”,  designato dai monarchici).

    Caduto nelle elezioni del 1904, tornò alla Camera nel 1905 (22ª legislatura)  eletto nel collegio di Pesaro.

   Abitava a Genova, in via san Lorenzo.

   Si spense a sant’Ilario in una modesta villa,  ove una lapide lo ricorda amico del popolo. Preparandosi a commemorare il centenario della nascita di Mazzini, il 20 aprile 1905 fu trovato morto a letto: stava annotando una frase su diritto e privilegio, da un libro di  Rousseau: “l’uno viene dalla natura, l’altro dalla violenza o dalla frode; l’uno è istrumento di vita per tutti, l’altro è per pochi istrumento di sopraffazione e di prepotenza: il diritto è l’eguaglianza; il privilegio è un  uomo in piedi fra cento inginocchiati”.

   La diagnosi postuma dei medici fu di “malattia di cuore e conseguente paralisi cardiaca”.

 

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