PAVANELLO                           giardini  Camillo Pavanello

 

 

TARGA: San Pier d’Arena – giardini – Camillo Pavanello – primo olimpionico d’Italia – 20.10.1879-7.7.1951

 

 

 da MVinzoni, 1757. In giallo, via CRolando; fucsia via Currò, celeste, chiesa di sGiovanni Decollato (don Bosco).

 

                        

   da Pagano. 1961                                                da Google Earth, 2007

 

CODICE INFORMATICO DELLA STRADA – n°: 46290

 

UNITÁ URBANISTICA: 25 – SAN GAETANO 

STRUTTURA: vasto rettangolo di verde alberato (agli estremi nord-sud sono lecci, nel centro sono platani) racchiuso tra via P.Reti, via B.Agnese, via D.Storace. Questo giardino, confrontabile con foto vecchie, appare più volte ristrutturato, sia nella disposizione delle aiuole che nella qualità, quantità e distribuzione degli alberi.

    Da mare a monte, e solo a levante, nei giardini si aprono: un cancelletto secondario che da adito alla “scuola materna statale N.Bacigalupo”; un altro cancello offre l’ingresso all’ “Istituto Magistrale Statale Piero Gobetti”, alla “scuola elementare di stato A.Cantore”, alla “direzione didattica n°3 di Sampierdarena II” . Nel centro il cippo militare.

CIVICI

UU25 = non ne ha. Viene indicato 0 e X.

 

===Civ. 25 di via P.Reti: Un cancello è l’entrata del “liceo classico G.Mazzini” statale  (vedi in via P.Reti).

===Un penultimo cancello, il più a nord porta alla “scuola civica vespertina” (sorte come volontariato in città nella seconda metà del 1800 trovò maggiore solidità ed organizzazione con l’interesse della duchessa di Galliera che nel 1897 destinò un congruo lascito al fine di una ristrutturazione più qualificata. In SPd’Arena, favorite da amministratori lungimiranti come P.Chiesa, si moltiplicarono grandemente fino ad avere centinaia di insegnanti per fornire alle giovani elementi utili alla vita quotidiana in orario pomeridiano non scolastico), ad un “patronato ACLI” ed alla locale “associazione nazionale carabinieri sez. Mario Tosa. MOVC” che nel 2010 si è trasferita in locali della Croce d’Oro.  L’ultimo all’estremo nord  porta all’asilo nido comunale “le Mongolfiere“.

 

STORIA

-Dalla carta del Vinzoni, del 1757, il terreno faceva parte della grossa proprietà del Magistrato degli Incurabili (vedi in Abba).

-Nel 1863 il terreno era divenuto di proprietà del sig. Badano Pietro. Per la somma di L.45mila, questi lo vendette in quell’anno al Comune locale.

-Pocvhi anni attorno al 1900 (1891-1908): doveva essere solo una piana a terra battuta ed erba, che veniva genericamente chiamata “vecchio giardino pubblico in via Vittorio Emanuele (san Martino) con entrostante alberatura”; esisteva dentro l’area una casa comunale d’abitazione. 

La Cooperativa di Produzione e Consumo, in un capannone eretto al limite della proprietà, delimitava la nascente via B.Agnese e, nel dicembre 1903, godette del diritto di prospetto sull’uso del giardino: viene descritta la  erezione in quegli anni di una vera pista ciclabile (lo sport del ciclismo o meglio le ‘corse velocipedistiche’ erano ancora agli inizi ma già attiravano sempre più folla di spettatori in un’epoca in cui non esistevano praticamente distrazioni pubbliche ed era necessità di tutti uscire di casa per vivere insieme i giorni festivi);  qui trasferita dal Campasso (vedi via san Fermo), e prima di essere riedificata all’altezza del civ. 47 di via A.Cantore (vedi).

In quello stesso anno fu dato appalto al sig. Carnevale Paolo per la costruzione dell’edificio scolastico.

   Lamponi descrive una prima gara ciclistica avvenuta a fine secolo, nel largo prato non ancora delimitato dalla scuola (precisa 31 maggio 1885, ma poi scrive che fu effettuata in via UmbertoI strada che ebbe quel nome dopo la morte del re avvenuta nell’anno 1900, e promossa dall’Universale a favore del monumento a Garibaldi che sarà innalzato nel 1905); comunque è invece importante la descrizione della festa: per la gente finalmente qualcosa di diverso dalle solite sfide marinare: dal passo della  Lanterna un corteo sempre più folto e festoso, con bandiere, gonfaloni, banda, sindaco con giunta,  accompagnò i dieci atleti sino allo spiazzo ove era stata aperta una pista e per tifare il casalingo Tortarolo (poi primo professionista ligure) o il forte Giorgio Davidson (scozzese venuto a Genova per vendere rifiniture marittime) o il milanese Loretz (primo campione d’Italia); il pranzo era all’aperto o dalla Gina, le selezioni diedero ragione ai più forti come Davidson e Cesare Buttalo; il premio fu probabilmente un umile alloro.

      

   il monumento, posto davanti alla scuola

-Anno 1905, sindaco N.Ronco. Venne inaugurata la scuola N.Barabino, in severo stile neoclassico, con due entrate raggiungibili ciascuna da doppia scalinata esterna; a voce si dice che dapprima fu intitolata a P.Chiesa (più probabile a N.Barabino, morto pochi anni prima); il giardino fu arricchito, il 30 ottobre, col monumento al pittore N.Barabino (poi, ed ormai  da  molto  tempo,   fu spostato nella piazza omonima): era intervenuto personalmente il re d’Italia Vittorio Emanuele III con la regina Elena, preceduti da una quadriglia di carabinieri a cavallo e con un seguito di una quarantina di carrozze, dopo il benvenuto del sindaco Nino Ronco, in un’ala di folla  urlante “viva il re” arrivarono ai giardini ove con bandiere e vessilli erano presenti tutte le associazioni e migliaia di cittadini; la banda del Risorgimento suonò l’inno reale e fu fatto cadere il telo che copriva la statua; visitarono la nuova scuola e si intrattennero con alcune persone (la bimba Rina Benedetto recitò una poesia; i membri della Croce d’Oro furono passati  in rassegna con le loro attrezzature; i ginnasti della Sampierdarenese - col presidente prof. Sckulteky – primario chirurgo nell’ospedale locale -  fecero alcuni esercizi).

   

Non esistonoancora i palazzi civ.2 e 4 di via B.Agnese;  troneggia la torre dei Pallini

 

Il re era giunto in città soprattutto per la posa della prima pietra del prolungamento del porto ed inaugurare la stazione di Brignole.

In quell’anno, negli uffici pubblici cittadini, si installavano i primi telefoni.

-Anno 1923 (24 maggio): Fu l’anno quello, in cui anche a Genova, il desiderio di risuscitare l’orgoglio nazionale attraverso il richiamo quotidiano di un simbolo, stimolò l’erezione di molti monumenti ai caduti e di parchi della Rimembranza.

 Il primo parco fu inaugurato a Firenze nel febbraio di quell’anno; l’idea di onorare i Caduti dedicando loro un albero fu raccolta e copiata in tutta Italia; a Genova, essendo stati i morti in guerra più di 5mila, la maggiore difficoltà si ebbe nel cercare un’area vasta abbastanza; i quotidiani raccolsero l’idea di una specie di plebiscito popolare e di raccolta fondi; in contemporanea si iniziò a progettare il più grandioso monumento ai Caduti di piazza ora della Vittoria, allora chiamata piazza di Francia.     

 San Pier d’Arena era ancora comune autonomo; prospiciente alla strada -divenuta via Milite Ignoto (via P.Reti)-  venne  ufficialmente chiamato “parco della Rimembranza”, per portare onore ai concittadini caduti in guerra; ad alcuni di essi (non si sa con quale scelta; ancora nel dicembre dopo, in san Gaetano fu celebrato solennemente il ritorno delle salme di sei militari parrocchiani), fu dedicato un albero (il nome e cognome fu scritto su una piastrina di metallo da applicarsi dagli alunni delle scuole su ogni pianta interrata durante una solenne cerimonia.  Per l’occasione, l’ edificio venne  imbiancato, e ribattezzato - intitolandolo  “scuola Antonio Cantore”. Anche la palestra, in quell’anno, fu riattata.

 

cerimonie anni 1920-30

   

inaugurazione bandiera del sindacato ferrovieri. C’è scritto    militi della Croce d’Oro degli anni ‘50

1929, ma se c’è ancora il monumento, è di molto prima

Si progettò anche per l’erezione di un monumento ai Caduti ed al generale Cantore in particolare (già dal 1917, esponenti locali della Croce Rossa italiana (GB Botteri fra essi - vedi) avevano avanzato l’idea di meglio onorare la figura del generale;  un primo concorso del 1 febb.1923 fu annullato perché i bozzetti non apparvero degni della scelta ; un secondo concorso, indetto il 14 mag.1923 proponeva di base un monumento alto 9 metri : vinse lo scultore Guglielmo Gemignani che si impegnò per 200mila lire ad erigere nel “campo della Rimembranza” il monumento -alto 12 m, con basamento in travertino e la parte scultorea in bronzo - da porsi in atto entro il 27 mag.1927. L’assorbimento di San Pier d’Arena nella Grande Genova, seppur il comune fosse in attivo e quindi capace di spendere tale cifra, fu determinante di sospensione dell’incarico, che finì nel nulla).

    

   In attesa di realizzare il monumento, al centro fu posto il cippo che doveva essere temporaneo e che invece si vede ancor ora: fatto di pietra rosa tenue di Cortina d’Ampezzo (capoluogo del “monti pallidi”) porta la scritta “a secolare ricordanza dei nostri umili eroi- XXIV-V-MCMXXIII” (come detto, la pietra dei “monti pallidi” è  di un meraviglioso ed inconfondibile rosa marezzato, che un qualche bischero negli anni 1995 coprì di vernice bianca per renderla – a suo ignorante avviso - più evidente: e più assurdo fu che nessuno si promosse per eliminare lo scempio di cui si ravvedono ancora nel 2003 le tracce.) è sormontato dall’urna bronzea con la fiamma, opera dello scultore Lavezzari a cui era stato dato l’incarico il 13 aprile. In un periodo politicamente incline a rivalutare enfaticamente il grande sacrificio compiuto da moltissimi per l’unità d‘Italia fu posto in onore dei “caduti della guerra 1915-18” e del nostro più grande concittadino il generale Antonio Cantore: molto semplicemente vi fu inciso “a secolare ricordanza dei nostri umili eroi XXIV-V   MCMXXIII  (una targhetta affissa da “i combattenti”, ricorda genericamente anche “i caduti della guerra 1940-1945”).

  Anche il medaglione con l’effige in bronzo del generale fu affidato allo stesso scultore Lavezzari con l’intenzione di porlo in una nicchia nel centro della facciata della scuola (nell’enfasi, non fu forse spiegato che il generale mai portò il berretto da alpino perché essendo alto ufficiale dell’esercito aveva in dotazione, per uso ufficiale che ordinario, un berretto con visiera tipo cheppì: quello che fu ovviamente perforato dalla pallottola che lo uccise).

Le parole ‘San Pier d’arena – al primo dei suoi caduti – Antonio Cantore – MDCCCLVI-MCMXV-MCMXXIII’

   Nell’aiuolina alla base, arredata dal guerresco simbolo di 4 ogive, residui probabilmente della prima guerra mondiale, giace un grosso sasso,  qui portato dai monti della Forcella dove fu colpito a morte il generale; su esso c’è scolpita una frase                 

                               RICORDO . SACRO . DOLOMITICO .

                       TINTO . VERMIGLIO . SANGUE . CANTORE .

                        GRUPPO . A. N.A. . CORTINA . D’AMPEZZO .

                                ALLA . SEZIONE . DI . GENOVA .

                                     FRATERNAMENTE . OFFRE .  

                                              15 . IV . 1931 . IX

il tempo ha reso illeggibili queste parole, salvo –  forse per strana fatalità - il nome “Cantore”;  per i politici è una fortuna che sia scomparsa la parola “sacro”.

È stato arduo a trovare il  testo;  neppure all’Assoc. Reduci di via Giovanetti sanno alcunché;  ed abbiamo constatato come apaticamente non è stata promossa nessuna ricerca sulla storia, né di essa, né della cerimonia di inaugurazione, né delle ultime disposizioni postbelliche. La scritta è stata poi rivivificata nel 2009.

---Dietro al cippo invece, una grossa nicchia (di grezzo cemento eretta nel secondo dopoguerra quando fu anche rifatta la scuola poiché prima del 1945 i marmi erano appoggiati ai muri esterni) con al centro un marmo contenente in altorilievo bronzeo il busto del generale, circondato da sei alte stele anch’esse di  marmo con incisa la lunga sequela di nomi dei nostri soldati caduti nelle due ultime guerre mondiali, molto ipocritamente … a memoria: in realtà morti due volte. Diventano tre volte se si include anche il Pagano ed i vari libri su Sampierdarena che neanche citano il complesso (del monumento, targhe a ricordo dei Caduti delle due Grandi Guerre, e lapidi varie; non da tutti, viene menzionata solo la cappella del cimitero).

In fondo, (con amara e rabbiosa ironia) sono stati degli illusi. E pertanto…  non degni di memoria osannata. Infatti sono morti, sacrificati con l’illusione di togliere un potere e così salvare la Mamma, la Famiglia, la Patria!; e non accorgersi di farne instaurare un altro a cui delle tre Femmine, gliene importa nulla. I  governanti, una volta in poltrona, scarsamente mirano a riformarsi a vantaggio di altri -come i cittadini stessi-, comunque mai a fare leggi che potrebbero indebolire la loro posizione  o intaccare la loro sostanza. Per questo sono occorse orribili guerre distruttive o ribellioni altrettanto violente, necessarie per scalzare un potere; ma ahinoi, per lasciarne instaurare uno nuovo diverso ed in genere sempre più autocratico comunque non riformabile se non con un’altra guerra. A spirale perversa.

 

 ---I giardini vennero allora racchiusi da alta cancellata (ricuperata quale ferro utile, nell’imminenza della seconda guerra mondiale come quella che racchiudeva villa Scassi sul davanti).

---Nel 1938, al limite nord dei giardini, fu approvato costruire in via Martiri Fascisti una “Casa della madre e del bambino”; aperta sui giardini della Rimembranza, su terreno donato dal Comune alla federazione provinciale dell’ONMI ( opera nazionale maternità ed infanzia; il progetto, dell’ing. Camillo Nardi Greco e dell’arch.Lorenzo Castello , prevedeva un edificio in stile fascista, definito semplice,  razionale e senza conferire l’aspetto di un ospedale). Fu inaugurata il 28 ott.1940 (celebrativo della marcia su Roma). Nella guida del 1961 è ancora chiamato ONMI (opera nazionale maternità e infanzia). La palazzina, ristrutturata completamente nell’’87 dopo 5 anni  di lavori , ora viene chiamato ‘asilo nido la Mongolfiera’  tutt’ora è attiva per ospitare con attrezzature moderne i bambini delle donne che lavorano; come tale appare vincolata e tutelata dalla Soprintendenza per i beni architettonici della Liguria. Nei vani sul dietro vengono ospitati vari servizi sociali; vi hanno sede anche gli  ‘Amici della montagna’: tutti però si aprono in via Battista Agnese.

--- Negli anni subito postbellici, la parte a mare, spesso era occupata da un giostraio; ma già in tempi antichi sia “Fagiolino” e “Padella” allietavano vestiti da clown, con le loro battute e gag,  le serate  (con seggiole a pagamento) o i giochi dei bambini (“al vostro buon cuore”).

Fagiolino, al secolo Giovanni Peironi, decedette all’ospedale di Bolzaneto nel marzo 1976; nei tempi d’oro del  mondo del tendone divenne un clown famosissimo nel circo Palmieri, musicista assurdo, originale pagliaccio, il clown capace di far ridere chicchessia. Ritiratosi dal circo, scelse diventare Fagiolino e richiamare il pubblico nelle piazze cittadine (qui nei giardini o vicino al Baraccone del sale  o in piazza Palmetta).    

Anche  Padella, al secolo Mario Bensi,  lavorò da giovane nel circo Palmieri, decise formare una sua ’arena’ personalizzata dedicando la sua vita a fare il clown per quello definito “ teatro per i poveri”: per tutto il periodo bellico e dopo, riuscì a far ridere i bambini e sorridere o distrarre chi era rimasto in città, prima che la TV non costringesse la cittadinanza al ‘tutti comodamente a casa’. Portava la paglietta con nastro tricolore e tutti i vari discorsi (tra i quali viene rammentata la storia e prodezze della sua cavallina, finivano con una solenne “gnaera”.  La sua bonaria semplicità, lo rese figura caratteristica cittadina. Morì sessantenne, dopo lunga malattia incurabile, nel 1972”.

Lavorava anche Remo Travaglia che morì sessantanovenne nel 1979 dopo lunga malattia. Cresciuto nel circo omonimo del padre Massimiliano, che nelle prime decadi del 1900 era uno dei più rinomati d’Europa e dove aveva come collaboratrici la sorella Maria (che diresse il circo negli anni 1935) e poi la moglie Ida Cherci. Abitava in via Fillak, al civ. 32. Nel 1968 era stato premiato al Festival internazionale con il  terzo premio: la coppa dal Ministero dello Spettacolo, meritato per ‘innata comunicativa, semplice e popolare’. Era stato in grossi circhi (Orfei, Togni), a grandi manifestazioni popolari (festa dei Fieschi, s.Margherita, Chiavari) e a  rubriche TV (per Festival di Berlino).

---Nei primi anni 60, le vecchie scuole in pesante stile neoclassico furono abbattute perché insicure - seppur non direttamente danneggiate dai bombardamenti -; molti  alberi sostituiti  (da tutti lecci, i più divennero platani); il monumento “arricchito” da stele marmoree con i nomi dei soldati caduti nell’ultimo conflitto  (dall’etica antica del  “pulcrum est mori pro patria”, si passò - fino alla seconda guerra mondiale - ad un reverenziale rispetto per chi diede la vita per l’Italia: e fino ad allora queste stele avevano per i giovani una logica di ammirazione e di monito; da dopo gli anni settanta, abbandonata quella che si chiamava  ‘educazione civica’ ovvero del rispetto altrui e delle cose comunitarie, lasciando le nuove leve al libero arbitrio rappresentato soprattutto dal concesso soddisfacimento di ogni personale interesse fino al prevalente egoismo,  menefreghismo,  ed insensibilità , si è reso questi elenchi di morti neanche fastidiosi - sarebbe sempre una reazione - ma solo delle fredde ed inutili pietre: i  valori dei sacrifici si sono spostati altrove. Qualcuno - probabilmente vecchio e  ormai citrullo - per cercare di rinverdirne il lustro, alcuni anni fa coprì stoltamente la pietra del monumento e del sasso con vernice bianca, occultando il rosa pallido e delicato della roccia naturale, segno che anche chi ha ancora rispetto di queste cose,  non capisce più  niente); le aiuole rifatte in forma diversa e - a parte quelle centrali arredate con arbusti sempreverde - genericamente poco curate, viali asfaltati. Nel 1964 fu inaugurato il nuovo edificio, nel quale è ospitato nella parte a nord anche il liceo classico G.Mazzini qui spostato dalla villa Serra-Masnata di via Cantore.

---I giardini furono dedicati dalla Giunta Comunale all’atleta Pavanello con delibera del maggio 1993,  essendo stato proposto alcuni anni prima, al compimento dei 100 anni della società Sampierdarenese.

---Nel 1994, onde limitare lo smog da scarichi di marmitte e l’inquinamento acustico specie dalla vicina via P.Reti, fu racchiuso ai tre lati da una apposita barriera metallo-plastificata, che tuttora resiste anche alle scritte, con discreto risultato.

---Nell’anno 2000 si procedette all’ultimo ed innovativo ‘restyling’ dei giardini eseguendo un completo ridisegno strutturale per una spesa di 900milioni circa (arch. Stefano Ortale; appaltatrice la soc. EsoStrade). Tagliando circa una ventina – dei 35 esistenti - di grossi alberi di platano, si è dato spazio ad una pista ciclabile ed una di pattinaggio lievemente sopraelevate con aiuola attorno; sono state messe a terra numerose piantine di sempreverde e promessi qualche alto fusto come una canfora ed altri lecci; e nel lato a mare sono stati installati dei servizi igienici chiusi autopulenti, nel lato a monte castellature di giochi per bambini con pavimentazione di gomma ad assorbimento d’urto.

 

quattro fotografie dell’anno 2000

 

 

Fu inaugurato il 5 giugno 2001.

   2001

 

Nel 2006 una impresa ha progettato la possibilità di costruire interrati dei box per auto. Il progetto, seppur bocciato dal CdCircoscrizione, viene riproposto nel 2007 e ribocciato.

        

anno 2000                              e 2006

   Attualmente è uno dei pochi giardini aperti anche di notte e quindi genericamente “abbandonati” all’educazione dei singoli (ahinoi!); rimane  posto ideale per i bambini che escono sciamando in sicurezza da scuola, per i giovani che si ritrovano tra loro, e per portare a spasso i cani (paletta e sacchetto obbligatori, anche se il cartello intima che i cani vanno portati al guinzaglio e con museruola se mordaci; a parte qualche fatto sporadico ed individuale mugugno “sembrano una discarica” ...le cartacce delle merendine non le buttano i cani...,  si può dire che la cittadinanza è soddisfatta. Nel 2002 si segnalarono frequentazioni notturne pericolose, sporcizia, siringhe e bottiglie vuote.. ed ovviamente non si propone affrontare il problema –non facile d’accordo- ma solo chiudere, come salita GB Millelire). Il monumenmto è affiato alla cura della Associazione Nazionale Alpini di via Giovanetti

Nell’estate  2009 avviene la decisione di chiuderli, alla sera.

 

DEDICATA all’atleta della società ginnastica Sampierdarenese, che partecipò alla prima olimpiade -nel 1900 a Parigi- unico italiano: allora la ginnastica comprendeva oltre gli esercizi artistici, anche l’equilibrismo e l’acrobatismo.

Nato a Terni il 20 ott.1879 ove ad 11 anni era già iscritto ad una palestra, venne nel 1899 a San Pier d’Arena in via Rayper al 14.11b, per entrare come operaio meccanico alle acciaierie Ansaldo di Cornigliano.

Nel tempo libero, iscrittosi alla palestra, (che in quegli anni era ospitata -chi dice in stanze della scuola elementare in piazza san Martino , usando il piazzale antistante per gli esercizi...all’aperto;  chi in via Manin e successivamente in via della Cella , in un grande locale,  forse una stalla, attiguo alla sede della Croce d’Oro);  divenne rapidamente così bravo, tanto da essere candidato da Enrico DeAmicis, presidente della società, al concorso internazionale di ginnastica artistica che si sarebbe svolto a Parigi dal 29 lug.1900; (a tutti gli altri componenti della squadra venne ritirata dalla Federazione Nazionale l’iscrizione prima della partenza, perché il programma appariva troppo difficile e mirato a mettere in inferiorità i ginnasti nostrani) per cui per caparbietà ed a proprie spese della Sampierdarenese,  fu l’unico a raggiungere il terreno di gara davanti alla giuria internazionale (composta da 30 membri francesi, 18 stranieri di cui nessuno italiano). Vinsero i primi 27 posti, tutti atleti francesi; lui -che su sei diversi esercizi (liberi ed obbligatori ai 4 grandi attrezzi: cavallo-anelli-barra-parallele, nonché corpo libero, salto in alto ed in lungo, salto in lungo del cavallo, salita alla fune, sollevamento di pesi: una pietra di 50 kg. da terra in alto per 10 volte) era arrivato primo in quello a corpo libero ma era caduto in quello delle parallele -la motivazione fu data alla sbarra, bagnata e resa scivolosa dalla pioggia- si classificò 28°, primo di tutti gli stranieri. Ricevette una corona di alloro, una medaglia d’oro, una targhetta di platino e due ceramiche di Sèvres per la società (che tutt’ora possiede). 

 

La delusione arrivò al ritorno in patria, ufficialmente in lutto nazionale per la morte di re Umberto I; ma l’evento ginnico venne onorato dai colleghi locali e di Cornigliano,  con una cena alla trattoria della Gina del Campasso; ma soprattutto perché la Federazione rifiutò di giudicare quella gara come l’Olimpiade; solo 50 anni dopo, dopo tanta ed amara indifferenza dei responsabili, il Comitato Internazionale Olimpico nella persona del segretario generale Otto Mayer, confermò che il concorso parigino era parte integrante della seconda Olimpiade moderna (la prima era stata tenuta ad Atene nel 1896, per iniziativa del famoso barone DeCoubertin): così anche il CONI nello stesso anno confermò all’atleta il titolo di olimpionico d’Italia (col numero 306 e non uno come sarebbe stato di diritto). Dopo il successo parigino, proseguì l’attività agonistica, diventando poi direttore tecnico della sua società negli anni di massimo splendore con le olimpiadi di Anversa del 1920. Fu poi anche giudice di gara e giurato nazionale. 

Morì nel 1956.

 

 

BIBLIOGRAFIA 

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non citato EMotta; ESonzogno; Oltre un secolo di Li.; SecoloXIX;