PACINOTTI                                     via Antonio Pacinotti

 

TARGA:

San Pier d’Arena – via – Antonio Pacinotti – fisico – 1841 - 1912

 

 

Targa all’inizio, a mare lato ovest

 

targa a monte, lato ovest

 

 QUARTIERE ANTICO: Coscia

 da Google Earth 2007. In verde, ipotetico tracciato della via, partendo da rosso per via Fiumara; blu via Bombrini, celeste via Pieragostini + Degola.

 

N° IMMATRICOLAZIONE:   2817

da Pagano 1967-8

 

CODICE INFORMATICO DELLA STRADA - n°:   44520

UNITÀ URBANISTICA:  26 - SAMPIERDARENA

Da Google earth 2007 – in marrone, largo Jursé; fucsia via E.Degola; blu, via F.Avio; rosso, via S.P.d’Arena; giallo, via Bombrini 

 

CAP:   16151

PARROCCHIA: s.Maria della Cella

 

STRUTTURA:   strada che dalla fine di via San Pier d’Arena prosegue fino alla  Crociera e Largo E.Jursè (dalle quali prosegue via R.Pieragostini).

Dall’incrocio con via F.Avio, la viabilità verso il monte è a doppio senso; quella verso il mare è invece a  senso unico (obbliga i veicoli diretti verso Genova o a immettersi in via San Pier d’Arena o in via Molteni); solo i mezzi pubblici possono girare a sinistra ed immettersi direttamente in via Avio. 

È lunga 340 m circa; larga 10,6; in pendenza del 2% e collega il quartiere del Canto (a cui appartiene) con quello della Crociera; San Pier d’Arena con il ponente. A nord è intersecata dalla ferrovia che le passa sopra con due suoi viadotti.

La strada, dal lato levante, termina con l’ultimo civico 57r, che è posto a monte del ponte della ferrovia, sulla facciata a mare del fabbricato che si sviluppa in via Alberto di Bozzolo.

    

la saracinesca è in via Pacinotti; la targa è di via Alberto di Bozzolo; il civico “57r via Pacinotti”

è sulla colonna di mattoni sopra il marmo tondo.

 

STORIA:   Nella carta del Vinzoni del 1757 non c’è alcun cenno alla futura strada che – quando sarà tracciata - passerà attraversando l’interno di terreni di pproprietari: da mare, del rev.do Giacomo DeNegri, di Matteo Castelli (Magistrato dei Poveri) e del rev.do Stefano DeFerrari.

Se ne deduce quindi che sia stata creata nella prima metà del 1800 quando i proprietari terrieri iniziarono a vendere in conseguenza delle trasformazioni progettate, specie ferrovia e Taylor, e della necessità di collegare la strada a mare col ponte e verso il nord bypassando il centro.

Una prima carta, del 1846, già la descrive chiamandola “ strada Reale di Genova”. In quegli anni, le strade del borgo erano in terra battuta senza lastricato; era necessario innaffiare il terreno per ridurre il polverone, quando vetture e carri procedevano più spediti. La zona attorno la strada era ricca di acqua e quindi di orti di eccezionale fertilità rispetto alla generica sterilità delle terre del genovesato, e quindi il rifornimento di verdure all’interno delle mura era effettuato passando su questo itinerario per arrivare alla spiaggia e via mare rifornire la città.

    Il regio decreto del 1857, la chiamò “via Nuova”, quale tratto finale della Strada della marina e la leggiamo - con lo stesso nome - proseguire lungo l’attuale via Spataro sino al Campasso. In quegli anni erano già nati nella zona gli stabilimenti di Taylor poi Ansaldo; ed in beve a seguito verranno il ponte-muraglione della ferrovia verso il ponente, i Molini, le OEG, i binari a terra (ferroviari e dei tram; questi ultimi, elettrici, iniziarono il servizio l’8 febbraio 1900).    

Ebbe finalmente il nome ufficiale di “via Garibaldi”, negli anni di fine 1800.

Dal 1904 (un anno dopo rispetto i similari Molini Liguri, nati nell’area Fiumara ma prospicienti il mare), su un lotto di terreno a nord dell’Ansaldo e vicino al ponte, si aprirono sulla strada al civ.22,  i “Molini Alta Italia”.

 

 


L’album descrive  “ MOLINI ALTA ITALIA / società anonima / col Capitale di Lire 8. 000. 000. – Interamente Versato e colla Riserva di Lire 7. 034. 955.74 / SEDE in GENOVA /  Stabilimenti di Macinazione /  Sampierdarena – Pegli – Bolzaneto – Ferrara – Bologna – Collegno – Oneglia /  - Vedute interne – del Molino di Sampierdarena / della potenzialità di q.li 5000 al giorno”


 

 


Grossa industria di farine, con direzione a Genova via XX Settembre, che ebbe le sue radici dal superamento tecnico dei numerosi mulini a conduzione familiare disseminati sul territorio (che nel 1882 erano –in provincia di Genova- 37 a vapore e 1331 ancora idraulici). Nata nel 1899 da finanziamento-investimento di 12 milioni da parte di grosse banche (determinante quello della Commerciale Italiana, con quote di oltre 5milioni, divenuti 7 nel 1901; ma anche minori come quello di una banca Russa nel 1903 per 250mila lire) che fusero tre grosse imprese private (di Pietro Ravano, f.lli Bozano e della sampierdarenese Scerno-Gismondi&C. con stabilimento anche a Pegli ed in Emilia), divenne un colosso finanziario (e come tale soggetto a periodiche recessioni di mercato, come con svalutazione dei titoli (1906) e ricupero nel quinquennio successivo) ramificato in produzione e partecipazioni (iutificio a LaSpezia (assieme all’Eridania), magazzini, frigoriferi, pastifici, oleifici, ecc) ovvero a sua volta finanziatore e compratore di decine di altre imprese sparse anche in Piemonte, Toscana, Sardegna ed in Tunisia; con la partecipazione di grosse famiglie genovesi come i Raggio, Odero, Becchi, Ravano, Scerno, Gismondi e tanti altri.

Da noi, i due stabilimenti pluripiano furono eretti dall’impresa ing. GB Porcheddu di Torino che -con prodotto a brevetto belga- era divenuta esperta nel neonato cemento armato, sostitutivo del vecchio metodo dei muri in pietra e sostegni interni in ferro e ghisa. Dei due, un fabbricato era per la pulitura del grano e macinazione, un secondo quale silos per deposito del prodotto iniziale e finito; serviti da binario ferroviario collegato su strada con il porto e la stazione. Il normale trasporto in spalla di sacchi di farina, generava gare di forza tra i vari facchini: fa parte della leggenda tra fantasia e realtà quindi, ma che viene ricordato su tutti i testi, tale Antonio Bottaro, detto Manela, che compì l’ impresa di sorreggere sulle spalle per un minuto 5 sacchi da un quintale; era capace di tenere un sacco da un quintale sottobraccio, con la stessa semplicità con cui una madre tiene il suo pargoletto in fasce).

Nel 1903 alla nascita dei confinanti e concorrenti ‘Molini Liguri’, anziché combattersi tra loro nacque subito una reciproca integrazione dirigenziale che permise la vigorosa espansione di ambedue.

Nel Pagano/33 (ma -da una fattura emessa- anche già dal 1931) esiste una “Società Esercizio Molini”, soc. an. con capitale interamente versato di 40milioni di lire,  di macinazione grani, con sede a Genova via XX Settembre 33-6; essa ha stabilimenti a SPdArena (oltre che a Collegno, Livorno, La Spezia, Imperia II, Cagliari)  e molini -presumo non propri, in quanto sono indicati quelli della società Molini Alta Italia ed anche della soc. Semoleria Italiana e della ditta Luigi Merello (non è facile capire nei meancri del potere di queste società: come presidente della Società Esercizio Molini c’è un Merello (però Fortunato e gr. uff.) e l’indirizzo della sede è uguale a quello dei Molini Alta Italia e di un altro molino  “soc. Meridionale di Macinazione” tutti e tre al  33-6.

Nel 1937 in concomitanza di una ristutturazione della zona della Crociera, come descritto sotto, il muro perimetrale verso via Pacinotti fu arretrato verso l’interno ove era un cortile, permettendo alla strada di allargarsi oltre il pilone della sovrastante ferrovia, ed ai tram di eseguire una curva più dolcemente. Lo stabilimento fu chiuso nel 1965, demolito nel 1969 ed il terreno acquistato dall’Ansaldo MN che vi edificò di suo.

 

   Una fonte del 1910 scrive che era: “da via C.Colombo allo scalo ferroviario di Piccola Velocità”, con civici sino al 27 e 42). Ma anche allora, come detto,  comprendeva le attuali via Pacinotti e via G.Spataro assieme fino al sottopasso di via G.Tavani. In questi anni la strada non aveva il traffico attuale (oggi, è praticamente una strada solo di traffico) ma era molto più vissuta dai suoi più numerosi abitanti (considerata la vicinanza con le fabbriche): piccoli negozietti creavano il calore indimenticabile di un ambiente di vita vissuta con le picole cose, specie per i più piccoli; così nella strada vengono ricordati i “Pasin” che vendevano chincaglierie e cartoleria con una meticolosità e riservatezza da dare l’impressione di essere dispiaciuti di vendere un oggetto; la macelleria del baffuto e generoso“ö Pinetto”; la latteria dei Cerrato che col misuratore travasavano  la quantità di latte richiesta nel proprio “bolacchin”; e la drogheria delle sorelle Duo che tra l’altro vendevano a portata dei bambini i pescetti di liquirizia ed il reganisso.  Ad ovest si aprivano i magazzini –forniti di linea ferroviaria  sino all’interno-  di Scerno e Gismondi (posti tra via Operai e la ferrovia; poi inglobati dall’Ansaldo); e quelli di Luigi Morasso (da via Operai a via Bombrini) a cui apparteneva probabilmente il caseggiato-villa  seicentesca sopravvissuta alla ristrutturazione totale dell’ambiente.

Sulla strada, a levante, si apriva la “ piazzetta dei Lavatoi”, dove su due grosse bocce di pietra era uso agli uomini sedersi per parlarsi un po', mentre le mamme facevano bucato e i bambini giocavano alla palla fatta di stracci. Sulla strada passava il tram , ed anche un binario dei treni merci (vi si formavano i convogli, da agganciarsi ed essere portati al parco Forni).

    Inflazionata risultò la dedica stradale al generale, quando nel 1926 si dovette scegliere per dedicargliene una sola nell’ambito della grande Genova: ben 11 delegazioni avevano una via a lui dedicata, e tutte dovettero ‘cederla’ a favore del Centro (oltre al Centro, era a Borzoli, Nervi, Pegli, Pontedecimo, Rivarolo, SPd’Arena, Sestri, Voltri, Cornigliano, Prà, Quarto). Per la nostra città fu programmato sopperire, trasferendo la dedica ad Antonio Pacinotti dal vico presso la Cella a questa via.  Però dal 1926 al 1935 nulla fu fatto di ufficiale, risultando che ancora nel 1933 la strada sempre si chiamava via Garibaldi ed iniziava al Canto da via C.Colombo, e sempre arrivava  a via G.Tavani a san Martino; che era di 3.a categoria ed i civici erano fino a  27 e 36. In questi anni, il vico Antonio Pacinotti era ancora presente presso via della Cella (vedi).

    Solo il 19 agosto 1935 con delibera del podestà le venne ufficialmente imposto il nome attuale di via Antonio Pacinotti (da via N.Barabino a via G.Tavani, spostando in posizione più degna la dedica stradale dal vicolo collegato con via della Cella che rimase anonimo). In quegli anni corrispondenti all’apertura di via Avio, una parte del piazzale dell’OEG fu “acquistato” dalla strada neoformata, per allargarne lo sbocco.

   Nel 1937-39,  la strada (che alla Crociera per continuarsi in via Monte Corno (via R.Pieragostini) passava con una stretta angolatura solo a monte del pilastro a sostegno della ferrovia della linea Genova-XXMiglia) si deliberò poterla notevolmente allargare, sia abbattendo a levante un grosso palazzo ad abitazioni (che la separavano da “vico Alberto di Bozzolo”, divenendo le due strade direttamente affiancate e divise come oggi solo da un giardinetto); sia espropriando a mare della strada -per ragioni di pubblica utilità- una striscia di terreno a forma di fuso (di proprietà -e comprendente la portineria- della soc.An.Molini Alto Italia. Alla fine però si venne ad un accordo amichevole, con una spesa per il Comune di 30mila lire per l’esproprio e 120mila per il rifacimento della zona)). Così il tratto nuovo di strada, quasi una piazza, raggiunse tra i 11,5 e 15,5 m. di larghezza .

   Nel dopoguerra, con delibera dell’apr.1946  il tratto a monte dopo la Crociera, venne dedicato ai due partigiani E. Jursé e G. Spataro.

   Nel Pagano 1950 vengono segnalate  tre osterie (3r di Spinoglio F.;  7r Gaj E.; 34r Gastaldi Lidia); nessun bar caffé; una trattoria (di Pesce Emilio al 69-71-73r).

 

anno 1970                                           1980

   

tre foto anno 2002                                                                                       retro

      Negli anni 2000 frequenti sono stati gli incidenti: più eclatante l’ improvviso rovinoso spontaneo cedimento e caduta di un palazzo disabitato da oltre trent’anni,  (i civv.14-16-18;  il 30 giugno alle h.16. Cedendo un arco a piano terra, la facciata -in via di demolizione da parte della soc.genovese Edilpamoter- si trascinò dietro le impalcature; per fortuna senza vittime; gravissime ripercussioni sul traffico, dirottato e capovolto in via Dondero e su una tubatura dell’acquedotto spezzata. Nel 2007 gli otto imputati di Fiumara Nuova –società destinata alla demolizione dell’Ansaldo- e di Coop7 alla progettazione, quindi responsabili del piano di sicurezza, sono stati tutti assolti perché ‘il fatto non sussiste’); e la morte di alcuni autisti (un veicolo precipitato in una fossa mal recintata; una motociclista scivolata e finita contro un tir) con qualificazione di strada ad alto rischio veicolare.

Nel 2004 fu lanciato – per Ge. capitale della cultura - il concorso “Urban Regeneration” col fine di far proporre a giovani architetti nuovi progetti sulla città in cambiamento. Per via Pacinotti,  tema: “ area di 1 ha, residenziale per 100 abitanti, attività commerciali e direzionali, verde attrezzato, parcheggio per 250 vetture.

Ne furono presentati quattro (uno di appartenenti alla facoltà di archit. Diparc, con parcheggi e  piani a diversa inclinazione; due belgi, uno con parcheggi e palazzine multiple;  l’altro con collinetta e sei edifici a torre. Uno dell’univ. di Ge, con edifici a gradoni, verde, parcheggi ed auditorium.

 

   Con l’apertura dei centri della Fiumara, la strada è attraversata da migliaia di persone al giorno.

 

                                                         

foto 2002                                                         foto 2008

 

Nel 2011 si inizia a parlare della ex area-Enel (ex OEG) affidata alla ditta Duferco Sviluppo (50 milioni di euro). Previsto l’inizio per l’anno dopo e lavori per 2-3 anni, con allargamento di via Salucci, erezione di un’altra torre (42 m), case con 78 appartamenti, negozi e servizi (prima asilo nido poi scuola materna; il mercato), con porticato su via Pacinotti in continuazione di quello di via Avio.

 progetto 2012

 

CIVICI

2007= NERI= dall’1 al 19 (mancano 7 e 9) e dal 2 al 20 (mancano 12→18)

          ROSSI=dal 3r al 57r (manca 1r; in più il 21Fr e 21Gr)

                        Dal 2r al 52r (mancano 38r→48r; in più 6Ar e 26Ar)

Nel Pagano/40 sono segnalati: la strada che è limitata ‘da  via N.Barabino e  da via G.Tavani’: civ. 1n = RollaTraversi&Storace, s.a. ferri, met.; 1n =L’immobiliare finanziaria s.a.; 9 canc. e 13/1 Offici.Elettr.Genovesi; 20n s.a. Ansaldo; 22n s.a. Esercizio Molini; 34n Eridania zuccher.nazionale e spaccio commest..

Civv. rossi dispari= 3r trattoria BozzoloF.; 5r s.lle Storace pasta fresca; 7 osteria Gaj; 9r macelleria; 11r chincagl.; 19 comm.; 59r orologeria; 61r parrucchiere; 63r calzolaio; 65r fruttiv.; 69 trattoria Brusco Isabella; 77r vini; 81r vini; 83r latteria; 85r salumeria; 87r drogheria e bar.

Civici rossi pari = 2r salum.; 4r tabaccheria; 6r parrucchiere; 8r latteria; 10r drogheria; 14r fruttiv.; 18r fonderie FavaM fu G.; 22r calzolaio; 26r polliv.; 28r mercerie; 30r falegname; 34r osteria; 66r osteria; 68r osteria; 76r commes.li; 78r rip.biciclette; 82r osteria; 84r Distillerie Italiane (laborat.); 84Ar bottigl.  

===civ.1: ancora nel 1950 il prof. Rolla Luigi era consigliere della “soc.an. Rolla, Traverso & Storace, di prodotti siderurgici e metallurgici” ( fabbrica di lavorazione del ferro, lamiere, metalli, tubi. Bande estere e nazionali, depositi di bande e lamiere stagnate e piombate).  Già nel 1933 aveva un capitale di 3milioni ed una filiale in piazza Cavour. Lavorava materiale minuto il più vario, reclamizzato in ben  41 articoli come l’acciaio, apparecchi per riscaldamento ed illuminazione elettrica, articoli di idraulica ed igiene,  ecc.. Nel 1961 aveva sede in via F.Avio al 4/2bis con capitale aggiornato a 25milioni, dei Traverso nel consiglio di amministrazione, ed un magazzino doganale proprio, e produzione allargata all’alluminio, al rame ed allo stagno, lana di piombo (unici fabbricanti della cosiddetta ‘stoppa di piombo’ per giunture di tubi, ponteggi tubolari con brevetto proprio per i giunti d montaggio,  ferro per cemento armato, il tutto anche ‘a vagoni completi’ e per l’esportazione, vantando una anzianità di oltre sessant’anni e di essere il ‘più assortito deposito di materiali siderurgici e non ferrosi della Liguria.

Nell’area fu costruito un palazzo nuovo con portoni che si aprono in via T.Molteni; sulle facciate si vede ripetuta in rilievo la sigla TRS.

===civ. 2  i primi civici pari sono  case da abitazione popolare, alcune a villetta settecentesca, alcune fatiscenti perché trascurate.

 

===civ. 5: nel 1849 vi abitava l’ing. Tomaso (Thomas) Robertson, facoltoso scozzese, proprietario dell’omonima società, uno dei pionieri dell’industria siderurgica genovese  che godette della fiducia del Cavour -vedi-. Arrivato quell’anno a San Pier d’Arena, per primo rispetto altri conterranei, con discreto capitale ed un pacchetto creditizio da Glasgow - quale forse unica iniziativa britannica di un certo rilievo nel campo dell’industria manifatturiera - aprì nel 1851 nella zona “sud occidentale”  il suo stabilimento-officina meccanica e fonderia che diverrà terzo grande opificio del borgo specializzato nella produzione di ruote idrauliche e turbine. Utilizzando commesse statali e di privati (tra i quali c’era il gruppo Rubattino: egli in proprio ne era socio per lire 70.800) si specializzò nella produzione di ruote delle quali appunto il gruppo necessitava per i propri piroscafi. Sposato, aveva tre figlie.  Dopo soli 12 anni di attività, improvvisamente morì appena 49enne,  nel novembre 1863.

La sua fabbrica,  nella quale nel periodo 1858-61 lavoravano 230-400 operai, gradatamente divenne fortemente indebitata al punto di crisi  irreversibile, fino ad essere messa in liquidazione l’anno successivo (con grossi crediti vantati su ipoteche e prestiti da banche ‘foreste’, nonché professionisti e nobili genovesi). All’epilogo di questa situazione a poco valse l’ultima boccata d’ossigeno proveniente dalla regia Marina che nell’estate 1863 fece una ordinazione per 133.683 lire (di fronte ai 2.647.120 per l’Ansaldo); la crisi era ormai un dato di fatto. Gli eredi dell’impresa si trovarono senza commesse – in uno Stato (Destra storica) tendenzialmente restio ad investire nel settore industriale preferendo in quello agricolo - e, fortemente indebitati, dovettero liquidare tutto. (Pare che nel frattempo l’azienda si fosse trasferita nell’attuale via W.Fillak -vedi di fronte alla casa civ.15 ma invece probabilmente fu quella dei suoi conterranei Wilson&Maclaren).

  Dalle lettere del Cavour a suo riguardo si leggono particolari parole di elogio e riconoscimento di capacità professionali, quando in contemporanea formulava aspre e sfiduciate critiche nei confronti dei dirigenti dell’Ansaldo. Al  suo servizio –dopo la guerra in Crimea- erano venuti anche i conterranei Alexander MacLaren e John Wilson, che forti del titolo di ingegnere, di macchinisti e di una generosa liquidazione ottenuta dopo il servizio in Marina -approfittando che il governo torinese aveva tolto l’obbligo del passaporto per gli inglesi, si fermarono proponendosi come capotecnici per una scelta definitiva genovese, ed aprirono dopo il 1862 uno stabilimento proprio, il quarto in città, divenendo pure loro pionieri industriali della San Pier d’Arena metalmeccanica.

L’edificio venne demolito nel 1952 e ricostruito  nel 1955.

===civv. 11.13.15:   erano dapprima palazzine isolate.

La palazzina n° 11, era di proprietà di Luigi Morasso, un ricco industriale del sapone (insieme al fratello aveva aperto alcune fabbriche di oli e saponi (tra le quali quella poi posseduta nel 1833 da Salvatore Tubino - padre –comunque omonimo- del futuro sindaco GB? - a sua volta ‘sfrattato’ da Taylor (vedi Ansaldo) nelle sue necessità espansionistiche), con la passione della pittura,  e capace  al punto di essere stato chiamato a realizzare degli affreschi nella parrocchia della Cella. Nato a Sampierdarena il 7 apr.1797 da famiglia facoltosa di commercianti. Trasferitosi a Cadice, stimolato dai pittori e dalle cose d’arte locali nonché dalla sua indole espressiva, iniziò a produrre opere figurative sempre più interessanti. Tornato al “Canto” nel 1840 circa, continuò la produzione di tele assai di pregio e divenute di grande valore locale e praticamente limitato a collezioni private. Nella chiesa della Cella, un affresco riproducente “Valentiniano salvato dalle fiamme miracolose” è l’esempio visibile da tutti della sua validità artistica. Morì in San Pier d’Arena il 13 dic.1872.

Essendo unica, si ritiene che inizialmente quando la strada si chiamava ancora via Nuova, la casa avesse il n°12: dove nel 1860 vi era andato ad abitare lo scozzese John Wilson affittuario del Morasso.

Lamponi dice primitivamente sede degli impianti della società francese ‘Unione del Gas’ (con capitale interamente francese, era negli anni 1860-00 ed oltre, monopolio dell’erogazione del gas a Genova, con dimostrate spese negli anni 1880 di ‘nuovi impianti’ mirati a tentare di ostacolare la nascente scoperta di Edison della illuminazione con lampada elettrica. Questo costò alla città possedere un iniziale impianto in centro (nel 1890, 108 lampadine) sei anni dopo le altre città).

   Esse furono nel tempo inglobate in un edificio unico dalle officine elettriche che si chiamarono OEG (Officine Elettriche Genovesi)
 
I suoi impianti, con macchine, caldaie ed alti camini costruiti su progetti della AEG tedesca,  iniziarono l’attività nel 1897; e furono all’altezza di sostituire negli anni attorno al 1901 i precedenti impianti di illuminazione a gas, con una nuova rete elettrica, ampliata sempre più  nel successivo decennio.

  

 

    

Possedeva grossi tubi che arrivando sino al mare: assorbivano ingenti quantitativi di acqua, necessaria per raffreddare gli impianti.   L’energia elettrica diffusa in città,  favorì l’inserimento dei tram ways eliminando la trazione animale , e della illuminazione stradale fissa per tutta la notte con lampade appese alle case (visibili ancora in via Buranello ed altre) o a piloni di legno pitch-pine muniti di traverse graziosamente lavorate in ferro e poste a mensola, e poi di tutte le case con il relativo conseguenziale enorme progresso.

Il complesso, divenne dell’ ENEL quando entrò in atto la statalizzazione dell’energia elettrica; lo stabile sampierdarenese fu usato come deposito e magazzino; mentre sono stati  decentrati gli uffici).  Nel 2010 con il ritorno ad una styato di privatizzazione, tutta l’area appare però già sgomberata dall’Enel ed il piazzale segnato per terra per area di posteggio veicoli

Esternamente appare come un lungo edificio a doppia scaletta di altezza, con portoni distribuiti irregolarmente a significato di – seppur fatti tutti eguali con la parte alta arrotondata, escluso il 43r rettangolare- aperture in tempi diversi per uso diverso. Al centro quello più alto a tre piani senza portone; lateralizzato da due costruzioni a due piani delle quali quella a mare ha un portone (civ. 13 nero), quella a monte due (civv15 nero e 45 rosso); a sua volta ancora lateralizzato da costruzione più lunga ad un piano di cui quella a mare ha il civ. 11 nero e 43 rosso,  e quello a monte con due portoni, i civv. 17 e 19 neri.

    

progetto OEG – 1908 - sala macchine              1914

 

l’area Enel in una panoramica dell’anno 2000

 

===civ. 15r Nel Pagano 1950  viene descritta la “fonderia metalli di Fava Mich. succ. Palazzo Luigi”

===civv 14-16-18 (oppure 12-14-16?) erano stati sgomberati da casa di abitazioni trent’anni prima, e poi chiusi per evitare abusivismo dagli extracomunitari. Nel programma di demolizione da parte della ditta genovese Edilpamoter nell’ambito del progetto di utilizzo della “zona Fiumara” già di proprietà dell’Ansaldo, l’ultimo giorno di giugno 2000, l’intera facciata del civ. 14 in quel momento alta una diecina di metri e lunga una ventina crollò spontaneamente sulla strada, trascinandosi l’impalcatura, bloccando il traffico e occludendo una condotta d’acqua; fortunatamente senza vittime divenne obbligatoria la chiusura al traffico della strada per alcuni giorni, con pesanti ingorghi, inversioni di traffico; avvisi tecnici di garanzia alla Coopsette (titolare dei lavori di demolizione), alla Edilpamoter (che aveva acquistato il sub appalto) ed alla Ira sas, (che gestiva una parte del subappalto), per sopralluoghi e perizie al fine della tutela della pubblica incolumità.

                                       

1999. L’arco, presumibilmente faceva passare un treno, per servire un grosso stabilimento (Ansaldo?)                                                              

    2000

===Civ. 19. Un palazzo, in angolo con via Degola, nato presumibilmente come resendenza operaia (senza terrazzi e decorazioni), nel 3/2007 è in fase di ristrutturazione e vuotato di abitanti. Reca cartello con scritto: «proprietà di Spazio Industriale 2 srl, di Milano».

 

anni 1980                              

 

foto 1918 cica

 

Ne ususfruirà l’Agenzia di Produzione INPS, per suoi uffici. 

===civ. 20: una palazzina in stile secentesco, della cui origine  non si conosce nulla (proprietario, data, architetto).

Dagli anni 1880 circa, era in affitto alla fabbrica di olio Scerno e Gismondi, che poi era divenuta ‘Oleifici Nazionali’, con una fabbrica eretta dietro alla villa stessa; a loro rimase una trentina di anni. Il 30 ottobre 1913 il proprietario Carlo Pastorino firmò un compromesso di vendita - della villa e dei 5mila metri quadri di terreno racchiusi tra il viadotto ferroviario e la via G.Ansaldo - con l’Ansaldo (Mario Perrone); l’impegno che fu onorato definitivamente il 3 giugno 1915.

L’Ansaldo conservò la villa  ad uso uffici e, per accedere alle officine retrostanti dall’arch. Ravinetti fece disegnare un cancello in ferro battuto da aprire a fianco della casa (e distrusse l’oleificio retrostante per costruire una officina di 600 mq ad uso ‘presse e proiettili’ - disegnata trapezoide dall’arch. Ravinetti Adolfo e costruita dall’impresa  Porcheddu specializzata in cemento armato-, a sua volta demolita negli anni 1940 per un fabbricato ad uso uffici appaltato alla ditta Bo&Celesta di tre piani, che fu poi occupato dalla Ansaldo Sistemi di componenti fotovoltaici). 

L’appropriazione di questo lotto a levante, concluse una serie di acquisti che inglobarono nel complesso Ansaldo la via G.Ansaldo che il 27 novembre 1920 fu acquistata a sua volta e privatizzata.

---in una carta del 1918 appare (inserita in un vasto terreno racchiuso tra via Garibaldi=viaPacinotti e via Bombrini, di proprietà Dufour) di proprietà ‘fratelli Feltrinelli’;---

---divenne poi l’ingresso-portineria  per l’Ansaldo Meccanico (poi  anche del Nucleare, e poi ASGEN=Ansaldo soc.generale elettromeccanica);

---negli anni ’38-39, all’interno 2, vi aveva sede la  Cassa Mutua Malattie dell’Ansaldo s.a. (costituitasi come “cassa mutua interna”  per legge-contratto di lavoro del febb.1928-VI  tra il Sindacato naz.ascista operai mecc. e metallurgici e la  Feder.Naz.Fascista Industria Mecc.&Metall.; divenuta nel dopoguerra “Casse mutue malattie interaziendali / “Ansaldo Siac” / amministrazione centrale  di via Pacinotti 20, tel. 42.439. Assisteva le malattie ed il parto,  non gli infortuni; ai propri dipendenti  ed a quelli delle consociate);  aveva ambulatori nella stessa palazzina, in via Cantore, 35 + altri a Sestri, Rivarolo e Genova.

---la componente Nucleare, nata nel 1966, subì un drastico arresto nella sua espansione produttiva, quando un referendum popolare bocciò in Italia qualsiasi attuazione di progetti per l’energia nucleare . Nel 1998 ancora in vita, attraversava momenti di gravissima crisi, con minaccia di accorpamento anche con società straniere, o riconversione ad altre tecnologie.

---Un cartello avverte nel nov.1999 che è sede della società Coop 7 che si interessa dell’area retrostante da ristrutturare.

===civv 21-23-25 furono demoliti nel 1963. Al civ. 23 c’era il 4° distretto di polizia, Il Commissariato di P.S. era locato come in un appartamento  ancora negli anni 60, diretto dal dr.Fatigati. Poi il tutto fu trasferito a Cornigliano.

===civ. 22 nel 1950 avevano sede i molini della Società Esercizio Molini, in quegli anni unica del genere, in Sampierdarena, a parte una soc.an. Molino di s.Giuliano Piemonte localizzata in via B.Agnese in un appartamento del 7°piano del civ.2.

===civv.dal 24 al 36 passarono a via G.Spataro a seguito della nuova denominazione stradale, nel febb.1946. 

===civ. 27 fu demolito nel 1962.

 

 

DEDICATA  al celeberrimo fisico pisano (a lungo fu ritenuto genovese), nato il 17 giugno1841.

Studioso di problemi correlati all’induzione elettromagnetica, inventò – nel senso che progettò e costruì nel 1859 – il primo generatore di corrente continua, comunemente poi utilizzata per motori e dinamo.  Detto “anello di Pacinotti” è un anello - rivestito di fili di rame – girevole su un asse – posto ai poli di un magnete nel quale, la rotazione induce nel filo una corrente elettrica, e viceversa, quest’ultima imprime un moto rotatorio all’anello.

Principio che - poi perfezionato da lui stesso e da altri - è divenuto la dinamo necessaria per il motore ad energia elettrica.

Il padre Luigi, fu un valente fisico e  per anni rettore della cattedra di fisica tecnologica a Pisa. Il nostro, studente liceale al collegio santa Caterina, si iscrisse all’università nel 1856.

Ancora studente partecipò alla guerra di indipendenza del 1859, quando già aveva intuito di ottenere un generatore di corrente continua facendo rotare un piccolo anello elettromagnetico: il principio di base del motore fu scritto come appunto in un diario personale che aveva intitolato ‘sogni’. Con l’aiuto del meccanico G.Poggiali, l’anno dopo sui ciglioni del Mincio sperimentò l’invenzione della prima macchina capace di trasformare energia elettrica in energia meccanica motrice, e viceversa; sia quindi come motore che come dinamo; ma nel subito non si rese conto delle enormi e rivoluzionarie possibilità che l’invenzione possedeva.

Si laureò dottore in matematiche applicate nel 1861. Pubblicò  i risultati nel 1865 su “Nuovo Cimento”: fortunatamente, perché nello stesso anno esibì la sua macchina ad uno studioso belga di nome Gramme, il quale la diffuse industrialmente brevettandola come sua invenzione. La polemica si trascinò per una diecina d’anni finché Pacinotti ebbe esplicito riconoscimento del mondo scientifico (all’esposizione di Vienna del 1875, ed al Congresso internazione di Elettricità di Parigi nel 1881), anche se al Gramme rimasero gli enormi vantaggi economici avendo intuito l’importanza industriale dell’ invenzione.

Dopo essere stato assistente del padre, entrò in carriera di insegnamento accettando  l’incarico  a   Firenze  di   aiuto   dell’astronomo   GB. Donati pubblicando ricerche sulle comete e sul calore solare;   poi  a   Prato (1863, insegnante di fisica e chimica nel collegio Cicognini); fu inviato dal   regio  governo      in Francia, Belgio e GranBretagna quale studioso di meteorologia; divenne professore di fisica e di chimica nell’ ist.Tecnico di Bologna da cui passò alla cattedra di fisica nell’ università di Cagliari nel 1873 a  soli  32 anni; ed infine - dopo il riconoscimento parigino - fu chiamato quarantenne a succedere al padre nell’università pisana, rifiutando il titolo nobiliare di conte.

Quest’ultima scelta e le vicende della scoperta sottolineano il carattere schivo,  modesto e severamente dedito alla famiglia, lavoro e studio.

Nel 1906 divenne senatore del regno, essendo già membro delle principali accademie internazionali - compreso i Lincei - nonché presidente onorario dell’Associazione di elettrotecnica italiana.

Accettò nel 1911con dignitosa pazienza, le solenni onoranze nazionali, al cinquantesimo anniversario dell’invenzione.  

Lasciò numerose pubblicazioni scientifiche

Morì a Pisa il  25 marzo 1912

 

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