ODDONE                                       via   Manlio Oddone

 

 

   Il 19 ago.1935 per questa strada era già stato deciso il nome di ‘via E.Rayper’. Nel Pagano/40 infatti non c’è.

    Ma  fu riintitolato il 20 dicembre 1943, nel periodo del fascio di Salò, il Podestà di Genova sottoscrisse la  dedica al martire fascista.

   Dopo l’ultima guerra, il 19 lug.1945 fu ripristinato il nome di via E.Rayper per la parte più a levante e fu dedicata a C.Dattilo il tratto stradale più centrale.

 

DEDICATA ad un capo manipolo iscritto alla federazione del Partito fascista  repubblicano; il primo ucciso per strada (di 1567 successivi, sepolti a Staglieno in un sacrario della R.S.I.) con nove colpi  di pistola alla schiena il 28 ottobre 1943 (Brizzolata dice che ‘morì il 31ottobre a seguito delle ferite’), quando i partigiani iniziarono la guerriglia urbana; il fatto a sua volta generò spietate e sanguinose risposte, con il presunto diritto da parte avversa della  necessità di instaurare delle controrappresaglie; e via via una spirale di sangue infrenabile,  per un tipo di guerra nuovo, senza regole perché mai in atto prima.

   In via Dattilo presso il cosiddetto ‘palazzo dei telefoni’, ove in quegli anni aveva sede il comando della GNR (guardia nazionale repubblicana) avvenne il fatto di sangue, mani amiche di un vecchio commilitone al suo tenente, incuranti del colore ma degli affetti, depongono in silenzio ogni anno un mazzo di fiori o un cartello a mano, con due bande tricolori ed al centro la scritta “ten. Manlio Oddone sei sempre nei nostri cuori, 28 ottobre 1944 –(data attuale, nel caso 29 ottobre 1996)”.

Simbolicamente il 28 ottobre ricorre l’anniversario della marcia su Roma.

 

   Per una parte politica, erano azioni “terroristiche a tradimento, di  vile e barbaro sistema per rifuggire dalla lealtà del combattimento e che vigliaccamente colpiscono alla schiena” (lo stesso sistema sarà usato dalle B.R. nel tentativo di destabilizzare il governo in atto a quel tempo) e lo stesso viene usato ancora nel 2010 in Afganistan.

  Dall’altra, era la necessità di adeguarsi ad un’impari lotta, essendo impossibile il leale confronto diretto.

  La brutalità degli interventi come i bombardamenti verso la popolazione inerme, e le torture come mezzo per arrivare a delle notizie - furono unilateralmente iniziate per prime  destando  altrettanta esecrazione e  sdegno di tutti gli onesti - silenziosi solo per paura -  e mettendo in moto quella spirale infrenabile di “senza regole”, dove tra belve è difficile stabilire chi rappresenta la  giustizia, se non aspettando alla fine chi vince.

Nell’ottica degli schieramenti dei partigiani, si legge che fu principalmente il PCI a dare impulso a questa azione di guerriglia urbana mirata a destabilizzare l’avversario. Considerato che la maggior parte dei quadri dirigenti del partito allo scopo erano stati istruiti a Mosca (da dove provenivano le direttive), apparirebbe evidente quindi che il tipo di azione fu studiato, previsto ed adottato come nuovo metodo di lotta; non nato spontaneo ma preorganizzato, voluto e spregiudicato perché ovviamente conscio delle ripercussioni in vite umane dalle rappresaglie (evidentemente  valutate meno importanti del risultato preposto: ovvero il fine giustifica i mezzi: non è una novità storica !, specie con la pelle degli altri).

Ma nei confronti, chiarezza dovrebbe essere stata fatta nel 1999: l’attentato di via Rasella a Roma - abbastanza lontano quindi per poterlo giudicare con una certa serenità - è stato ufficialmente giudicato “atto di guerra”, sancendo un principio di legalizzazione al tipo di battaglia, anche se legata solo a quel contesto.

Per me uomo della strada, appare di difficile comprensione la giustificazione a quanto sopra, ed all’opposto la condanna alle identiche scelte delle B.R. prima, e nel 2002  dei Palestinesi, degli Afgani ed Iracheni; tutti ripropongono lo stesso problema: di una risposta non bellica ma  terroristica, scatenando ambiguità di critica, valutazione e risposta.                     

Pacifisti non si nasce, si diventa: l’uomo per istinto di conservazione fin dall’inizio impara ad essere un violento (dai tempi di Caino). Ma, tutti gli istinti (il mangiare con le mani, i bisogni corporali, la sessualità, la stessa respirazione e l’emotività) si possono controllare con l’educazione all’autocontrollo: finché nelle scuole (dovrebbero essere le famiglie, ma ci sono ancora?) non si insegnerà come materia culturale (come le arti marziali), se ne parlerà tanto ma non ne avremo mai nulla.

 

BIBLIOGRAFIA

-Archivio Storico Comunale - Toponomastica, scheda  3123

-AA.VV.-1886-1996 Oltre un secolo di Lig.-SecoloXIX 1996-pag.359

-Brizzolari C.-Genova nella 2° guerra mondiale-Valenti.1978-p.310. volII

-Comune di Genova- stradario del 1953-pag. 65

-Gazzettino Sampierdarenese : 9/96.12  +  1/97.7  +