ORSOLINO                                 via Antonio Orsolino

 

TARGA:

via – Antonio Orsolino  - scultore-architettosec. XVI-XVII - già via del Prato

                                          

 

 

a ovest, angolo con via U. Rela

 

 

QUARTIERE MEDIEVALE: Mercato

N° IMMATRICOLAZIONE:   2816

CODICE INFORMATICO DELLA STRADA - n°: 44160

UNITÀ URBANISTICA:  26 - SAMPIERDARENA

 Da Google Earth 2007. In giallo via U.Rela; in celeste via S.Carzino; un verde lungo la linea ferroviaria, via AOrsolino.

 

CAP: 16149

PARROCCHIA: s.Maria della Cella

 

STRUTTURA: senso unico viario privato, da via U.Rela a via A.Carzino, con numerazione dispari per locali sotto la ferrovia. Strada comunale carrabile senza marciapiedi , lunga 70,89m e larga 3,43m.

Nel nov.03-ago/04 la strada appare inclusa nell’elenco delle ‘vie private ad interesse pubblico’ e quindi programmata a divenire municipale per poter usufruire di manutenzione e dei servizi (illuminazione, asfaltatura, fognature e spazzatura, ecc.).

 

STORIA: Per questa carrettabile formatasi a monte della ferrovia, ed aperta ad un vasto spiazzo facente parte dei giardini in massima parte della villa Centurione (comprendeva quindi anche la piazza Felice Cavallotti; i sottopassi ferroviari,nei tracciati delle ferrovie,in tre tempi diversi vengono chiamati per l’appunto: sottovia Prato quello che si apre a via U.Rela; sottovia Traverso, poi sottovia “dei fiori nascenti” quello che si apriva al cinema Splendor; sottovia Centurione e Mameli, quello che si apre a via Carzino) ed in parte a levante della confinante Gavotti, e ambedue tranciati dalla ferrovia, fu dato il nome popolare di via Prato.

   Nel 1900  circa il nome divenne ufficiale quando aveva già 18 case di abitazioni (probabilmente appartamenti). Il nome fu esteso anche a via U.Rela al suo nascere.

   Nel 1910, “via Prato” andava ancora “dalla piazza F.Cavallotti a levante a fianco la ferrovia”, con civici sino al 6 . A questa data via U Rela già compare come autonoma , da via Vittorio Emanuele a via N.Daste.

   Nel 1933 era ancora via del Prato.

   Il 19 agosto 1935 il podestà avvallò con delibera il cambio del nome con quello attuale.

   Sul Pagano/40 è presente, da p.za Sabaudia a via Popolo d’Italia. Ha due civici neri 2,4; e rossi: 8r teatro Splendor.

 

CIVICI

2007= da 1 a 15;   e da 2 a 26 (mancano 10→16)

===civ 8r:  edificando nel giardino di una preesistente attività artigianale a gestione familiare (vedi via Prato) e contiguo al giardino dell’Universale, il 24 ott.1921 si inaugurò il cinema teatro Nuovo Splendor, di proprietà di Stefano Frugone (che già possedeva, ma più piccolo, il Teatro Cinematografo Splendor, ove ora è il bar Roma sul lato a mare di via Vittorio Emanuele, allora ancora volgarmente chiamata piazza Omnibus). Di forte richiamo furono l’impianto di illuminazione elettrica, inusuale a quei tempi e la decorazione per tutto il percorso con fogliami in stucco bianco, solo nel vestibolo all’ingresso, sorreggenti un lampione, troneggiavano due statue muliebri seminude che messe alle due entrate in sala volevano rappresentare la luce contro l’oscurantismo a sua volta raffigurato da due figure maschili prone e sconfitte: l’opera era dell’allora giovanissimo pittore locale Antonio M.Canepa: avevano creato un certo scalpore perché il parroco non aveva ritenuto opportuno entrare a benedire i locali scandalizzato dalla loro presenza (si proiettava “Il romanzo di un giovane povero” intervallato da uno spettacolo di arte varia presentato dalla compagnia Davico-Fineschi, e con la presenza della ‘bella Elena’).    

   L’interno, costruito a ferro di cavallo, aveva platea, una galleria delimitata da una ringhiera in muratura, nonché 2 barcacce e 6 palchetti.  Il pavimento era in graniglia alla genovese.

  Nell’immediato dopoguerra, essendo i grossi teatri genovesi praticamente tutti ridotti in cenere, sopperì alle esigenze di tutta Genova, assieme ai pochi altri teatri sopravvissuti.

   Nelle successive ristrutturazioni post belliche, ultima quella del 1971 nella quale i proprietari furono costretti all’abbandono come utilizzo teatrale se pur conservando il palcoscenico; per adattarlo a solo cinematografo; le strutture sceniche vennero eliminate ed il nome semplificato a “cinema Splendor” . Ma col progredire della TV ebbe difficoltà a mantenere la sala economicamente in attivo, poi a proiettare film, nel cui intervallo far vedere su schermo a parte programmi TV tipo ‘Lascia o Raddoppia’ di Mike Buongiorno; poi alla fine fu deciso -anni 1980- a tentare le cosiddette “luci rosse”. Nel 1989 fu classificato di 2° categoria; con 1100 posti a sedere dei quali 880 in platea e 220 nelle gallerie; poltroncine in legno; impianto acustico monofonico; aspiratori d’aria essendo consentito fumare; due proiettori da 35mm. Tutto gestito da Lorenzo Calcagno, mentre i muri rimanevano degli eredi Frugone.

 

 

il cinema-teatro Splendor                                                                       

 

Foto con alcuni ‘maggiorenti’ della città, nel palco centrale del teatro    Luigi Frugone con parente

 

Dopo alcuni anni di chiusura, fu completamente svuotato e nel 1991 ristrutturato a silos, con box privati  per auto.

 

DEDICATA allo scultore del quale ben poco si sa; infatti scarsissime, per non dire mancanti le notizie sulla vita e sulla attività dell’artista, e non si capisce per quale scopo fu proposto a titolare una strada locale. 

   Il padre Giovanni (provenne a Genova da Rampònio in val d’Intelvi di Como nel XV secolo; divenne così avo progenitore di una numerosa famiglia che operò in città fino al 700, e di cui alcuni divennero famosi perché particolarmente bravi.   Dei figli vengono ricordati Battista (assai più bravo del Nostro), ed il nostro Antonio che nacque a Genova, registrato in santa Sabina.

   Divenne allievo del Lurago, maturando fino a diventare un bravo architetto e scultore di qualche pregio. Il 2 apr.1585 si obbligò col fratello, a fare il portale del palazzo di Giulio Sale in piazza s.Maria di Castello. Sposò Concordia figlia di Rocco Lurago dalle stesse terre comasche, era pure lui venuto a Genova con poi discreta fortuna come scultore virtuoso e fecondo, ricordato per le sue opere a Tursi. Morì in città nel 1590 “in età decrepita”; e nel 1587 ebbe figlio Tomaso (che divenne molto famoso, più di tutti, e di cui ricordiamo tra tante la fontana, inizialmente collocata in piazza Soziglia ed ora in piazza Bandiera - le cui statue di Enea ed Anchise sono di G. Baratta - ed ebbe lunga ed operosa carriera assieme ai cugini, Giovanni e Cristoforo, figli di Battista, ed al nipote Giovan Battista figlio di Giovanni.

All’arte della famiglia è attribuita la statua della ‘Madonna Regina della città’, già posta sulle mura verso il mare).

 

BIBLIOGRAFIA

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-AA.VV.-Annuario guida archidiocesi-ed.1994-pag.425; ed.2002-pag.462

-AA.VV.-Scultura a Ge. e in Liguria-Carige-vol.II-pag.71

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-DeLandolina GC–Sampierdarena-LaRinascente.1923-pag.22

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-il Secolo XIX- del 15.3.1981 + 25.11.03 + 23.08.04

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-Novella P.-manoscritto storia di Genova-Berio.1930 c.a.-pag. 18

-Pagano ed. 1940-pag.357--/1961-pag.315.588

-Ragazzi F.-Teatri storici il Liguria-Sagep.1991-pag.228

-Soprani R-Vite de’ pittori,scultori….-1768-vol I.pag 420 

non citato da   Enciclopedia Sonzgno e Motta