MERCATO                                                via  Mercato

 

 

Il quartiere: il nome storicamente nacque per primo per definire la zona ove avveniva il mercato paesano e dove già dal medioevo si riuniva all’aperto  il consiglio direttivo del borgo di San Pier d’Arena. Da esso, il motivo -nel tempo- di chiamare in modo eguale anche il tratto di strada.

 Nel 1800  a partire dalla Lanterna verso ponente, si succedevano i quartieri della Coscia,  di crosa Larga (via Palazzo della Fortezza), la zona (o regione) Borraghero ( via Gioberti), il quartiere del Comune seguito da quello Mercato;  da qui si  proseguiva per la zona di sanMartino (via Rolando), o la zona del Canto, seguita dal Ponte con Fiumara.

      Una lettera del 4 nov.1576 indirizzata al Magistrato di Sanità, segnala che “in questo ponto, a ore 22 circa è mancata Catterina moglie de Tomaxio da Loretto al mercato di San Piè de Arena essendoli venuto accidente de core, et ha gittato gran copia di sangue della bocha, di maniera che ha domandato agiuto, et ivi è restata dal detto sangue soprapresa, in maniera che ha fatto fine di sua vita”. Il medico dichiarante, era obbligato a segnalare tutte le forme di tipo epidemico e di contagio, onde permettere al Magistrato di emettere i provvedimenti (le famose “grida”)  per arginare l’arrivo delle temutissime peste, colera, ma anche della lebbra, e -come nel caso su descritto- presumibile della tubercolosi.

    Un attestato datato 21 gennaio 1662 relaziona di una stipula di locazione firmata a Rivarolo inferiore: nel portico della sala di Gio.Francesco Celle in san Biagio: PietroPaolo Gazzale (in qualità di fideicommissario dei figli minori del defunto Carlo Gazzale) loca a GioBatta Risso (qm Tommaso) una casa con bottega in San Pier d’Arena nelle vicinanze del mercato, per un  anno dal giorno della consegna delle chiavi e per l’annua pensione di lire 125.

  Il quartiere, dalla strada a mare a Belvedere, era racchiuso tra la crosa della Cella-corso dei Colli a levante, e crosa dei Buoi-vico dei Disperati a ponente, e comprendeva le case dei Samengo (presso il vicolo omonimo), la villa Serra ora istituto don Daste, la villa Carpaneto di piazza Montano; la villa Pallavicini  e la villa Centurione detta del Monastero  sulla strada a mare.  Nel  1847, la soc. Strade Ferrate provvide ad occupare i terreni per il passaggio ‘in economia’ del tronco ferroviario: nella ‘regione’ del Mercato vennero espropriati terreni adibiti ad orto: 1248 mq al principe GioBatta Centurione del fu Giulio, la cui proprietà, costeggiando la strada della Cella arrivava da essa sino alla proprietà Traverso; e 2466 mq alla proprietà di GioBatta Traverso e fratelli del fu Angelo, che dall’orto Centurione arrivava sino alla crosa  dei Buoi.

   La via: un poco controversa è l’esatta collocazione del tratto stradale corrispondente a questa denominazione, avendo subito nel tempo alcune modifiche di lunghezza. Ma dalle carte e dalla casa messa come confine, si evince che la “via Mercato” verso ovest  finiva non all’altezza di via GB Monti ma cinquanta metri oltre, fino all’angolo con via C.Dattilo, dopo il quale incrocio iniziava via A.Saffi.

   Il primo documento risale all’ott. 1758, quando un proclama comunale ingiunse ai 47 proprietari - di case adiacenti alla strada - di concorrere alla spesa di lastricamento della stessa  ( in concomitanza, la “comunità del borgo” provvedeva per la strada a mare : è ovvio che sino ad allora le strade principali erano in terra battuta, con tutte le immaginabili conseguenze della  qualità del  piano percorribile: della polvere, e del fango  quando pioveva ) .  

Sul Gazzettino, Tuvo trascrive che il 5 giugno 1819  venne indetto l’appalto “pel riattamento della strada interna di San Pier d’Arena, detta strada del Mercato…, …che inizia alla testa della Nuova Strada Reale alla Coscia-Marina, e va a terminare a San Martino colla congiunzione alla gran  strada, una volta chiamata ‘strada Cambiaggio’. (la frase è scorretta perché, se  va bene per la ‘strada Superiore’ (che andava da largo Lanterna a san Martino),  non vale per ‘Mercato’ che ne era solo una parte. Però lo scritto inizia con le virgolette di una trascrizione che non saranno più chiuse; cosicché non si capisce se  è errata la descrizione del trascrittore o dell’appaltatore).

   Nella stessa mappatura delle Ferrovie -già su descritta, del 1847-, sulla via prospettavano dalla parte a mare e da via della Cella-, nell’angolo la proprietà Samengo, seguita a ponente da quella del principe Centurione (sul suo terreno fu eretta la ‘casa della Provvidenza’ di via Carzino);ed a sua volta da quella di un sig. Traverso che aveva a settentrione della strada la proprietà di Ademaro Mari (ovvero la villa che oggi è  dell’istituto don Daste). 

Remedi segnala che nella via erano stati collocati negli anni 1860  sia la Soc. di MS Unione Fraterna  e sia il Gabinetto di Lettura; ed ambedue nel ‘palazzo Gandolfo’ il quale forse è dei Gandolfo dei quali poi il sindaco Peone, e poi nel 1900, della scuole Tecniche, quindi il civ. 11.

    In un registro comunale ove vennero segnati i decessi da Colera nel 1867, si precisa che in via Mercato era deceduta in casa una sola persona (dei 68 morti, su 107 denunciati).

Una planimetria (vedi allegata) del 22 giu 1899 stilata dal prof Ratto Giuseppe mostra, da destra, primo il terreno di “M.se Admaro ora M.se Serra” (oggi Madri della Provvidenza, di don Daste, salita belvedere 2), poi  l’Oratorio della Morte, seguito dal piazzale (oggi via V.Alfieri) e dalle scuole municipali; attaccate a questo palazzo seguono 4 case (con terreni a monte di proprietà Palau); di esse il primo è un caseggiato (con i civv. 17 e 19, sotto il quale inizia un viale -che corrisponde all’inizio di via GBMonti- e che probabilmente era occupato dalle persone segnate a lato: Parodi Luigi; Giuseppe Gambaro, Cosso Angelo, Cosso Luigi, Ferrando GioBatta Notaro). Procedendo verso ovest, attaccata alla ultima casa suddetta sono descritti altri tre caseggiati  rispettivamente di “eredi Rapallo”, “Filippi Santo”; “Ferrando Mª” la quale fa angolo con la “crosa vicinale de’ Disperati”che separa dalla proprietà Rebora Cristofaro.  

   Pochi anni prima dell’anno 1900, i civici erano di proprietà: civ. 1, casa del marchese Ademaro (ovvero la villa Doria-Mari-Serra, oggi don Daste); civ. 1a e 2, casa eredi Samengo (che era all’incrocio con via della Cella);(3 e 4 sono non scritte); 5 Parodi-Gambaro e C ; 6  Morasso Salvatore ;  7 Oratorio dei Morti (custode) ; 8 Barabino ; 9 Municipio (una casa del valore stimato 1891= L.12mila; 1908= L.10mila); 10, 11 Municipio con scuole Tecniche ( casa stimata: nel 1891 del valore di L.100mila, nel 1908 di L.250mila); 12 eredi Dellepiane ; 13 ospedale civile già Tubino Scaniglia; dal 14 al 14 f  e 16, 16b fratelli Dellepiane; 16a Municipio; da 16c sino a 16 h, e 17, 19: Palau (probabilmente il costruttore delle prime case di via GBMonti in basso; 18 Molfini Chiara ; 20, 21 eredi Rappalino ; 22a Filippini Santa ; 24 eredi Ferrando.

 

l’ingresso della villa Doria-Mari – con la Banda del Risorgimento Musicale

 

   Da questo elenco, si deduce – sia che, contrariamente all’ultima targa apposta dal Comune per via Daste, angolo via Carzino - che in quegli anni la strada era limitata al tratto che, dall’altezza dell’incrocio con via della Cella arrivava sino a via N.Bixio (o meglio alla via san Cristoforo messa dietro la villa,ovvero fino all’ inizio di via C.Rolando; quando, non esistendo via A.Cantore, l’antica strada ‘centrale,o superiore’ non era troncata all’altezza attuale di via Carzino); ed era la continuazione verso ponente di via sant’Antonio.

E sia che al civico 8 il nome Barabino si riferiva alla società di ginnastica N.Barabino, con il settore tamburello (il Dizionario dei Varazzini cita un certo Bagnasco Attilio, che nacque a San Pier d’Arena il 12.4.1882,  da GB e Maria Carattini, ultimo di sette fratelli; diplomato costruttore navale di prima classe, fu “attivo ginnasta della società NBarabino,  e che vinse –nel 1907, a Venezia – il campionato italiano di tamburello; a 17 anni si trasferì a Varazze fondando poi un cantiere navale e dove morì il 21.1.43) ed il circolo ciclistico seguente.

costruzione – forse portineria -  della villa Doria,  adibita a palestra della soc. di Ginn. N.Barabino

 

Nel 1903, il Circolo ciclistico N. Barabino, preso possesso di quella che doveva essere la casa dei guardiani della soprastante villa, curò di erigere  una pista ciclabile in legno, con doppia curva rialzata, battezzata velodromo ed inaugurata l’8 maggio per ospitare le gare di campionato (in precedenza si erano ottenuti lusinghieri successi da due similari, costruite dapprima poco distante da dove è ora piazza Palmetta (nel 1890) e poi dove oggi i giardini Pavanello: ma quest’ultima era ad una sola curva rialzata. L’uso della bicicletta esplose verso il 1890 soppiantando l’uso del biciclo dalla ruota anteriore enorme fino a 2 metri di diametro. E dapprima spinto a piedi). La pista lunga 250 m. e girava lievemente inclinata, con i requisiti necessari per gare su pista anche dietro motori. Corrispondeva all’area distale del maestoso giardino di villa Serra-DonDaste ora coperta dai palazzi civv.47-46-42-41 per formare un anello ovale (come poi erano già i giardini della villa; la pista era all’interno dei due viali che dalla strada facevanomaccesso alla villa), girando da via Alfieri alla via della Cella ed al corso dei Colli (Martinetti); di fronte all’attuale v.U.Rela, via G.Mameli (oggi A.Carzino) e v.della Cella. Era per gare ciclistiche e motociclistiche, con un richiamo di atleti da tutta Italia e dall’estero, qualcuno già professionista, con raduni regionali e nazionali (Lamponi ricorda una ‘troupe acrobatique fréres Germain’ che nelle sue esibizioni -compreso un ‘giro della morte’- mandò in visibilio gli spettatori locali). Nel giu/1905 la soc. Ginnastica Nicolò Barabino – sezione ciclisti – giuria per Convegno Moto-ciclistico -  comitato pel Monumento G.Garibaldi -, nomina un vicepresidente onorario (nella lettera –firmata da un Roncagliolo, non è precisato chi è l’intestatario) 

Tutti presenti quando nel 1905 si inaugurò il monumento a Garibaldi in piazza XX Settembre (p.za del Monastero) pagato in parte con gli introiti delle manifestazioni sportive; e tra essi maturò anche qualche campioncino locale (come Sobrero, Merlo, Sacchi, Repetto, Tosca ed i tre Roncagliolo, Cesare fra tutti); mentre assai frequente era la partecipazione -anche solo per allenamento- dei campioni regionali Cuniolo (da Tortona) e Bixio (che nel 1904 a Milano vinse il titolo italiano sprinters professionisti), essendo l’unica pista in Genova (a parte quella  in terra battuta in piazza di Francia (p.za della Vittoria)).

Nel 1906, gli iscritti alla società ciclistica raggiungevano le cinquecento unità.

Vengono narrati raduni anche nazionali, con sfide e scommesse (una cena, solitamente).

 

 

la pista del 1905

Il velodromo rimase installato fino al 1907 quando le esigenze urbane ne decretarono la demolizione, nel periodo in cui iniziavano a vedere la luce le grandi corse in linea su strada, e con esse la fortuna dello sport divenuto secondo di interesse nazionale.

    a sin. il civ.46 di v.Cantore

 

Dopo la pista. La casetta  divenne sede del Cinema Centrale, poi divenuto magazzino di legnami ed infine officina carpenteria di un certo Podestà detto ‘o Segnô’.

 

      Nell’anno 1900, questo tratto di strada, chiamato “via (del) Mercato”, - ripetiamo: che dall’incrocio con via della Cella arrivava fino a quello con via N.Bixio (questa  proveniva da piazza V.Veneto tramite sottopasso ferroviario )- venne proposto essere sostituito col nome di  via N.Daste in onore al sacerdote, deceduto l’anno prima (questa strada poi, nel 1935 circa,  verrà “mozzata” a ponente con l’apertura di via A.Cantore, ma –col nuovo nome di via N.Daste- verrà anche allungata a levante con l’assorbimento e sostituzione di “via sant’Antonio” e di “via generale A.Cantore”) .

   Nel Pagano 1902 sono citati: al civ.1A negozio di stoviglie di Cipollina Francesco (non c’è più nel 1919);ed il tappezziere Canepa Gaetano;------12 negozio dei f.lli Morasso, ancora presente nel 1912, di carbone di legna (distinto dal carbone minerale);---14 cartolaio Lavagetto Maria (fino al 1912);---21-1 agenzia di pubblicità di Lanzini Giovanni(nel 1912 trasferita in via C.Colombo);---24 impresa trasporti di Carpaneto Francesco, presente fino al 1925;---   

   Nel Pagano 1908-11- 12-25 compaiono quelli segnati¨.

 Di questa tratto stradale, la parte più a ponente è praticamente scomparsa con l’apertura di via A.Cantore: occorre quindi ricostruirla con l’ immaginazione: proseguire via N.Daste a partire dall’incrocio con via Carzino, passare davanti al portone 46  di via A.Cantore (ivi esistente già dal 1901, prima quindi della grossa arteria (1935) e apparentemente sottolivellato -ma in realtà è il vero piano dell’antica strada, considerato che è via A.Cantore ad essere sopralivellata-), e da lì mirando l’inizio di via C.Rolando,“vedere” una stradina larga come ora via NDaste, con a destra dapprima il cancello di ingresso della villa Boccardo (?), poi quello della villa Doria (ove era ospitata la soc. N.Barabino: nel 1898 inaugurò con cerimonia solenne al teatro Modena, il vessillo sociale offerto dalla famiglia del Maestro), indi la chiesa oratorio ‘Morte ed Orazione’ del prete Giordano, e poi le casupole, non esistendo neanche via GB.Monti;  ed a sinistra -a mare-, delle casupole -oggi travolte dalla via Cantore- con stalle e negozietti, seguite dall’ incrocio con via N.Bixio (ex ‘crosa dei buoi’), fino al retro della villa Carpaneto, al bivio per via san Cristoforo e via san Martino.

 

Questa era quindi la parte centrale  del lungo asse  che dalla Coscia portava a ponente: la parte più antica e fondamentale, della strada più antica; e corrispondeva ai limiti del quartiere omonimo.

   Così per anni i due nomi viaggiarono assieme e confusi reciprocamente:

--il Pagano 1908 cita ancora la via, ponendo al civ.1A un tappezziere Canepa Gaetano – attivo ancora nel 1912;- --(ancora quelli segnati ° del 1912).  

 --Un documento all’Archivio Storico Comunale scrive che nel 1910, aveva già civici fino al 34 e 23.

--All’atto della sua erezione, l’attuale civico 40 di via A.Cantore era registrato con, sul retro, via del Mercato.

--La scheda della Toponomastica riporta che la denominazione ‘via del Mercato’  fu deliberata dal podestà il 19 ago.1935 per tutto il percorso ‘da via L.Dottesio a via A.Cantore (Attuale)‘ sostituendo anche la denominazione di ‘via Nicolò Daste’; ma ritengo che questa scheda sia storicamente errata.

 

Oratorio Morte e Orazione – 1933                        foto  1935

 

--Al civico 28r della strada (via gen. Cantore; non credo il civico ‘rosso’ foto↓)), negli anni 1935, c’era il Comando fascista della 5ª Centuria ‘Tipo’ Alpini Sciatori (che faceva parte dalla 110ª Legione Milizia Avanguadia “Duca della Vittoria”, a sua volta una espressione dell’Opera Nazionale Balilla). Un lettera datata 19.10.35-XIII  avverte un avanguardista di essere stato nominato Fiduciario di due sezoni (1ª A e B) della sua scuola; la lettera conclude «confido nella intelligente attuazione di quanto ti sarà di volta in volta comandato da questo Comando. Per comunicazioni urgenti passerai intanto dalla sede del Comando di Centuria...alle ore 17,30 precise. Firmato dal comandante CM Borzino prof.Armando)».

--Nel Pagano 1940 la strada è sempre elencata ripetendo da via L.Dottesio a via A.Cantore (e, di conferma, via N.Daste non c’è). Nei nn. Neri cita all’1 la scuola G.Mazzini; al 3n la r. Scuola secondaria d’avviamento professionale commerciale “Principe di Napoli” + scuola serale comm. O.Scassi; 4n Rebora A & figli pastif.;  5n scuola el. Maria Mazzini; 7n,  110ª leg. Duca del Mare; 14  Diana comm.M. (abit)+ s.a.Diana f.lli cons.alim.; vari privati. Nei nn. Rossi dispari (a monte) = 1r vini, 5 macell., 7 salum.,9 ombreller., 11r cartol., 13 mercer., 17 commest., 19 osteria, 23 commestib., 27 parrucch., 29 calzol., 31 fruttiv., 33 mercer., 35 tintoria, 39 salumi, 43 carbonaio, 45 fruttiv., 47 magazz.vino, 49 pescher., 57 fumista, 59 osteria,    61r mode, 77r bottigl., 79 tabacch., 83 drogher., 85 friggitor., 95 panif., 97 calzaturif., 99r Cianese Nicolò, bazar Trieste; 103 pasticc., 105 parrucch., 1076 salum.  Rossi pari (a mare) 10r pizzic, 12r caffè, 16 commest., 18r bar., 20r osteria; 22r carbone; 34r  cartol.-libreria-rilegatore Costa; 40 latteria, 42r forno pasticc., 44 giornali, 46r macell., 52r polliv., 54r osteria, 62 Frambati G. mobili usati, 66r rigatt., 74 farmacia Italiani Dom., 78r pasticc., 82 osteria, 84 tappezz., 86r ‘la Tessile’, 92r commestib., 94 salum., 102 fruttiv., 104 mercer., 106 terraglie e gioc., 108 vini, 110r macell., 112 colori, 114 trattoria di Mancini Zaira, 116r commest.

--Nella stessa scheda Toponomastica si segnala che con delibera del Consiglio Comunale del 3 novembre 1949 la ‘via del Mercato’ fu annullata e sostituita con ‘via prete Nicolò Daste’.

--38.111 segnala il passaggio del nome da via del Mercato a via N.Daste come se fosse avvenuto nel 1940,  in contrasto con quanto appare in ASCom)

--ancora nel 1950 il Pagano segnala: al civ. 1  scuola parificata di istruzione obbligatoria ‘G.M.Mazzini’ (sic); al civ. 3 la presenza della ‘Scuola Tecnica governativa Commerciale <G.Casaregis>; dell’omonima scuola governativa professionale di avviamento commerciale; della ‘scuola comunale serale di pratica commerciale Onofrio Scassi (palazzo Scassi)’;  al civ. 9 l’<Istituto Magistrale ‘Madri Pie Franzoniane’> aperto pure in via A.Cantore 28 e con tel. 41-844; al civ. 28 l’Istituto ‘Vilfredo Pareto’ (corsi per ragionieri, geometri, nautico, avviamento e scuola tecnica commerciale, scuola media, lezioni individuali e a gruppi. Tel. 43.603); al 62r-64r il mobilificio Frambati, di mobili usati.  Cinque le osterie : 20r di Molinari A.”l’osteria Moderna”; 19.21r di Oneto Angela; 59r di Borzone V.; 82r di Leone G.;108r Sacchi C. & figli;   una trattoria : 114r di Villa Enrico; due bar caffé : al 73.73 bar Dogali; 78r di Biancardi V.. 

===Nel 1772 la Confraternita della Morte ed Orazione (già di ‘Nostra Signora della Cintura’) fabbricò sulla strada principale e su terreno –pare- dell’abate Nicolò Spinola,  il proprio Oratorio di forma rotonda e con colonne corinzie all’ingresso , su disegno di Giuseppe Scaniglia (ampliato nel 1846 da Angelo Scaniglia con una aggiunta sul retro da ospitare il coro) ; offrì dimora e missione a don Giordano, il prete buono di San Pier d’Arena .Essendo proprietà di una confraternita, non apparteneva quindi alla Curia ed il sacerdote che officiava ne diveniva custode e proprietario; ma alla morte di don Giordano (1941), il bene passò alla Curia , alla quale ed ai patti -in fatto di espropri- disposti dal Concordato con la santa Sede  si dovette far fronte al momento della demolizione( il Comune acquistò l’immobile per 150mila lire).

===villa Boccardo Negli anni  seguenti il 1870 si aprivano nella via due case o meglio due ville omonime, di proprietà diverse: ambedue importanti, distanti poche centinaia di metri l’una dall’altra:  può essere che Domenico e Nicolò fossero padre e figlio o fratelli o parenti; non mi è dato saperlo perché al di là di questa casa, il loro nome non è mai comparso in nessun altra citazione; qualcuno ha interpretato la casa Boccardo in forma unica, ed ha segnato  l’inizio dell’equivoco tra le due costruzioni.

A)        La ex villa Lomellini-poi Boccardo Domenico

 Secondo la suddivisione stradale di allora, si apriva a levante dell’incrocio con via della Cella, e quindi  in via sant’Antonio (nell’elenco delle case di questa via  vengono citati dopo il civ. 26 di Bagnara Ermillo già Copello; i civv. 27-28 eredi Ronco; poi dal 28-29-31 gli eredi Monticelli ed al 30-32 eredi Bonnani forse questi gli intermedi proprietari tra i Lomellini ed il Boccardo. Domenico Boccardo fu tra i primi finanziatori-acquirenti palchettisti del Modena.

Famiglia= I Lomellini ebbero origini lombarde;  Discenderebbero da un vassallo di Lomello (che fu uno dei consoli dei Placiti nel 1197, e avrebbero la stessa origine dei conti Palatini di Lomello e dei Langosco). Il loro stemma si legge “spaccato di porpora e d’oro” (ricordando che in araldica, il colore porpora è rarissimo avendolo solo i Lomellini ed i Mangiavacche). Furono Guelfi. Dalla fine del XIV secolo- furono presenti in Genova come banchieri ed imprenditori marittimi (sviluppando un vasto giro d’affari economici internazionali). Già nel secolo dopo, numerose furono le navi patronizzate dalla famiglia, quindi proprietà e comando: è del 1447 la segnalazione al largo della nostra spiaggia davanti alla villa di Battista DeMarini della “navis Neapoloni Lomellini”, quando negli stessi anni anche Gio., e Pietro Lomellini sono nominati come comandanti, Pasquale ed Angelo che mettono i loro navigli a disposizione di Carlo VIII per trasporto truppe; e Giovanni che nel 1499 trasporta inutilmente rinforzi per Lepanto. All’avanguardie nella costruzioni di navi, ne ebbero sempre più grosse (navis, chiamate genericamente ‘Lomellina’), da 100 a fino 300 marinai, munite di cannoni (che rappresentavano la spesa più alta della stessa nave e con proiettili tondi ricavati dallo scalpellamento delle pietre di zavorra -il pietrisco invece era usato a distanza ravvicinata- o da palle di piombo fuse al momento e forgiate in stampi di pietra. Antagonisti dei Doria nel tardo medioevo, han lasciato un proverbio che dice “lascia che se dagghe a Doia cö-a Lomellinn-a).

 Nella nostro borgo  possedettero altre proprietà.

 Sulla unica strada allora esistente, quella centrale interna oggi via N.Daste, un cancello  chiudeva l’ingresso del lungo viale che portava alla villa posizionata nell’interno, subito a monte di dove ora scorre via A.Cantore e quindi sarebbe stata posizionata ove ora in questa strada è il civ.39, circa cento metri più o meno a levante di corso Martinetti.; essa viene descritta anche  dall’Alizeri (nel suo itinerario  sulla “Guida illustrativa…per la città di Genova” pubblicata 1875.  A pag. 652 descrive prima la villa Masnata (da poco divenuta ospedale), poi la villa Doria-Monticelli (angolo via della Cella), poi il ’palazzo Boccardo’ ed infine l’Oratorio) quando precisa, idea sposata anche su ”Le ville del genovesato” che detta casa del signor Domenico Boccardo fu quella già Lomellini.  Vista dal viale (il quadretto è esposto nelle sale della soc. Universale), la facciata della villa fu disegnata dietro gli alberi, dal pittore:::::; dimostra che era non una casa ma una vera e propria villa, raggiungibile percorrendo una mulattiera mattonata che si apriva in via Mercato (dapprima e –quando fu creato lo spiazzo- in piazza c.Bove).

La villa , oggi scomparsa, è descritta dall’Alizeri come “albergo anch’essa d’antichi patrizj , e a quel che intendo de’ Lomellini, e ancora il palesa (benché travisata) ai gentili ornamenti delle scale e degli usci, pregiata vena di Promontorio. Or quivi ha la Sala un oblungo di Luca Cambiaso col “Ratto d’Elena” ; non dico de’ suoi più studiati per quanto è composizione, ma dirò bene dei più succosi quant’è colorito , e de’ più fieri al trattar del pennello . E d’ugual tempra è uno spazio men grande in un vòlto attiguo, ove quell’animoso affrescante imaginò il Carro di Febo tirato da focosi corsieri). Dei due, il primo affresco fu restaurato per incarico del Comune di SPd’Arena dal nostro pittore GB.Derchi nel 1911; fu poi ‘strappato’ e trasferito per incarico del Comune a villa Scassi (il maestro Chianese riferisce che lui stesso fu “partecipe allo ‘strappo’ di affresco nella demolenda scuola civica”). Si tramanda fosse particolarmente ricca di marmi e di pietra di Promontorio, ad ornamento del gran scalone che delle porte.

   Si descrive l’avventuroso viaggio della bellissima Elisabetta Farnese, avvenuto nell’autunno dell’anno 1714, da Parma a Madrid per andare a sposare religiosamente (già sposata prima di partire, per procura)  Filippo V re di Spagna: portata via terra sino a LaSpezia, fece per mare il tragitto sino alla spiaggia di San Pier d’Arena; ma sofferente di mal di mare si fece portare subito nel palazzo Lomellini del borgo, destinato a riceverla ma dove si mise subito a letto disertando feste e spettacoli preparati in suo onore. Volle poi proseguire il viaggio via terra, disdegnando il mare, con grande disagio delle autorità genovesi responsabili della sua incolumità in tutto il territorio sino ai confini della Repubblica. (portare qui la storia della Farnese scritta in via GB Mont ed assemblarla. La bibliografia –Levati- è già qui.).

   Il palazzo, allora di proprietà di Carlo Lomellini,  fu prescelto per ospitarla, quando il 3 giugno 1720 arrivò a Genova Carlotta d’Orleans figlia di Filippo (reggente del regno di Francia essendo Luigi XV ancora fanciullo decenne) prossima duchessa di Modena. Era arrivata preceduta da una dama di corte d’onore (donna Anna Teresa Rangone, con un seguito di 200 persone tra dame, cavalieri, paggi e bassa famiglia) e seguita da un corteo di altre quattrocento persone ed ottocento cavalli, tutti ospitati negli altri palazzi vicini. Un gran ballo e festa non furono attuati solo per alterigia francese ed altero non servilismo genovese: il cerimoniere francese non volle cedere agli ospiti genovesi di potersi sedere di fronte alla principessa, la quale avrebbe ricevuto tutti in piedi. Comunque le furono regalati- in otto cassette- dei dolci, cioccolata e ‘acqua d’odore’; ed altrettanti regali si scambiarono tra alti personaggi. Il giorno 11 tutta la comitiva si trasferì a Voltaggio per il pranzo ed a Novi per il primo pernottamento, prima di arrivare poi a Modena. Assieme al marito tornarono a Genova nel 1729; nel ’34 (quando in incognito ma con al seguito 137 persone,  partorì una bambina che le morì subito dopo il parto) e nel ’39 (già da due anni Duca di Modena). Lui tornò il 6 giugno 1745 come FrancescoIII duca di Modena, proveniente da levante alla testa delle truppe spagnole; da Campomorone venne a SPd’A  per essere alloggiato in casa Grimaldi.

   Altra villa dei Lomellini nel borgo, fu quella –anch’essa demolita- localizzata ove ora è il civ. 20 di via G.B.Monti.

   B) villa Boccardo Nicolò, Come posizione corrisponderebbe alla villa che –nella carta del Vinzoni- era dell’abbate Spinola q.Nicolò (non è chiaro chi fu questo abbate né il padre Nicolò,già defunto nell’anno anno della carta. Nel Battiulana non appaiono dei Nicolò in quegli anni, con figli sacerdoti. Non fu il Nicolò nato nel 1677, doge nel 1740 e che morì nel 1743 perché questo ebbe 2 figli ma nessuno divenuto abbate). Corrisponde altrettanto al civ. 11 di via Mercato, secondo la numerazione di allora; e  nel posto del palazzo ora  civ. 51 di via A.Cantore. Nel 1891 una relazione di bilancio comunale, segnala nelle entrate ’stabili già Boccardo’; nelle uscite invece una annotazione -nella categoria Istruzione  Pubblica- ricorda l’impegno notarile datato 1889 di ‘pagare alla Maria Boccardo fu Nicolò, vita sua durante, gl’interessi (sic) del 5 per % all’anno sulla somma di L.6702,28, che dopo la morte della stessa resteranno a favore del Comune’, per la casa divenuta sede delle scuole Tecniche ed anche delle ‘locali carceri’, come specificato nel successivo elenco delle proprietà immobiliari comunali (il giornale Caffaro del 26 gennaio 1898, segnala uno sventato ‘tentativo di fuga dal carcere del Mercato’) .  

Alcuni hanno scritto che tale palazzo si chiamò “Boccardo già Centurione” : può essere che così fosse, ma nessun documento a mie mani suffraga questa ipotesi di primitiva appartenenza.    La confusione cresce quando con certezza altri stabilisce che furono aperte le sedi delle associazioni ‘nel palazzo Boccardo dell’antica villa Centurione’ sovrapponendo le due costruzioni, vicine si ma non reciprocamente corrispondenti: mi rifaccio, a giustificazione, all’antica usanza di citare una località sulla base della maggiore evidenza popolare: quindi per dire che il palazzo Boccardo era nella località della villa Centurione, si abbreviava dicendo solo la fonte più nota.

   La casa, una volta acquisita dal Comune, divenne di pubblica utilità, e vi trovarono ospitalità in tempi diversi ma ravvicinati:

-due Associazioni di mutuo soccorso, negli anni tra il 1862 e 1870 : una “A.Generale di M.S. ed istruzione degli operai di San Pier d’Arena”, matrice dell’attuale A.Operaia Universale di M.S., di via Carzino (vedi), che dal 1870 qui abitò, fino al trasloco in via C.Colombo; l’altra, la “Società di M.S. dei volontari italiani di San Pier d’Arena” costituita  dai combattenti partiti volontari nelle guerre del Risorgimento, con Garibaldi e Mazzini, ambedue presidenti onorari: carica accettata da entrambi con lettera scritta a L.Stallo presidente effettivo anche se detenuto ad Alessandria.

-il prete don Daste con le sue orfanelle, prima della migliore sistemazione nella ‘casa della Provvidenza’ di via Mameli (via Carzino)

-le scuole Tecniche; che diedero al palazzo il nome distintivo fino alla definitiva demolizione. Anche la piazzetta a levante, ebbe popolarmente questo nome fino a che non fu scelto dal Comune  il nome ufficiale di ‘piazza capitan G.Bove’. In una planimetria del 1899 vengono chiamate ‘scuole municipali’.  Vedi a ‘piazza Scuole Tecniche’.

-come già scritto vi trovarono spazio le carceri cittadine, prima del loro trasloco nella attuale via C.Rolando .

   Questo palazzo fu demolito a cavalo tra il 1800-1900  per la definitiva sistemazione ed allargamento della neonata via G.B.Monti (e non come scritto da alcuni per la confusione di cui sopra, per via A.Cantore, nata dopo; o per corso Martinetti , troppo lontana e non valida neanche per la villa Lomellini).

 

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-Archivio Storico Comunale  Toponomastica - scheda 2748

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-Caffaro, giornale- Biblioteca Berio.26.1.1898

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