MELEN                                                  via Enrico Melen

 

  Attualmente è una strada di Cornigliano .

  Ma, prima, con delibera della Giunta del 14 nov.1946 il nome ‘via E.Melen’ era stato assegnato nella nostra delegazione a sostituire il tratto finale -a monte di ‘via Giovanni Ansaldo’ (ovvero, a mare rispetto l’attuale via Pieragostini) - in contemporanea, il nome dell’industriale che diede il nome allo stabilimento,  venne trasferito a una strada di Cornigliano.

  Ciò avvenne perché già in precedenza lo stabilimento Ansaldo - avendo inglobato  e rinchiuso nei suoi muri perimetrali i tre quarti a mare della strada (che iniziava da via Pacinotti) – aveva fatto praticamente scomparire la antica via, della quale era rimasto solo l’ultimo tratto collegato con via R.Pieragostini.

  Questo tratto di strada,  era stato conservato ed utilizzato solo quale accesso alla portineria dello stabilimento (quindi strada ‘chiusa’, di terza categoria).

  Con decreto del Consiglio Comunale del 24 lug.1963, la denominazione venne definitivamente soppressa, lasciando quel  tratto di strada anonimo (scendeva da poco prima del ponte - da via Pieragostini - verso  una portineria dell’Ansaldo). E così rimase fino al totale sovvertimento della zona effettuato nel 2001.

 

DEDICATA al sottotenente del nucleo Campi Minati, facente parte della 561ª compagnia autonoma rastrellatori e bonifica del regio Genio, che morì il 29 ago.45 mentre stava disinnescando una delle tante mine messe dai tedeschi a protezione di attacchi (paventando uno sbarco,  presumo; perché tale tipologia di attacco era nei timori degli addetti alla difesa i quali avevano disseminato tutta la  costa di specifiche postazioni antisbarco,  a loro volta protette da un treno armato).

   Era nato a Pisa il 23.10.1920.

   La morte avvenne presso il forte Croce - sulla collina degli Erzelli - sul quale era stata posizionata una  batteria antiaerea.

  Pochi giorni dopo la morte, la salma fu traslata a Pisa a cura dei genitori e, dapprima sepolta da sola,  poi trasferita in una tomba di famiglia la quale però da lungo tempo viene riferito sia tendenzialmente abbandonata.  La morte del giovane probabilmente aveva creato una delicata situazione in famiglia perché subito dopo risulta che  l’opificio fu chiuso.

   L’eroismo fu ricompensato con una medaglia  d’argento al V.Militare, e poi con la nomina di una strada, perché la morte avvenne nel coraggioso tentativo di soccorrere un’altra vittima di una precedente esplosione.

   Notizie della sua casata, fanno riferimento ad una famiglia benestante che aveva lavoro nel campo tessile (lanificio) ed aveva concesso al giovane – unicogenito - gli studi superiori (e forse la laurea – visto il grado di ufficiale, il primo più basso della carriera militare) quando fu chiamato alle armi nelle ultime leve del periodo bellico (quindi giovanissimo e senza particolari esperienze in merito) ed inviato al corso allievi ufficiali.   

 

   Essendo di famiglia pisana, forse questa traslazione ha contribuito a disperdere i dettagli della figura di questa persona ed a fare in maniera che alcune informazioni anche ufficiali non fossero del tutto corrette. Lo stesso Esercito non ritrova documentazione dell’attività di queste Compagnie di bonifica e dei campi minati stessi, in particolare qelli genovesi. Cosi che le informazioni sono lacunose e ricche di incertezze. 

 

  Tutte le installazioni contraeree erano munite di difese della postazione, composte da reticolati e posti di guardia (come tale,  erano sui nostri forti di Belvedere, Crocetta e Tenaglia).    Dopo l’8 settembre il servizio si scompose e già nell’estate del 44 queste installazioni vennero abbandonate recuperando i materiali e bonificando la zona.

Escluso il  sistema forti degli Erzelli (Casale Erzelli, Monte Croce e Monte Guano, realizzati nell'800) i quali non erano muniti solo di batterie antiaeree ma  erano inseriti nelle opere fisse che facevano parte della Linea di Arresto antisbarco del fronte a mare (per quello scopo erano stati organizzati a caposaldo, cioè in grado di autoproteggersi con campo minato attorno e predisposti a concorrere alla difesa dei settori adiacenti): in quella data vennero occupati dai tedeschi che vi rimasero sino a 26/27 aprile 1945: furono tra gli ultimi baluardi della loro difesa prima della resa ai partigiani.

 

   Un poco più nota è stata l’opera di questi uomini coraggiosi, in porto. Prima di concedere la resa, i tedeschi avevano cercato di rendere inutilizzabile il porto agli avversari facendo brillare una mina sulla diga antistante l’idroscalo, aprendo così una falla della larghezza di 86m.; e praticando ogni 20m. un fornello, atto a riceverne altre (286 mine in tutto, che per fortuna non furono fatte brillare); nonché seminando il porto con 139 mine magnetiche ed acustiche di fondo (73 dentro il bacino, nascoste tra i relitti di 338 navi affondate, le altre alle entrate).    La rimozione degli ordigni immersi e nascosti nel fango, fu iniziata dalla “Royal Navy”, a cui causò la perdita di 25 soldati inglesi- ai primi undici di essi, fu dedicata una lapide a ricordo, affissa alla testata del Ponte Etiopia- e 4 italiani; proseguita poi dalla Marina Italiana che in tre mesi completò il disinnesco degli ordigni micidiali; ma solo nel 1949, almeno dentro il porto, si ebbe la pressoché certezza della bonifica.

 

BIBLIOGRAFIA.                                  

-Archivio Storico Comunale - Toponomastica – scheda 2730

-Autore non conosciuto-Guida del porto di Genova-Pagano 1954-pag.55

-AA.VV.-Contributo di SPdA alla Resistenza-PCGG 1997-pag.119

-AA.VV.-Stradario del Comune di Genova 1953-pag.111

-Pagano/1961-pag..443  + .quadro78  

-Pastorino&Vigliero-Dizion.strade di Genova-Tolozzi 1985-pag.1162