MIANI                                               via Giovanni Miani

 

 

TARGA San Pier d’Arena – via - Giovanni Miani – esploratore – 1810-1872

 

                                                              

 

angolo con via W.Fillak

 

QUARTIERE ANTICO: San Martino

 da Matteo Vinzoni, 1757. La zona è deserta: il giallo via Curro; celeste chiesa ed oratorio di s.Marino; fucsia via Vicenza; rosso ipotetica posizione di via del Chiusone.

N° IMMATRICOLAZIONE:   2802     CATEGORIA:  3

                  

da Pagano 1961                                                                 da Google Earth 2007

CODICE INFORMATICO DELLA STRADA - n°:   38340

UNITÀ URBANISTICA: 24 - CAMPASSO

CAP:   16151

PARROCCHIA:   san Giovanni Bosco e san Gaetano.

  

STRUTTURA:   da via W.Fillak, verso ponente; chiusa dopo cento metri di percorso. Ovviamente, consentito il traffico veicolare nei due sensi anche se nella pratica, con veicoli posteggiati ai due lati, resta nel centro una sola corsia.

È lateralizzata due fila di lunghi caseggiati popolari, senza terrazzi, senza ascensori, scale strette, vani piccoli

      È servita dall’acquedotto DeFerrari Galliera.

 

CIVICI  NERI= da 1 a 5     e da 2 a 8 (compreso 4a)

              ROSSI= da 1 a 23 (compreso 3a escluso 21)     e da 2 a 14 (escluso 12).

   Nel Pagano/40 via da via delle Corporazioni, a chiusa.  Nei civv. rossi ospita  2r latteria,  5r commestib.+ carbone e legna, 9r commestib., 10r officina di Soletta Dante.

   Nel 1989, per cambio destinazione  d’uso,  il 12 rosso divenne il portone del civ. 4A.

   Nell’anno 2003 nessun negozio si apre su questa strada

 

STORIA: il 3 dic.1900, un regio Commissario propone alla giunta comunale cittadina, nell’ambito di un censimento delle strade cittadine, di dare il nome di “via Milano” ad una strada laterale di via Umberto I (via W.Fillak) fino ad allora volgarmente  detta “via Bagnasco” (molto probabilmente dal nome dell’impresario costruttore delle case adiacenti).

   Così era ancora nel 1910, con civici sino all’8 ed al 5; e tale ancora nel 1933, di 5.a categoria e con identici civici.

   Il cambio di denominazione con l’attuale pioniere degli esploratori italiani in Africa, avvenne per delibera del Podestà del 19 agosto 1935 (quando l’attuale via W.Fillak era ancora ‘via delle Corporazioni’).

DEDICATA All’esploratore, nato a Rovigo il 19 marzo 1810 (Wikipedia scrive 17) da famiglia di modeste condizioni sociali.

                    

Busto di Giovanni Miani conservato

nell'Accad. dei Concordi, Rovigo.

 

Fu educato a Venezia in virtù di un sussidio donatogli da un patrizio locale avendo il ragazzo dimostrato vivaci capacità intellettuali anche se di carattere impetuoso ed eclettico, bravo nei terreni del patrizio (come tcnico agrario) e negli studi. Dei quali ultimi, dapprima attirato da quelli artistici (per cui  fu avviato all’Accademia delle Belle Arti in disegno ed intaglio), ed alla musica che studiò con particolare attenzione, sia come baritono e sia arrivando a comporre anche un’opera ed una ‘storia della musica’.

La passione di viaggiare, iniziò andando a Costantinopoli, da dove rientrò per accorrere quale volontario nelle truppe del ‘corpo Franco-Romano’ difensore dell’epico tentativo -1849- di instaurare la repubblica di san Marco contro gli austriaci (leggi Manin). Sconfitti anche dalla fame, dal governo austriaco fu costretto ad emigrare (Francia, Spagna, Grecia, Turchia (Smirne)).

Queste migrazioni fecero prevalere il covato desiderio di viaggiare in terre inesplorate, e scoprire il mondo; cosicché soggiornando in Spagna, fu uno dei primi a concepire il piano per una spedizione dall’ Egitto all’Uganda, mirata a scoprire le sorgenti del fiume Nilo. Nel 1858 lo presentò alla Società Geografica di Parigi, ed ottenne l’assenso dell’imperatore francese Francesco III e del viceré d’Egitto. Così, finanziata l’impresa ed acquisito carattere scientifico ufficiale nel mag.1859, partì l’anno dopo dal Cairo verso Khartum (Sudan, città posta alla confluenza tra Nilo Bianco e Azzurro) e da qui a Gondokoro ove arrivò agli inizi del 1860 malgrado il gruppo fosse decimato da defezioni, da controversie tra i componenti stranieri, da malattie e ostilità di alcune tribù ancora non sottomesse dal governo egiziano.

Da qui, finalmente sorretto da un reparto di truppa nubiana  di per sé più anelante di vendicare un eccidio subito dai Liria che proteggerlo, risalì via terra il fiume superando le cateratte Makedo in territorio mai scoperto da un europeo fino ad un centinaio di chilometri dal lago Alberto. A questo punto, la truppa armata lo abbandonò rientrando; ciò malgrado, riuscì ancora a proseguire sino al territorio dei Galuffi e a risalire il Nilo Bianco. Qui giunto, le errate indicazioni degli indigeni lo portarono, lungo un grosso ramo a ponente del corso principale, le cui acque – seppur hanno flusso continuo e costante in ogni stagione- sono solo tributarie; arrivando quindi a meno di 60 km dalla meta ma a conclusioni scorrette.  Prima di tornare disegnò una mappa del bacino del fiume per la Società Geografica Francese e lasciò un vistoso segno su un albero, riconosciuto da successori esploratori a dimostrazione della veridicità delle sue descrizioni e divenuto punto di riferimento delle carte per le successive missioni.                                                                                                   

   Nel 1861 ritentò, ma riuscì ad arrivare solo sino a Khartum.

   Dopo le due missioni tornò in Italia nel 1863 ricco di onori, di materiale scientifico assai interessante e di pregio, collezionato nel museo veneziano di Scienze Naturali e di notizie geografiche.  Fu anche il primo esploratore che dimostrò l’esistenza dei pigmei, riuscendo a portarsi dietro - fino in Italia - alcuni componenti della misteriosa tribù degli Akka.


   Entrò in vivace polemica con l’inglese Speke che, invece, correttamente aveva indicato nel lago Vittoria il vero punto di inizio del fiume.

   Nel 1867 rientrò in Sudan, stabilendosi a Khartoum, incaricato dal Khedivé quale direttore del museo zoologico locale.                                                   

   Entusiasmato da ritrovamenti fatti dal collega tedesco Schweinfurth nella zona del Mombuttu, nel 1871 organizzò una nuova spedizione per arrivarvi con nuovo itinerario. Partito da Khartoum, risalì il fiume Kazal col fine di giungere nell’alto Zaire (Congo). La sorte gli fu nuovamente avversa nella scelta dei collaboratori, perché fu abbandonato dai portatori assunti da chi gli era stato aggregato dal governo egiziano; e perché gran parte delle scorte e del materiale scientifico andò perduto per un incendio; ciò malgrado,  seppur in miserevoli condizioni fisiche riuscì a superare lo spartiacque Nilo–Congo, Gaba Sciambil e Bakka, arrivando sino a Nangazizi, residenza del re Munsa (o Mbunza) della tribù dei Ndoruma nel maggio 1872 che lo accolse con benevolenza e curiosità. Proseguendo oltre ed inoltrandosi seguendo una strada impossibile nell’impervia, lussureggiante ed intricata foresta equatoriale, per paura venne abbandonato dall’ultima scorta, costringendolo a tornare da solo fino alle terre del su detto sultano Munsa, dove morì di stenti nel novembre 1872.  La notizia della sua morte arriverà in Italia solo nel novembre 1873.    La sua tomba fu ritrovata a Nangazizi, solo nove anni dopo dall’esploratore Casati, guidato dagli indigeni sulle tracce del ‘Leone bianco’, soprannome con cui era conosciuto da loro; e poi confermata definitivamente nel 1929 da Cipriani.

   Su alcuni pezzettini di carta ultimi rimastigli lasciò scritto “sono affranto da dolori al petto…ho fatto scavare una fossa per seppellirmi: e i miei servi mi baciano le mani dicendomi ‘dio voglia che tu non muoia’… addio belle speranze... addio Italia per la cui libertà ho anche combattuto:…vi sono compensi a tanti patimenti?”

   Aveva scritto un libro di memorie “Spedizione verso le sorgenti del Nilo”; ricco di rilievi e di relazioni scientifiche. In memoria e onore, lo scultore Virgilio Milani realizzerà la statua marmorea.

 

BIBLIOGRAFIA

-Archivio Storico Comunale - Toponomastica , scheda 2764

-AA.VV.-Annuario guida Archidiocesi di Ge.-ed.94-p.418;ed.02-p.456

-Enciclopedia Motta

-Enciclopedia Sonzogno  

-Genova- rivista municipale- 2/39.17foto

-Internet Google

-Lamponi M.- Sampierdarena – LibroPiù. 2002- pag.137

-Novella P.-Strade di Genova-manoscritto bibl.Berio.1930-pag.18

-Pastorino.Vigliero-Dizionario delle strade di Genova-Tolozzi.’85-p.1174

-Poleggi Ennio &C.-Atlante di Genova-Marsilio.1995-tav.9