MARTINETTI                                      corso Luigi Andrea Martinetti

 

 

TARGHE:-

Corso – Luigi Andrea Martinetti – caduto per la Libertà – 1922-1944 – già corso dei Colli

Corso – Luigi Andrea Martinetti – caduto per la Libertà – 1922 -9.9.1944

S.Pier d’Arena – 2798 - corso-Luigi A. Martinetti - caduto per la Libertà - 1922-1944

 

                                                    

in corrispondenza di via Vasco da Gama

 

palazzo dei Pagliacci

angolo con corso Belvedere

 

nella ex piazza Gandolfi

confine con via alla Porta degli Angeli

 

QUARTIERE ANTICO: Mercato - Promontorio

 da MVinzoni, 1757. Riquadro dove si svilupperà la strada. In verde il tratto iniziale e finale di corso LMMartinetti; fucsia salita VBersezio; rosso, inizio attuale di salita Belvedere.

 

N° IMMATRICOLAZIONE:   2798       categoria 1 da v.Cantore a sal.Belvedere

                                                                                      categoria  2 da sal.Belvedere al sommo

 

inizio strada da via A.Cantore                    da incrocio con via V da Gama                                                   

da Pagano 1967-8

 

CODICE INFORMATICO DELLA STRADA - n°   37120

UNITÀ URBANISTICA: 25 – SAN GAETANO

                                           27 – BELVEDERE

                                           28 – s.BARTOLOMEO

da Google Earth 2007

CAP:   16149

PARROCCHIA:   ss.Sacramento – escluso: (il 23A, 41, 41A)= Cristo Re -– (dal 74 al 140 e dall’87 al 117)= Belvedere—(dal 119 al 145)= Promontorio

STRUTTURA: da via A.Cantore, a via Porta degli Angeli; senso unico all’inizio per cento metri, poi tutta a doppio senso veicolare  sino alla fine.

    

   È lunga 1857m; larga circa 7m; raggiunge una pendenza del 12%; possiede alcuni tornanti ripetutamente collegati dalla lunga scalinata Belvedere e strettoie dove costantemente si ingorgano gli automezzi; comunque tutto il tragitto perennemente ai limiti dell’ingolfamento causa necessità personali di posteggio in doppia fila malgrado un grosso provvidenziale autosilos, destinato però in gran parte a box privati.

 

il tetto dell’autosilos

   Durante l’erta salita, si distaccano numerose appendici omonime che salgono a costruzioni arretrate rispetto l’asse viario, e - con titolazione propria – solo le  vie Cairoli, Farini, Vasco da Gama, Cevasco e Promontorio.  

STORIA: La carta del  Vinzoni è la prima a guidarci nella ricostruzione. Prima dell’apertura di via Cantore, la strada iniziava all’angolo tra via sant’Antonio(via N.Daste) a levante e via Mercato a ponente. In prosecuzione verso il monte di via della Cella, da questo incrocio continuava chiamandosi “salita Belvederee portava alle ville Lomellini-Boccardo (scomparsa), Grimaldi (Carabinieri)  e Doria  (Ist.Don Daste)-. È con questo suo primo nome che è  conosciuta nel Regio Decreto del 1875.

    Nei primi anni del 1900, venne aperto un percorso stradale che, iniziando subito dopo la villa dei Grimaldi, fiancheggiando e sovrapponendosi al lungo fondo valle ed il torrente che vi scorreva (coperto), ebbe cambiato nome in “corso dei Colli”. 

Era in supporto all’unica angusta stradina di accesso al nuovo Cimitero che l’amministrazione aveva scelto fosse aperto alla Castagna. Il percorso venne gradualmente allargato, via via  comperando dai privati e permutando terreni limitrofi; e solo nel 1930, da Coronata al cimitero, nacque un servizio pubblico con  un ’autobus’,  gestito prima dalla soc.accom. Pittaluga &C., rilevata poi nel 1928-VI dal sig. Morgante Antonio, iniziando con due vetture alle quali erano state sostituite le gomme piene con pneumatici, applicati illuminazione e segnali elettrici e previo programma approvato dalll’on. Circolo Ferroviario di Genova. Ad ottobre, un terzo bus più moderno era costato 85mila lire. Ma l’azienda andò in passivo (viaggi incompleti, personale, diminuzione oraro apertura Cimitero, pochi abitanti le alture) e nel genn/29 dovette chiedere un sussidio di 100mila lire all’on. Superiorità (Podestà) del Comune locale. La nota spese comprendeva assicurazioni, 2 chaffeurs e 2 bigliettari, benzina-gomme-ricambi ed olio, marche da bollo, meccanico e dirigente).

   Contemporanea all’apertura della nuova via A.Cantore (che tagliando perpendicolarmente il tratto iniziale, lo tranciò ed anche accorciò –perché va detratto anche il pezzettino di sbocco in via NDaste), con delibera del podestà del 19 ago.1935 venne intitolato  corso Dante Alighieri (38.57+109 non riconosce questo passaggio e, da corso dei Colli va direttamente a corso L.Martinetti) e la salita Belvedere fu fatta iniziare dalla chiesa di s.Pietro. 

Nel 1955 fu definito il passaggio a via della Cella, del trattino rimasto a mare, avendo unicamente civici rossi.

Infine -dopo la guerra- con delibera della Giunta Comunale, dal 14 mar.1946 fu dedicata al partigiano concittadino.

Nel 1961 si diede il via, per una ventina d’anni a seguire, ad una selvaggia ed ossessiva forma di costruzione nel tratto medio-alto: ogni minimo spazio veniva usato e sfruttato per erigere case senza il minimo interesse ai beni sociali di spazio, posteggi, verde, servizi e costringendo la popolazione ad uno snervante continuo logoramento e scontro di sopportazione. Sarebbe continuato, se dopo vent’anni una rivolta popolare di pochi ma esasperati abitanti, con infuocate assemblee pubbliche e proteste plateali riuscì a dare freno a questo smodato ed insensato sfruttamento ; ancora nel 1979 si elencavano tutti i disagi della lunga strada, dai posteggi al verde, dai servizi allo spazio per l’asilo, dalle strettoie che dimezzano la carreggiata all’illuminazione.

   Ultimo insediamento edile fu nel 1982, per il complesso chiamato ‘residenza al sole’; dapprima  bloccato dal TAR ma poi sbloccato dal Consiglio di Stato; sfruttando alcune scorrettezze costruttive, con lunghe ‘trattative’ si ottenne il parco retrostante e l’utilizzo di un appartamento a scopi sociali .

 

CIVICI 2007

UU25 = solo pari =  neri da 4 a 12  ;   rossi  da 8r a 26r

UU27 = NERI   =  da 1 a 145   compresi 3A, 23AB, 41A, 77G, 83A, 143A.

 (tra parentesi, mancano)                          mancano  17, 31, 35, 43→47, 63, 65, 91→105, 131→137

                          = da 14 a 144  compresi 34A→F, 80(A)B, 94A, 96A, 98A, 100AB(C)D

                                                                  mancano 16, 20, 46. 48, 60, 70, 72. 

             ROSSI = da 3r a 315r compresi 121ABC, 123ABC, 125AB, 141(AB)C, 167(A)B, 199A→D, 201A→O, 203A→M, 251A, 259A, 279AB, 281A→(L)M  

                                                  mancano 511, 127137, 205, 239, 2479, 265, 2717, 283, 309.

                          = da 28r a 206r  compresi 36(A→F)G→(N)R, 40AO, 52A, 134(AB)C(D)F, 144A, 150(A)BF, 152AB(C)D, 156A, 164(A→G)H, 166A, 170AQ, 172AZ, 174AF, 176AZ, 178ABC, 180A(B)C. 

                                                                        mancano 72, 102, 104, 118, 158→164, 186→198

UU28 = NERI   = 147 e 149

              ROSSI = il 317r

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RIASSUMENDO

NERI                                 da   1 a 145=UU27;  da 147 a 149=UU28

             da 4 a 12=UU25; da 14 a 144= UU27

ROSSI da 8 a 26=UU25;  da 28 a 206=UU27; 

                                            da 3 a 315=UU27 ;             il 317=UU28  

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===civ.2:   posto nell’angolo a ponente tra il Corso dei Colli e via Mercato (via N.Daste) non esiste più; c’era fino a quando il taglio di via A.Cantore e la ricostruzione dell’edificio -ora aperto sul grande asse principale- cambiarono la fisionomia del tratto iniziale della strada. Pensiamo senza certezza che sia appartenuto ad un edificio esistito nel punto per pochi anni, di proprietà Vincenzo Chiarella. Approvato nel genn.1913, fu un padiglione cinematografico arredato col vistoso stile dei padiglioni espositivi dell’epoca:


lo stemma cittadino all’apice di un arco arricchito massicciamente e spettacolarmente da disegni esotici ed anche un po' africaneggianti (recenti imprese coloniali), adatti per richiamo ad un locale pubblico.

A destra della foto, completato, il civ.40 con portici, prima di via della Cella appare una casa, forse il civ.2


===civ.4:  il primo edificio della strada posto all’angolo a ponente con via A.Cantore, già sul terreno di levante del giardino della soprastante villa Doria (oggi Istituto don .Daste;  della cui rimane un muraglione nel retro del civ. 47 di v.A.Cantore facente parte della limitazione ad ovest dei giardini stessi e dove nel 1910 passava la parte est della pista ciclabile), è detto comunemente “il palazzo delle anfore”, anche se esse, sei di numero, solennemente poste sul tetto all’atto della costruzione, non ci sono più perché furono rimosse durante la guerra del 1940 -per motivi di sicurezza- e mai più riposte in sito (evidentemente distrutte essendo impossibile trasferirle).

Sorto nel 1930, prima dell’apertura di via A.Cantore (1935), ad opera di una cooperativa popolare chiamata “La Ligure Edilizia” gestita dagli Stura (essi a lungo ebbero gli uffici nell’ammezzato del palazzo), affidata all’”impresa M°.Cazzulo & figlio”. La facciata fu decorata con stile post-liberty:  grossi mascheroni, e affreschi nella parte centrale riproducenti il disegno di grossi mattoni (ma ora scomparso dopo la ristrutturazione del 1970) e volute floreali tipiche di quello stile.

   Essendo posto all’inizio della lunga strada ormai tutta asfaltata sino all’apice, nei casi di piogge torrentizie è sede di irrimediabile allagamento dei fondi, con gravi danni ai materiali depositati (del calzaturificio Maiolino; del bar Liz di Cecere posto di fronte ma con magazzini nei fondi; dei privati che non possono più usufruire dei locali).

   Nel 1950 all’int.1 aveva sede la sottosezione locale del ‘Centro Alpinistico Italiano.

   All’interno 10, negli anni 1990 aveva domicilio il giornalista Renzo Fravega

conosciuto e stimato nella piccola città perché curatore sul Secolo di numerosi articoli ‘amarcord’ della delegazione, con citazione di luogi, persone ed avvenimenti delle prime decadi del secolo. Nato il 13 dic. 1912, aveva iniziato a mandare relazioni al giornale da Ventimiglia ove lavorava alle Poste; tornato a Spda dopo la guerra, sposo della proprietaria della libreria Eusi ebbe una figlia; fece il corrispondente (notizie raccolte girando ospedale, carabinieri, polizia, pretura, parlando e chiedendo alla gente) della delegazione di varie testate Corriere della Liguria, Gazzetta dello Sport, il Piccolo, Gazzettino Sampierdarenese; partecipe della nascita della squadra di calci Sampdoria; dopo 60 anni di iscrizione all’Albo e collaborazione anche col Gazzettino, fu premiato nel giu 2002;  morì a villa Scassi per motivi cardiaci il 13 nov. 2003.

 Nel 2007-2012 l’interno 3 al primo piano/ammezzato è occupato da professionisti -compreso la portineria – di un Centro di estetica.

===civ. 6: la costruzione appare datata del 1927.

===civ. 7: in una carta del 1924 riproducente solo l’ala posta sotto la proprietà dei rr.Carabinieri, appare la scritta ‘casa Moro’.

===civ. 9:   Villa GRIMALDI, ora Stazione dei Carabinieri

   Dalla carta vinzoniana, si rileva che il terreno risaliva verso monte di oltre 50m circa dalla villa stessa, mentre a mare scendeva sino alla strada principale via sant’Antonio (via N.Daste) ed era il corso della salita Belvedere che la separava dalla confinante proprietà della villa Doria-DeMari (oggi Ist. don Daste).  Dove in via A.Cantore sono il civ.39 nell’angolo est con la nostra strada, e di fronte il civ. 40,  era tutto giardino degradante, di pertinenza della villa.

Questo terreno era trattato a giardino nella parte alta anteriore all’edificio (dove è un parcheggio asfaltato per le auto), ed a orti e vigneti nella parte bassa .

    Di questa villa, non esistono fonti storiche antecedenti al 1757, anno in cui sulla carta del Vinzoni viene descritta la proprietà -allora di Agostino Grimaldi, e dei suoi fratelli : la casata aveva costruito nel borgo numerosi altri caseggiati.

    La struttura permette giudicare la costruzione risalente al ‘600.

    Negli ultimi anni del 1800 divenne proprietà di Moro, che in tempi successivi la rivendette alla Provincia.

   Dal 1939 è sede della Stazione caserma dei Carabinieri (una fonte raccolta dal Gazzettino S, segnala che in data 14 dic.1817 il consiglio comunale locale approva la spesa per l’accasermamento della Brigata dei reali Carabinieri, venuta a stazione a San Pier d’Arena, in -allora- corso Belvedere. L’Arma, fu però ufficialmente costituita il 14.1.1861 con la costituzione del regno d’Italia e denominata Arma dei Reali Carabinieri (a questi militari ed alla loro bandiera, nel tempo  furono assegnate 2 medaglie d’oro, 2 d’argento, 4 di bronzo, 2 croci al valor militare, una di cavaliere dell’ordine militare).

 Subito dopo l’ultima guerra alla Liberazione, la villa fu occupata dalla polizia partigiana della brigata Balilla.

   Architettonicamente l’edificio appartiene allo stile locale tradizionale, con un volume rettangolare (a cui fu aggiunto -in epoche subito successive- un corpo ad ala, seguente il corso dei Colli, quale oggi ancora appare, inglobante la torre).

   L’ingresso principale è rivolto a sud, con un  portico affiancato da due grandi  colonne che fanno da base ad un terrazzino centrale corrispondente al salone del piano nobile. All’interno, solo il gran salone del primo piano appare ancora affrescato sulla volta.

In una sala – come nelle foto sotto - è ripetuto sulla volta uno stemma: ricerche non concluse positivamente sul suo significato concedono pensare alla coincidenza della famiglia Moro, con il moro contenuto in esso; non essendo famiglia di nobili, l’elmo piumato soprastante giustificherebbe la qualità di semplici ‘cavalieri’ (titolo onorifico in epoca assi gradito e qualificante).

   Le ristrutturazioni successive applicate nei primi anni del 1800, hanno modificato in maniera sostanziale le strutture originali -specie quelle esterne-.

   Non specificato da quando, l’edificio è vincolato e tutelato dalla Soprintendenza per i beni architettonici.

   Essendo caserma, e quindi territorio militare, è difficile visitarla. Gli appartamenti privati del Comandante e del vice, sono affrescati nei soffitti con

disegni dai toni vivaci ma di più recente produzione rispetto l’età della villa, possedendo cartigli che sembrano avere riferimento all’Arma stessa.

 

                                                                

cinque immagini di soffitto di un salone, con decorazione centrale e marginale

  

stemma                                “a forti membra ardito cor s’accoppia”

              

soffitto di una sala                                                 soffitto di altra sala

 

  L’Arma   Se è chiaro il compito di sempre, che mette l’Arma in condizione di assoluta chiarezza d’intenti in qualsiasi epoca, difficile fu l’applicazione solo quando in piena guerra mondiale il governo della RSI non era condiviso da tanta parte della popolazione e di converso, l’Arma era considerata inaffidabile dai gerarchi tedeschi perché –unica in Italia- aveva giurato fedeltà solo al re e non al governo (o statuto), quindi con doppia faccia: da  un lato apparente collaborazione, dall’altra più profondamente radicata antifascista, aperta ai liberal-massoni ed ostili ai tedeschi (tipo perquisizioni superficiali, avvertimento degli inquisiti, introduzione di interpreti-spie, pattuglie disinteressate alla propaganda comunista, ecc.). Dopo l’8 settembre, per ordine di Hitler stesso, furono ‘sciolti’ in quanto inquadrati nell’esercito della GNR     (dovendo così rigiurare fedeltà alla repubblica RSI; in sostanza erano incolpati di ‘tradimento’ avendo il ‘reuccio vigliacco’ venduto la patria al nemico; e ciò poteva significare, per  molti, l’invio in Germania).  Questo ingrato compito toccò al comandante della compagnia locale il maggiore Raffaele Vitali che riuscì a mantenere l’onore dell’impegno pur dovendo essere fedele al questore di un governo non democratico (furono i suoi uomini che arrestarono nel dic.1943 alcuni operai trovati armati; questi ultimi, giudicati dal Tribunale militare, furono fucilati).

La serietà con la quale prestano servizio, l’impegno svolto spesso col sacrificio della vita, senza fare classifiche,  hanno creato nella popolazione nazionale una stima e simpatia rispetto tutte le altre armi che svolgono lo stesso ruolo ma malvisto per tradizione popolare: polizia e guardia di finanza, e gli stessi municipali.

Vale la spesa spendere due righe che confermare la non corrispondenza con i ‘carabinieri garibaldini’ (vedi a Mosto), leggendari volontari al seguito del generale, tra i quali molti sampierdarenesi furono attivi e generosi combattenti e le cui epiche gesta continuarono fino al 1871 in Francia. La loro carabina, moderna nel 1859, divenne obsoleta e superata  dopo appena sei anni; ma fu poco più di un lustro che cambiò le sorti di numerose battaglie e del destino dell’intera Nazione.

 

Il grosso caseggiato, nella parte a levante possiede una torre di difesa o avvistamento, a corpo quadrato, scoperta a terrazza, con muri assai spessi, tozza perché appare mutilata in altezza.

   Nel giu/2003 il Secolo XIX segnalava la morosità dell’Arma nei confronti della Provincia che risulta proprietaria per statuto dello stabile. L’affitto ammonterebbe a poco più di 150mila euro all’anno; fu subito saldato.

===civ. 11r  uno dei tre  ‘circolo ARCI’ (altri in via Daste 3, e vico Stallo 9r)

===civ. 13 nel 1950 vi lavoravano Conte Cesare, ditta con macchinari ed attrezzature di stampa e lavorazione della latta, e al 13r le cantine Morino S.

===civv. 19-21-23 sono del 1910; l’ultimo appare come unito dopo agli altri due, perché la facciata è diversa salvo i poggioli che sono eguali .

===civ. 24r  nel 1950 il bar era di Fasano E.

 

Prima rientranza di corso Martinetti:           Il palazzo a destra è l’ultimo di via N.Ronco; solo un                         

Sullo sfondo la costruzione delle suore                 antico muretto separa le due strade.A fianco ed a destra del                          

Pietrine abbattuto nel 2010. A sin. via Ronco           muro, la scaletta che comunica con salita Inf. S.Rosa

 

 

                  decorazioni floreali stile liberty

 

===civ. 25r.: vecchia fabbrica di manifattura latta-cromo-litografia, di proprietà Bozzolo & C. Nel 1924 compare la domanda di Bozzolo di costruire in  corso D.Alighieri, su terreno di sua proprietà (a monte della proprietà dei  rr.Carabinieri), uno stabilimento (disegnato dall’ing. Casanova Angelo) per lavorare la latta e cromolitografia. Lo stabilimento era aperto ancora nel 1950 anche sulla sottostante via Nino Ronco (la quale però non si apre nella strada principale perché privata e ne è separato da un antico muro). Per ora, sett.’99, è chiusa e vuota; nel 2004 si parla di ristrutturazione. Nel 2007 tutto il fabbricato è stato ristrutturato ad appartamenti, con ingresso principale in via N.Ronco. Nella carta del 1924, l’edificio che segue salendo è definito ‘casa Roncagliolo’; a valle della costruenda casa scorre il rio Belvedere.

 

                          

                      

=== con l’apertura del nuovo ospedale di villa Scassi (1915), a cui si accedeva solo da via E.DeAmicis (via Balbi Piovera), apparve necessario sia un collegamento anche con questo asse stradale oltre a proseguire per la cosiddetta Quota 40. I malati, ancor nel 1920 erano trasportati su un carrettino trainato da un asinello, di proprietà dell’ospedale; solo nel 1923 si ebbe un carro trainato da un cavallo che resistette sino all’acquisto del primo automezzo nel nov.1926. La strada fu affidata alla stessa ditta che costruì l’ospedale (ditta Carena); ma la realizzazione funzionale si verificò parecchi anni dopo, per motivi che non conosco.  A questa deviazione fu data titolazione propria di via Vasco da Gama.

===civ. 31 demolito nel 1957

===civ. 34a, 37, 39 nuovi nel 1957; il 34b nel 1963 ;   il 34c nel 1959 ;  il 34d  nel 1961 ; il 34e del 1964 ; il 34f del 1971 ;

===civ. 35  fu demolito nel 1969

===civ. 41 fu demolito e ricostruito nel 1968 ; il 41a assegnato a nuova casa nel 1969 ; il 43 fu demolito nel 1988 

===civv. 42, 44   nuove costruzioni del 1957 ; il 46 del 1966 ; il 48 del 1963 ; i 48 a,b,c del 1965 (quelli sottolineati, nel 1967 passarono a via F.Cevasco);

===civv. 50-52 molto probabilmente sopraelevato in tempi successivi all’edificazione che dallo stile risale agli anni 1915-25. Ha due scale separate, in unico palazzo esternamente decorato sulla facciata anteriore: quattro finestre per parte ed una quinta centrale disegnata; decorazioni a rilievo sopra e sotto le finestre

===civ. 51:  c’era, descritta come palazzina a due piani comunemente detta ‘palazzo della musica’, ove furono ospitati, in otto vani e per vent’anni, i ragazzi orfani o abbandonati curati dal patronato locale di san Vincenzo dè Paoli, prima del trasferimento a Belvedere. Demolita, fu rifatta nel 1958.

             

palazzo della musica; nello striscione bianco

è scritto “Patronato San Vincenzo de’ Paoli”

===civv. 52a, nuovo nel 1960; i 54,56,58 furono assegnati a nuove costruzioni nel 1955.

                                                                                         

      


===civ. 53 demolito e ricostruito. Un vasto autosilos per auto  fu proposto nel 1981, iniziato nel ’84, finito nel ’89, completato nel 1993, dietro alla casa dei Pagliacci (inizialmente si pensò comprendesse anche l’antico palazzo, ma venne poi il vincolo del Ministero dei beni culturali che ne bloccò la demolizione: già svuotato degli abitanti, le transenne  ed  impalcature  già montate furono rimosse e per un certo tempo il palazzo rimase abbandonato a se stesso);

un’area di 1870 mq per un edificio lungo 108m e largo 17,2; i box però, venduti a privati, elusero in buona parte il desiderio del comitato locale che aveva accettato l’ennesima costruzione e furto di verde pur di poter sfoltire il problema posteggi che assilla la strada.

   Sul tetto -progettato come ‘onere di urbanizzazione’ nel 1986 (ovvero prezzo da pagare, a favore del quartiere, sulla base di una delibera del CC del lug.93 che prevedeva ristrutturare ad uso residenziale il palazzo dei Pagliacci e creare strutture sportive non intaccando il verde pubblico, vista mare e circondato da un briciolo di verde residuo)- in un’area di 3500 mq, dal 1995 fu approntato dalla soc. costruttrice Agopa srl  un centro polisportivo suddiviso in due  livelli colorati vivacemente per renderli più gradevoli; nella parte  superiore vediamo una pista di pattinaggio, un campo da calcetto in erba sintetica ed una palestra per ginnastica e salto in alto; nella parte sottolivellata di pochi scalini, un campo sportivo con 4 piste diversamente colorate,  di 100m , pedana e buca per salto in lungo e triplo –. Completati dal Comune, dal Coni, dal quartiere, con l’aiuto dei volontari soci, furono assegnati in gestione all’”Atletica don Bosco” nell’ott.1999 , compreso l’utilizzo da parte delle scuole locali . All’inizio la convenzione tra Comune e società costruttrice prevedeva sul tetto una sistemazione a ‘verde pensile pubblico’ : la scelta, risultata impraticabile, fu variata e dopo le solite diatribe durate anni, ricomposta. L’anno dopo, l’impianto fu affidato in gestione alla ‘soc. Universale Alba Docilia’ presidente Priarone Alberto, il quale ha fatto arricchire (aiutato dal Comune e Circoscrizione) l’impianto con riscaldamento a pannelli solari ed una copertura parziale della pista per ripararla dal vento ed intemperie. Viene utilizzato nel pomeriggio da giovani atleti della società, da studenti del liceo Fermi e della facoltà di scienze motorie, da anziani per ginnastica della terza età, da scolari delle elementari per corsi di avviamento allo sport; ovviamente essendo all’aperto, d’inverso le attività sono ridotte. Nel 2005 la quindicenne Genesis Delgado con i colori della società ha vinto il primato italiano cadette di pentathlon (salto in alto e lungo, corsa di 80m e 600, giavellotto). Nel 2006 è scritto che la società, posta dell’impanto autosilos di corso Martinetti, gestita da DonBosco-Universale, paga al Comune quale canone annuo la somma di 974,08 euro.

  

 

===civ. 55 è il cosiddetto Palazzo dei Pagliacci, con la facciata architettonicamente in stile post-liberty (o secessionista), fu eretto  a metà del primo decennio del secolo XX, su disegno di un architetto rimasto sconosciuto, e nel credibile intendimento di un palazzo residenziale personalizzato, attento alla nuova urbanizzazione della piccola città.

   Viene descritto come “un unicum” – non solo per la collocazione come era allora in pressoché aperta campagna - ma anche quale uno dei più significativi esempi della storia del modernismo. Per il progetto iniziale - si presume di imprenditore privato - era moderno in quanto voleva distinguersi con evidente architettura secessionista dal primitivo stile liberty. Solo l’intensivo sviluppo costruttivo post bellico lo ha appiattito, soffocato e quasi  annullato.

L’intreccio tra le lesene verticali centrali – innalzate da centrali volute lineari centripete, che vanno a fare come una gassa ai due lati sotto le finestre del terzo piano; ed i festoni floreali ai lati del portone e simmetricamente  alla cornice sottotetto - e gli ampi cerchi apicali allargati ad onda; ricordano i disegni del padiglione San Pier d’Arena di Coppedé all’esposizione di Sempione  nel 1906.

   Incluso in un progetto che ne vedeva la demolizione a vantaggio di un autosilos, fu svuotato degli abitanti e preparato allo scopo, ma una lotta promossa da Italia Nostra, l’Assessorato comunale alla cultura e l’Istituto di storia dell’Arte dell’Università CdCircoscrizione riuscirono a far porre il vincolo così che dal 1984 è tutelato dalla Soprintendenza ai beni ambientali ed architettonici, confermato dal Ministero dei Beni culturali.-

   Tale tutela proponeva però un problema irrisolto: era un edificio non caratterizzato dal tradizionale concetto conservativo di un ‘monumento’ (come concretamente riconosciuto per edifici a risalire dall’’800 in giù), e seppur riconosciuto testimonianza di cultura ed architettura propria di un’epoca: a chi toccava l’onere della riqualificazione non essendo ancora entrato nella ‘storia’ ma essendo solo rappresentante di cultura recente?

   Rispondere al quesito, ha sempre tempi molto lunghi, sia per creare una ‘coscienza comune’ di un bene, sia per le casse degli enti pubblici.  Rimase così per anni, col portone ligneo dissestato e tenuto da una catena con lucchetto, le finestre  basse murate e quelle alte spalancate, aperte a tutte le intemperie e parassiti, i muri scrostati, senza colore, avvolti da rampicanti.

 

   

il primo palazzo a destra della foto seminascosto   -   il palazzo negli anni 1970    ed oggi (1999)

dall’albero, è quello dei Pagliacci   

 

   Ristrutturato nel 1996-7, è stato così fortunosamente sottratto ad una prevista demolizione, considerato lo stato di degrado a cui era arrivato .

   Ora però, ripulito e ristrutturato ad appartamenti, osservandolo bene non si può non accorgersi delle sue qualità che ne fanno un unico  in campo regionale  per la semplicità ed armoniosità dei motivi decorativi: rimessi in evidenza le  eleganti cornici orizzontali e leggeri riquadri fioriti; testimoniano una fase di passaggio stilistico dal liberty floreale a quello più geometricamente lineare (di cui abbiamo tanti esempi diffusi nella città), a graffito. Il nomignolo fu attribuito per la presenza di  figura di clown pitturata nel cerchio centrale all’apice, ora cancellata; Lamponi scrive di una improbabile “scena dell’omonima opera lirica dipinta sulla facciata”. Il palazzo fa da punto di riferimento topografico popolare alla zona .

===civ. 50r nel pagano 50 viene localizzata una osteria di Pilotti L.

===civv. 57 e 59  furono eretti nel 1919

===civv. 61 nuovo nel 1957;  il 66 nel 1961;  il 67 nel 1958; i 68,71 e 73 nuove costruzioni del 1956;  il 69 del 1965;  il 69a e 69b del 1968;   il 75 del 1959;  il 77 del 1964 ed il 77g del 1975 (controllare dal 77a al 77f?***); il 78 fu soppresso nel 1975 perché trasformato in autorimessa e riassegnato nel 1992 ad un interno del civ.80;  i 79, 81 del 1968;  l’ 83 del 1972 ed 83a del 1973;  gli 85, 87a, del nov.1953;  gli 86, 88 del 57;  i 90 e 92 del 1965;  i 94 e 94a, 96 e 96a del 1974; i 98 e 98a del 1978;   i 100, 100a e b  del 1983 mentre il 100d  è  dell’84;  i 102, 104, 106 del 1968; il 107 del 1966;  il 109 del  1968;  i 113, 115, 117 del 1961.

===civv. 62-64  appaiono costruzioni di struttura tipica degli inizi del 1900

retro a ponente del corso, visto dal terrazzo del civ. 34E

A sinistra in alto, l’Antoniano di sal.Belvedere; il palazzo

chiaro a destra è il retro del civ.... di corso Martinetti.

===civ. 68r **viene descritta l’esistenza di una ‘cappella di san Pier Giuliano Eymard’, asceta francescano vissuto 1811-1868, fondatore della congregazione dei sacerdoti del SS Sacramento, beatificato nel 1925.

===civ. 69 ospita al 99r le Poste e Telegrafi dal 1987.

===civ. 80: nel Pagano 1950 si descrive esserci stato un ‘Laboratorio Italiano di Chemioterapia’ non meglio specificato.

===civ  89: nella zona  dei ‘curvoni’ il caseggiato che delimita il primo tornante veniva chiamata ‘Garofalo’, probabilmente dal nome del costruttore o abitante. Eretto negli anni vicino al 1936-7, alla sua inaugurazione fu grande festa locale trattandosi di costruzione fuori dagli schemi tradizionali e vicina ai dettami della nuova arte fascista che si cercava di imporre.

                    

anni 1970  -  proprietà Gazzettino Sampierdarenese                                             

==civv.       Questa zona, e   probabilmente questi grossi caseggiati, negli anni 1920-30 costituivano un quartiere abitato da immigrati.

===civv.100A-100B sono due palazzi detti complesso ‘residenza al sole’ , gli ultimi eretti sulla strada, dall’impresa di Renzo Fossati nel 1982. Questi ottenne l’autorizzazione ai lavori dal Consiglio di Stato, che in precedenza il TAR aveva proibito. La lunga diatriba con i residenti sfociò in un compromesso in base al quale il costruttore poté alzare di un piano le costruzioni ed in cambio si impegnò di costruire i giardini a monte dei caseggiati per 12,200 mq più di cedere al Comune un locale di 250 mq   a piano terra per uso sociale.

         

foto 1980 circa – residenza del sole – foto proprietà del Gazzettino Sampierdarenese

 

===civ.176Nr: Vi è stata aperta, nell’ott.1993, la sede del Centro Auser-Genova  (‘Assoc. Naz. per l’autogestione dei servizi e la solidarietà’. Nata nel 1989 a livello nazionale sotto l’egida del sindacato pensionati Spi-Cgil, ebbe sede principale dapprima in piazza Acquaverde poi in via Balbi 29/5. Lo scopo  -da parte di volontari- è di favorire l’incontro, l’aggregazione e lavori socialmente utili da offrire alle fasce più deboli dei cittadini ovvero i vecchi, malati e bisognosi in genere. Impegnando attivamente la persona anziana, e facendola sentir parte di  una collettività (la filosofia del “rendere attive le persone”)  mira a far rinascere -laddove occorra- ed a mantenere lo spirito di vitalità dell’associato. Ben 10 sono le sedi sociali radicate nel territorio, raggiungendo i 3500 soci. Tra le attività gestite, ci sono un ‘servizio accompagnatori’ (musei, scuola bus, tutor d’area (nonni vigili), seminari culturali, conferenze, gite, attività sportive e di svago, proiezioni, ginnastica per la terza età, giochi);  il ‘Filo d’Argento’ (assistenza di soccorso morale e poi anche pratico via telefono: punti di ascolto al n° 010.24 88 122);  la ‘banca del tempo’ (scambio di tempo e di servizi) ed eventuale domiciliarità solidale e soccorso sociale (disbrigo pratiche, ).

===civ.116    come tanti altri, fu eretto alla fine del 1962; il gruppo dal civ.  120 al 140, nel 1958 ;  quelli dal 119 al 127 nel 1961;

===civ.77G  ospita le scuole elementari intitolate  “F.Taviani”; e la succursale delle scuole medie “Sampierdarena”. (uno dei due è errato)

                         

       

                

 

===civ. 129  nella valletta a ponente di Promontorio, dietro i civici 73-75-77 nacque la prima scuola elementare. Un biglietto del Comune firmato dal sindaco Vittorio Pertusio e datato 21 ottobre 1963 invita per il giorno 25 alla visita inaugurale della scuola elementare Comunale “Promontorio”.    Poi sarà

intitolata al sen. Taviani. Il civico appare assegnato nel 1963 ma risulta che l’edificio era in corso di costruzione ancora nel 1973. I terreni erano di proprietà signora Mongiardino, la cui casa è in alto in via Promontorio ed ora usufruita da associazione privata; e già nel 1972 era in corso col Comune una trattativa tipo ‘do ut des’: ti lascio per privato interesse cementificare questa zona, definita ‘Belvedere uno’  (un biscione di palazzi per abitazione capace di centinaia di appartamenti), pur di avere il terreno attorno alla scuola (un’area vasta oltre 20mila mq, ma in una valletta alquanto scoscesa che fu effettivamente acquistata dal Comune) col fine di realizzare un progetto dell’arch. Giuliano Forno:  farvi sorgere un centro polisportivo immerso nel verde (con piscina, palestra, forse tennis) ed una chiesa.  Ma il Comitato di quartiere oppose strenua resistenza e riuscì nel 1976 a bloccarne l’esecuzione dall’Urbanistica, sollevando questioni di alta densità abitativa, insufficienza di reti fognarie, ingorgo nei collegamenti con le vie principali.

  

 

Dopo l’inizio della deviazione di corso Belvedere, la strada ha un’altra ed altima rientranza con alcuni civici del corso; nello stesso punto si affianca a salita Bersezio che scorre slivellata in alto.

 

===cento metri prima della sommità e fine della strada, si innesta salita Bersezio. Addossata al muro di contenimento di quest’ultima, dall’anno 1900 esisteva uno dei tre lavatoi sampierdarenesi: una vasca a due truogoli di circa 6 mq. Internamente era rivestito di ardesia e pavimentato in cubetti di porfido. Fu poi allacciato all’acquedotto; poi col disuso via via staccato da esso; lasciato in abbandono;  dentro si riempito di sterpaglie ed altro; fu eliminato totalmente.

 

 

Contenuti nella piazza, una volta nominata a sé (Promontorio, Mosto, Gandolfi) oggi tutto Martinetti, troviamo:

===311r una tabaccheria

===civ. 315r è stato un nome dell’antico locale, “La Contea – bar, birreria, pub”: da pochi anni è stato cambiato con ristorante-bar-pizzeria “Luna”.

===317r la “Antiga ostaia di Cacciuei”

===civv. 141 e 143  posti alla sommità della strada; in quest’ultimo durante una recente ristrutturazione si è ritrovata una semi colonnina di ardesia, lavorata, residuo di un probabile archivolto, anche se queste case nacquero presumibilmente come stalle o abitazioni dei contadini che lavoravano le terre padronali. Questa era l’ultima abitazione del corso:  dopo essa, iniziava la numerazione di piazza F.Gandolfi; una volta eliminata l’intestazione alla piazza, la strada è stata fatta proseguire sino al vecchio voltino al civ. 149.

===civ. 144 nuovo nel 1960

===civ. 145 neo acquisto come numero dal 1975 dalla smessa piazza F.Gandolfi

===civ. 146  a monte della piazzetta, una targa segnala esserci “Casa Famiglia per bambini – Patronato san Vincenzo de’ Paoli – suore Figlie di sant’Anna".

È l’ingresso con cancello di una strada che porta nel retro della villa aperta in salita Forte Crocetta, 11.

  

 

===civ.147 di fianco all’Ostaja, sotto il voltino è l’ingresso di villa Frisone (o Frixione), eretta nel ‘700, però poi ampiamente rimaneggiata con ridistribuzione degli spazi, nel periodo del primo ‘800 perché adibita a convento (il Remondini segnala : “in Crocetta per anche nel palazzo Frixone (sic) che fa archivolto sulla strada dopo l’anno 1870 venne aperta una cappella, ma dopo cento anni cioè verso il 1872 fu in bottega trasformata”), ed infine -nel primo ‘900- ristrutturata ad appartamenti. Si trova in una posizione decisamente importante per il traffico sempre intenso che si svolgeva nella strada a monte. Nella planimetria del Vinzoni, del 1757 risulta di proprietà di  Tomaso Frisone; nella carta del Porro invece (1835-8) è chiamata “cascinale della Crocetta” in funzione della sua innata funzione agricolo-coltiva . 

Il palazzo, strutturato a L, è posto sul crinale e possiede -ancor ora- sul lato est del crinale- un vasto appezzamento di terreno degradante a fasce coltivate sino in fondo dal torrente. La facciata a ovest, estesa sulla strada di via Promontorio, dove perde l’intonaco mostra i muri di pietra ed un portale è sormontato da un cordolo di lastre di ardesia sporgenti (ed ormai quasi tutte logore e rotte) con l’intonaco sottostante che le accompagna per sostegno, ad arco; sopra di esso il parapetto di un terrazzo.

La facciata principale, rivolta a nord, è tale dopo la ristrutturazione ottocentesca che allargò e sopraelevò l’archivolto (sotto cui allora passava la strada, e che eguale appare nella carta del Vinzoni, unente la villa col palazzo a monte, che però non faceva parte della proprietà). Sulla piazzetta, è ospitata da molti anni la famosa “trattoria dei Cacciatori”, i cui primi locali, prima della ristrutturazione, erano il primitivo vero ingresso della villa.

All’interno, solo il piano nobile conserva degli affreschi ottocenteschi e -in una sala- uno stemma nel disegno del pavimento.

La strada tagliata a monte del complesso edificato, e unente corso L.Martinetti con via alla Porta degli Angeli, fu di fatto attuata nel 1964.

===civ. 149.  è l’ultimo numero, dato al portone che si raggiunge con lieve salitina nella piazza. Una volta era il civ. 5 della piazza Gandolfi. L’edificio ha origini assai remote, esistente già nel ‘600 forse come nucleo di base per insediamenti successivi: infatti la forma attuale è dovuta alla sua funzione di residenza del personale di servizio della villa soprastante eretta dagli Spinola nella seconda metà del ‘700 e tra loro unite da una stradina di servizio (planimetria del 1805 di Brusco e Barabino). Durante l’assedio di Massena del 1800, la casa fu occupata dagli austriaci  agli ordini di Hoenzollern perché in posizione dominante, e fu teatro di scontri  in occasione delle sortite francesi fatte allo scopo di alleviare la morsa ed aprire la strada verso le valli vicine (del Veilino e Torbella ove avvennero più intense e violente battaglie).

Il 13 dic.1873, la marchesa Maria Spinola, vendette l’immobile al Comune di San Pier d’Arena, mentre la villa soprastante divenne il pensionato  per anziani Tubino-Scaniglia nel 1901; il Comune diede i tre appartamenti in affitto, fino al 1969 quando, dopo l’apertura della grande strada a monte (1964) apparve precaria la stabilità dei muri, per cui fu evacuato (1970) divenendo oggetto di abbandono e di progetti di demolizione; sono del 1986 le rimostranze perché indecoroso ricettacolo di topi, immondizie e sede di ricovero di vagabondi; fino al genn.1988 quando crollò il tetto. Imprenditori privati avanzarono proposte di acquisto, ma il Comune, interessato lo IACP, fece provvedere al ricupero e ripristino delle funzioni abitative , nel periodo 1998-9.

Nel 2010, sul muro che sostiene la salitella che conduce al portone civ. 149, è stata applicata una lapide con scritto «Pietro Enrico / Pizzorni / “Peo” / 1942-2008 / guai a chi vi tocca». Laconicamente viene spiegato essere dedicata ad un residente, strano e single, amante della caccia, che aveva nell’intercalare la frase riportata nella lapide, espressa anche senza una precisa motivazione; al punto da caratterizzare il soggetto, ed alla cui dipartita gli amici han voluto ricordarlo applicando il marmo.

===È descritto dal Gazzettino esistente nella strada ma non ben ubicato, un ‘Circolo ricreativo Aurora’ che nel 1996 promuoveva un ‘4° trofeo ANPI’, torneo di gioco alle carte.

 

DEDICATA al ventiduenne sampierdarenese, nato il 25 genn.1922. Di stanza a Roma quale sottotenente dell’aeronautica, dopo l’8 settembre tornò a Genova e, con la famiglia si trasferì a Parodi Ligure. Dovendo decidere, optò per raggiungere i partigiani -col nome di battaglia “Tom”-, divenendo ben presto comandante di un distaccamento che faceva parte della 79.a brigata d’assalto Mazzarello, e dislocato nella zona di Voltaggio.

   Nella zona di monte Tobbio (AL) nella notte del 29 set.1944, rimase ucciso  da una spia catturata (un non specificato “P ...di Bosio”; spacciandosi per partigiano, era un misto tra ricattatore, taglieggiatore, spia, un miserabile ladro e malfattore) e condannata a morte il giorno prima, ma che riuscì a liberarsi e ad armarsi: per realizzare la fuga ferì mortalmente il giovane che era di guardia  da solo –si scrive per lasciar riposare i suoi uomini, ma quando era stato raccomandato essere in due – e uno aveva proposto addirittura tre giardie (morì –pare- dopo alcuni giorni di agonia).  La ricostruzione dei fatti fece presumere che la spia, scoperto dove il Martinetti posava la pistola (sotto il cuscino), gliela aveva sottratta e nell’uscire per il ‘bisogno’ ne approfittò. Il corpo fu composto dagli amici, benedetto dal parroco delle Capanne di Marcarolo (già accusato e minacciato per aver favorito i partigiani) e sotterrato dopo il rito religioso il 29 sera con solenità militare in un prato a fianco del torerente Gorzente, accanto ad altri tre tumuli dei quali due non identificati (forse ex prigionieri alleati entgrati nei ranghi della 3a brigata Liguria).  Il giorno 2, la sorella  raggiunse con uno zio il luogo della sepoltura e prese atto della morte di Tom. 

Gimelli.III.pag 390 e AAVV-Contributo di-pag..132 dicono che la data di morte è il 29 sett.1944; 35°SPd’A dice l’1 sett.1944; Franzone, che scrive come testimone diretto, precisa che il fatto avvenne nella notte tra 28 e 29, e che morì subito colpito alla nuca con foro di uscita su una guancia).

  Un omonimo Martinetti Luigi, di Giuseppe, nato nel 1922 a Sampierdarena, appare nell’elenco dei caduti, le cui salme furono rinvenute dopo il 7 apr.1944 alla Benedicta.

  Tra i mille e mille partigiani che morirono per la fede democratica, presumo ci siano state figure più rappresentative del concetto di ‘ideale più forte della vita’. Unico rammarico è che il giovane non è proprio la figura dell’eroe (ai miei occhi, lo è di più quello omonimo della Benedicta). Il massimo rispetto per chi, in qualunque modo combattendo, ha difeso la propria e l’altrui libertà e dignità, ma mi appare forzato aver dedicato una così importante via ad un volontario che alla fine si dimostrò grossolanamente ingenuo al punto che di fronte ad uno evidentemente più furbo perse banalmente il prigioniero ed addirittura la propria vita.

 

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