MAGELLANO corso Ferdinando Magellano
TARGHE:
S. Pier d’Arena–2734 - corso - Ferdinando Magellano –navigatore– 1480-1521
Corso – Ferdinando Magellano – navigatore – 1480-1521
inizio strada a ponente
QUARTIERE ANTICO: Mercato
da MVinzoni, 1757. In fucsia, salita Inf.SRosa; giallo salita sBarborino; rosso, corso O.Scassi
N° IMMATRICOLAZIONE: 2734 (era il n° di piazza capitan Bove)
da Pagano/ 1961 da Google earth 2007. in giallo, ponte di via GBMonti; . celeste, via V. da Gama; rosso, corso OScassi.
CODICE INFORMATICO DELLA STRADA - n°: 35060
UNITÀ URBANISTICA: 27 - BELVEDERE
CAP: 16149
PARROCCHIA: Cristo Re
STRUTTURA: doppio senso veicolare, da corso O.Scassi a via Vasco da Gama.
STORIA della strada: ancora nel feb.1926, -all’atto di annessione del comune di San Pier d’Arena con Genova, con pubblica relazione venne mostrato - studiato dall’ing. Sirtori Pietro, ex assessore e già approvato - di arrivare al corso Roma (oggi O.Scassi)davanti all’ospedale tramite una salita che , sul versante ovest dall’abbazia di san Bartolomeo all’altezza di Promontorio avrebbe proseguito in quota 40 fino al Campasso e Rivarolo; non era ancora in previsione quindi passare dal Corso Dante Alighieri (ex dei Colli - attuale Martinetti).
Solo circa nel 1935 si decise arrivare alla quota 40 anche da corso D.Alighieri (L.Martinetti), aprendo via Vasco da Gama e completare corso Magellano, i cui palazzi a fianco nel 1936 appaiono già eretti.
La titolazione al marinaio fu decisa dal Consiglio comunale il 7 genn.1955.
La strada, procedendo verso ponente inizia: a destra da dopo la gabina degli ascensori e finisce coprendendo il palazzo d’angolo, con via V.de Gama; a sinistra inizia - allo sbocco di salita s.Barborino - con una scala a più rampe, che la collega con la sottostante via La Spezia; e finisce all’incrocio con salita Inferiore s.Rosa.
Nell’angolo con corso O.Scassi c’è una costruzione di ingresso ai due ascensori che portano in via A.Cantore. Non avendo numero civico viene scelto descriverla in corso O.Scassi.
===civ. 3 La CHIESA, dedicata a Cristo Re (per esteso: “Gesù Cristo, re dell’universo”), una delle nove del Vicariato locale.
Dalla Curia competente nel 1958, fu prospettata come nuova parrocchia nel quartiere di Quota 40, allora in rapida espansione (case alveare, assenza di spazi di posteggi sufficienti e punti di aggregazione sociali, viabilità convulsa –anche ‘urgente’ per il pronto soccorso dell’ospedale confinante).
La zona era in quel tempo inclusa ai confini dei territori di competenza delle chiese della Cella, Grazie e Promontorio. Così, nel fondo del civ.2 di corso Magellano, una ampia sala venne adibita a novella chiesa ed il 23 ago.1958 iniziò il servizio religioso, affidato a don Ciclic Riccardo che ne prese ufficiale possesso nel novembre dello stesso anno.
orti, sui quali sono sorti la chiesa, la strada e i palazzi
Nell’estate successiva, iniziarono i lavori di sbancamento della collina (progetto dell’arch. Alessandro Braghieri, coadiuvato da arch. Ferreri Valentina e Raffetto MTeresa; affidato all’impresa Schiappacasse; su terreno di 1000 mq, di proprietà dell’ ospedale - che lo vendette alla Curia), seguiti dai lavori di erezione (impresa Stura; prima pietra posata da mons.Siri il 30 ott.1960).
S
ingresso principale retro, da finestra dell’ospedale
Sorse un edificio di m.18x24 di base, ad unica navata composta da piloni in cemento armato che si incrociano in alto. Ampi finestroni garantiscono una buona illuminazione naturale di base. Un battistero è collocato in un vano a parte, raggiungibile con un breve passaggio. Completata con parziale aiuto economico dello Stato nel 1966, ma pur sempe in notevole economia, fu inaugurata (incompleta) con benedizione arcivescovile il 29 ott.1966.
Dopo don Riccardo Ciglic parroco fondatore ed oggi aiuto pastorale) nel 1997 subentrò don Moriani Silvestro aiutato dal vechio parroco.
L’11 febbraio 2001, un vento particolarmente teso riuscì a piegare pericolosamente la croce posta sulla sommità del tempio, obbligando rimuoverla in attesa di riparazione.
Negli iniziali anni 2000, fu elaborato un progetto di adeguamento (partendo dal giudizio di ambiente dimesso e privo di identità, ed in seguito alla nuova riforma liturgica che prevedeva un ‘adeguamento’ delle chiese, furono inseriti riscaldamento ed arredi che dessero il senso del trascendentale e della presenza di Dio tramite possibilità di raccoglimento, ecc., detta ‘concinnitas, ovver rapporto tra forma e funzione, spazio e confort). Fu studiata la possibilità di alzare - onde rendere meglio visibile - il presbiterio; porre sulla parete di fondo dello stesso una controparete in pietra, detta ‘luna’ dal colore chiaro-delicato che facesse da contrasto alla pietra detta ‘supai’ più nivea, dell’altare e dell’ambone; sopraelevare e rendere meglio visibile anche il battesimale -in pietra supai, e con catino in rame; reintonacare le pareti già tali, con colore beige lasciando le parti verticali con cemento a vista ma più chiare, come a evidenziare una croce i cui bracci vanno in verticale (dall’ingresso all’altare) e trasversale; pulire le vetrate policrome; lucidare i pavimenti. L’operazione è stata terminata nell’ottobre 2008.
La festa del titolare ricorre l’ultima domenica di novembre (ultima dell’anno liturgico); ma particolare solennità acquistano anche le feste della Maternità divina della Madonna (il 1 gennaio); di don Bosco e di altri santi.
Nel territorio si contano circa (da 5mila iniziali) 9mila anime; e come struttura religiosa aggregata, la cappella nell’Ospedale civile intitolata alla “Regina Mundi” ed il cui cappellano è don Parodi Pasquale.
La parrocchia comprende 84 caseggiati delle strade adiacenti, compreso tutto l’ospedale affiancato, per una popolazione di 9000 anime circa. Fanno parte della comunità varie associazioni come la Conferenza di san Vincenzo de Paoli, l’apostolato della preghiera, un laboratorio, l’Azione cattolica e varie attività giovanili (tra i quali una cantoria).
Sono ospitati arredi d’arte interessanti, tra i quali ---una Via Crucis in bronzo (opere dell’artista Elsa Bifoli-Lauro, genovese, nata nel giu.1907, compiuti gli studi all’ Accademia Ligustica, lavorò intensamente come pittrice per molte esposizioni, e scultrice anche per monumenti funerari); due statue in carta pressata di sant’Antonio e Cristo morto; un trittico con al centro la figura di Cristo Re, dapprima posto sull’altare maggiore e poi spostato sopra la porta della sacrestia; un crocifisso processionale in rame argentato e smaltato (dello scultore Nani, di Bergamo); una statua di san Giovannino, un bronzo raffigurante Gesù seminatore; un dipinto del sacro Cuore attribuito a Mattia Traverso; due Angioletti lignei attribuiti alla scuola del Canova; altri dipinti, paramenti, reliquiari ed oggetti sacri genericamente preziosi. Nel 2008 è stato aggiudicato un ‘Cristo crocifisso’ giudicato capolavoro della metà del quattrocento, (arch GLuca Zanelli, esperto della Soprintendenza Beni Stor-Artist e Etnoantropologici della Lig.).
Dopo il ritrovamento nel sett/74 tra macerie e detriti, in viale Sauli civ.61, in san Vincenzo, fu disposto donarlo alla - da poco ultimata dall’arch. Giorgio Gnudi - chiesa di Cristo Re. In essa, fu collocato in posto defilato in attesa di restauro. Arrivato il momento, fu affidato al restauratore Nino Silvestri che si accorse delle qualità ed antichità dell’opera (definito “di impatto forte, suggestivo e unanime”, “ci si trova di fronte ad un’opera straordinaria per tecnica e forza espressiva, eseguita da abile scultore nella cura dei particolari, specialmente il dettaglio della bocca dischiusa a mostrare la dentaura”; si è supposto ‘una scultura ripresa dal vero, di un cadavere umano’). Ricerche iniziate per conoscerne la provenienza naturale, si sono rivelate infruttose per cui prevale l’ipotesi di una proprietà privata o di qualche cappella distrutta durante i bombardamenti del secondo conflitto mondiale. L’opera, finito il restauro nel sett/08, prima di essere portata nella chiesa, è stata esposta al museo diocesano (dove l’ufficio Arte Sacra ha promosso incontri di approfondimento e visita).
Da data non specificata, l’edificio è vincolato e tutelato dalla Soprintendenza.
CIVICI (in crescendo, da levante a ponente)
2007= NERI = da 1 a 11 (compresi 1ABCD)
e da 2 a 6, e da 14 a 20
ROSSI = da 5r a 49r (compresi 5Ar, 11AHr; mancano 1r, 3r)
e da 2r a 100r (mancano 92r→98r)
===civ. 1 costruito circa nel 1965, fu assegnato nel 1961 alla porta allora senza numero. Tutti gli altri civici uno, caratterizzati delle lettere dell’alfabeto da a a d; si sviluppano in unica strada che inizia da fianco della chiesa, passa retro ad essa e, a tornanti arriva sino in cima dove questa appendice finisce chiusa. Lungo essa non ci sono servizi né posteggi risicati al millimetro, escluso un cancello che... permette raggiungere le camere mortuarie dell’ospedale anche da questa parte. Tutto questo fu oggetto di polemiche con i civici che si affacciano su questo servizio, ma al massimo ottennero una tettoia. Furono eretti l’ 1a ed 1b, nel 1964 ; 1c, nel 1965 ; 1d, nel 1966.
inizio della deviazione con i vari numeri 1
===civ. 2,4,6 eretti nel 1957. Il civ.2 ospitò nei suoi fondi le prime attività della nuova parrocchia di Cristo Re. Al civ. 4/23, nel 2002, compare un punto di aggregazione ecclesiale chiamato “Gioventù Mariana femminile” con Ciarla Giuliana responsabile
===Il civ.3 nel 1962 ; il civ. 5 fu eretto nel 1958
===civv. 7, 9, 11 appaiono eretti rispettivamente nel 1957,1957,1956.
===civ. 16 del 1955, si apre con un portone anche in via La Spezia.
===civ.18 fu assegnato nel 1958, quale secondario al civ.10 di via LaSpezia.
===civ. 20 fu ‘sottratto’ a corso O.Scassi nel 1955 all’atto della titolazione stradale. Possiede un’entrata secondaria nella scalinata. Sul portone c’è una immagine sacra moderna.
DEDICATA Al navigatore portoghese detto italianamente Ferdinando Magellano, in portoghese Ferñào (o Ferñam) de Magalhàes (o Magallañes o Magagliañes), nato a Sabrosa nel 1480.
Ricordato perché con una nave fu il primo a fare il giro del globo ed a dimostrare in pratica la discussa sfericità della terra, tema già proposto da Colombo ma non dimostrato.
Prese parte a numerose spedizioni dirette in oriente, viaggiando con Almeida (1505), Pereira e con AlfonsoAlbuquerque (Madagascar e Ceylon) nelle Molucche (o ‘isole degli aromi’; 1517), trovandosi spesso in situazioni estreme, sia di mare che di combattimenti contro ostili o pirati, rimanendo più volte anche ferito.
A casa, dedicatosi agli studi cosmografici, concepì il disegno di raggiungere l’oriente passando dall’occidente: offrì il suo progetto al re spagnolo (causa dissapori col re portoghese Emanuele I; a cui succedette il figlio Giovanni III nel 1521) ritenendolo il più interessato in quanto già in possesso di varie colonie sparse sul tragitto ed all’arrivo: gli propose occupare a suo nome quella parte di Indie Orientali (facenti parte delle Molucche), battendo una rotta tutta nuova e diversa da quella dei portoghesi (in Portogallo, un re era detto Enrico il Navigatore; al suo servizio aveva il genovese Antoniotto Usodimare 1415-61, il veneziano Alvise Cadamosto (1432-88=Africa occid. fino a Capo Verde); Alfonso de Albuquerque (che si spinse fino a Ceylon); Vasco de Gama (che arrivò in India). In Spagna il re Ferdinando d’Aragona con Isabella di Castiglia, vinti i mori (1492) ebbero a servizio il veneziano Sebastiano Caboto (1477-1555) e diedero via libera ai ‘conquistadores’ Hernando Cortès (Messico), Francisco Pizarro (Perù). Seguì Carlo V (1500-59, con l’impero su cui non tramontava mai il sole: l’Evo Moderno; favorì l’evento di Magellano, portoghese).
Furono necessarie, sia l’iniziale nomina - ottenuta da Carlo I di Spagna (il quale contemporaneamente fu riconosciuto anche come re d’ Alemagna col nome di Carlo V); la situazione era ingarbugliata: gli spagnoli, che diffidavano di un portoghese, e sia titubanti di affidargli delle navi con marinai anche loro portoghesi – che in gran parte furono sbarcati - e sia imponendogli un ispettore generale, detto ‘vehedor’ come suo pari grado; i portoghesi, che lo trattavano da traditore e quindi passibile di punizione e che comunque ostacolarono il più possibile la missione; e sia la concessione di 5 navi battezzate sant’Antonio (di 120 t. ove navigavano il ‘vehedor’ Juan de Cartagena e due italiani); Trinidad (di 110 t. ammiraglia con le insegne del comandante generale, aveva 10 italiani tra i quali i tre sottodescritti); Conception (di 90 t.; comandata dallo spagnolo Gaspare de Quesada, con un italiano); Victoria (di 85 t.;comandata dallo spagnolo Luigi de Mendoza, con 5 italiani; sarà la nave che tornerà al comando di Sebastiano del Cano); Santiago (di 75 t.; comandata dal portoghese Giovanni Serrano; con 4 italiani); e l’armamento di 262-5 marinai (di cui 178 spagnoli, 23 italiani, 61 di nazionalità mista quali portoghesi, fiamminghi, tedeschi, francesi).
Sulla Trinidad ci furono Leon Pancaldo (savonese, 1490-1538; partito con l’incarico di ‘sobresaliente’, divenne poi ‘pilota’; riportò la nave in Spagna dopo circa 10 anni), Antonio Pigafetta (vicentino, già Cavaliere dell’Ordine di Rodi, storico-sobresaliente-poi criado=addetto alla persona del comandante della spedizione; a bordo, raccontò la tragica ed avventurosa circumnavigazione con la verità giornaliera dei fatti) ed i ‘ginovés’ GB da Ponzerone (SestriLev. 1485- ; nostromo sulla Trinidad. Nel ruolino è chiamato Juan Bauptista de Punçozol, natural de Çestre que es ne la ribera de Génova. Anche lui tenne un ruolino di marcia, detto ‘roteiro’ che poi integrò la relazione finale di Pigafetta) con suo figlio Domenico (Altri scrivono che tra gli italiani c’erano un Giambattista di Polcevera, e Baldassarre pilota maggiore, e forse anche Francesco Calvo contro mastro, e un Martino de Judicibus).
Pare infine che lo scopo della missione stipulato tra Magellano e le Autorità spagnole, fu ritenuto segreto da non comunicare ai vari comandanti; questo, sommato a problemi di nazionalità tra comandanti stessi ed alla rotta incerta, fu motivo poi di grandi incomprensioni e ribellioni.
1==Partiti da Siviglia, abbandonarono le coste europee a Sanlùcar de Barrameda all’alba del 20 settembre 1519 (altri dicono 1518; altri da San Lucar di Tenerife; Spotorno dice il 10 agosto 1519 dal canale di Siviglia), con meta: l’ignoto.
Costeggiò l’Africa sino a Sierra Leone (qui il primo ammutinamento del comandante della s.Antonio che da Tenerife voleva andare subito ad ovest: fu destituito e messo in catene. E l’impiccagione di un quartiermastro omosessuale), traversò l’Atlantico seguendo la linea equinoziale, diretto inizialmente verso il Brasile (ove arrivò il 13 dic. 1519, nella Tierra di Santa Cruz; Brazil fu il nome dato al territorio nel 1500 dallo scopritore portoghese Cabral, e significa ‘legno tinto’).
2==Da qui, iniziò costeggiando verso sud raggiunse (10 gennaio 1520) Rio de la Plata (Giovanni Diaz de Solis fu il primo ad arrivare nel 1515 ed a così battezzare l’estuario del fiume; chiamò la zona ‘mare dolce’ poco prima di essere catturato dagli indigeni, e da loro mangiato arrosto), per -scendendo a sud e superando varie e terribili tempeste ed uragani- arrivare a svernare dopo 192 giorni di navigazione, a Puerto San Juliano fino a Pasqua (31 marzo 1520 ). Mentre provava, con le navi più piccole, tutte le insenature ed imboccature alla ricerca del passaggio, durante i 5 mesi di sosta a san Giuliano dovette superare una seconda ribellione di tre comandanti (poiché congiuravano per tornare indietro, furono processati ed abbastanza spietatamente uccisi in tre modi diversi: fece pugnalare Mendoza dall’ufficiale addetto alla giustizia (chiamato merinho mûr); decapitare Quesada, ed abbandonare a terra da solo il primo ribelle Giovanni da Cartagena). Ripreso il viaggio verso sud, a Capo Santa Croce alla foce del rio omonimo, perdette il più piccolo vascello Santiago (carico di viveri, per naufragio sugli scogli).
Durante l’esplorazione dell’imboccatura (battezzata ‘insenatura o baia delle Undicimila Vergini’), trovarono il canale che separava la Patagonia (così chiamata per le rozze calzature di pelle) dalla terra del Fuoco (così chiamata per i molti fuochi visti accesi di notte) e che poi sarà il vero passaggio: “sempre acqua salata sulla rotta ad ovest!”.
Fu qui che la più grande di tutte le navi, il sant’Antonio, si ammutinò al nuovo comandante de Mesquita; il pilota Esteban (Stefano) Gomez, riuscì a scappare furtivamente per tornarsene in Spagna ed attribuirsi il merito della scoperta del passaggio.
3==Con le tre navi rimaste , il 21ott.1520 imboccò lo stretto (a cui poi fu dato il suo nome), lo superò nei primi di novembre (dapprima inviò un battello in avanscoperta; ad esso tenne dietro l’ammiraglia), iniziando per primo l’attraversamento dell’oceano –allora chiamato ‘mar del Zur’ e che lui stesso ribattezzò ‘Pacifico’ perché gli permise una rapida navigazione con correnti e venti favorevoli, ma di non prevista lunghezza.
4==seppur favoriti dal vento, a parte terre ‘desventuradas’ -perché scogli brulli, disabitati e senza risorse-avvistati il 13 febbraio, raggiunsero le prime isole dopo tre mesi e venti giorni di fame, sete e malattie (specie lo scorbuto) il 6 mar.1521 (oggi sono le Marianne, di cui la più grande è l’isola di Guam; inizialmente fu chiamata “las Velas “ ossia “dei ladroni” perché nella sosta gli abitanti tentarono di rubare persino lo schifo della capitana).
5==Trovarono, un’altra isola che battezzarono ‘dei Buoni Segnali’ perché ritenuta di buono auspicio essendo più ospitale e con pepite d’oro. Il 7 aprile furono sull’isola di Malhu (battezzata “san Lazzaro”, inclusa in un grande arcipelago da loro battezzato ‘Isole della Valle Senza Pericoli’; poi divenuto Filippine, in onore di Filippo d’ Austria , figlio di Carlo V). Da qui, all’isola di Mecangor (ricevuti con buona accoglienza); all’isola Cebu (ove re e sudditi si convertirono al cristianesimo ed accettarono subordinarsi al re di Spagna); poi (tentando continuare a sottoporre le isole al governo spagnolo e convertirne la popolaziomne), il 27 aprile 1521 sbarcarono nell’isola di Matan (o Batan o Bactan posta all’estremo nord). Qui la popolazione si ribellò loro, manifestando avversione; per insistere furono armati tre battelli che, sbarcati si trovarono sessanta contro mille e più indigeni: nello scontro Magellano, di soli 41 anni, venne ucciso da una freccia (Brusco scrive “colpito al capo da una grossa pietra, rotta una coscia da un’altra, cadde sotto una pioggia di lance”. Altri ancora scrivono che Magellano partecipava ad uno scontro tra due tribù, una comandata da Humabon da lui convertito, e l’altra ostile).
Il portoghese Duarte Barbosa, parente di Magellano, gli successe al comando, e Giovanni Serrano divenne pilota. Ma le tribolazioni non finirono: tornati a Cebu, trovarono ostile la popolazione accusante i marinai di aver violentato le donne e di aver voluto “scambiare l’oro alla pari col ferro”; alcuni traditori si erano alleati col re avversario, facilitando la morte di 25 compagni: vennero trucidati in un agguato pochi giorni dopo; tra essi il timoniere Serrano che, prigioniero e legato urlava lo riscattassero ma che –per paura o gelosia di comando- fu abbandonato dai compagni.
Le tre navi riuscirono a riprendere il largo ma la carenza di marinai, contandosi in 115 presenti (con 147 morti), rese giocoforza abbandonare la Conception, incendiandola.
6==Assunse il comando prima Lopez de Carvalho, poi deposto a favore di Gonzales Gomez de Espinosa, sulla Trinidad (mentre sulla Victoria prese il comando Juan Sebastian Elcano (o DelCano) già primo ufficiale della Conception e già in catene avendo parteggiato con de Cartagena). Il nostro Juan Bauptista de Ponçoron divenne ‘governatore dell’armata’. Ma il passaggio di comando e la perdita del motivo di missione, favorirono l’esercizio di atti di pirateria e sacche ggio (durante la visita ad altre isole delle Filippine) ma ciò anche alle Molucche (sia in Borneo, che Celèbes ed in Palau; in quest’ultima fu compiuta razzia arrivando a catturarne il governatore) ove arrivarono l’8 novembre1521 (dopo 2anni 2mesi e 28 giorni dalla partenza) prendendo coscienza di essere arrivati circumnavigando la terra.
Quelle isole erano dominio portoghesere e gli spagnoli della spedizione trovaro vantaggioso approfittare dello scontento, sia per proporre vassallaggio al re di Castiglia, sia per avere carico di doni e di spezie (chiodi di garofano, noce moscata, sandalo e oro ) che dovevano andare ai portoghesi
ed in cambio di fortificazione dei porti. Così a stive ripiene, il 16 dicembre decisero tornare in Spagna, sperando non incontrare i portoghesi; erano rimasti in 113 distribuiti 53 sulla Trinidad e 60 sulla Victoria (sulla quale trasferiti il Pigafetta e GB.da SestriL. col figlio)
7A==Nella navigazione, la Trinidad dovette rimanere indietro per una falla; tutta la sua storia si è risaputa solo nel 1895 quando il ricercatore genovese prospero peragallo trovò nell’archivio di Lisbona una lettera inviata al re di Spagna (evidentemente catturata dai portoghesi, ma per fortuna rubricata) da Leon Pancaldo e da GB da Ponçoron, prigionieri dei portoghesi in Mozambico.
Causa la falla, si accordarono perché la Trinidad tornasse indietro a ripararsi (occorsero altri 4 mesi e 16 giorni) e che tornasse a casa seguendo la rotta a levante, riattraversando il Pacifico per non incontrare portoghesi: l’ipotesi iniziale era arrivare a Panama, trasportare la merce a dorso di mulo per riprenderla dalle Antille a Castiglia. Così, il 6 apr.1522, partiti da Ternate (con Gonzalo Gomez de Espinoza al comando; presenti Leon Pancaldo e GB di Ponzerone e 51 marinai), incapparono in pieno Pacifico o a terribili ‘ristagni equatoriali’ o a tempeste inaudite: malattia, fame, fatiche, ridussero l’equipaggio a 30 uomini, al punto che dovette rinunciare a procedere verso levante e tornare all’isola dei Ladroni. Qui giunti, alcuni membri dell’equipaggio fuggirono. Fu deciso tornare a Ternate, ma nel frattempo questo porto era stato riconquistato dai portoghesi con a capo il generale Antonio de Brito. Questi catturò l’equipaggio stremato dei quali, solo sette erano ancora in possibilità di servizio. A suo piacimento, dopo averli minacciati di ‘cortar la cabeza’ perché al seguito di un traditore, li tenne prigionieri per quattro mesi trattandoli da schiavi e come tali li portò a vendere a Cochino in India ove ristettero per altri dieci mesi in condizioni di estremo disagio anche se soccorsi da benevoli stranieri. Qui, sia Leon Pancaldo che GB da Ponçoron riuscirono a fuggire aiutati da missionari; ma –quando già sulla nave Santa Catterina- un guasto obbligò andare a sostare a Mozambico (colonia portoghese) ove furono scoperti, accusati di evasione e rinviati in catene in India; anche questa nave dovette ritornare a Mozambico per avarie; così furono trattenuti in stato di prigionia stretta, tanto che GB si ammalò e non si riprese più, morendo di stenti e sofferenze; tramite sempre missionari, avevano tentato inviare lettere a CarloV che però mai le lesse essendo finite in mano portoghese. Più fortunato fu invece LeonPancaldo che riuscì a intruffolarsi clandestino sulla nave (italiana?) Francesco Perero, ove si fece trovare in alto mare e dalla quale si fece sbarcare in Portogallo. Per conto di CarloV fu sottoposto ad inchiesta: è datata 2 agosto 1527 una sua deposizione, resa alla curia di Ciudad Rodriguez, insieme al capitano Gomez Gonzales de Espinosa che già era rientrato in patria.
7B==Invece la Victoria con a bordo il Pigafetta e pochi altri genovesi riuscì seguendo una rotta ormai nota a traversare l’oceano Indiano e doppiare il Capo di Buona Speranza, con equipaggio dimezzato dalle malattie (tra cui Domenico, figlio di GB). Ma dovette approdare il 9 luglio a capo Verde, possedimento portoghese, ove 13 di loro furono trattenuti prigionieri (poi processati a Lisbona). Poté ritornare in Spagna il 6 settembre 1522 con solo 18 marinai (Spotorno riferisce apprendere da scritti dello storico spagnolo Herrera, che quel giorno sbarcarono a S.Lucar in 30). Il comandante Juan S Elcano tacque di Magellano arrivato alle Molucche e quindi autore del periplo; così, dal re spagnolo si prese tutti gli onori dell’impresa (tra cui uno stemma nobiliare con il globo terracqueo ed il motto “primus circumdedisti me”). Ma la relazione del Pigafetta, fece giustizia postuma con riconoscimento dell’ impresa di Magellano, anche se da lui personalmente interrotta prima del ritorno (quando l’ultimo terzo di rotta era però già conosciuto, anche se con i portoghesi padroni di quei mari)
Raggiungere l’oriente passando dall’ovest si rivelò per allora inutile perché troppo lontano e lunga la navigazione; ma le risultanze scientifiche furono enormi: si dimostrò la rotondità della terra; il passaggio a sud dell’ America; la vastità del Pacifico; la scoperta di nuove terre; l’inesistenza di altre terre presupposte da studiosi tolemaici.
Per tutte queste rivoluzionarie scoperte, Magellano viene universalmente riconosciuto come uno dei più grandi navigatori di tutti i tempi; ed è il simbolo internazionale di marineria.
BIBLIOGRAFIA
-Agenda pastorale di servizio-il Cittadino-anno 2010-23sett.1nov.
-Archivio Storico Comunale - Toponomastica scheda 2508
-AA.VV.-Scultura a Genova e in Liguria-Carige-III-pag.285
-AA.VV-Annuario-guida archidiocesi di Genova-1994.415; 2002.453
-Brusco C.-GB da Ponzerone nostromo di Magellano-Bibl.ACompagna.XVII
-Enciclopedia Motta
-Enciclopedia Sonzogno
-Ferrero L.-Il Cittadino- del 21.09.08-pag.24
-Gazzettino Sampierdarenese 9/78.9
-Il Cittadino, settimanale-07.10.1997 p.12 + 12.10.08-pag.12 -
-Lamponi M.- Sampierdarena -. Libro Più.2002- pag. 186
-Orengo&Zanelli-Lazzaro Calvi, san Martino...-Silvana 2009-pag. 20.21
-Poleggi E. &C-Atlante di Genova-Marsilio.1995-tav.34.35
-Roscelli D.-Nicolò Barabino-Soc.Universale.1982-148=solo citata chiesa
-SpotornoG-storia letteraria della Liguria-Forni.1972-vol.IV-pag.169
-sullo stradario del Comune del 1953 a pag. 103=non c’è ancora