LOGGIA                                   crosa della Loggia

 

 

   Citata da Tuvo nella sua storia di Sampierdarena, a proposito di una istanza scritta ai Padri del Comune da Gian Giacomo Salinero il giorno 8 ago.1586 col fine di poter fare delle migliorie alla propria casa posta appunta in “crosa della Loggia”. La risposta del Serenissimo Senato genovese, del gennaio successivo, ingiunge al Salinero di non fare modifiche nella piazzetta, che resta in fondo alla Crosa della Cella.

   Capacci cita una “Loggia d’alto”, che assieme alla crosa della Cella  delimitava la Coscia, il quarto  quartiere del borgo (dopo san Martino, Mercato, Fiumara) , dalla chiesa sino a Capo di Faro (quindi, presumo, l’attuale salita Belvedere e, in essa, la villa dei Doria con la loro Loggia).

   Relativi ad anni prima della fine secolo, leggi sotto a 1825.

   Sul Gazzettino, sempre Tuvo cita che il 4 mar.1800, il Commissario di Governo della Polcevera, DeFerrari, scrisse alla municipalità: “avendo riconosciuto inutile il sin qui operato per la vendita della cosiddetta ‘Loggia di San Pier d’Arena’, escluso l’atrio, non essendovi alcun aspirante all’acquisto della medesima, ne feci rapporto alla Commissione straordinaria del Governo, oggi” .

   L’interpretazione più logica - a mio avviso - si avvale del principio in uso a quei tempi di dare nome ad un luogo in rapporto alla presenza di qualcosa di caratteristico (valgono per  esempio “la coscia” “la fiumara”  “la crosa larga”, la stessa chiesa della “Cella”); essendo la loggia una stanza-terrazzo  di una villa - caratteristica, e con ben chiaro significato di estetica e rappresentatività- perché non chiusa  da muri ma - seppur coperta da un tetto -  aperta da uno o più lati al panorama del posto (che doveva essere assai bello ed idilliaco a quei tempi, ma solo a chi aveva i mezzi ed un piano nobile  per possederlo ed ammirarlo ) tramite un colonnato;   nei pressi della “crosa della Cella”, con una loggia, c’erano solo villa Monticelli a levante e villa Gavotti  a ponente (anche se a quei tempi poteva anche esserci qualche altra casa munita di una simile terrazza, più vicina al mare della grande villa, di proprietà del Salinero).

  Una delibera comunale del 15 nov. 1823 – sindaco Vincenzo Canale - recita “al fine di sopperire alle spese da effettuarsi per il restauro della cosiddetta Loggia di proprietà comunale, posta in cima alla Crosa della Cella, sotto la casa dei signori eredi Samengo, e che non arreca alcun vantaggio al Comune, ma che serve anzi per ricettacolo d’immondezza e che può anche favorire di nottetempo qualche male intenzionato, se ne fosse, mancando i fondi, deliberata la vendita al pubblico incanto, dichiarando che il prodotto della stessa venga esclusivamente impiegato nella spesa per l’ingrandimento di questa Casa Comunale”

   Una vertenza nata nel 1825 e perdurante nel 1832 tra il Comune–proprietario “della loggia comunale”-(sindaco Salvatore Tubino), ed i fratelli Samengo, residenti al piano superiore della villa Gavotti: i  Samengo evidentemente miravano ad impossessarsi di tutta la villa il cui piano terra era invece proprietà del Comune; questi invece voleva aprirvi dei negozi. La contesa  portò ad un corposo carteggio intitolato: ‘riduzione a botteghe della Loggia posta in capo alla Crosa della Cella’. Angelo Scaniglia, arch.to,  fu incaricato di una “perizia dei lavori da farsi alla così detta loggia posta in cima della crosa Cella in S.Pierdarena ”…”ad uso botteghe, sotto la casa dei Ss.mi Eredi Samengo”. Mai viene citata la villa, con  nomi dei proprietari antichi o attuali, ma solo col nome generico di Loggia.

   Tuvo segnala aver letto che nel 1825 la Municipalità rimetteva a disposizione (presumo, per la vendita) il locale della Loggia, ristorato. Essa era stata chiusa –evidentemente ai tempi della repubblica Ligure- dall’eccellentissimo Giuseppe Doria -a proprie spese- al fine di creare una sala di conversazione per la nobiltà che si portava in villeggiatura in San Pier d’Arena”. Con il sopraggiungere della rivoluzione però, quei locali furono requisiti e le spese fatte furono rimborsate dalla Municipalità sampierdarenese.

   Quindi infine e secondo me, il termine  in oggetto, indica un negozio posto d’angolo con la crosa della Cella, o nel davanti della villa dei Gavotti-Samengo, sulla strada principale-, o nel retro lungo quella che ancor oggi è la via dedicata all’ultima famiglia. A definitiva testimonianza nel 2010 arriva a conoscenza la carta dell’ing. G.Brusco del 1782 – la cui precisione è fuori di ogni sospetto - che nella sua pianta topografia esplicativa del ‘progetto per ampliare la strada di Sampierdarena’ (oggi di proprietà di banca Carige) pone “la Loggia” nell’incrocio di via della Cella-via Daste, non nell’angolo ma lievemente spostato a ponente e limitato alla facciata su via Daste. Questo quando la proprietà terriera era già  “delli Sig.ri Samenghi”.

   

7 febbraio 1782- Giacomo Brusco                                         particolare ingrandito

 

   Il Dizionario delle strade di Genova offre un’altra interpretazione al nome, anche se riferita ad altra zona della città: lo  fa derivare da una storpiatura della parola “Liggia”, che -viene spiegato-significa scoscesa o pendio; cosa che potrebbe essere  ovvia anche a Sampierdarena;  ma appare improbabile considerato che in vicinanza della Cella, non ci sono problemi di alture.

Lo stesso Casaccia fornisce alla voce  “lögia” solo  la mia interpretazione

 

BIBLIOGRAFIA

-Archivio Storico Comunale

-Capacci A.-Sampierdarena dalle origini al XX secolo-1975-

-Gazzettino Sampierdarenese  9/89.3

-Isola E.-Quella strada d’avanguardia...-La Casana n.2/2010-pag.17

-Pastorino.Vigliero-Dizionario delle strade di Genova-Tolozzi85-pag.993

-Tuvo T.-Memorie storiche di SanPierd’Arena-Dattiloscr.inedito-pag.109

-Tuvo.Campagnol-Storia di Sampierdarena-D’Amore 1975-pag.19