LARGA                                                   crosa Larga

                                                                via Larga

 da MVinzoni, 1757.In rosso, villa Doria Franzoniane; verde villa Imperiale la Bellezza; celeste villa Grimaldi la Fortezza; verde villa Grimaldi; gialla villa dei duchi Spinola

   Antichissimo nome, corrispondente – da mare verso monte - all’attuale via Prasio+Palazzo della Fortezza, testimonianza di cosa intendevano a quei tempi per larghezza, individuando preferibilmente - anche per ragioni di difesa - stradine  a vicolo  o crose.

   G.B. Grimaldi, che ordinò la costruzione della villa della Fortezza, preferì far aprire l’ ingresso non sulla via principale ma - attraverso un ampio parterre- su questa traversa che costeggiava a levante la proprietà e che quindi senz’altro le preesisteva (forse per sfruttarne l’accesso al mare, o per non offrire la facciata agli Imperiale posti dall’altro lato).    Della crosa Larga nel 1700 era famoso il teatro omonimo, interno alla villa stessa e quindi inizialmente limitato al divertimento dei nobili (Schmuckher fa un po’ di confusione chiamando ‘Croce’ la crosa;  e non ricordando che il palazzo della Fortezza era dei Grimaldi e quindi lo stesso del precedente da lui citato; ricorda comunque che nel 1779 vi rappresentò una compagnia di dilettanti così brava, che l’unico foglio giornalistico esistente allora ne fece resoconto) ma, in più rappresentazioni liriche o prosa anche del pubblico popolano (a quei tempi pressoché tutti analfabeti)

   Da questa strada iniziò il 4 mar.1805  (anno di Austerlitz, e della Liguria annessa alla Francia) una sommossa femminile: un gruppo di popolane della Coscia si ribellarono alla coscrizione obbligatoria dei loro figli in marina: le truppe arrestarono queste madri che furono liberate dalla galera dopo un mese circa.

   Nel 1813 appare sulle carte che la strada conduceva alle ville degli eredi del principe di Francavilla e a quella degli eredi del principe di  Monaco (alla Fortezza, dei Grimaldi), nelle cui ville esisteva ancora un locale adibito a cappella privata.

1819 il sindaco acconsente che il sig. Marassi Antonio dia pubblico divertimento di bussolotti presso il teatro della crosa; purché osservi le regole del buon costume. Si rende necessario avere un gendarme per il buon ordine e non permettere che in teatro si fumino sigari o pippe, neanche sulle scale

   Un esposto datato 9 ottobre 1831, lamenta che “nel palazzo del Teatro posto in cima della crosa Larga sul canto verso levante (andando verso il mare, ndr), esiste una fabbrica di candele a sevo (sic) diretta dal signor Pietro Lombardo, che emana fetide esalazioni “un puzzo angoscioso e nocivo alla salute”. Nel 1847 esistevano nel borgo due fabbriche di candele, che occupavano in tutto due operai.

   Ancora nel 1841, posta laterale nel quartiere omonimo ‘della crosa Larga’ (dalla via arrivava sino all’attuale via Gioberti; era delimitato a levante dal quartiere della Coscia che dalla Lanterna arrivava sino alla strada, ed a ponente dal quartiere Borraghero che dalla via Gioberti arrivava sino alla crosa sant’Antonio), la strada andava dalla “strada comunale”, poi divenuta via De Marini, sino alla strada a mare detta Strada Reale di Torino, ed era costeggiata dalla proprietà dei fratelli Grimaldi  eredi Ansaldo, posta a levante, di 448 mq, curata ad orti, eccetto la parte a monte  coperta da costruzioni e la parte a mare anch’essa occupata dalla  “casa Morando Ignazio” ( una bottega, con retrobottega e giardinetto, a due piani, usata in molti scritti come punto di riferimento e per fissare le delimitazioni di tratti stradali in questi tempi in cui non esisteva ancora una nominativa precisa delle strade - e quindi le varie località venivano definite in base a quello che vi si trovava  di più caratteristico; affiancata da quella di Luxardo GB posto nella casa Grimaldi stessa,  trasformata in magazzino), e a ponente dalla proprietà del conte Agostino Scassi (figlio di Onofrio), divenuto proprietario della villa della Fortezza (già anch’essa dei Grimaldi)  e di tutto il terreno che dalla villa -posta a monte della proprietà - arrivava sino al mare, anch’esso curato ad orto.

   Una cartolina reclame delle prime decadi del 1900, pone come indirizzo dello “Stabilimento Conserve Alimentari / E. Pretto & C. / il Palazzo Scassi in Crosa Larga.

carta del 1847

 

   In questi anni, la via ancora veniva detta “del gioco di pallone“, perché aveva a levante l’ampia area rappresentante l’attività sportiva più diffusa allora.

    Antico gioco del pallone elastico (già praticato in molteplici modalità nella civiltà greca e romana ma che trovò nel rinascimento la massima diffusione) disputato in partite a punti tra due squadre, da uno a quattro giocatori ciascuna, di palla lanciata e rinviata in uno spiazzo (poi chiamato sferisterio) dei quali – alla fine del 1700 - quello più famoso era all’Acquasola, ove giocavano ballonisti locali e – in grandi sfide - foresti, di Firenze e Milano.


                            


 


a sin.: Trattato del gioco della palla, di messer Antonio Scaino di Salò, edito nel 1555 ‘in Vinegia’ (presumo Venezia).                                                                                                                                a destra: libro del 1789 con regolamentazione, permessi e punizioni dei vari giochi concessi e non  nella Repubblica; compreso quello ‘ del pallone’

 


 

 

La letteratura descrive giochi similari ai tempi dei greci e romani; ma fu principalmente nel Rinascimento che questo gioco iniziò ad essere praticato, con alta cornice di pubblico, tifosi e scommettitori.

Il vescovo di Alba nel 1528 sottoscrisse una lettera pastorale minacciando pene severissime per chi col gioco della palla avesse disturbato le funzioni religiose. Dal 1600 (e poi sicuramente ancora durante l’occupazione francese del 1800 sino alla metà di quel secolo), il gioco della palla, o pallacorda, o della balla di paramaggio, o “jeu de paume”,  era il divertimento pubblico più seguito, che appassionava enormemente ed  incredibilmente ogni ceto cittadino. Nel 1618 a Firenze per volere del granduca Cosimo II dei Medici avvenne forse il primo incontro nazionale riunendo i miglior giocatori dell’epoca provenienti da Ancona, da Venezia, da Cagli; e con premi superbi, di brillanti e grosse somme di denaro. Uno scontro poteva essere l’avvenimento del giorno, sia per la novità, ma anche perché includeva l’amor proprio  e le scommesse; e come oggi soggetto a tifoserie accese, litigiose ed anche rissose: non poche partite finivano in guardina o erano gestite da militi armati di schioppo; e non poche venivano mal sopportate dagli abitanti intorno (per il chiasso,  la ressa di gente non sempre ben educata, i vetri rotti ed altri danni: la palla rompeva tegole e persiane, colpiva e contundeva passanti e spettatori), le scommesse, le parolacce (in tempi che col Santo Offizio, una bestemmia costava molto assai). Le denunce raccolte in ampi cartolari a seconda della gravità del danno divisi in ‘civilum’ e ‘criminalium’ erano vagliate dal Collegio Magistrato di virtù,  più spesso favorevole al gioco (per rispettarlo essendo ricco di consenso popolare, tradizione e anche loro partecipazione sportiva) seppur concedendolo in spazi appositi e con “prohibitioni” varie. Un lungo elenco di giocatori nell’anno 1741 denunciano vari cittadini perché rimuovessero degli ostacoli – punte acute di ferro infisse nei muri per sgonfiare le palle, tende, addirittura barche e telari - che impedivano un “gioco così onesto, che è sempre stato fatto pubblicamente nelle strade senza che mai alcuno contestasse detto gioco, un gioco che da centinaia di anni a questa parte ha continuato e continua a essere giocato senza che mai alcuno lo abbia impedito”. Preambolo alla rivoluzione francese ci fu -alla chiusura della sala delle riunioni da parte del re Luigi XVI- che l’Assemblea nazionale (20giu1789) giurò non uscire dalla sala della Pallacorda, finché non avessero ottenuto una costituzione. Nell’articolo firmato da Borzone, si rilevano le severe ed esemplari punizioni che venivano comminate in questo anno 1789 ai trasgressori, sia perché dovevano essercene tanti, e sia perché di importanza sociale allora quando di sociale cera solo il diritto dei ricchi.

T.Tuvo segnala che il 25 sett.1809 il sindaco di San Pier d ’Arena  multò e poi – per rifiuto di pagamento - fece imprigionare per un giorno a Rivarolo i cittadini “Francesco Canale, Giuseppe e Luigi, Francesco Galleano” perché sorpresi a giocare malgrado il divieto municipale che lo proibiva (il sindaco fu aspramente accusato dal Prefetto di ‘abuso di potere’, non avendo diritto ad arrestare, avocato dalla polizia).

     Due le tecniche usata: quella tra le più antiche ed ancora accreditate a fine 1700, fu del ‘bracciale’ (in un campo di 100 passix10 -o 180 palmix40; grossomodo m.50x10-, diviso a metà da una linea ben visibile, 4 giocatori per squadra si contendevano una palla di cuoio di circa 16 once (strisce di cuoio cucite, che –rivestivano una vescica di maiale quale camera d’aria gonfiata -a bocca o tramite  cannuccia di bronzo-  mediante l’ uretra lasciata sporgere e poi legata e reinserita nell’interno. Ovvio che una palla sgonfia impediva il gioco di potenza, quindi ogni partita prevedeva premunirsi di varie palle sempre pronte. Occorreva che i ‘zûghèi’ (detti balloneri  o ballonisti) non cedessero la palla all’avversario rilanciata col polso,  e se la passassero tramite lanci lunghi e precisi senza farle toccare terra. Il bracciale (o braccialone)  era una protezione in cuoio -a volte rinforzato con legno tenero-  che copriva tutto l’avambraccio, dal dorso della mano

Altra tecnica citata è anche quella praticata con una ‘zucchetta’ opportunamente vuotata e rinforzata e con cui colpire la palla, antesignano del moderno tennis.

  Un arbitro valutava l’andamento con possibilità di raccogliere pareri –i più disinteressati possibile ed anche in sussurro all’orecchio- tra il pubblico imparruccato e ricco di crinoline; veniva chiamato ‘marcatore’.

 Nel finire del 1800 il gioco subì declino e mutazioni, soprattutto per impossibilità a confrontarsi nella scarsezza delle comunicazioni; sebbene ai vari livelli locali ancora molti erano gli appassionati della ‘sferistica’ alla quale lo stesso E.De Amicis dedicò lodi e personaggi di libri (‘Gli Azzurri e i Rossi’ facendo riferimento al grembialino o fascia che i giocatori portavano davanti, di vari colori per distinguere le squadre).

Tra le varianti  le più descritte sono ‘il gioco del calcio’ detto anche football; della pallacorda detta poi tennis; della palla al muro detta pelota; e della palla a maglio quella più affine all’antico.

L’attuale gioco del pallone elastico ha regole moderne, dettate da solo trent’anni, con un  campionato nazionale e varie squadre locali, declassandosi ad attività sportiva minore a carattere folcloristico.

 

   Nel 1853, con l’apertura della strada ferrata e della sottostante via Buranello, fu spezzata in due tronconi, che appaiono lievemente decentrati  causa gli spazi costruttivi delle case che riempirono tutti gli orti.

    Nel 1857, il regio decreto piemontese, su richiesta del comune cittadino, legiferò chiamandola ufficialmente“stradone della crosa Larga”. Lo stesso, usava la strada come confine tra la via DeMarini e la via s.Antonio (come punto di riferimento rimase in tutte le trasformazioni riguardanti i nomi della importante strada trasversale: la via De Marini fu accorciata quando con l’apertura di via di Francia il tratto dal ponte ferroviario fu chiamato via L.Dottesio; la seconda, che arrivava sino a via della Cella, alla morte di Cantore  fu trasformata in ‘via generale Cantore’ e nel 35’, aperta ‘via A.Cantore’ divenne via N.Daste)

   Nel 1863 Gaspare Alvigini eresse i civv.12 e 14, che furono sopraelevati nel 1895.    Vedi sotto a 1908

   Ai primi del 1900 risultano proprietari : eredi Lavagnino del civ. 1; fratelli Dellepiane del 2,3,4, 6, 8, 10; Carlo Lagorara del 5; Morandi e C del 7; Parodi Stefano e C del 9; Sauli eredi Scassi dell’11e 13; eredi Lombardo del 12; eredi Alvigini del 14 .

   Il Pagano 1902 segnala: al civ.1 un deposito di petrolio di Crescione Felice, presente anche nel 1908;--- 7 merciaio Dellacasa Stefano;--- 11 negoz. vini di Auvigini (sic) Gaspare (nel 1908 è al civ. 14, Alvigini Gaspare che abbiamo già visto come costruttore nell’anno 1863);---13 Pretto(c’è anche nel 1908) E. e C. fabbrica e negozio di conserve alimentari.

     Nel 1908’ il Pagano segnala uniche attività: --–al civ. 7 il merciaio Dellacasa Stefano;---

    Nel 1910  invece, (e già forse dal 1901)  era  divenuta “via Jacopo Ruffini” , tutta compresa “ tratto superiore e tratto inferiore” , dalla via C.Colombo (via San Pier d’Arena) a vico Massimo D’Azeglio (via Massimo D ’Azeglio) - e già possedeva numeri civici sino all’11 ed al 18 .

  

Nel Pagano 1911 e 12 compare l’ esercizio: civ.1 deposito di petrolio, di Crescione Felice (non c’è più nel ‘20); civ.7 il merciaio Dellacasa Stefano (idem); al civ.13 la fabbrica di conserve alimentari di Pretto E. e C.(idem); civ. 14 vinaio Alvigini Gaspare (vedilo nel 1863, 1908 e ancora 1920 quando divenuta via J.Ruffini);

   E così era ancora tutto immutato nel 1933. Erano tempi quelli, in cui i ragazzi che frequentavano la scuola aperta nella via, con due palanche, in una “sciammadda” (friggitoria) si premunivano di merenda a base “de fain-a dôçe de castagne, castagnasso o panella , fainâ, torta de giæe o pörpettön”.

 

   Prima del 1940, presumo nel terremoto toponomastico del 1935, divenne tutta, fino a via D’Azeglio, via Palazzo della Fortezza.

   Ma nel 1945 circa, alla parte a mare fu ancora cambiato il nome, intitolandola via A.Prasio  partigiano caduto per la libertà , lasciando alla parte a monte l’attuale e per ora speriamo definitivo nome di via Palazzo della Fortezza.

 

BIBLIOGRAFIA

-Archivio Storico Comunale

-AA.VV.-Le ville del genovesato-Valenti.1984-pag.3

-Borzone P.-giochi permessi a Genova- bollett. A Compagna  3/76 pag.2

-Casaccia-Dizionario genovese-italiano-2ª ed-1876-

-Caviglia G.-una sfida tra cielo e terra-IEE.1994-pag1j

-Dolcino M.-Storie di Genova-Frilli.2003-pag.43

-Dolcino M.-sport e tifo nella Repubblica genov.-la Casana 2/1993-pag76

-Enciclopedia Sonzogno

-Gazzettino Sampierdarenese  6/80.3  +  9/92.3  +  7/92.6  +

-Grozio R.-De Amicis poeta del pallone-La Casana n. 2/88-pag.46

-Novella P.-Strade di Genova-Manoscritto b.Berio.1900-pag.12.20

-Pescio A.-Settecento genovese-Sandrom.1922-pag. 226

-Presotto D.-in «Liguria, rassegna mensile,  n.1/99»-pag.8

-Schmuckher A.-Teatro e spettacolo…-Mondani.1988-pag.39      non sa che palazzo                                                                                          Grimaldi e crosa Larga sono la stessa cosa