GIOVANETTI                                          via Giacomo Giovanetti

 

TARGHE:

via – Giacomo Giovanetti - economista-politico -  1786-1849

San Pier d’Arena –via - Giacomo Giovanetti - economista-politico - 1786-1849

S.Pier d’Arena–2784-via-Giacomo Giovanetti–economista–politico–1786-1849

–già via A.Doria

 

angolo con via San Pier d’Arena – (del “già via Doria, si legge solo la O)

  

tratto inferiore, a mare – angolo est con  via G.Buranello –

                                  

tratto inferiore, a mare – angolo ovest con via G.Buranello –

tratto superiore, a monte di via G.Buranello, lato ovest

 

tratto superiore - lato ad est, angolo con via N.Daste 

tratto superiore – angolo con via A.Cantore 

 

QUARTIERE MEDIEVALE: Comune (o Castello)

 da MVinzoni, 1757. In giallo via della Cella; rosso, la chiesa della Cella. Le ville: in blu del march.Serra Giuseppe; celeste dei Grimaldi; fucsia di Ambrogio Doria; verdone di francesco Grimaldi-Gerace. In verde ipotetico tracciato di via Giovanetti.

 

N° IMMATRICOLAZIONE:   2784,   CATEGORIA: 2

 

da Pagano 1967-8

 

CODICE INFORMATICO DELLA STRADA - n°:    29940

UNITÁ URBANISTICA: 26 - SAMPIERDARENA

 

 da Google Earth, 2007. In giallo, via della Cella; rosso, la chiesa della Cella. Trasversali: in alto via NDaste, a metà via GBuranello.

 

CAP:   16149

PARROCCHIA:  NS della Cella

STRUTTURA: la numerazione civica cresce seguendo da via San Pier d’Arena a via A.Cantore; tagliata perpendicolarmente in tre tronchi da via G.Buranello e viadotto ferroviario, e da via Daste.

La strada, carrabile comunale, è senso unico  sia da via N.Daste verso il mare, per ambedue i tratti in quella direzione; che da  via Daste indirizzati  a via A. Cantore.

Il tratto dal mare a via Buranello, è lungo 110,62 m e largo 5,40m  ; il tratto intermedio è lungo 118,28m e largo 5,5m.; il tratto a monte è lungo 24, 26m e largo 7,10m (in totale m. 253,16). Tutti e tre, hanno relativi  marciapiedi ai due lati,  con lastre in arenaria , escluso il tratto a monte che è in piastrelle rettangolari rosse  probabilmente così decisi dai condomini dei civici attinenti.

È servita dall’acquedotto DeFerrari Galliera

Il Pagano 1950 segnala esistere nella via una osteria di Monti G. al 52r; due bar di Castello F. al 5-7r e di Biancardi Rosa all’84r; e due trattorie: al 25-27r di Parodi A. ed al 73r di Francia Giulia.

Nel 2003, davanti alla chiesa, è stata rifatta la pavimentazione, lastricata, distaccata dall’asfalto della strada. Secondo le intenzioni, dovrebbe essere nominata “piazza” con un nome specifico.

STORIA della strada: prima di essere dedicata all’avvocato legislatore (il cambio avvenne il 19 ago.1935 per delibera del podestà), si chiamava  via Andrea Doria, e  nel 1933 era di 1.a categoria.

Ma prima ancora c’erano solo giardini ed orti: (ovvero prima della ferrovia, degli anni 1850). Ancora prima, può essere che nel 1200, quando sorse la chiesa, i terreni già fossero proprietà dei Doria, i quali per secoli poi ebbero cura delle chiesa e convento, come loro patronato (credo non sia dovuto a questo, come ossequio, che la strada ebbe nome del condottiero; perché all’epoca della titolazione erano cambiati i proprietari).

   Su ‘Le ville del genovesato’ a pag..71 si scrive che dalla planimetria del Vinzoni del 1757, la villa (posta sulla strada Comunale, a monte degli orti in mezzo ai quali nacque la strada (oggi il civ.28), apparteneva al ‘mag.co Centurione’) risulta però - a sud - priva di giardino essendoci invece quello molto esteso  dell’adiacente villa Serra-Doria-Monticelli. Il Gazzettino Sampierdarenese aggiunge –sbagliando- che il civ.28, dopo i Centurione, era divenuto nei quasi cento anni a seguire villa Doria (e che aveva un giardino estendentesi sino al mare); come è  visibile dalla carta sopra, Centurione e Doria sono due case diverse, e quella Doria oggi è scomparsa, mentre il vasto terreno è vero e fu ereditato da una figlia, divenuta Pallavicini –vedi subito sotto-.

   In tabelle del 1847 della soc. Strade Ferrate - stilate al fine di espropriare i terreni per la costruenda ferrovia - la strada non appare esistere ancora (sono citate come strade perpendicolari solo via della Cella a ponente e crosa sant’Antonio a levante, che racchiudevano il quartiere detto ‘del Comune’); e la fetta di terreno fu espropriata alla marchesa Orelina (o Arietina) Pallavicini, fu Lamba Doria Cesare e moglie del march. Alessandro Fabio Pallavicini ambasciatore e residente a Monaco di Baviera (con villa prospiciente la strada comunale interna = via Daste).

   La strada appare quindi essersi formata, costruendo le case nei  terreni una volta di proprietà privata, e dalla metà del 1800 venduti dopo l’espropriazione obbligatoria della strada ferrata (contemporaneamente all’ espansione delle industrie, che ruppero l’incantesimo degli orti, frutteti e vigne a vantaggio dell’edificazione popolare). Questa proprietà privata, compresa nella “regione (o quartiere) del Comune”, nella parte a nord apparteneva come scritto sopra, ai Pallavicini; e nella parte a sud verso il mare, a Giorgio Giletta fu Giacomo  ed alla Parrocchia. L’orientamento della via verso monte,  a forbice rispetto la più antica via della Cella, potrebbe essere legato al cercare di rettificare il tragitto fino al primo ospedale cittadino (nell’altra villa Doria, oggi in via A.Cantore).

 

 

 

CIVICI  

2007 – NERI   = da 1  a 15                                           e da 2 a 12

            ROSSI = da 1r a 95r (compresi 15Ar e 37Ar); e da 2r a 92r

 

Nel Pagano/40 leggiamo esserci l’Arcipretura di s.Martino e SM della Cella, senza civico; nei civici neri, da 1 a 10, di privati (sartoria coniugi Negri. Dr. Lanza Seb. medico, bustaia, ecc.). Nei civv. rossi, da mare a monte: 1r coltelleria f.lli Masè; parrucchiere, 5r Castello gelateria, ulumi, frutta, 14r soc.an. Coop CarloRota; parrucch., merceria, calzoleria, otton., drogher., 25r trattoria di ParodiAngela, frutt., orolog., mercerie, calzat., panif., drogher., macell., vini., idraulico, legatoria, tessuti, 41-5r bar, polliv., calzol., liqwuori, osteria, latteria, pesi e misure, salumi, vini, mode, drogheria, mobili, fruttiv., commestib., copisteria,  ottoniere, merceria, corami, carbone, parrucch., fruttiv., bottigl., calzol., 75r commest coop.Carlo Rota, tele metalliche, macell., latteria, commestib., 84r bar pasticc DagninoM, 85r farmacia Italiani. 

 

TRATTO A MARE della ferrovia

 

da monte a mare


===civ. 5r la caratteristica gelateria Castello F.: per innumerevoli anni il miglior gelato della città; punto di ritrovo obbligatorio per chi voleva assaggiare un gelato gustoso, fatto come si deve (il latte presumo, non ancora della Centrale)!


===Le casupole nel tratto prospiciente il mare, di fronte alla chiesa, con la loro struttura bassa ed irregolare, lasciano presupporre una loro origine alla fine del 1700, primo 1800: considerato l’età della chiesa, non è facile giustificare il bisogno di costruire così a ridosso della sua facciata (anche se a quell’epoca essa era arretrata di svariati metri, aggiunti dopo), se non nel vecchio concetto difensivo dalla parte del mare esposto a possibili attacchi di pirateria o di eserciti invasori; il fatto che il loro portone di ingresso sia rivolto a via della Cella e non alla via Giovanetti, lascia presupporre che –anche  se ristrutturate - il manufatto era antecedente all’apertura di questa strada.

 

===la chiesa, essendo lunga e vasta la sua illustrazione, viene descritta alla fine della descrizione della strada

===Le altre case che si aprono sulla via prima della ferrovia, completamente lisce e senza terrazzi, strette e con erte scale, con minuscolo vano interno da neanche poterci inserire un ascensore, appaiono della  metà-fine del 1800. Quelle sul lato a ponente, come le precedenti, si aprono sui vicoli collaterali: per Giannetto Doria, sul Gazzettino, questo è giustificato dal fatto che dove ora sono quei civv. era uno spiazzo erboso, sul quale - per pochi anni - si potevano applicare i primi rudimenti del gioco della palla (e dove additrittura si allenò anche il Genoa C.& Football Club-1893; permettendo ai più vecchi concittadini di ricordare la zona come quella del ‘gioco della palla’).

 

TRATTO A MONTE della ferrovia

===civv. 4-6-8: Nel tratto intermedio, a ponente, una certa curiosità è destata dal “palazzo Bagnara”, stabilimento (dalle dimensioni fu definito un  ‘bastimento’) cappellificio (di feltro e di paglia).

Fravega ricorda che il terreno, in precedenza, da vasto possesso dei Doria (che favorirono la chiesa della Cella), divenne nel 1500/1600 più ristretto giardino della villa Centurione a monte; fu infine usato  quale spiazzo per giochi dei ragazzi del posto (pallacorda o ‘balla velenusa’) ma anche dagli adulti, specie dai primi inglesi dipendenti delle fabbriche e che poi riuniti al Saylor Rest fondarono il Genoa. 

                                   

il palazzo Bagnara                                         al primo piano                      ai piani superiori

 

             

dal civ. 6

Fu Bagnara Ermillo (per la famiglia Bagnara, vedi in via N.Daste al civ. 28 - una villa dei Centurione) che nel 1886 iniziò con una modesta accomandita con 10mila lire di capitale ad aprire una azienda artigianale; aumentando poi fino a 50mila nel 1899 e 200mila nel 1906 (Doria scrive che il capitale aggiunto provenne dal ‘Cappellificio Monzese’ e che nel 1908 gli impianti valevano 410.451 lire). Ricevendo finanziamenti da Varese, in pochi anni gli impianti crebbero di valore, da circa 450mila lire a 750 tra il 1906-9: era divenuto il maggiore cappellificio genovese, di importanza industriale, disponendo di due stabilimenti (non si sa dove, il secondo). Riuscì così a costruire il palazzo dell’attuale via Giovanetti (allora via A.Doria), adibendo i primi due piani a fabbrica e quelli sovrastanti ad abitazione per gli operai (in un periodo in cui era estremamente carente l’alloggiamento dei tanti immigrati ed occupati pertanto può vantare essere stato il primo (e forse l’unico)  concepito per ospitarvi anche gli operai (si scrive altrove che nacque come fabbrica di cordami.). Oltre alla distribuzione ed utilizzo degli spazi, altra caratteristica fu -per l’epoca in cui non esisteva ancora il cemento armato-, l’abbondante uso di rinforzi metallici.

I Bagnara, per se stessi, nel 1904 fecero ristrutturare anche la villa a monte dei Centurione (via Daste civ.28), acquistandola da Copello. La positiva espansione dell’attività, parallela all’uso e valorizzazione del cappello a livello popolare, determinò la scelta di aprire in città anche dei negozi: fu il figlio Ezdra (o Esdra, nome ebraico la cui traduzione italiana è ‘aiuto’: fu un sacerdote della seconda metà del 400 a.C. che guidò il ritorno di ben 1765 suoi compatrioti dalla schiavitù in Babilonia a Gerusalemme ripristinando per la comunità la legge mosaica, facendo copiare i manoscitti dei libri sacri traducendoli dal caldaico nell’antica scrittura ebraica e facendo così rinascere la nazione giudaica) ad aprirne due, uno in piazza Vittorio Veneto ed altro in via G.Buranello vicino all’intersezione con via della Cella. L’altro figlio di Ermillo, chiamato Lucifero divenne invece giornalista (Lucifero –per la mitologia figlio di Giove ed Aurora era ‘portatore di luce’  in quanto custode dei cavalli della biga del sole e Lucifera fu il nome della Luna rappresentata da Diana; per la Bibbia fu l’angelo che per superbia si autominò capo degli angeli ribelli, condannato così alle tenebre col nome di Demonio o Belzebù o Satanasso. Il nome è stato usato nei secoli ed ancora nella nobiltà del 1900).  

   

réclame dei cappelli

La cartolina (nel posto della data è impresso:”Sampierdarena li ....191...”; riporta «Cappellificio Bagnara / di A.Bagnara / già ditta Ermillo Bagnara e figlio // (nel tondo: cappellificio Bagnara - Sampierdarena Italia) / (a sinistra:) «Fabbriche di cappelli – di feltro e di paglia /  esportazione in tutti i paesi / Succursali di vendita / Sampierdarena . via Vitt.Eman.; piazza Omnibus / Genova via SLuca; piazza Ponticello / Milano via Dante 2; via Dante 4 / telefoni Samperdarena 16-39 / Genova via SLuca 14-94; P.Ponticello 24-59 / Milano 102-50»

 

Nel lustro che precedette la prima guerra mondiale, il calo delle vendite obbligò porre la società in liquidazione accumulando perdite che quasi triplicavano il capitale; la gestione economica risultò poi anche viziata da irregolarità amministrative che provocarono strascichi penali incresciosi, riducendo il valore degli impianti da 500mila a 50mila lire. Cosicché vennero venduti all’asta.

Alcuni scrivono che fosse in attività ancora nell’ anno 1930. Sicuramente vennero adibiti ad uso abitativo anche i primi due piani, a partire dal 1935 in contemporanea dell’uso commerciale-artigianale del piano terra

Ambedue gli immobili furono infine ristrutturati ad appartamenti d’abitazione. Una ricevuta d’affitto, datata apr.1955 relativa ad un appartamento  nel civ.6 int. A, è intestata a “eredi Cinzio Bagnara”.

È caratterizzato da un unico ampio vano scale interno, centrale, quadrilatero, coperto in sommo da ampia vetrata per raccogliere la luce. Oggi il palazzo ha tre portoni distinti con altrettante rampe di scale corrispondenti; ciascuna scala sale singolarmente nell’androne comune, in modo aperto in modo che ognuna è in vista dell’altra  sino all’ultimo piano. Ad ogni piano la porta di ingresso dei singoli appartamenti (e qualche finestra di essi) si aprono su un pianerottolo fatto a balconata, che a sua volta si affaccia sul vano scale; ed ognuna è separata da cancelletti personali cosicché ogni appartamento –seppur aperto sulla via principale- ha come un terrazzino interno (la maggior parte ha chiuso, ricuperando il piccolo vano).

   Sul lato a levante della strada, c’era nel tardo 800 un grosso stabilimento, di un sig. Copello (o Coppello o come altri, Capello) che doveva essere un grosso imprenditore se a livello del sottovia di via L.Pancaldo possedeva uno scambio ferroviario privato con una linea proveniente dalla ferrovia a mare; se ne ritroviamo il nome per altri magazzini alla Coscia, cointestati con un Garibaldi; e se l’attuale via Bezzecca prima dell’ufficializzazione di questo nome,  popolarmente veniva chiamata ‘via Copello’ e lo stesso per la viuzza parallela a levante di via della Cella, prima di chiamarsi vico Scaniglia, popolarmente aveva il nome del Copello.

===civ. 15: Il palazzo appare dall’esterno rialzato di due piani. La facciata a nord conserva, anche se quasi completamente cancellati, i disegni delle persiane chiuse sulla facciata di via Daste  (col ritmo da levante a ponente di 2 false, 2 vere, 1 falsa centrale, 2 vere, 2 false), usati anticamente per coprire la simmetria e l’estetica anche laddove non erano finestre.

   Il Doria del Gazzettino dice che è del 1860 (a me sembra assai posteriore) e che per i suoi arditi capitelli e cornicione diede - e forse da tuttora- tanti grattacapi; il cornicione, posto al quarto piano prima della sopraelevazione di altri due, appare di stile neoclassico, ed è comunque vincolato dalle Belle Arti, dal 1934.

   Come si evince dalla testata di fattura riprodotta sotto, a questo civico (salvo fosse 15rosso) dal 1904 (ed ancora nel 1935) c’era la ‘sede centrale’ (uffici?) dei vari spacci della Cooperativa di Consumo Carlo Rota (la cui descrizione è fatta in via C.Rolando - vedi).

   Dal 1991, nel palazzo all’interno 23 esisteva il ‘Circolo Amici della città’, circolo culturale e benefico, apartitico, con iniziative per una città a misura d’uomo con premi, servizi sociali ed anche assistenziali.  

===civ.87r:  Nell’angolo, la antica farmacia Italiani.  Nata come negozio di Luigi Milanesio nella via che allora si chiamava sant’Antonio, questi avendo vinto la gara d’appalto nel 1881 (aveva offerto un ribasso del 12,5% centesimi, contro il collega Raffetto che offriva l’8) , ricevette l’incarico di fornire l’ospedale di preparazione farmaceutiche (allora pressoché tutte galeniche). Nel 1885 la vedova Milanesio, signora Dòmino Ester (a quei tempi non era ancora necessario essere laureati per gestire un esercizio simile), offrì servizio anche per il materiale da medicazione; nel tempo vinse anche le successive gare d’appalto, con sconti sempre più sensibili, ma a scapito ovviamente della qualità: questo portò la scelta da parte dell’Amministrazione ospedaliera di aprire una farmacia propria (per frenare tale scelta, la Milanesio propose la somma di 47mila lire contro una valutazione di 20mila per eventuale acquisto dell’intero esercizio; e fece nascere un contenzioso  che si protrasse per  anni (fino al 1915, quando il Consiglio di Stato diede torto definitivamente alla farmacista);

 

ma  anche dopo allora ancora - sollecitò tutti i colleghi della città per una nuova citazione in tribunale, affinché l’ospedale non aprisse anche al pubblico esterno (la Cassazione, alla sezione di Torino,  darà poi ragione all’Ospedale , facendo perdere la causa ai farmacisti)).

La battagliera signora Milanesio  cedette l’esercizio, alla fine del 1800, all’unico figlio maschio e laureato Emilio  che però morì precocemente di tifo nel 1913; le tre figlie (Rosetta, Margherita, Orsola (che sposando un Corvisiero ebbe un figlio Enrico poi divenuto un valente ‘medico della mutua’ locale)) nel 1922 circa lo vendettero  a Italiani Domenico, che lasciò indelebile il suo nome scrivendolo sul marmo posto sullo stipite delle porte; questi poi al dr. DeMaria Ottavio (diplomatosi in farmacia nel 1928 quando ancora non esisteva il corso di laurea –iniziato dopo il ’36- seppur occorreva un esame di Stato abilitativo); dal ‘64 ad ora è gestita dal figlio, dr. DeMaria Giorgio il quale a sua volta sta cedendolo nel settembre/2005. Esternamente ingresso e vetrina  hanno un arredo in marmo, come conveniva ai tempi dell’apertura, per i negozi che volevano essere più prestigiosi. Agli inizi del 2007 anche quest’ultimo cedeva definitivamente le redini vendendo l’esercizio al dr  _____***

===civ. 10: portone che dà adito ad una costruzione  attaccata al fianco est del palazzo Centurione di via Daste, uniformando l’andamento delle facciate del lato ovest della strada (su via Daste, il nostro palazzo ha una sola finestra, essendo profondo un solo vano).

===civ.12: Nel tratto terminale c’è l’Associazione nazionale Combattenti e Reduci, sez. Le Tofane, fondata il   22 feb.1919  da 79 superstiti locali, che ricevettero in custodia un tricolore combattente. Praticamente i soci fondatori sono ormai tutti estinti; ma la sezione frequentata dai reduci dell’ultimo conflitto, è interessata alla custodia e vigilanza del monumento ai caduti, posto nei giardini Pavanello. Dal giu.1923, è ente morale.  Nel 1938, i soci acquistarono dalla soc.an. Cooperativa Edilizia ‘Combattenti’ l’appartamento in cui sono ospitati; inaugurarono la nuova sede il 26 feb.1939, donandola alla loro sezione chiamata ‘Le Tofane’;  attrezzarono i vani a sala ritrovo, con biblioteca, bar, biliardo, tavolini, e custodendo l’’Albo d’onore’, con i nomi dei caduti in guerra della delegazione, stilati dalla CRI nel nov.1922 e riportati nei marmi posti dietro al monumento nei giardini Pavanello.

La sede è occupata anche dal “Circolo Diana”, il più consistente gruppo locale della Federazione Italiana della Caccia, con centinaia di iscritti. La storia del circolo cacciatori descrive di una antica “Società Cacciatori sampierdarenesi” con sede in via Sasso nel palazzo che esisteva prima dell’attuale che ospita un supermercato. Dopo l’ultimo conflitto mondiale, alcuni soci benestanti (citatati gli industriali Nasturzo e Sanguineti, rispettivamente proprietari  di  società Latta per l’inscatolamento di conserve e tonno; il secondo, in via Manin (via GD Cassini; dietro a DeAndreis-Casanova, dove aveva sede la Depa)) desiderarono proseguire con l’esercizio del tiro al piccione (che ancora nel 1958 era in attività; proibito per legge, determinò lo scioglimento di questo gruppo); altri (1948) più amanti della caccia all’antica, diedero vita al circolo Diana e cinofilia,  che -dopo un periodo ospitati in corso Martinetti (palazzo dei Pagliacci), alla Croce d’Oro (fino al 1974), in via Daste (fino al 1981; dove era anche l’Istituto Pareto, prima che questi si trasferisse in via Castelli  e prima della ristrutturazione)-  si trasferirono (1982) in via San Pier d’Arena vicino al Giunsella; ed infine nella sede attuale.  

 

===civv. 89-95rossi assegnati a nuova costruzione eretta nel 1960.

 

Il Pagano/61 cita  -di quegli anni, ai civv.neri- varie imprese e professionisti tra i quali un grossista di vini (Gatti G. al 3/5, con negozio dal 34r al 38r); la ‘A Luxnova’ (al 4 fabbrica di tende alla veneziana); una bustaia (Gazzo Maria, al 4/3); due medici (Parodi Felice al 9/2 e Lanza S. al 9/3, attivi nei due decenni postbellici); al 13/4 la ditta AGIPS, di Lenti C, rappres. di prodotti specializz.). Ai civv.rossi, al 2,15,32,71=quattro parrucchieri;  4=calzolaio; 5=gelataio Castello F; 10=salumeria; 12,24,61=fruttivendola; 25 trattoria Otto; 31  pasticceria Boeri e 39 pasticceria Bertorello; 73 bar trattoria  Maggiora A.; 84 bar pasticc Biancardi C & f.lli; 85 farmacia.

E così anche, un  commestibili, 2 mercerie, calzature, orefice, lavanderia, dischi e musica, cappellificio Barabino; macellaio, idraulico, cartaio, 2mobilieri, osteria, 2 latterie, pesi e misure, camiciaio, 4 commestibili, mode, droghiere, bustaia, ottoniere, pollivendolo, merceria, carbonaio, calzature, panificio, tele metalliche, macellaio, tessuti, profumiere.

 

Gli anziani del Gazzettino, negli anni 1990, ricordano della strada antichi artigiani e commercianti, senza precisare dove avevano sede precisa: una distilleria DeAmicis di Checco Parodi; la coltelleria Masè, che divenne il primo negozio di articoli sportivi cittadino; la fabbrica di bilance Gatti; il ristorante del Giglio; il negozio di abbigliamento del Dria;  il pastificio di Fanti; l’idraulico Canale;  il bar Savelli;  la focacceria della ‘Pippa ai denti’;  la pasticceria Boeri;  la cantina Monti.  Oggi 2004, annoveriamo: di sopra: i Bovio pastificio;  Chiurchi il fotografo;  pollivendola; Frambati mobilificio; 2 bar, una latteria; un calzolaio. Di sotto: negozio di blu jeans;    una trattoria; Mondo ferramenta (in realtà gestito da Lucà); i fratelli Bisio articoli sanitari, priori della rinata Confraternita di san Martino, della quale si parlerà dopo.

 

 

 

 

DEDICATA  al giureconsulto ed economista nato ad Orta (NO) il 17 giu. 1787 da Filippo Giovanetti (chirurgo) e da Angelina Jori.     

Laureato in legge a Pavia il 10 giu.1807, divenne dapprima discepolo di Romagnosi; tre anni dopo  si avviò ai pubblici impieghi occupandosi come segretario della regia Procura generale di Trento (presso la Corte di Giustizia dell’Alto Adige: qui trovò una situazione esplosiva sul piano della tensione nervosa, non essendosi ancora spenta la rivolta dell’eroe alto atesino Andrea Hofer: con rapidità d’azione seppe riportare alla normalizzazione il dipartimento tirolese).

Tornato a Novara, la sua personalità lo fece spiccare nel suo ambiente per la molteplicità e l’illuminazione dei suoi interventi; per la sua brillantezza oratoria e culturale, divenne ben presto il principe del foro piemontese, interessandosi a vasto raggio sia di argomenti popolari (contribuendo efficacemente alla diffusione della cultura negli strati sociali più bassi e nell’infanzia, elemento base per entrare nel novero degli stati europei più progrediti), che altamente scientifici tradotti anche all’estero (pubblicando opere specifiche legali, come un ‘commentario degli statuti novaresi’, opere commerciali sulla produzione della seta, sulla raccolta della biada, sui sistemi di irrigazione ed idrici in genere), contribuendo alle riforme legislative (in particolare quelle riguardanti il libero scambio di merci e di moneta nello stato sabaudo).

Questa sua poliedrica capacità intellettiva lo portò a divenire consulente del re e ad avere notevole influenza nelle sue decisioni, in un periodo storico del regno in fase di nascita, crescita e individuazione di una personalità nazionale necessariamente adeguate e dipendenti dagli indirizzi internazionali:  Carlo Alberto gli conferì il titolo nobiliare nel 1841,  lo fece partecipe del Consiglio di Stato nel 1845 quale presidente, ed infine senatore .

 Nel 1848 fu lui che nel febbraio aiutò il re nel gravoso problema della concessione dello statuto detto ‘albertino’, e nel marzo -rotte le ostilità con l’Austria, malgrado i tempi non fossero ancora politicamente maturi e quindi causali dell’insuccesso militare- molto si prodigò alla coalizione tra LombardoVeneto e Piemonte, gettando le basi culturali e politiche del Risorgimento .

La morte lo colse all’improvviso a Novara, nelle prime ore del 22 genn.1849

 

BIBLIOGRAFIA   generale:

-Albo dell’ Ordine dei Farmacisti-San Giorgio.1961-pag.33

-Algeri-DeFloriani-La pittura in Liguria, il 400-Carige.1991-pag.238 foto

-Archivio Storico Comunale

-Archivio Storico Comunale – Toponomastica scheda 2146 

-AA:VV:-Agenda de “il Cittadino” anno 2009-pag. al giorno 30 dic.2008

-AA.VV.-Annuario guida Archidiocesi-ed/94-pag.410;  ed/02-pag.447

-AA.VV.-la pittura a Genova e in Liguria-Sagep.1987-vol.I-pag.86

-Cavallaro G.-Ospedale civile di SPd’Arena-Pagano-pagg.68.71

-Doria G.-Investim e sviluppo econom. a Ge.-Giuffrè.1973-pag.220.399.

-Enciclopedia Motta

-Enciclopedia Sonzogno  

-Gazzettino S.  :  3/74.3.16  +  8/82.11  +  1/84.13  +  3/84.7  +  1.89.11  +   6/93.6   +    05.04.7 + 10/02.9

-‘Genova’ rivista municipale:  9/37.36  +  3/39.64  +

-Novella P.-Strade di Genova-Manoscritto bibl.Berio.1930ca-(pag.16)

-Pagano ed/33-pag.246.1259; /40-pag.303; /50–pag.140; /61-pag.231.594

-Pastorino Vigliero-Dizionario delle strade di Ge,.Tolozzi.1985-pag.868

-Poleggi E. &C-Atlante di Genova-Marsilio 1995-tav.34.50