GAGGINI                                           via Giuseppe Gaggini

 

 

TARGA: via Giuseppe Gaggini – scultore – secolo XIX

                                                          

 

QUARTIERE  ANTICO: Canto

 da Vinzoni 1757. Ipotetico tracciato in verde; tra, in celeste, strada della Marina (v. San Pier d’Arena); fucsia, v.Bombrini; e giallo v. AnticaFiumara

 

N° IMMATRICOLAZIONE:  2779

 Dal Pagano/1961

 

CODICE INFORMATICO DELLA STRADA - n°:   27440

UNITÁ URBANISTICA: 26 - SAMPIERDARENA

 

 

   Da Google 2007-In verde, via G.Gaggini; in fucsia via Bombrini; in giallo via Antica Fiumara; in rosso parte di via Operai   

CAP:   16149                                                                                                        

PARROCCHIA:  s.M. della Cella

 

STRUTTURA:   da via Bombrini, a via Fiumara; senso unico.

 

STORIA:  nacque come piazza Ammiraglio Sivori, a fine secolo 1800. Nell’adattamento,  tra case preesistenti e l’Ansaldo in continua fame di spazio, il nome (e la qualifica), vennero cambiate con delibera del podestà il 19 ago.1935, dedicandola allo scultore.

Su alcuni testi (Novella, p.es.) e ancora nell’ elenco delle strade della  toponomastica comunale del 1986, viene chiamato erroneamente “G.B.” o  Gaggino.

              

la facciata a monte;                 la facciata di levante e – d’angolo- quella lunga a monte

1999 – facciata del proiettificio vista da via Gaggini

 

             

1999                                                           2008

CIVICI

2007 – NERI   =  1

            ROSSI =   da 1r a 9r       e  4r (manca il 2r)

 

Nel Pagano /1940 al 5r c’è solo un’osteria, di Oddone Giuseppina. La strada andava via Fiumara a via Bombrini.

Nel 1961 aveva un negozio: al 3r panificio di Cetta I.; e Mantelli Antonio che si interessava di ‘bitumi’.

 


DEDICATA allo scultore genovese,  nato il 25 apr.1791, e morto in città il 02 magg.1867.

 La famiglia, Alcuni testi la riportano con una sola   g = Gagini; originaria (XV-XVI secolo) di Bissone  paese sul lago di Lugano (oggi in Svizzera, ma allora soggetto alla diocesi di Como), fu quasi totalmente composta da scultori – allora detti scarpellatori, ovvero lapicidi o scalpellini - tutti poi riconosciuti di fama internazionale. 


Da un diploma del 713 dC., la valle lombarda venne designata “valle Antelamo”: così, tutti i maestri venuti a Genova dal comasco, valle d’Intelvi, e dalla alta Lombardia in generale, assunsero il nome generico di Antelami, o ‘maestri Antelami’. Molti abitavano vicini tra loro, prevalentemente nella contrada di Piccapietra). Dei pervenuti nel quattrocento a Genova, un ramo –sicuramente dal 1448- si spostò ulteriormente a Palermo, ove in terra sicula diede i frutti più conosciuti sotto il nome di Gagini.

Il ramo rimasto a Genova, iniziato o con Domenico di Pietro (nato 1425 c.a, ed attivo a Genova dal 1448; suo è il s.Giorgio visibile come sovrapporta in via Luccoli; e sua la scultura nella cappella di san Giovanni Battista in san Lorenzo. O.Grosso, nel 1939 ancora lo chiama “Bissoni”; dopo aver lavorato anche a Napoli, morì a Palermo nel 1492) o con un Beltrame (morto nel 1470), trovò ambiente molto favorevole alla propria arte, essendo in aumento la domanda e la commissione di sculture (per ornare cappelle gentilizie, tombe e decorazioni di ville) unico mezzo allora per comunicare al mondo l’importanza di una famiglia preminente nel campo commerciale e/o contemporaneamente inserita nel campo politico. Forse Domenico si portò dietro il figlio Antonello, nato a Palermo e diventato famoso con opere nel Duomo ed in s.Zita)

Il Nostro, nacque da Bernardo e da Geronima Daneri nella zona del Carmine, in un momento politicamente tragico per la nostra Repubblica.

Fu l’ultimo della discendenza,  conosciuto anche come Giuseppe IV.

Restato orfano del padre (anch’egli iscritto all’ordine degli scultori dal 1792, e da cui apprese le prime nozioni dell’arte) ancora giovanissimo, appena dodicenne, entrò “in bottega” di Nicolò Traverso, distinguendosi subito tra tutti i suoi allevi, vincendo alcune medaglie di pregio (nel 1806 –quindicenne- una grande medaglia d’argento dell’Accademia per un modello dell’Ercole Farnese; nel 1812 medaglia d’oro per una statua di san Matteo; nel 1813 il “premio Canova”, consistente in due medaglie d’oro di venti zecchini  (istituito dal grande artista, con i proventi del marchesato d’Ischia, e da offrirsi a quel giovane scultore (da scegliersi tra le varie Accademie italiane)  che meglio avesse eseguito un modello in creta); il disegno di una piazza d’armi da spianarsi negli orti di san Vincenzo).

Compiuti gli studi alla scuola ligustica (dopo essere stato anche alla Brera di Milano per vincere un nuovo premio il 25 ago.1814 con un bassorilievo raffigurante ‘la morte di Priamo’; la statua è ancora là conservata), vinse - nel tempo della sconfitta di Napoleone e su sei candidati - il premio dell’Accademia (stanziato sulle rendite della Ligustica, valutate quando tutti gli istituti di pubblico insegnamento  furono raccolti in una struttura unica presieduta da un senatore) consistente in un soggiorno pagato a Roma per perfezionamento (fu lui il primo ed ultimo, scelto dal governo della Repubblica Ligure). Durante il soggiorno nella non ancora capitale, poté seguire da allievo le opere del Canova e nel 1817 ricevere dal maestro un secondo premio di 60 zecchini d’oro; nonché frequentare altri artisti genovesi tra cui i pittori Camuccini, Fontana, Baratta, GB.Monti, l’architetto Laverneda e lo scultore Thorwaldsen.

Tornato a Genova  con una discreta fama, aprì  lo studio in Sottoripa (nello stesso caseggiato ove era l’Hotel de la Ville) e fu subito assunto per varie opere, sostenuto e valutato dal march. Marcello Durazzo (di maggiore rilievo, un busto di Ottavio Assarotti per la chiesa dei Sordomuti (1818); due Angeli per la cappella del SS.Sacramento  ordinata dal marchese Luigi Lercari nel Duomo di san Lorenzo (1821): quest’opera fu per Genova una rivelazione, e gli aprì la strada ad onori e ricchezza; un medaglione del doge Giuseppe Doria da Massanova, per la chiesa del Conservatorio delle Figlie di san Giuseppe (1822); una statua per l’ospedale di Pammatone (1823)). In quest’ultimo stesso anno, alla morte del suo amato  maestro Nicolò Traverso (dal quale ricevette una congrua eredità), ne scolpì in marmo l’effige, conservata all’Accademia, traendola da un autoritratto in creta.

Superando la rigida educazione classicistica con l’adozione di forme più romantiche, conquistò sempre più fama scolpendo numerose opere sia per incarico pubblico, che per commissioni private (figure allegoriche per il mausoleo eretto in Cattedrale  in memoria di Vittorio Emanuele I; un busto di Pio VII per l’Episcopio di Savona; una statua di Giuseppe Gandolfo per l’Albergo dei Poveri; le statue di sant’Anna e Gioacchino per il santuario di NS dell’Acquasanta; al Carlo Felice la gigantesca statua del “genio dell’armonia” 1829, che fu posta alla sommità dell’acroterio;  delle plastiche per Tursi; delle sculture decorative per il palazzo Faraggiana -ora demolito- in piazza Acquaverde). Altre opere furono i leoni per l’epigrafe e lo stemma sabaudo per la Porta della Lanterna; i medaglioni di Giano e Colombo per una lapide murata in Porto-Franco a cura della camera di Commercio per perpetuare il ricordo delle franchigie concesse dai reali torinesi; le sculture per il catafalco per la messa in Duomo in memoria di Carlo Felice; una fontana per la piazza antistante la parrocchiale di Novi ed un’altra per la città di Avana; i quattro evangelisti per il pulpito in una chiesa di Porto Torres  ; per arredare il palazzo Gropallo allo Zerbino, scolpì i busti di Clelia Durazzo, di Camilla DeMari Durazzo (di essa anche il monumento nella chiesa di san Bartolomeo degli Armeni); di Gerolamo Serra, storico genovese, riprodusse il busto; per la villa delle Peschiere eseguì due fauni e le statue delle quattro stagioni (scomparse quando fu ristrutturata la strada) .

Fu inaugurata nel 1829 una statua da lui scolpita per l’avv. Gandolfo Giuseppe, posta nel corridoio dell’Albergo dei Poveri

Nel 1830 (scelto a confronto con gli scultori Giovanni Barabino ed Ignazio Peschiera) fu chiamato a dirigere la scuola di scultura dell’Accademia Ligustica (dal 1831 in piazza san Domenicoattuale DeFerrari-) divenendo il maggiore esponente del classicismo: tenne questo incarico fino al 1836, quando venne chiamato dal re Carlo Alberto alla corte torinese –già ospite a Genova ed ammiratore delle opere del Gaggini ( tra tutto un fregio ispirato al trionfo di Marcello, rimosso nel 1900 della sala rotonda dell’Accademia per ammodernamenti della stessa. Per Palazzo reale scolpì un busto in marmo di Carlo Alberto (1836).

Si trasferì (1837), impegnandosi a dirigere tutti i lavori scultorei per la reggia nella carica di ‘scultore di corte’, fino all’onore della cattedra di insegnante all’Accademia Albertina e di Cavaliere mauriziano  (per Racconigi, nella villa:   una belle statua di Pomona, il caminetto, l’altare nella cappella, gli ornati di alcune sale; nel parco: la statua dell’Immacolata, la cascina gotica, le serre, la fontana centrale, le statue di sant’Ignazio e Francesco d’Assisi per la cappella di sant’Alberto. Per la cappella reale nella chiesa di NS delle Grazie, scolpì l’altare. A Pollenzo, nel prato antistante palazzo reale, adornò la base della grande croce con le statue dei dodici apostoli. Nella Reggia di Torino, una Diana cacciatrice, dei bassorilievi allegorici riferiti alle città di Alessandria, Casale, Novara, Genova; il busto di Corrado di Monferrato; molte sculture decorative nella sala del trono, del consiglio ed in quelle da pranzo e da ballo; l’altare nella chiesa parrocchiale di Torre Pellice, voluta da Carlo Alberto per esaudire una volontà popolare; nel Camposanto torinese (1848) il monumento funebre al marchese Felice di san Tomaso e quello della famiglia Solei;  nello stesso anno scolpì un monumento del principe Tomaso di Savoia per la cappella della sacra Sindone; nel 1849 una statua di Vittorio Emanuele I  che venne regalata alla città di Genova da Carlo Alberto: causa però la sommossa che funestò i rapporti tra genovesi ed i Savoia, la grande scultura rimase nei magazzini comunali  finché nel 1869 fu rispedita a Torino ove fu innalzata di fronte al tempio della Gran Madre di Dio).

Sue opere sono all’Accademia delle B.A. in De Ferrari, tra cui il busto del maestro N.Traverso 

Tornato a Genova ospite del nipote Bernardo, anche lui scultore, nel 1856 intervenne nel monumento a C.Colombo (la prima pietra del complesso fu posta solennemente nel 1846; l’inaugurazione finale avvenne nel 1862), producendo la statua della “Nautica”, ed un bassorilievo posto alla base, con la  rappresentazione di “Colombo al congresso di Salamanca” (il cui modello originale è conservato all’Accademia).

Questa opera, è ufficialmente considerata l’ultima, di grande proporzioni, anche se continuò a lavorare instancabilmente, praticamente sino alla morte il 2 magg.1867  (a Staglieno la tomba del sen. Sebastiano Balduino; dei Nicora, di Giacomo Gamba, di Santo Villa; nella villa Rostand a Pegli l’Immacolata per la cappella; nel palazzo Sauli il busto di Alessandro; un monumento funebre privato, trasportato a Tepic in Messico)

Fu sepolto a Staglieno,  nel porticato superiore a ponente; viene ricordato con un monumento marmoreo scolpito dal suo allievo prediletto Giuseppe Dini , che eternò a memoria l’effige del maestro.

Anche in Genova erano avvenute le trasformazioni e gli ampliamenti  suggeriti da nuove esigenze edilizie e dell’arte espressiva in genere;  di rimando la frequentazione e valorizzazione di nuovi artisti e nuove idee. Suo merito è aver saputo cogliere il momento del distacco da forme rigidamente neoclassiche e rinascimentali, per maturarle in forme più elastiche, sciolte, di gestualità con più ampio e nuovo respiro, proprie dell’epoca post del Rinascimento, gotica lombarda. 

Coerente con lo spirito ligure, generalmente sobrio, di poche parole, usi a raccogliere glorie in silenzio, diventa facile  per il critico superficiale, classificare “secondario” questo artista, solo perché non uso a clamorose affermazioni delle sue opere; in realtà per il talento e straordinaria abilità, è da porre ai primi posti tra gli scultori italiani dell’ottocento.

   È conosciuto un omonimo Giuseppe Gagini, scultore, vissuto a Genova nel seicento (1643 c.a-1713), ovviamente anche lui membro della grande famiglia di origine lombarda, produttore assieme al fratello Giacomo di altari e di, unico firmato, un busto di Apollo conservato nella collezione austriaca del principe  Johann Adam Liechtenstein.

BIBLIOGRAFIA-

* riportano  il nome GB , e non Giuseppe.

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-*AA.VV.-Stradario del Comune di Genova anno 1953-pag.81

-AA.VV.-Scultura a Genova e Liguria-Carige-vol.II-pag. 331.474.516

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-CervettoLA-I Gaggini da Bissone e le loro opere-Hoepli-1903

-Enciclopedia Motta

-Enciclopedia Sonzogno 

-‘Genova’ rivista municipale–nov.1937 (XVI)-pag.32

-Grosso.Bonzi.Marcenaro-Le casacce e la scultura…-Goffi.1939-p.34

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-Poleggi E: &C-Atlante di Genova-Marsilio.1995-tav.33

-*Telecom cartina