FERRER                                           piazza Francisco Ferrer

 

 

posta alla fine di via Vittorio Emanuele (attuale via G.Buranello), corrispondeva all’attuale piazza Vittorio Veneto.

Il terreno, come riscontrabile dalla carta Vinzoniana del 1757, prima della costruzione della ferrovia e della via che la fiancheggia, faceva parte del grande terreno di proprietà Giuseppe Doria  (e solo per la parte ad ovest della crosa dei Buoi, della villa Centurione poi Carpaneto, posta in piazza N.Montano), che allora arrivavano quasi fino al mare.

 

1908 con palazzo dell’orologio                             con teatro Splendor                                               

1915 

Primo nome in assoluto allo slargo, fu dal 1873:  piazza Omnibus”; titolo non ufficiale perché allora ancora non esisteva un sistema di nomenclatura delle vie;  quindi solo  nome popolare.

La piazza, ancora nel 1910 non aveva nome né civici; risultava “all’incrocio delle vie V.Emanuele (G.Buranello), N. Barabino (S. Canzio), Cavour (Dondero) ed Umberto I (piazza N.Montano ovest)”.           

Ma era dall’inizio del secolo che la regia amministrazione nazionale impose, anche per ragioni statistiche e di imposte, una classificazione delle strade e dei civici. Sulla previsione di questo obbligo, molte vie avevano già assunto un nome definitivo.

A San Pier d’Arena, in quell’anno governava la componente estremista della giunta comunale, composta da anarchici  appoggiati dai socialisti (allora ancora associati, e questi ultimi non ancora resi indipendenti ed autonomi); essi decisero dedicare la piazza al loro rappresentante spagnolo più famoso. 

Il Pagano 1911 e ‘12 segnalano la piazza per l’esercizio del liquorista (sic) Piaggio Domenico; (nel Palazzo dell’Orologio) il floricoltore Anageri Luigi¨; mentre nello stesso del 1921 ritroviamo con ambedue le dizioni stradali: “via Vittorio Eman., p.Ferrer” il cinematografo Splendor di S.Frugone.   

 

                                                                                                      primo automezzo per la Castagna

La dedica a Ferrer rimase sino alla fine della prima grande guerra quando l’onoranza della vittoria, il significato della città di Vittorio Veneto e le mutate congiunzioni politiche locali ebbero il sopravvento.         

    Ma nella pratica,  la titolazione sopravvisse, tanto che - più dettagliato - il Pagano 1925¨ ancora vi pone al civ. 39 i commestibili e pastificio di Rebora Paolo; 32-33 la  liquoreria-caffè dei f.lli Bertola (tel. 4663; poi 41932. Nel 1920 non c’erano ancora. In via C.Rota hanno fabbr. del “Ligure chinato Bertola”).

Senza civico: il calzaturificio Torinese (anche in via UmbertoI). La farmacia Pizzorni G., servizio notturno, nel 1925 appare in ambedue le sedi essendo reperibile anche in via N.Barabino. Un parrucchiere, Sosso Giuseppe.

 

1925 circa

 

Ed il Pagano/33 menziona ancora questo nome, anche se solo per il calzaturificio Torinese (quando per l’hotel Centro ed i più famosi caffè vengono già localizzati in Pza V.Veneto).

 

 

DEDICATA a Françisco Ferrer Y Guardia, nato ad Alella (Barcellona) il 10 gennaio 1859 da agiati genitori, agricoltori, cattolici e monarchici.  Da giovane, seppur frequentando la chiesa anche come chierichetto, indirettamente venne influenzato da uno zio culturalmente ‘libero pensatore’. Così da maturo, si orientò in politica coltivando idee tendenzialmente estremiste e rivoluzionarie (anche il matrimonio ne fu influenzato, creandosi situazione di grande disagio avendo sposato donna che non condivideva le sue idee; a 25 anni -1894- aderì alla massoneria (loggia 'la Verdad'); partecipò a 27 anni ad un tentativo di insurrezione repubblicana del generale Villacampa che gli costò un primo esilio in Francia).

 Tornato, divenne  insegnante (in una Spagna ove il 60% della popolazione era analfabeta), senza abbandonare la  politica, mirata a diffondere le sue idee ed il suo metodo scolastico.

Ricevuta in eredità una grossa somma (da una gentildonna rimasta affascinata dalle sue idee progressiste), divenne sia creatore di un centro editoriale per diffondere la sua dottrina anarchica, atea ed anticlericale: quindi anche   intellettuale; e sia e soprattutto fondatore, nell'ottobre 1901 in una casa posta in calle Bavlen di Barcellona, della  scuola laica in contrapposto alla scuola dello stato (ambedue le attività avranno notevole diffusione anche in Europa; in particolare  la sua ’‘Escuela Moderna, o razionalista’, creata in competizione con le scuole cattoliche rette da religiosi, era basata sulla co-educazione intellettuale e  sociale, e si proponeva di sgomberare il campo del sapere, da tutti i ‘pregiudizi e leggende’ che possono inficiare la trasmissione del sapere, rivelandosi contraria a qualunque dogma che potesse impedire di discutere su tutto lo scibile ma interessandosi in contemporanea dei problemi sociali come le guerre, la schiavitù, la soggezione dei ceti, lo sfruttamento,la posizione della donna. Tale tipo di scuola fu proibito nel 1906; allora, per poter mettere in pratica questo tipo di scuola, la incluse in un progetto più vasto: aveva fondato in Catalogna un  sistema di vita basato sulla collettività  e su fattorie modello con vivai e campi di lavoro comuni;  centri sociali con medico e farmacista; posti di ricreazione comuni; e quindi anche scuole laiche per una intesa più vasta della cultura generale).

L'editoria permise che il pensiero pedagogico del Ferrer fosse universalmente riconosciuto come prima guida ispiratrice della riforma dell’insegnamento.

      Nel sett.1904 il Ferrer fu presente a Roma, come delegato delle associazioni anticlericali spagnole, ad un congresso internazionale sul libero pensiero con ampio dibattito sulle scuole laiche alternative.

   Dopo il fallito attentato del 31 maggio 1906 contro ‘los reyes’ nel giorno delle loro nozze (realizzato da Mateo Morral, pure lui anarchico e collaboratore- traduttore nella scuola del Ferrer; aveva gettato una bomba sul corteo senza colpire la coppia reale), considerato persona sospetta in quanto intimo amico del colpevole; fu incarcerato per tredici mesi ma al processo (luglio 07)  fu riconosciuto innocente non avendo trovato prove contrarie: lo stato dovette restituirgli i beni requisiti anche se la scuola venne chiusa d'autorità.

  Così dovette riemigrare in Francia ove allargò le amicizie e trovò consensi alle sue teorie.

  Di ritorno in Spagna per visitare alcuni parenti più stretti che si erano ammalati di tifo,  si trovò coinvolto nella famosa ‘semana tragica sangrienta’ del 26-31 lug.1909, quando a Barcellona - ed in tutta la Catalogna - gli eventi persero il controllo:  furono uccisi religiosi, dato alle fiamme luoghi di culto ed edifici della chiesa; obbligando il governo ad emanare leggi di tipo marziale.

   Sebbene avesse più volte espresso la sua sfiducia nelle reazioni violente, il suo desiderio di essere solo insegnante, la sua abitazione ripetutamente ed inutilmente perquisita alla ricerca di prove, venne arrestato durante la repressione militare e rinchiuso ed isolato in "rigoroso castigo". Anche i familiari subirono angherie e persecuzione.

   La concomitanza del suo rientro con la sommossa; un manifesto corretto a mano dove la polizia individuò la sua calligrafia; il tribunale non diretto da civili ma corte marziale militare, furono  sufficienti a farlo  giudicare ‘ispiratore’ dell’atto rivoluzionario e quindi condannarlo a morte.

   Fu fucilato negli spalti del castello di Montjuich, il 13 ottobre dello stesso anno.

       Si scrive che ufficialmente non è mai stato riabilitato, mentre invece la revisione del processo avvenne nel 1911, e fu riconosciuta erronea la sentenza capitale, giudicata  basata su confessioni estorte e false. Il giornale El Pais ancora nel 2009 lo ricorda con un breve trafiletto, nel quale scrive che “F.F.Guardia nunca dirigiò una revuelta popular. Tampoco la que comenzò en Barcelona el 26 de julio de 1909, y que ha pasado a la historia con el nombre de Semana Tràgica, aunque un tribunal militar, carente de garantìas, lo condenò a muerte como autor y jefe de la rebelion. En realidad, quienes pusieron a Ferrer Guardia ante el piquete de ejecuciòn, el 13 de octubre de ese ano, se estaban vengando de un intelectual laico, de un pedagogo revolucionario que habia desafiado el control eclesiastico de la ensenanza”.

   La Spagna era allora paese poverissimo, prevalentemente agricolo,  con molti contadini non proprietari e pochi ricchi (proprietari terrieri, militari, funzionari statali ed alti prelati) sfruttatori delle minoranze genericamente analfabeta (una donna  doveva lavorare in una azienda dalle cinque del mattino sino a sera, senza dedicarsi ai familiari o figli, senza pensione o contributi di malattia e senza diritto al voto; per non parlare dello sfruttamento dei minori). In quel contesto,   quelle idee,  alla massa apparvero ancora confuse ma giuste, e  portarono a delle spontanee esplosioni di ribellione degli oppressi, affiancati dalle prime organizzazioni sindacali (che cercavano di  coordinare le masse, seppur con gravi ritardi rispetto l’Italia stessa), ovviamente sanguinosamente represse da parte di chi gestiva il potere.  Quindi le azioni insurrezionali (i cosiddetti “benedetti banditi” o “angeli vendicatori dei poveri”) riuscirono solo a scatenare massacri ed ulteriore precarietà, che si aggiungevano alle continue disfatte che il governo centrale riceveva nei possedimenti in Marocco. Mentre il marxismo ebbe il sopravvento in Europa,  in Spagna gli anarchici  all’inizio secolo riuscirono a predominare su tutte le altre strutture sindacali, dirigendo intensa attività sociale (anche rivolte ed insurrezioni), mirata a meglio livellare l’enorme squilibrio tra la  massa ed il piccolo gruppo di privilegiati .

   In Europa a metà 1800 erano iniziate le prime agitazioni democratiche socialiste, associate -con quelle anarchiche (dalle quali solo in seconde tempo si separarono in netta distinzione), -con le teorie di Bakunin favorevole alle spontanee soluzioni di forza delle minoranze (l’architetto napoletano Giuseppe Fanelli fu l’introduttore del pensiero anarchico sul suolo iberico), -e con quelle di Marx  favorevole all’azione politica dei sindacati. Generalmente ambedue volevano l’abolizione delle classi sociali, l’ateismo, l’uguaglianza dei sessi, e la scomparsa delle autorità e degli Stati. Diversa la posizione di Mazzini, esiliato in Svizzera e poi in Inghilterra, che con il suo "Dio e Popolo" e l'ideale unitario stentò ad imporsi se non localmente, ma oggi alla fine è il pensiero vincente su tutti.

     Conosciuto quindi anche in Italia, avvennero alla sua morte reazioni di piazza anche a Genova, con proteste,  commozione, indignazione, scioperi e violente manifestazioni antispagnole (re Alfonso in particolare); mettendo in risalto prevalentemente il suo ruolo di ‘martire del libero pensiero’, e tendendo a sottacere il ruolo sovversivo e rivoluzionario che, per colpa di altri, era purtroppo scivolato nella cieca violenza. Due giorni dopo l'esecuzione, a Torino venne inaugurata "via Ferrer"; seguirono Roma e via via altre 57 città italiane. Lo stesso Pascoli si espresse pubblicamente scrivendo "il martire della scuola, che voleva togliere dal cielo spagnolo i tristi fumacchi del medioevo, e dalla coscienza del popolo l'amoralità e l'ignoranza". Altrettanta reazione avvenne  nel nord America e nell’Europa dell’ovest, dove alle formali proteste pronunciate dai vari governi si aggiunsero quelle pronunciate da eminenti personaggi quali George Bernard Shaw, sir Artur Conan Doyle e G.Wells, provocarono la caduta del governo spagnolo.

   La scelta sampierdarenese fu dettata in epoca in cui le redini del municipio locale erano - seppur in periodo di regno Savoia -  in mano a prevalenti sentimenti  repubblicani estremisti, sulla scia libertaria della rivoluzione francese e dell’ideologia giacobina che aveva preso campo durante l’occupazione francese in Liguria e mantenuta sino alla definitiva caduta dell’impero Napoleonico (1815).

In antitesi col dominio assoluto dei reali e della chiesa, le ideologie repubblicana, socialista ed anarchica convissero per un lungo periodo,  trovando - nel tentativo di ribellarsi -  un afflato comune. Questo sentimento rimase sopito  finché durarono le guerre relative all’Unità della penisola. Non appena fu Roma capitale, divenne chiara e necessaria  una distinzione netta  tra le tre ideologie, con netta prevalenza delle prime due: nel 1892 al congresso nella sala Sivori, Pietro Chiesa  si schierò dopo vivace dibattito con la corrente di Turati, Costa e Bissolati, creando netto dissenso con gli anarchici; contemporaneamente gettò le basi per il nuovo partito socialista, chiamato P.S.I..

   Ma la terza, seppure in nettissima minoranza almeno nel nostro territorio, conservò fedeli ed accesi proseliti: in via G.Masnata (oggi inclusa in via A.Cantore), nel 1919 fu aperta - dedicata al  nome di Ferrer - una società di mutuo soccorso, con interessi di assistenza generali, e che visse ancora a lungo. Nelle vicina Campi, di Cornigliano, ebbe il suo nome una società sportiva   Ancora oggi a Genova si ispirano al suo nome associazioni di persone antimilitariste, obbiettori totali, che si autodefiniscono “fuori dal gregge” e che dedicano al Ferrer una biblioteca libertaria, sita in piazza Embriaci al 5 / 13 .

 

BIBLIOGRAFIA

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-Costa E.-I 100 anni della soc.Fratellanza Amicizia-DonBosco.93-pag.28

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-Festa C.-Guida del porto di Genova-Luzzatti.1922-pag.6

-Gazzettino Sampierdarenese  :  4/77.3  +  

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-Morabito.Costa-Universo della solidarietà-Priamar.1995-pag.488

-Pagano/1925