DORIA                                            via Andrea Doria

 

La strada non è più a San Pier d’Arena, ma a Prè. Corrisponde all’attuale via G.Giovanetti.

   Nel 1700 ancora non esisteva, e la chiesa si affacciava rientrata, sull’antica via,  omonima ad essa. 

   Nella prima metà del 1800, costruiti i palazzi, la strada già era stata aperta ed intestata  col  nome del principe (delimitata a monte da “via sant’Antonio”(via N.Daste), ed a mare da “via Cristoforo Colombo” (via Sampierdarena)); ovviamente col fondo  in terra battuta;  aveva la facciata della  chiesa ancora “rientrata” e  diversa da quella attuale (cioè il tempio non era stato ancora allungato, e la facciata non ancora rifatta totalmente).

   Nella strada, appoggiate alla parrocchia, esistevano ben due  Confraternite: ‘delle Anime del Purgatorio’ ; e quella ‘del S.Rosario e della Dottrina Cristiana’ .

      Nel tratto a monte, nella seconda metà del 1800, si aprirono la farmacia, allora chiamata col nome della moglie del  proprietario Milanesio Luigi (per il Pagano/1908 si apriva in via s.Antonio; più dettagliato, vedi via Giovanetti); a levante, la fabbrica di liquori di DeAmicis Clotilde in Parodi (erano anche grossisti di liquori e sciroppi). Il cappellificio di Bagnara Ermillo (nell’ edizione Pagano/02, risulta ancora in via VEmanuele 14b (via G.Buranello). La fabbrica faceva allora concorrenza alla più rinomata Borsalino).

    Il palazzo sovrastante la farmacia deve essere della seconda metà del 1800: il cornicione a grossi mensoloni di sostegno, è oggi protetto dalla S. alle Belle Arti.

   Poco prima dell’anno 1900, vi erano solo cinque case, i cui proprietari furono: civ.1 , Testa, Storace, Vernazza e C.;--- civ.2 : Repetto Stefano;--- civ.3 Tubino Arturo (forse quello dei metalli e rottami in via Dottesio 14r ancora nel 1950);--- civ. 4 Danovaro Lorenzo; ---civ 5 Dellepiane fratelli .

Il Pagano 1902 segnala : al civ.1 l’intagliatore in legno Canepa Enrico*°;---4 l’unico elettricista a San Pd’A  Morando G.*°; al 5 il negozio calzature di Arvigo Gioacchino’ ;--- cNP  il floricoltore Pittaluga Giuseppe*°;---negozio di mode di Gatto e C.’;---negozio di frutta secca ed agrumi di Monteverde Giovanni;----

   Nel 1908’ (con ancora nel 1911* e 12°), il Pagano segnala al 3 l’orologiaio Dacqui Luigi;---  civico non specificato: un deposito di birra e bottiglieria di Palleari Pietro*¨;---   ‘fabbrica cappelli soc.an. già Bagnara e figlio’ che occupava quasi tutto il lato a ponente della strada, oggi i civv. 6, 8, 10).  Per il Pagano, nel 1912 diventò: «‘Cappellificio Cinzio Bagnara’; nel 1925 fu “cappellificio Bagnara” (fabbrica cappelli di feltro e paglia). Fabbrica a Sampierdarena via A.Doria (superiore) telef. 41107. Succursali Milano-Genova»; la stranezza architettonica ne fa un unico in tutta la regione: un misto tra parigino, napoletano, carcere---   il negoz. vini di Giuseppe Vernazza*¨;--- il confettiere Moizo Attilio (con negozio in via DeMarini di droghiere; nel *°¨ è anche in via Manin);---.

  Trovo scritto che vi era aperta la sede della Ardita Juventus (un circolo ciclistico locale che darà vita a gare  ed attività di spicco per la città  a livello nazionale; e vivrà sino al 1924. Direttore sportivo divenne Augusto Morselli bolognese trapiantato e per tutta la vita grande  sostenitore dello sport ciclistico; e “sponsor”  particolare fu un Florio,  fabbricante di biciclette con officina posta nella stessa via).

   Nel 1910 la ‘via Andrea Doria, da via C.Colombo a via sant’Antonio’ aveva civici sino al 10 ed al 15.

   Nel Pagano/ 1912° compaiono nuovi (vedi 1908) 1-3r (angolo via CColombo) i coltellinai fratelli Mas騤 specialità affilatura coltelli per macchine;--- al 28r l’orologiaio Valcasale Antonio¨¤;--- al 29r commestibili e forno di eredi di Caneva¨¤ (Canepa?) Giuseppe;---  al 40r la merciaia Noli Maria¨ e figl (veniva chiamata’Nettin’ ed era madre di ‘Menego’ uno dei due sacrestani della Cella) .

Con civici non specificati:  il ‘lampista’ e lattaio (lavora la latta) Canale Pietro (nel ¨= neg. di lampade; fu uno dei primi ad impiantare questa attività artigianale);--- il parrucchiere Canali Cesare¨ (era ricordato per una speciale spazzola cilindrica, unica nel genere, con la quale ‘domava’ ogni tipo di capigliatura).

Nel Pagano 1925¨ si segnalano: all’ 1-3 (in angolo con v.C.Colombo, il negozio ferramente,e coltellinai f.lli Masè (appassionati di montagna, furono i primo ad aprire in città una rivendita di articoli sportivi);--- al 10-1 la levatrice Saracco Clotilde;--- al 39r la tipografia-cartoleria di Barbieri Luigi (anche legatoria, fornitura completa per uffici; nel ¨¤ è specialità biglietti da visita, consegna istantanea e forniture complete per uffici, arredi sacri.  Su una etichetta  incollata in ultima pagina di un libretto di preghiere da comunione; vi è scritto «cartoleria, tipografia, legatoria libri / Guglielmo Tacchini / via Andrea Doria / San Pier d’Arena»; non è specificato dove era –si presume qui- né di quando. Potrebbe essere quella che negli anni 1950 era del padre di Toletti Enrico).--- civico sconosciuto:  l’officina della fabbrica  metalli di Gatti Epifanio fu L. ( succ. f.lli Gatti C. e E. fu L. e dopo ancora, DeMarchi)  fabbr. Lig. strumenti per pesare e costruz. metalliche (uffici e depositi in via VEmanuele 187r);--- il pizzicagnolo Lanza Angelo¤;---una seconda tipografia di Nencioni & Palmieri;--- le cantine Paleari nella ‘strada superiore’;---

   Nell’elenco delle strade comunali edito  nel 1927, appare la via Andrea Doria, di 1a categoria, assieme ad altre cinque, dedicategli dal Centro, Bolzaneto, Nervi, Pegli, Rivarolo. 

   Nel 1933¤ al civ. 47 l’importatore-esportatore nonché fabbrica di liquori DeAmici Enrico & Parodi; al 49-51 il deposito e fabbrica di liquori c.te Chazalettes & C.(nel 1925 il deposito era in via Vitt.Eman,54); al 59r il droghiere Orengo Maria; civ.60r mobilificio di Repetto Ferdinando;  civ.76r c’era una fabbrica di Marzola Celso che lavorava in  ghiacciaie; ed al civ.79r aveva sede la soc.an. coop. Carlo Rota con vari negozi al dettaglio (in v. A.Doria 37r, cso DAlighieri 42, GBMonti 14, v.Pellegrini 7, v. DeMarini 1, v.Umberto I,147).

 Non specificato dove un negozio di ‘apparecchiatori a gaz, elettricità con lampade, idraulica’ Canale Pietro (dal 1911), ottoniaio; un pizzicagnolo Lanza Angelo¨; una fabbrica di

registri di Palmieri Romeo¨; l’orologiaio Pavese (che aveva l’incarico della manutenzione degli orologi comunali).

Roncagliolo, storico del Gazzettino, ricorda nella via (ponendo i ricordi negli anni 1920-40, non fa distinzione tra via Doria e via Giovanetti) =’Luigi’ con la friggitoria; Caffè Zino detto ‘Gigio’ (ritrovo di sportivi, di calcio, nuoto, pallanuoto, ciclismo); Fanti (negozio di alimentari; imparentati con i Masè); Pasta (la signora, chiamata ‘Milann-a’ vendeva ricami, pizzi, indumenti intimi der la donna); Tosi (era la signora Pia a vendere calzature per bambini); ‘o Baciccia’ vendeva droghe; Marchelli (articoli di abbigliamento, mutande, ecc);‘da ‘ä pippa a-i denti’ vendevba pane, focacciua, farinata, castagnaccio…non aveva fama di grande igienista); Vernazza bottiglieria; Roncallo macelleria; Noli (vendeva stoffe dette ‘parmì’. Era stata preceduta nel locale da una agenzia della Banca Nazionale di Sconto, poi fallita; e fu seguita da Danovaro Tranquillina); Savelli bar; da ‘a Gigia’ trovavi trattoria con alloggio. Personaggio famoso nel tratto inferiore era ‘o Padella’, uomo di spirito allegro e dalle battute mordaci e pronte,barzellettiere e maestro pernacchiatore; caratterizzato dalla paglietta con nastro multicolore, fazzoletto al collo e dalla carrozza munita di gabbia per trasporto dei detenuti tra caserma dei carabinieri e vari carceri). 

   Il 19 ago.1935, con delibera del  podestà, la  strada  venne  intestata al Giovanetti,  per  non  avere  doppioni   con  il  Centro   da quando -dal 1926-  la città entrò a  far parte  della  Grande  Genova   (nel Novella, si cita ancora la vecchia strada ma -tra parentesi- si accenna alla nuova.).

   Da vecchi sampierdarenesi (inizi del 1900) la zona veniva chiamata “da o zeugo da balla” perché in mancanza dei palazzi gli spiazzi venivano utilizzati per il gioco del tamburello o altri giochi simili (tipo ‘balla velenosa’); che di volta in volta dovette spostare prima in piazza Galoppini poi in piazza d’Armi.

 

DEDICATA ad uno dei più illustri personaggi della storia genovese,  riconosciuto quale benemerito e “padre della patria”, grande condottiero ed ammiraglio, principe pirata.

LA FAMIGLIA: da già potenti nei primi decenni dopo l’anno mille– si presume commercianti – acquisirono enormi ricchezze con l’incarico di gabbellieri per l’Imperatore (l’aquila come stemma e san Matteo come protettore). Divenne così una delle più celebri della città; in più, immortalata universalmente dal suo figlio Andrea, determinante la storia locale ed internazionale (meno per quella nazionale) per l’incisività delle sue decisioni.  

 Dal latino «de Auria», derivato dal fatto dei possedimenti dentro e fuori la ‘porta Aurea’ (dalla quale anche il rione Portoria) sarebbe più giusto chiamarla alla latina ‘de Auria’ e quindi D’Oria come ancora fanno tanti per tradizione e –oggi- per anagrafe; ma per uso corrente, quasi tutti adottano la forma senza apostrofo.

La stirpe sarebbe nata ai tempi delle crociate – Cappellini scrive 1089, la prima; la leggenda aggiunge la storia del un conte –o visconte francese- Arduino da Narbona (Nùarbon), il quale venne in città per peregrinare (o di ritorno) in Terrasanta. Ammalatosi però gravemente, fu allora ospitato nella casa DellaVolta (famiglia che poi accettò divenire Cattaneo) e curato in particolare dalla fanciulla Oria (o Orizia). Il nobile prese in sposa la giovane (la cui madre era divenuta vedova, e forse per curare i possedimenti e gli altri figli –fuori città- erano divenuti “de Oria”, e si fermò in città. Ebbero quattro figli, dei quali il primo fu chiamato Ansaldo (e nelle ‘Istorie genovesi’ di Paolo Interiano, anche lui, “de Auria”), ufficialmente capostipite della famiglia genovese. Fu console per quattro volte, ed ambasciatore in Sicilia. Postosi al comando di una flotta, conquistò Almeria (1147) e Tortosa (1148).

La storia della famiglia (essendo assai prolifica, in appena due secoli era già così vasta da non riconoscersi più legami di parentela) si avvale di innumerevoli personaggi, dogi (GiovanniStefano 1633-5, l’uomo più ricco d’Italia; Nicolò 1579-81, primo serenissimo; ), consoli, sacerdoti, ribelli (GioAndrea nel 1576 provocò la riforma del governo locale; Branca, ricordato da Dante; Filippo ucciso nei moti del 1797 lottando contro il governo aristocratico), scienziati, annalisti, ammiragli (Oberto vincitore della Meloria; Lamba vincitore dei veneziani; Corrado di Oberto del sec.XIII fu determinante nella vittoria contro Pisa). Non ultimo, Giacomo fu sindaco di Genova nel 1891.

Da me non conosciuta (ahi, Tosini!) il ramo che si interessò, visse e determinò buona parte della storia di San Pier d’Arena, dalla chiesa della Cella,  alle ville (Franzoniane, don Daste, ecc.).

IL NOSTRO  nacque secondogenito (primogenito fu Davide) ad Oneglia (signoria della Repubblica)  il 30 novembre 1466 (Cappellini scrive 1468) da Ceva a da Caracosa dei Doria di Dolceacqua, allora ramo minore economicamente “debole”, dell’illustre famiglia genovese (Si è scritto che le nobili origini di questo ramo imperiese sono state scoperte risalendo sino all’anno 960, ma –come già scritto in altre occasioni- diventa nebuloso e frequentemente falso l’accertamento di qualsiasi documento anteriore agli anni del prima del 1100. DeLandolina/1923  scrisse che nacque nel 1468; e -riferendo lo storico Canale- aggiunge che fu discendente da un oscuro della nobile famiglia, caduto in povertà e trasferitosi ad Oneglia (mentre conferma che il capostipite della famiglia sarebbe stato del casato principesco di Arduino visconte di Narbona). Nuvolari-Valenziano, raccontando la “saga dei Fugger” –potente casata mercantile danese- propongono la possibilità che Andreas sia stato figlio adottivo di Ceva Doria, ricevutolo dal ricco mercante Markus Fugger,  naufragato col bimbo davanti a Oneglia, e –nell’impossibilità di rientrare in Danimarca col bimbo- lo affidò in cambio di ripetute rimesse di denaro). Visse poi a Genova fino all’età di  94 anni, ove morì il 5 nov.1560 (altri scrive 25 nov; erediteranno i fratelli GioAndrea (il marchesato di Tursi, il protonotariato del regno di Napoli, le galere, il palazzo di Fassolo) e Pagano (feudi appenninici e contea di Loano)).

   Alla sua nascita, era da più di un secolo che la Repubblica cercava una propria identità, dignità, e libertà, da maturare rispetto lo stato feudale precedente. Mentre fuori le mura l’attività prosperava abbastanza rigogliosamente con grosso afflusso di beni (malgrado i corsari barbareschi ed i giochi internazionali tra Papa, francesi, imperatore), in città i ricchi beneficiari di questo benessere, potenti gruppi aristocratici,  si combattevano tra loro per mera questione di potere e-di conseguenza- di alleanze: il patrimonio andava destinato al lavoro (il Banco di san Giorgio, fondaci e navi) ed all’immobiliare (la villa con la torre, la propria chiesa, le case per i sudditi). In particolare l’albergo dei Fregoso c(dei quali a Cesare,  Andrea offrì il favore il 22.8.1527) contro quello degli Adorno (espulsi da Genova dal Doria in nome del re di Francia) sanguinosamente alternandosi al punto che la Repubblica per difendersi si era dovuta appoggiare, e quindi soggiogarsi di volta in volta, ai francesi di Carlo VI (1396), al marchese di Monferrato (1409), ai Visconti (1421), al francese Carlo VII (1458), agli Sforza (1466), a Lodovico il Moro, ai re francesi Luigi XII e Francesco I (1528). 

  Da giovane, come tutti i benestanti, fu educato culturalmente ed alle armi ed il mare. Diciassettenne, rimasto solo, fu raccomandato a Roma nel 1483 quale aspirante uomo d’armi nelle guardie pontificie mettendosi al servizio di Innocenzo VIII (un genovese pure lui: GB.Cybo). In vent’anni di questo impegno, dimostrò attitudine al comando e capacità degne di un capitano di ventura; ed in tale veste fu assunto  dal duca di Urbino, Federico da Montefeltro, e poi da don Ferrante d’Aragona, dalla Francia (contro Consalvo di Cordova ed il duca Valentino Cesare Borgia); ed infine -1503-  dal Banco di san Giorgio (con il grado di prefetto del porto, e con l’impegno di domare i corsi, ribelli al Banco proprietario dell’isola).  

   Anche  abile marinaio, con un Fregoso doge (1512-5), fu assunto per comandare le uniche (chi dice due, chi quattro) rimaste galee genovesi contro i pirati, al servizio del re di Francia Francesco I di Valois che lo nominò ammiraglio (Il re francese e l’imperatore CarloV d’Asburgo, furono i personaggi più potenti del cinquecento. Nel febbraio 1525 il francese fu sconfitto e preso prigioniero a Pavia dagli imperiali; tornato libero, usò il Doria per riconquistare i genovesi, divenuti da colonizzatori e mercanti con l’oriente a banchieri, arrestando l’ultimo doge perpetuo Antoniotto Adorno e dando il comando di governatore a Cesare Fregoso). Però il sire francese non solo non accettò di pagare il servizio, ma neanche nascose l’ambizione di sottomettere la nostra Repubblica, a proprio uso e comando. Pertanto il Doria nell’anno 1528, si svincolò a sorpresa dall’impegno col regnante d’oltralpe e stilò un accordo (‘asiento’: ovvero affitto delle proprie navi) con l’imperatore (e re di Spagna) Carlo V d’Asburgo, quello sul cui dominio non tramontava mai il sole. Nel 1529 il Doria con 15 galee e 400 uomini era andato a Barcellona a prenderlo per portarlo a Genova –ove arrivarono 67 galee trasportando 4mila soldati di scorta; qui ristettero dal 12 al 21 agosto prima di ripartire per Bologna ove essere incoronato Imperatore. Continuamente bisognoso di soldi per pagare le innumerevoli iniziative (indebitamento sia per necessità di sempre migliori navigli per i traffici atlantici nelle nuove terre; sia per continua guerre in Europa; sia per la corte), facilmente divenne debitore del Doria, che ricambiò con parte del debito (25mila scudi),  onoreficenze (Toson d’Oro e ducato di Melfi (Basilicata; che produceva 40mila ducati l’anno) ma soprattutto con la promessa –a lui molto conveniente- dell’indipendenza della Repubblica genovese con dominio –ovvero “piena sovranità”- su Savona, e parità, nei commerci in tutti gli stati dell’impero, con propri sudditi).    A Madrid il 10 agosto firmò un patto di collaborazione; il 13 settembre guidando tredici galee   entrò nel porto di Genova e sollevò la popolazione contro i francesi conquistando la fortezza di Castelletto, facendo eleggere un doge biennale e riportando alla totale autonomia il comando del Comune che divenne Stato, ovvero Repubblica; il 28 ottobre rase al suolo le mura di Savona per una sua sottomissione definitiva.

Capì così nel frattempo, che troppa confusione regnava tra i potenti nobili e padroni dell’economia; e che era quindi  necessario prima di tutto  riformare l’interno dell’ordinamento dello stato repubblicano onde riuscire a mantenere un minimo di autonomia ed indipendenza politica.    

Come detto, il comando della Repubblica fu affidato ad un Doge (ma con carica biennale), sorretto da persone scelte tra le famiglie nobili e di cospicui capitali (esclusi i Fregoso e gli Adorno); il Doria partecipò a formare un ordinamento tale da disciplinare i poteri della casate nobili, eliminare così rivalità e malcontenti e mettere ordine nelle gerarchie del governo: raccolse i popolari in 5 casate ed i nobili in 28“Alberghi” (per farne parte occorreva possedere minimo sei case in città; ed accettare il cognome di uno dei ventotto).

(Furono popolari i DeFornari, DeFranchi, Giustiniani, Promontorio, Sauli. 

Furono alberghi i Calvi, Cattaneo, Centurione, Cibo, Cicala, D’Oria, Fieschi, Fornari, DeFranchi, Gentile, Giustiniani, Grillo, Grimaldi, Imperiale, Interiano, Lercari, Lomellini, DeMarini, DiNegro, Negrone, Pallavicino, Pinelli, Promontorio, Salvago, Sauli, Spinola, Usodimare, Vivaldi. Per un totale di 600 cognomi e 861 cittadini.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     

Furono aggregati le famiglie nobili: DeLagnello, DeRado, DaLecca, DeSanMatteo, Re, Castigliona, Inurea, Riccardi, Segno, Galeana, Cantalupo, Bergona, Foresta, Piacenza, Clavexana, Mottina, Rovere, Noce, Berinsona, Marchese, Bertorotta, Brocarda, Novara, Sperona, Bozola, Cornera, Chiavaria, Malaspina, Chiarella, Fossa.

Mancano 4 famiglie delle quali non vienere riportato il nome, 

La Repubblica, grata, gli donò un palazzo (ancor oggi eretto in piazza san Matteo; non usato perché in zona pericolosa), gli innalzò una statua (distrutta in tumulto del 1797, è stata rifatta ed esposta all’ingresso del palazzo Ducale), lo nominò ‘padre della patria’ e Priore perpetuo del Magistrato dei Sindacatori, esentandolo (forse unico al mondo) dal dover pagare le tasse. Era divenuto così, senza essere doge, l’unico vero dominatore della Repubblica; Paolo III Farnese gli donò una spada con l’elsa arricchita di gemme, conservata nella chiesa di san Matteo.  Con C.Colombo, sono i navigatori più rinomati del ‘500 italiano.

Da mecenate, contribuì ad abbellire la sua casa nel palazzo fuori mura, con opere d’arte (Perin del Vaga, allievo di Raffaello, su tutti).

Nel 1533 ebbe ospite Carlo V, con seguito di mille persone, fornendo a tutti sfarzo e ‘signorate’ varie

Da buon condottiero, difese il commercio e la navigazione combattendo  nel 1534, a 66 anni, i pirati barbareschi guidati da in genere crudeli corridori come Dragut, Auroudj Barbarossa, Saracino (ed altri minori dal nome bizzarramente fantasioso come Camalicchio, Mezzomorto, Maezzamamma, Sinãm il giudeo) che infestavano le coste. Nominato Sommo Ammiraglio della flotta, guidò 72 galee (del Papa, del regno di Napoli, genovesi  di casa Doria, spagnole, portoghesi), e 60 navi da carico con 18mila arruolati. Da buon politico seppe amicarsi e farsi rispettare dai potenti del tempo, tanto da permettere che la Repubblica rimanesse autonoma e fortissima (il re di Spagna già gli aveva concesso il titolo di Principe di Melfi; da cui il nome della piazza, in zona Fassolo, ove c’è ancora il suo grosso e ricco palazzo. É l’unica persona che nella storia della Repubblica ha avuto e portato questo titolo monarchico. Gli attribuì anche il ducato di Tursi –Basilicata-).

   Ovviamente ci furono i malcontenti: di essi i più fieri furono Gian Luigi Fieschi (guelfo, conte di Lavagna, il 2 gennaio 1547 quando il Doria era ultraottantenne. L’ipotesi era riunire le truppe fliscane in città e far sollevare i galeotti nel porto e bloccare le navi dei Doria; uccidere sia Andrea e Giannettino Doria che Adamo Centurione banchiere di CarloV; nominare doge Barnaba Adorno e tornare sotto la Francia. Il Doria fuggì a Masone da dove diresse il ricupero dell’ordine alla morte di GianLuigi e fuga dei Fieschi a Montoggio);  ed in tempo successivo Giulio Cybo (marchese di Massa e Carrara cognato dei Fieschi); ambedue alleati di Francia e Parma, tentarono invano di sovvertire l’ordine da lui  instaurato.

   Ultime due  iniziative, prima di dare le consegne al nipote GianAndrea (figlio di Giannettino)furono: far approvare una nuova legge, detta ‘del garibetto’mirata a ridare ordine ed evitare di alterarsi con l’imperatore che voleva un suo presidio militare in città, mirato a garantire la fedeltà alla Spagna; e ultima a 87 anni la riconquista della Corsica

   Morì 94enne alle ore 10 di lunedì 25 novembre 1560 (Ascheri scrive 22), nel palazzo in Fassolo, distrutto dalla notizia della sconfitta da Dragut ed Ulug-Alì Gerbe, che pregiudicava il dominio del Mediterraneo.

   La sua tomba è posta nella cripta della chiesa di san Matteo.

La sua figura viene riproposta in vari busti e targhe nella città; tra tante, la statua posta sopra la galleria N.Bixio di Corvetto (opera di E.Baroni del 1929).

 

Nel 2009  il principe -erede  dell'ammiraglio- è Jonathan (1963- )Doria Pamphilj;  ha una sorella Jesine (-.-) entrambi figli di Orietta Doria (1922-2000) che nel 1958 aveva sposato un ufficiale di marina inglese, di sangue non nobile, Frank Pogson. La coppia non ebbe figli; ed i due risultano ambedue adottati in orfanatrofio (dove il nome del ragazzo era Archibald, e quello della sorella, Mary; e nessuno dei due ha preso il cognome inglese, ma quello nobile della madre). La madre Orietta ha loro lasciato l'eredità familiare con una sola clausola: la non dispersione dell'immenso patrimonio (più vistosi, il palazzo genovese e quelli romani). Entrambi vivono a Roma nel loro palazzo in via del Corso ove sono ospitate mirabolanti ricchezze (tra cui, quadri di Velazquez, Raffaello, Caravaggio, Rubens, ecc.) in una situazione complessa coinvolgente non solo la discendenza nobiliare ma anchele sceltecomportamentali e legali. La legge italiana è chiara per alcune parti del problema, meno su altre e sulle quali sta infuriando la polemica politica (=famiglie alternative):

-Gesine ha sposato Massimiliano Floridi (esperto d'arte) dal quale ha avuto 4 femmine (Anna-199e4; Elisa-1995; Orietta-2002; Irene-2004).

-Jonathan, celibe, dichiaratamente ed apertamente riconosciuto omosessuale (presenza in prima fila al gay pride di Genova 2009+ assoc.genitori di omosessuali; libertà intellettuale, orgoglio, intelligenza, indifferente della provocazione che pone) vive con il suo partner, il brasiliano -Elson Edeno Braga-  a cui è unito a Londra da civil partnership. Per meglio rappresentare la continuità dinastica, ha rinunciato al nome del padre ma non al passaporto inglese desiderando avere una progenie, ha adottato un sistema concesso in alcuni paesi esteri: ovulo (da una donatrice) ed utero (in affitto, da altra donatrice. Metodo proibito ed  illegale in Italia, punito col carcere e dove una coppia gay non può formare famiglia e quindi neanche adottare).

Ha avuto così - dopo aver consultato una clinica specializzata californiana-  prima Emily, nata a Wichita nel Kansas il 12 ago.2007 (in un articolo di 22 ottobre 09, si scrive nata nel 2006; e quindi 2007 per il fratello). Poi, selezionando geneticamente da avere la sicurezza maschile, FilippoAndrea, nato in Ucraina  il 20 ago 2008. Ambedue con due madri (una donatrice dell'ovulo; l'altra dell'utero) e con passaporto inglese per evitare che -quando in Italia- siano sottratti al genitore. Infatti, con due papà e nessuna mamma (maternità surrogata), debbono per molto tempo vivere in Brasile.

Poiché la legge italiana riconosce come madre la partoriente, Gesine nel 2007 (solo per Emily ché FilippoA era ancora da nascere) ha denunciato la situazione illegale del fratello trascinandolo in tribunale (Procura di Roma) col fine del non riconoscimento italiano dei due figli di Jonathan  ed in più nel timore che la madre (sconosciuta) di FilippoAndrea, esca all'aperto.

 

La discendenza del nostro Doria, sintetizzata, inizia con

--Niccolò

--Emanuele 1282

--Antonio

--Ceva

--Francesco   sposa Chiaretta Doria

--Ceva           sposa Caracosa Doria

-----Andrea I (Oneglia-1466-1560) principe di Melfi – sposa Peretta Cibo ved. DelCarretto

-----Giannettino (-.1547) sposa nel 1537 Ginetta Centurione

-----Giovanni Andrea I (1540?-1606)   sposa nel 1558 Zenobia DelCarretto

-----Andrea II (1570-1612) sposa Giovanna Colonna   -  principe di Melfi

-----Giovanni Andrea II (Pagano; 1607-1640 ) sposa Maria polissena Landi – vicerè di Sardegna

-----Andrea III (1628-1654) sposa Violante Lomellini nel 1652

-----Giovanni Andrea III (1653-1737) – sposa Anna Pamphilj

-----Andrea  (1675-1737) sposa Livia Maria nel 1703

-----Giovanni Andrea IV (1705-1764) sposa Maria Giovanna Doria di Tursi nel 1726; poi

                                                                      Eleonora Carafa dei duchi di Andria nel 1742

-----Andrea IV (Giorgio; 1747-1820) sposa Leopolda di Savoia Carignano nel 1767

-----Luigi Giovanni Andrea V (1779-1838) sposa Teresa Orsini di Gravina nel 1808

-----Filippo Andrea V (1813-1876) sposa Mary Talbot dei conti Shrewsbury nel 1839

-----Alfonso (1851-1914) sposa Emily Pelham Clinton dei duchi di Newcastle nel 1882

-----Filippo Andrea VI (1886-1958) sposa Gesine Mary Dykes nel 1921

-----Orietta (1922-2000) sposa Frank Pogson nel 1958

-----Jonathan (1963-   

 

BIBLIOGRAFIA

-Archivio Storico Comunale

-Archivio StoricoComunale Toponomastica - scheda 1646 

-Ascheri GA.-Notizie storiche delle famiglie…-DeFerrari.2003-pag.XI

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-Borghesi V.-Vita del principe GAndrea Doria-C.d.Librai 1997-p.XLVI

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-Lamponi M-Genova in bicicletta-Valenti.1977-pag.82

-Museo s.Agostino-archivio toponomastica

-Novella P.-Strade di Ge.-Manoscritto bibl.Berio.1900-pag.16.19

-Nuvolari&Valenziano-La saga dei Fugger-DeFerrari.1993-pag49

-Pagano 1911+1912+1919+1925+1933-pag.246+

-Pasolini A.-Semmo da taera de Colombo-NEG.1990- pag29

-Pescio A.-I nomi delle strade di Genova-Forni.1986-pag. 32

-Rivista ‘Genova’   :   2/44.1  +  12/67.24  +

-Rota A.-Enciclopedia dei Liguri Illustri-ERGA.vol.II-Andrea Doria

-Scriba G.-Memorie storiche su Caffaro del 12 ago.1881-SocLigStPatria