DONNE                                        Rotonda  Donne Di Teheran

 

    

 

A Teheran (ma in tutto il vasto oriente - con religione diversa dalla cattolica – specie se esasperate dall’interpretazione restrittiva - oggi chiamata ‘integralismo talebano’), succedono fatti  - probabilmete sempre successi nella storia del paese, compresi quelli limitrofi e- in antichità anche da noi, e che ora vengono alla luce mondiale in virtù della telematica.

In occidente, l’evoluzione  dei diritti dell’uomo è stata lenta, ma c’è stata; in particolare sono considerati fondamentali i concetti di “diritto al lavoro, alla sicurezza, alla cultura ed all’eguaglianza – e, quest’ultima, senza discriminazioni di razza, religione, sesso, lingua”.

Questi avvenimenti nel lontano oriente, da loro giustificati non sulla nostra base (del diritto dell’uomo) ma su quello “divino” del Corano (e quindi insindacabile né criticabile – anche se poi interpretabile a proprio uso e consumo) provengono sicuramente da pesanti risvolti politici qualificabili nel “potere” o “dittatura”  (ovvero nella capacità insita -in alcuni uomi (il charma, magnetismo, trascinatori – fino ai capipopolo) di sapersi proporre come interpreti della massa degli altri; e la religione è l’arma più semplice per avere la mano pesante sui non consenzienti); ed urtano contro l’educazione ed emancipazione dei diritti individuali ai quali si ispira l’occidente.

Si sono formati così movimenti di ribellione a questi fatti  giudicati di arretratezza; e le manifestazioni – di piazza o cortei mirano a sensibilizzare sempre di più sul tema, la gente agnostica e superficiale.  Unico lato negativo di questa reazione, è che con troppa frequenza ed evidenza viene guidata dagli interessi politici locali (politicaly no correct): anche noi non abbiamo del tutto superato le barriere nord.sud-padania-altoadige.sudtirolo. Così, mentre si osteggiano irruentemente situazioni particolari, se ne ignorano tantissime altre,  altrettanto pesanti (come la pena di morte -vigente negli Usa, in Cina ed in questi paesi medioorientali- e sia le stragi che si effettuano in Africa. E ne cito solo una minima parte); si recrimina e ci si mobilita per quelli che motivano questa lapide ma  nessuno si muove per il Tibet, per i Curdi e per tante altre minoranze  violentate.

Ovviamente questa ‘protesta’ crea a sua volta una controreazione di irrigidimento, che –dicono loro- si professa inflessibile ed a salvaguardia dei principi e della fede religiosa, e non lascia microaperture di autocritica allegando messaggi ben chiari: non si accettiamo ingerenze.

   L' iniziativa genovese (inserita nella ‘settimana internazionale dei Diritti’ promossa dal Comune) nacque l' 8 marzo 2010 grazie a Mariam Molavi della comunità iraniana nel capoluogo ligure (duecentocinquanta persone).

Dalla cronaca, dai tam tam di internet sono così emersi i nomi di Neda (Neda Salehi Agha-Soltan  in persiano: ندا آقاسلطان, nata a Teheran il 23 gennaio 1983 – morta il 20 giugno 2009. Studentessa di filosofia era in compagnia del suo insegnante di musica Hamid Panahi partecipando alla protesta contro l'esito sospetto delle elezioni. Alle ore 19:05, nel viale Kargar, all'incrocio con via Khosravi e via Salehi, un membro dei Basij, la milizia armata, le ha sparato uccidendola. La sua morte ebbe subito reazioni internazionali a causa di un video amatoriale diffuso via Internet che testimoniò gli ultimi istanti della sua vita. Il suo nome - Neda significa "voce" o "chiamata" - è velocemente diventato un grido di protesta, scandito dagli oppositori al governo del presidente Ahmadinejad[, che riconoscono in Mir Hosein Musavi il reale vincitore delle elezioni presidenziali, accusando il presidente in carica di brogli. Per questo la donna è stata definita come la "voce dell'Iran" e "un simbolo dei manifestanti per la democrazia che stanno attaccando il regime islamico), e di altre due studentesse, uccise nella capitale da una sparatoria notturna da miliziani, che colpì  nel mucchio del dormitorio universitario. Nonché  della giovane curda Shirin, impiccata nel maggio scorso dopo un processo a porte chiuse e il cui corpo non è mai stato riconsegnato alla famiglia; delle tante donne e giornaliste imprigionate; e di Zeinab, che potrebbe essere impiccata da un giorno all' altro.

   Alle rimostranze per via diplomatica, si stanno aprendo correnti di pensiero e di fatto in tutto il mondo occidentale che hanno scelto questo nome generico “Donne di Teheran” per indicare tutti i suprusi fatte alle donne per qualsiasi motivo, foss’anche religioso.

 

La Giunta genovese, con sindaco in testa (Marta Vincenzi) ha accettato di collocare una targa a questo movimento nel marzo 2010, trovando uno spazio ove collocare una statua-totem che riporta il volto di Neda e una targa.

La statua fu scoperta il 20 luglio 2010, con solenne cerimonia, presenti

tante madri in lutto che, mostrando centinaia di immagini di giovani vittime, hanno testimoniato il dolore e l' orgoglio di un paese che non è quello rappresentato dalle informazioni riportate dai nostri media ma solo il 5% di quella reale. In giornata è stato anche insignito di laurea ad honorem e cittadinanza, l’avvocato Shirin Ebadi, che nel 2003 - prima donna musulmana è stata insignita del Nobel per la pace  «Questa targa porta il nome della libertà»  ha detto, ringraziando «e il nome delle donne che negli ultimi tredici mesi hanno lottato per la libertà iraniana...  i loro nomi non saranno dimenticati. I governi vanno e vengono, i popoli rimangono: e questa piazza rimane come un legame eterno tra le donne iraniane e quelle genovesi, italiane ». Promettendo il Comune, che in primavera nell’aiuola rotonda della Fiumara fioriranno i tulipani rossi, scelti come simbolo della lotta iraniana per la democrazia, e il sangue versato dai loro martiri.

 

  La targa, è stata uficialmente inaugurata il 16 dicembre, presso una aiuola circolare in via Mantovani, all’altezza del Mazda Palace.

 

  Ai nomi su citati, altrettanto clamore desta da mesi la condanna a morte, emessa nel 2006, mediante lapidazione della donna iraniana Sakineh Mohammadi Ashtiani, 43 anni di Tabriz (nord-ovest dell’Iran), accusata di adulterio e dell’uccisione del marito.

Sakineh Mohammadi Ashtiani fu condannata per la prima volta il 15 maggio 2006, da un tribunale di Tabriz, per il reato di "relazione illecita" con due uomini in seguito alla morte del marito. Fu condannata a ricevere 99 frustate, e la condanna venne eseguita.  In seguito, nel settembre 2006 ricevette una nuova condanna quando un tribunale penale accusò uno dei due uomini per il coinvolgimento nella morte del marito di Mohammadi Ashtiani. Per questo venne condannata per concorso in omicidio mentre ancora sposata, e condannata a morte per lapidazione. Il mondo intero occidentale e gli stessi stati musulmani più progressisti si sono ribellati a questa sentenza mettendo in atto manifestazioni popolari, striscioni, appelli in Internet e sui media,  comitati (il più importante con sede in Germania) specifici contro la pena di morte.

Questa onda di sdegno, ha indotto il governo iraniano – non senza risentimento per ingerenza definita ‘politica’ ma in realtà religiosa – a rimandare l’esecuzione; con alterne decisioni ma con la ‘talebana’ decisione di portare alla realizzazione la condanna (interpretazione estremista del Corano, trascurando laddove lui parla di positiva convivenza e rispetto); sino alla beffa del 10 dicembre 2010 quando si annunciò la liberazione della donna (che invece era solo stata portata a casa sua perché registrasse – sul luogo del crimine – la confessione della ‘pianificazione’ dell’omicidio.  Decisione che si presta a trutte le interpretazioni, ottimistiche e pessimistiche). Anche il figlio della donna, Sajjad fu arrestato nel 2008 con l’accusa di partecipazione, e rischia l’impiccagione, mentre sono in cacere anche l’avvocato della donna Javid Hutan-Kian assieme a due giornalisti tedeschi catturati mentre la intervistavano (il primo avvocato – la su citata Shirin Ebadi – era stata  costretta a esiliarsi in Norvegia perché contestata dalle autorità avendo difeso la donna).

 

BIBLIOGRAFIA

-Google-Sakineh  e  Neda

-Il Secolo XIX quotidiano : 11.12.2010-pag. 7

-Repubblica - sezione: GENOVA - 22.07.2010-pagina 7