D’ AZEGLIO via Massimo D’Azeglio
Ci adeguiamo all’inserimento del nome alla lettera D, come appare in tutti gli stradari compresi quelli comunali, quando però dovrebbe far parte della lettera A di Azeglio.
TARGHE: via Massimo d’Azeglio
da via D.Chiesa
da via G.Malinverni
QUARTIERE ANTICO: Coscia
Da Vinzoni 1757. ipotetico tracciato della via, nei terreni del principe di Francavici. In blu villa Spinola; rosso villa Grimaldi della Fortezza; giallo villa Scassi e vico Imperiale; celeste ipotetico tracciati di via Malinverni e fucsia, via Pirlone.
N°IMMATRICOLAZIONE: 2766, CATEGORIA 2
da Pagano/1961
CODICE INFORMATICO DELLA STRADA - n°: 21460
UNITÀ URBANISTICA: 28 – s.BARTOLOMEO
da Google Earth, 2007. In fucsia via palazzo della Fortezza; celeste, via DChiesa; giallo, via Malinverni.
CAP: 16149
PARROCCHIA: s.Maria delle Grazie
STRUTTURA: strada comunale carrabile, senso unico veicolare da via D.Chiesa a via G.Malinverni.
Lunga metri 62,57, è larga m. 5,52 .
STORIA: nel primi anni del 1900 fu proposta questa intestazione, per il “vico trasversale che da via E.DeAmicis (via G.Malinverni + via G.Balbi Piovera) tende a quello Imperiale” (via D.Chiesa).
Con le stesse delimitazioni stradali, e sempre ‘vico’, era ancora nel 1910 (da “via E De Amicis al vico Imperiale”), con civici sino al 5.
Per il Novella (descrizione del 1900-1930 circa), si dipartiva come “vico, da via N.D’Aste”: questa descrizione, o è un errore, o al suo tempo comprendeva il tratto, attualmente intestato a via Palazzo della Fortezza, che da via Daste si innesta nella strada trasversale.
Nel 1927 è inclusa nelle vie cittadine dello stradario firmato dal podestà, e classificata di 3a categoria.
Nel 1933 ancora congiungeva le strade con gli stessi nomi: “da via Imperiale a via E.De Amicis”; ed era sempre di 3.a categoria.
Dopo l’ultima guerra il tratto perpendicolare centrale proveniente da via Daste –il che confermerebbe che si considerava facente parte di questa strada- cambiò nome, venendo considerato prolungamento dell’antica strada Larga, verso il mare, e quindi la titolazione a D’Azeglio divenne definitiva limitatamente alla trasversale che unisce le due strade principali parallele.
Nel Pagano/40 appare limitata da via G.Balbi Piovera e da via D.Chiesa; e nei 4 civv.rossi sono descritti una latteria (14r), una osteria (9r), un carbonaio (1r) ed un fruttivendolo (16r)
Nel Pagano 1950 è descritto un solo esercizio commerciale: l’osteria al 9r di Obelisco G.
CIVICI
2007=NERI = da 1 a 5
ROSSI = da 1r a 23r e da 2r a 20r
Il Costa/1928 cita questi esercizi: 13r=Vernier Francesco, modellista-- 21r=Perfetti Giuseppina, fruttivendola-- 23r=Sanguatti Antonio, conserve alimentari--
DEDICATA al pittore, letterato, politico torinese (nato il 24 ottobre 1798 -1866) terzogenito (dopo Roberto e Prospero; prima di Luigi ed Enrico) di Cesare (uno dei migliori ufficiali piemontesi) e Cristina Morozzo di Bianzé. Il loro cognome reale era Taparelli, marchese d’Azeglio (comune in provincia di Torino).
Durante l’occupazione francese del Piemonte visse l’infanzia esule a Firenze, poi a Napoli; venendo severamente educato dal padre sia fisicamente che nel controllare le emozioni e ad erudirsi.
Caduto Napoleone, poté tornare a Torino ove poi frequentò l’ università.
Seguendo l’indole paterna nella carriera militare si arruolò come ufficiale sottotenente di cavalleria nel reggimento “Piemonte Reale”, dimettendosi nella prima maturità. Riprese poi la divisa, all’età di 50enne.
1820- andò a studiare a Roma, sopratutto –inizialmente- come pittore ma dove frequentò, e ne divenne seguace l’Alfieri, dal quale apprese l’amor patrio infuocato.
Dalla Città eterna tornò per esporre (a Torino-1831; Brera di Milaneo-1833; Parigi-1836), producendo fino all’età di 50 anni tele di paesaggi, e scene di avvenimenti storici, molti ora conservati a Torino e Milano.
A Milano, inseritosi nel gruppo romantico che faceva capo al Manzoni conobbe e sposò nel 1831, Giulia, sua primogenita, che però morì giovanissima: iniziò allora a scrivere temi ad indirizzo legale, lontani dai moti rivoluzionari ma permeati dell’amor patrio acquisito; dal suocero ottenne incoraggiamenti a pubblicare nel 1833 il romanzo ambientato nel 1503, intitolato “Ettore Fieramosca, la disfida di Barletta”, a cui seguì dieci anni dopo “Niccolò de’ Lapi” ambientato nell’assedio di Firenze del 1530, e “La lega Lombarda”; tutti e tre con chiari propositi di libertà e di sentimenti patriottici.
Maturò contemporaneamente una attività politica, anch’essa tesa alla causa del Risorgimento e favorevole all’ideale di unità a cui collaborò, sia scrivendo e pubblicando opere atte ad incendiare i cuori di amor patrio, seppur sempre contrario a raggiungere lo scopo con congiure segrete o sovversive, cospirazioni e rivoluzioni. Iniziò girando l’Italia per conoscere le società carbonare e mazziniane.
Nel 1846 scrisse una forte critica al malgoverno pontificio con il libro “Degli ultimi casi di Romagna”: denunciato per questo, fu obbligato ad abbandonare la Toscana e rifugiarsi a Genova.
A Genova propose le parole per la lapide da porre in Portoria al monumento del Balilla (sempre con la mira di stuzzicare gli animi contro l’austriaco); e si adoperò affinché la città - in segno di amicizia tra italiani - restituisse a Pisa le catene che difendevano il porto e che nel lontano 1290 furono prelevate quale trofeo di vittoria, da Corrado Doria.
Nel 1848 a Roma stampò “I lutti di Lombardia” riferiti alla repressione in Milano e ricercando la giustificazione storica dell’imminente guerra contro l’Austria.
Cinquantenne, seppur mirato alla pace, coerente con gli ideali politici e di azione, rivestì la divisa militare e partì per la guerra (1848-9) come aiutante di campo di Durando; rimase ferito il 10 giugno a Vicenza prima dei fatti di Custoza. In convalescenza frequentò così amici che diverranno grandi economisti o politici o narratori, come Marco Minghetti, il sac. Raffaello Lambruschini, Cesare Cantù.
Nel 1849, subito dopo Novara, Vittorio Emanuele II lo incaricò di formare un governo: fu così dal 7 maggio, il primo Presidente del Consiglio dei Ministri; resse l’incarico sino al 1852, quando si dimise per divergenze di idee col Cavour, che però lo suggerì come suo successore avendo ben agito nella pace con l’Austria, Francia ed Inghilterra e con la Chiesa (con la quale stilò un trattato giudicato di “ridimensionamento rivoluzionario”: abolizione dei privilegi, dell’immunità, dei tribunali; ed apertura di asili).
Nominato senatore l’anno dopo, scrisse il libro”il Governo di Piemonte e la Corte di Roma” per evidenziare il comportamento equivoco e di doppiezza di molti prelati vicini al Papa.
Inviato come diplomatico, ministro plenipotenziario all’estero (Parigi e poi Londra), svolse il ruolo di regio commissario in Romagna e governatore di Milano.
Tendenzialmente chiuso, divenne sempre più isolato, incompreso nonché trascurato; preferì ritirarsi a vita privata sul lago Maggiore, dandosi a scrivere“ I miei ricordi”, rimasti però incompiuti per la morte sopravvenuta a Torino il 15 gennaio 1866 (pubblicati postumi nel 1867 dalla figlia Alessandrina marchesa Ricci, rappresentano una delle opere autobiografiche migliori dell’ 800, sia letteraria che storica).
vista verso ponente (da satellite, 2010)
veduta verso levante (da satellite, 2010)
BIBLIOGRAFIA
-Archivio Storico Comunale
-Archivio St. Comunale Toponomastica - scheda1534
-AA.VV.Annuario-guida archidiocesi –ed./94-pag.400---ed./02-pag.438
-Costa, guida di Genova 1928-pagg. da 967
-DeLandolina CG- Sampierdarena -Rinascenza.1922-pag.39
-Enciclopedia Motta
-Enciclopedia Sonzogno
-Enciclopedia Treccani ed.1933
-Lamponi M.- Sampierdarena- LibroPiù.2002. pag. 63
-Novella P.-Strade di Ge.-Manoscritto bibl.Berio-1900-pag.17.18
-Pagano 1940- pagg. 270
-Poleggi E. &C.-Atlante di Genova-Marsilio.1995-tav.35