CHIUSONE via Chiusone
TARGA: San Pier d’Arena – via Chiusone
QUARTIERE ANTICO: san Martino
da MVinzoni, 1757. In giallo, via san Martino con la pieve ed oratorio; in celeste via Vicenza e Campasso; linea nera percorso di torrente.
N° IMMATRICOLAZIONE: 2757, CATEGORIA 3
da Pagano/1967-8
CODICE INFORMATICO DELLA STRADA - n° : 16920
UNITÀ URBANISTICA: 24 - CAMPASSO
in giallo via W.Fillak; celeste via Miani; rosso via del Campasso. Da Google Earth 2007-04-03
CAP: 16151
PARROCCHIA: s.Maria delle Grazie (sic. Errore: è sGaetano & s.G.Bosco)
STRUTTURA: da via W.Fillak, verso ponente per centocinquanta metri circa, chiusa al termine da un muro-caseggiato; ha alla sinistra appaiono due (che da Google si vedono essere in realtà quattro) lunghi caseggiati ad uso abitazione civile con numerazione civica pari, ciascuno con due portoni, sino all’8. Caratteristica è che le due costruzioni sono apparentemente conseguenti nella facciata sulla strada facenti parte di una specie di cuneo con quelli che prospettano su via Carlo Orgero
Essendo una strada di grande passaggio degli operai che andavano nelle fabbriche a Cornigliano, numerosi erano gli esercizi commerciali aperti, specie osterie. Attualmente non se ne apre nessuno.
È servita da ambedue gli acquedotti DeFerrari Galliera e Nicolay
CIVICI
NEL 2007- neri civ. 1 ; dal 2 all’8
rossi civ. 3r (manca 1); dal 2r al 26r (compresi di 8a.b)
===civ. 1 : un’unica grande costruzione dell’ex canapificio
Sulla riva a nord dello stesso ruscello proveniente da Belvedere, fu costruita la corderia Carrena & Torre. Una prima corderia, dapprima gestita familiarmente dai Carrena quali abili artigiani, i quali - dal 1786, anno dei primi documenti - divenne impresa ben strutturata, in apposito edificio nella zona della marina, vicino ai punti di scarico delle materie prime (lo sparto in particolare) necessarie per fare le corde. Nel 1844 nacque la soc. Carrena & Torre (dalla consociazione tra cognati: il cav. Francesco Carrena ed il comm. Angelo Torre – sindaco della città di San Pier d’Arena ed armatore di velieri che solcavano l’Atlantico. Appena superato metà secolo, avendo ambedue bisogno di spazi, furono ‘sfrattati’ dall’Ansaldo in continua fase di espansione e con priorità nazionali (locomotive e guerre soprattutto). Così che dopo il 1850 i due preferirono accaparrarsi dal demanio quel terreno all’interno della città, che rimaneva libero dopo che era stata costruita la ferrovia e con essa lottizzata tutta la zona e modificati i mezzi di rifornimento (strada carrabile e ferrovia stessa). Ambedue i soci, nel 1862, acquistarono un edificio e dovettero ristrutturarsi completamente ampliando la superficie nel nov.1867, dopo che un violento incendio aveva devastato gli impianti pressoché tutti in legno (sarà poi del 18 marzo 1873 l’atto notarile con cui il terreno, nella prossimità del torrente e che apparteneva al Genio Militare, venne ceduto al Demanio perché lo vendesse alla soc. della ‘Ferrovia dell’Alta Italia’ onde farne un parco ferroviario e lottizzasse il rimanente).
Fu una delle prime fabbriche in Italia ad adottare una caldaia a vapore (importata dall’ Inghilterra); Negli anni 1889-1894 subì un calo del capitale sociale essendo in ‘deperimento’, date le mutate condizioni del naviglio (dalle vele al motore) ed in concomitanza della morte del Torro (1894, 15 genn.). Iniziò così un secondo ciclo, quando venne venduta (con atti successivi: dic.1895-giu.1896-apr.1898) dagli eredi all’imprenditore tedesco Adolf Wenk; divenendo così accomandita della “Aktien Gesellschaft fur Seil, Industrie vormals Fernand Wolff , di Mannheim =
Wenk e l’ing. Ferdinando Wolff, cognati tra loro –e quest’ultimo già direttore a Mannheim- vennero a SPdArena a dirigere l’azienda praticamente divenuta tedesca e modernissima, prima in Europa a fabbricare cavi per trasmissioni) i quali vi investirono in dieci anni oltre un milione di lire e così non solo la tennero in vita rinnovando la meccanizzazione -anche se a scapito del numero degli addetti- ma riuscirono a potenziarla con l’esportazione del materiale prodotto, la vincita di una medaglia d’oro all’Esposizione di Torino del 1898 (arrivando a un totale di 14 medaglie d’oro e 5 d’argento).
Nel 1905, progettando ulteriori ampliamenti ma internazionalmente le nazioni in crisi prebellica, fu ritenuto necessario staccarsi dalla dipendenza tedesca e – non conosco con quale partecipazione dell’Ansaldo-Armstrong, con un capitale di 1,6 milioni necessari, cambiò nome societario divenendo “ ‘Corderia Nazionale’ già Carrena & Torre”. Con questo nome, è tutt’ora esistente (elenco telef.: in via Gramsci, 53r). Il capitale potremmo dire era pressoché totalmente genovese essendo principale azionista l’armatore V.E. Parodi che fu eletto presidente, mentre rimaneva confermando come direttore generale Giorgio Teich.
Iniziò così un terzo ciclo, comprando macchinari nuovi (una motrice elettrica Tosi di 750 Hp) capaci di lavorare anche fibre esotiche (manilla (dalle Filippine), sisal (dall’EstAfrica)) necessarie per portare la fabbrica a divenire la prima per qualità, varietà e quantità in tutto il bacino mediterraneo, anche nel mercato del più piccolo (cordette e spaghi, a buon mercato), mirando a utilizzare anche le vantaggiose fibre di cocco (dall’India) e produrre i sempre più richiesti cavi catramati.
Nel frattempo era stato aperto un nuovo stabilimento a Borzoli.
Nel 1911 la società ne acquistò un’altra denominata “Ligure”, riducendo i concorrenti ai soli tedeschi che però avevano brevettato nuovi cavi diversamente intrecciati (quadrati e poligonali) che offrivano evidenti vantaggi su quelli rotondi; e in parallelo tentò un escamotage: si creò una nuova accomandita, titolata “Vogel & C:” posizionandola a fianco della Corderia (composta dai vertici della Corderia stessa: VE Parodi e Alberto Vogel – vice direttore –nonché da Maria Bolze, moglie del direttore G.Teich); quest’ultima, essendo tedesca, poteva acquistare in Germania i macchinari coperti da brevetto.
I complessi accordi prevedevano la cessione obbligatoria della produzione Vogel alla Corderia Nazionale, in cambio di terreno, fabbricati e fondi per l’acquisto dei macchinari; con il fine conclusivo poi di chiudere e liquidare la Vogel stessa una vlta acquisito il mercato. Il tutto fu realizzato nel 1912.
Dall’anno 1915, la Società iniziò a comperare le case adiacenti al muro di cinta per allargarsi sino a arggiungere la strada nazionale, trasformando tutto in fabbricato industriale nel quale – andarono a lavorare 400 operai.
Abbiamo letto i resoconti di una di queste operazioni: il notaio Bonini si trovò di fronte il sig. EmanueleVittorio Parodi (armatore, presidente della soc.an.Corderia Nazionale già Carena e Torre, capitale £.1.600.000 interamente versato) e Pasquale Merlo (proprietario di un appezzamento di terreno posto in angolo -via Chiusone-via UmbertoI) a nord dell’inizio strada, di 2m,70x7,.90, confinante a ponente con terreni della Corderia che aveva acquistato a ponente il 25 settembre 1901 ancora più vasto terreno e costruito grande fabbricato, la cui centrale elettrica era a ridosso del terreno del Merlo; cioé questo edificio non aveva il distacco previsto dalla legge. Così nella transazione, la Corderia cedette al Merlo 20mq rimanenti, interposti tra le due proprietà purché a) il Merlo rifacesse la cabina per due trasformatori appoggiandosi al muro a nord –delimitante con la proprietà della signora Giuseppina Torre vedova Ravenna-; b) se intendesse costruire sul suo terreno non deve salire oltre i m. 4,10 dal suolo stradale, e deve avere il tetto a terrazzo al di sotto del primo piano della Corderia; c) mantiene sotto il suo terreno al lato nord della strada, lo scarico delle acque che non dovrà essere minore di 25 cmx25, in cemento armato ed intonacato e con uno sbocco di m.1,40x0,42.
In quell’anno però iniziò la guerra contro le nazioni tedesche: i vari Vogel, Teich e Bolze, dovettero abbandonare l’Italia; ciò malgrado intense furono le ordinazioni da parte delle forze armate, sopperite con bravura visto i ristretti traffici navali nel Mediterraneo (guerra sottomarina). Nel 1917 nacque un pesante contenzioso con lo Stato che dapprima accusò sia la ditta Vogel che Corderie di essere con capitali tedeschi e quindi con le accuse di contrabbando, truffa, e commercio col nemico: le indagini e documenti portarono alla chiusura della componente Vogel (che –dapprima sequestrata- fu liquidata e riscattata da un solerte impiegato (rag.Gaggiotti Eugenio) ) ed alla liberazione (se con primaria accusa solo di infrazione di decreto di esportazione, fu annullata poi infine 1920) quella Carrena&Torre (entrata nel gruppo Manifatture Italiane Riunite, poi divenuto Linificio e Canapificio Nazionale).
foto tratta da un depliant con scritta”veduta generale dello Stabilimento”. L’immagine è disegnata ingigantita, con punto di vista dal torrente Polcevera e prospettiva verso est (quindi a destra,d con le auto, c’è vico Chiusone sino all’angolo con l’attuale via Umberto I /// viaFillak a metà-destra. A sinistra, occupato da blocchi, l’antica Piazza d’Armi (vedi a piazza Palmetta).
Nel 1923 una ‘agenzia vendita’ sita nel Porto, fu eletta a deposito (diretto dal sig. Germano Arnier, già direttore genmerale della Corderia).
Producevano cordami di ogni natura (cotone makò e americano; manilla; canapa badese o catramata; sisal; metalliche (da piccole per orologi a medie per parafulmini a grosse ad uso navale, ferroviario, teleferiche, aratri a vapore, ecc)); nonché di tutti gli spessori i quali richiedono -per avere resistenza completa ed uniforme- essere fatti solo a macchina per forza di torsione (sul singolo capo, o questo su altri 3 o 4 capi): da spaghi a corde varie per imballo, nonché da tutti i sartiami per i velieri e per generico uso marittimo, o per trasmissione al posto del cuoio, a cavi metallici intrecciati a varie sezioni. Arrivando ad una produzione giornaliera di 3500 kg di filato di canapa a secco (prodotto che nella quantità di 1600 kg viene convertito in cordetta lucidata) + 4000 kg. di filati e spago di manilla/sisal + 3500 kg di cordami (dei quali 800 kg di cavi quadrati e 300 di quelli metallici). Si erano meritati svariate onorificenze (17 medaglie d’oro, e numerosi diplomi di riconoscimento alle tante esposizioni internazionali) raggiungendo una produzione giornalera di 18mila kg..
Nel libro ‘ Filo da torcere’, in poche righe si delineano spiegazioni nuove, alcune contrastanti con l’opuscolo: fu una delle prime corderie industriali genovesi nata nei primi anni del ‘900, i 100 dipendenti lavoravano in uno ‘stabilimento a Borzoli’ il quale ebbe termine dell’attività nel 1920; e solo dopo l’assorbimento nel ‘Linificio e canapificio Nazionale, si costruì un nuovo stabilimento a Sampierdarena’ -ove ‘vennero trasferiti addetti e macchinari- che chiuderà nel 1970.
Nei locali abbandonati dalla fabbrica (6568 mq+1993 scoperti) - e già nel 1933 non c’era più - furono inseriti uffici della Provincia. Poi dal 1973 fu insediata come provvisoria la scuola statale succursale G.C.Abba (per la quale fu aperta una nuova uscita a cui fu assegnato il civ.3; nato nel 1924 quale Istituto tecnico commerciale e per geometri fu poi arricchito con corsi per ragionieri, geometri, periti commerciali e programmatori, ad indirizzo sperimentale giuridico-economico-aziendale; ben funzionante, arrivò con 92 docenti per 846 alunni iscritti, fino all’anno scolastico 1994-5. Nell’aula magna fu posta nel 1989 una lapide a ricordo di tre partigiani –G.Buranello, W.Fillak, R.Quartini- titolari di altrettante strade cittadine, che furono studenti di questo istituto).
la strada da via del Campasso il vecchio ingresso della scuola
l’edifico, da nord ed il retro, verso la ferrovia
Tutto l’edificio (per 6568 mq al coperto, più 1993 mq allo scoperto) fu ristrutturato nel 1998 con la spesa di 9miliardi circa, ed occupati dal lug.1999 (ma ufficialmente dal 10 gennaio 2000) al terzo piano dagli uffici dell’Unità Organizzativa Statistica comunale; in altri piani dalla direzione centrale dei depositi dei musei del Comune con loro laboratorio di restauro, dall’archivio centrale di palazzo di giustizia e da alcuni altri uffici civici.
===civ. 1r un magazzino dove nel 1923 il falsario Attilio Pollastri riuscì a fuggire alla cattura ‘perdendo’ tutto il materiale che astutamente aveva distribuito in vari appartamenti, tutti però scoperti dalla G.di Finanza (vedi v.VittorioEmanele).
===civ.3r : sede della “Chiesa del Regno di Dio”
===civ.4: all’interno 4 abitava parte della famiglia Travaglia. Dal 1900 impegnati nel mestiere di circensi (acrobati e ballerine le sorelle, Remo era il clown, conosciuto da tutti in città e dipendente di famosi circhi. Limitata l’attività ad un proprio teatrino locale, esercitavano il meraviglioso mestiere del far ridere (vedi via Fillak 32).
===civ. 10r l’unico bar della via, nel 1950 di Baldovino Pierino
STORIA: L’acqua piovana proveniente dal lungo versante di ponente della collina di Belvedere, attraverso vari ruscelli si raccoglie in unico ramo a livello della piazzetta a monte della chiesa del Campasso; di là – una volta a cielo aperto - ora invece scorre sottoterra lungo la linea stradale di via del Campasso, attraversa via W.Fillak allo stesso livello del semaforo, percoirre la nostra via e tutto sotto terra sfocia nel Polcevera.
Negli anni attorno al 1870 , i soci scozzesi industriali Wilson e Mac Laren, comprarono (in parte ed in più tempi -per circa 4900 mq- anche dalla corderia ) vasti appezzamenti di terreno per 13 mila mq., estesi nel tratto a nord rispetto la fabbrica stessa, per impiantare la loro fonderia (terza a San Pier d’Arena, per importanza dopo l’Ansaldo - allora già con 600 dipendenti -, e la Balleydier -con 300 operai -).
In una carta del 1873, viene chiamata “ 7 ª roggia “, e si legge vicina ad una “casa Rebora “ con orti. Un’ altra cartina di poco anteriore al 1900, evidenzia dalla strada principale l’apertura di un ‘passaggio al Polcevera, senza nome‘; e già esisteva il primo palazzo d’angolo a mare con via Vittorio Emanuele (allora civico 46 di quella strada), dove era il ‘caffè Righi’.
Nel 1885 circa, fu aperta in fondo la strada una passerella solo pedonale, al fine di attraversare il torrente Polcevera passando sopra la ferrovia.
Dopo cinque anni una piena del torrente travolse i piloni per cui fu ricostruito nel 1907 con basi e criteri più moderni. Esisteva ancora negli anni 1960: dal fondo strada si saliva una scala in ferro, e si procedeva passando sopra la ferrovia e poi sopra il torrente, per scendere sul lato di Cornigliano. Fu definitivamente abbattuta degli anni 1980 circa.
Anticamente quindi, circa sino ai primi del 1900, il ruscello era a cielo aperto, e l’acqua così convogliata (e solo dopo le piogge), nel tratto finale fu bloccata da una chiusa poiché doveva alimentare sia un mulino (posto nella zona alta di vico Governolo, in località a ponente dell’attuale via Fillak, da dietro dove c’è ora la villetta con giardino), sia poi la corderia (posta vicino allo sbocco nel Polcevera). Nell’immaginazione popolare, la componente più rappresentativa del luogo fu la barriera; e da essa prese nome la strada. Sempre in quell’epoca, ovvero praticamente quindi sino a fine 1800, il ruscello delimitava la zona urbana del borgo, e dava inizio a quel vasto appezzamento abbandonato fino alla Certosa di Rivarolo e chiamato poi piazza d’Armi; il tutto compreso in quel largo fascio di terra che partendo dalla sommità del colle di Belvedere arrivava sino al torrente, e che veniva chiamato “zona della Palmetta”, in buona parte proprietà del marchese Negrotto Cambiaso. Era una zona di campagna, facente parte - fino al torrente - del quartiere del Campasso, composto da qualche contadino, pochi operai di piccole fabbriche locali di turaccioli o candele, depositi di granaglie, stracci, liquori , o occupati nella strada ferrata. In genere i più emarginati, generalmente analfabeti.
Il territorio venne sconvolto dalle scelte industriali; attorno crebbero depositi, piccole fabbriche secondarie, ma soprattutto case popolari che dovevano ospitare il crescente numero di operai - in situazioni sempre al limite - richiamati dal lavoro locale in quella zona, rimanendo a rischio anche di inondazioni stagionali e di necessità di drenare il torrente.
Ai primi del secolo 1900, la strada appare già delimitata solo al lato mare dalle case; anche in Comune era chiamato “vico detto del Chiusone“. Ma proprio in quell’anno l’amministrazione pubblica decise fosse chiamata come ancor oggi, delimitandola da via Vittorio Emanuele (via WFillak) al viadotto ferroviario Genova-Torino. Nell’elenco stradale comunale del 1910 compare già col titolo di ‘via’ e con i civici solo pari sino all’8, e posizionata da via UmbertoI (via W.Fillak) al torrente Polcevera (da vecchi abitanti, vengono ricordate le ‘battagge in sciä gèa (giæa)’ per il predominio di aree da gioco , dei bambini contro i coetanei ‘curnigiotti’ dell’altra sponda , e le loro scorrerie al di qua ed al di là della passerella).
Nel 1927 la via è inclusa nell’elenco delle strade genovesi alla 5a categoria: e tale restava ancora nel 1931 quando la città di SPd’Arena superava di poco i 53.000 abitanti.
Nel 1928 al civ. 2 Parodi Amedeo ed al civ. 20 Perassolo Paolina avevano una latteria; mentre sempre al civ. 2 Giovanetti carlo ha un panificio; Robino Felicita commerciava in cereali all’8r, e Filippini Mario aveva all’8 un negozio di carbone e legna; al 10 Gai Secondo ed al 16 Roccati Angiolina avevano un’osteria.
Con l’avvento della pavimentazione cittadina e della copertura delle vie fognarie, già negli anni attorno al 1930 esisteva una rete di collettori - a quei tempi ancora a tipo misto con acque bianche e nere unite-, dei quali sei si scaricavano nel torrente (di questi il più importante passava sotto il selciato di via del Chiusone; ora le acque vengono raccolte separate e le tubature sono state allungate dapprima fino al mare, poi al depuratore. (In città altri 11 collettori versavano direttamente entro il bacino portuale; passavano sotto via Operai, via Garibaldi, via Nino Bixio, via della Cella, via Gioberti, via Goito, via Palazzo della Fortezza, via Jacopo Ruffini, via DeMarini, fossato san Bartolomeo, via Balleydier; fu creato in seguito un collettore litoraneo a grande sezione ed in pendenza capace di trasportare tutto verso la foce del torrente a quota zero del depuratore).
Nel Pagano/1940 è distaccata ‘da via delle Corporazioni all’Arg. Polcevera’, ha i civici neri da 2 a 8; rossi per due latterie, una osteria, edicola, bottiglieria, panificio e fruttivendola. Era ancora attiva la passerella sulla ferrovia e sul torrente.
L’elenco delle strade del Comune -edizione 1950 forse tenendo ancora conto della passerella sopra la ferrovia la fa terminare in via Argine del Polcevera. L’edizione 1986 invece la fa arrivare ad una ‘via Greto di Cornigliano’.
Ma ora non è più così: la strada è stata chiusa in fondo in maniera definitiva; dove c’era la scalinata han lasciato uno spazio privato e quindi chiuso da un cancello. La scaletta distrutta, la passerella demolita, il sottopasso la ferrovia interdetto al passaggio del pubblico per ordinanza del sindaco datata ott.1991.
BIBLIOGRAFIA
-Anonimo- “Corderie nazionali, stabilim. di Sampierdarena-Opuscolo1925ca
-Archivio Fondazione Ansaldo-gestioni immobiliari
-Archivio Storico Comunale
-Archivio S. Comunale Toponomastica - scheda 1216
-Archivio S. CAP-vol.I-pag.136
-AA.VV.-Annuario-guida archidiocesi-ed.1994-pag.396—ed.2002-pag.433
-Cavallaro G-Ospedale civile di SPd’Arena-Pagano-198_-pag.8
-Ciliento B.Gli scozzesi in piazza d’Armi-DeFerrari.’95-p.50.90foto(2pag. prima)
-DeLandolina GC – Sampierdarena - Rinascenza.1922-pag.37
-Doria G.-Investim. e sviluppo econom. a Ge.-Giuffré.1973-pag.7.132.753.
-Ferrari GB.-Capitani di mare e bastimenti-Tigullio.1939-pag.136
-Gazzettino S. : 6/80.7 + 9/83.5 + 9/86.15 + 4/89.6 + 7/95.11
-Gazzo E.-I 100 anni dell’Ansaldo-Ansaldo.1953-pag.38.110
-‘Genova’ Rivista municipale: 3/47.215 +
-Guida Genovese Costa-anno 1928-9- pagg.972-1001
-Guzzardi & Razeto-Filo da torcere-A.C.’Storie di Barche’.2001-pag.20
-Il Secolo XIX-oltre un secolo di Liguria-pag.235.392
-Il Secolo XIX quotidiano- 22.7.99
-Lamponi M.-Sampierdarena- LibroPiù.2002- pag.133
-Lunario del sig.Regina- 1889-pag.541
-Millefiore Sborgi-Un’idea di città-CentroCivico SPdA-1986-pag.124
-Novella P.-Strade di Genova-Manoscritto bibl.Berio.1900-30-pag.17
-Pagano/1933-pag.245---/1940-pag.252
-Pastorino.Vigliero-Dizionario delle strade di Genova-Tolozzi.1985-pag.448
-Poleggi E. &C.-Atlante di Genova-Marsilio.1995-tav.9