CEVASCO                                     via Filippo Cevasco

 

TARGA:

san Pier d’Arena – via - Filippo Cevasco – pioniere dell’aviazione – 1888-1914

                                                      

QUARTIERE ANTICO: Belvedere- Promontorio

Non riferibile sulla carta Vinzoniana

 

N°  IMMATRICOLAZIONE:   (successiva alla numerazione)

 da Pagano 1961

 

CODICE INFORMATICO DELLA STRADA - n°:   15490

UNITÀ URBANISTICA: 27 - BELVEDERE

in fucsia salita Belvedere; giallo, corso Martinetti; celeste salita superiore S.Rosa. Da Google Earth 2007

 

CAP:   16149

PARROCHIA:   NS del ss.Sacramento (civv 6,7,15). Non specificati gli altri, presumo di Belvedere.

STORIA:

tipico esempio della edificazione selvaggia (il Gazzettino definisce ‘mostruosità edilizie’, concessa negli anni 70-76 senza una pianificazione minima delle future esigenze: posteggi (solo un garage, per pochi fortunati), negozi, percorsi pedonali, o comunque spazi di vivibilità, al di fuori della propria abitazione.

La titolazione al pioniere dell’aviazione  fu concessa dal Commissario straordinario il 1 giu.1966.

Nel febbr.2009 la strada ha avuto l’onore della cronaca per una rilevante serie di furti, che hanno costretto – ecco la cronaca - ad installare delle telecamere (accettate – per la prima volta in Genova - da tutti gli abitanti, con tutte le regole della privacy)

STRUTTURA:

strada chiusa in alto, si apre tra i civv. 42 e 44 di corso Martinetti; a doppio senso veicolare seppur effettuato in condizioni di estrema difficoltà causa la ristrettezza, specie nella parte alta terminale. Una sbarra elettrica, limita l’afflusso ai residenti. Un ascensore comune, permette di raggiungere un minuscolo retropiano, sopra il secondo tornante stradale.

CIVICI:

2007= numerazione unica, da 3 a 51 (manca 1), e da 4 a 8 (manca 2)

I civici 6, 7, 9, 11, 15 ebbero questa numerazione sostituendo nel 1967 quella - ovviamente diversa - primitivamente assegnata di corso Martinetti a nuove costruzioni; i civv. 8-14 e 12  furono assegnati nel 1969; il 16 nel 1970 e l’ultima costruzione nel 1974.

DEDICATA al giovane aviatore morto a 25 anni, non tanto per l’incidente o guasto aereo a cui fu soggetto - perfettamente superato con un ammaraggio forzato sulle tranquille onde del lago Maggiore - quanto perché miseramente annegato, trascinato a fondo dal gorgo dell’aereo stesso e dalla sua inesperienza natatoria.

   la frazione Rosso

Nato a Rosso, frazione del comune di Davagna il 17 dic. 1889 da Antonio e da Maria Ricci; da ragazzo di bottega (la madre gestiva una latteria), di carattere modesto e portato all’amicizia, ma evidentemente anche vulcanico e temerario, emigrò giovanissimo in Argentina. Qui riuscì a raggranellare una certa somma (dopo aver compiuto i più vari mestieri, tra cui dapprima il barista e poi per guadagnare di più, il torero: e relativa devastante cornata, ricevuta sul dorso ad una spalla).  Appena dimesso, vulcanicamente inseguì una nuova idea: con una nave rientrò in Francia a Mourmelon, ove si stava sviluppando l’aviazione che – seppur nata negli Usa - in nessun altro paese trovava espansione come  in terra d’oltralpe. Si adattò dapprima a fare il meccanico in casa Morane e subito iscriversi ad un corso per piloti d’aereo: ma per un incidente, non il primo per lui, non poté completare il corso.

 

   Si  trasferì poi a Torino-Mirafiori dove prese a pieni voti il brevetto (23 ott.1912, brevetto n° 183, decimo tra i liguri) volando fino ad Acqui e  trasportando quattro ‘carbönê’, scaricatori del porto di Genova.

    

l’aereo di Cevasco in porto, 1913           1913                            sul Tevere, 26 dic.1913

   A 23 anni venne a Genova: acquistò in Francia un Morane Saulnier con motore rotativo Gnôme da 50 Hp, pesante solo 370 kg,  e con esso il giorno di san Giuseppe 19 mar.1913 da Torino-Mirafiori  (partito alle ore 14,40, volando basso -da 800 a 1500 metri) atterrò sul greto del Bisagno alle ore 16, dopo meno di un’ora e mezzo di volo. Tra le ore 16,02 e le 16,14 prima di posare le ruote a terra, compì alcune spirali passando basso sulla folla finché sbucando dal corso A.Saffi già a quota trenta, arrivò diritto sulla spianata del  Bisagno ed atterrò. L’attendeva un incuriosito bagno di folla a stento trattenuto da 50 poliziotti: in un tripudio di festosa cittadinanza, con le autorità presenti; venne ‘estratto’ dal posto guida mentre ancora l’elica girava vorticosa, e nel clamore  fu issato sulle spalle circondato da chi gli urlava o festeggiava o lo abbracciava per l’eroismo, e portato verso la madre e la sorella venute appositamente in città per riabbracciarlo, ed anche loro oggetto di ovazioni e tripudio. Seguirono cerimonie (anche con l’aperto scopo di aiutare economicamente il giovane pilota: era arrivato a Genova con solo due lire in tasca; il 23 -  lunedi dell’Angelo - la compagnia di Alfredo DeSanctis diede una rappresentazione al Paganini, a suo beneficio), festeggiamenti, interventi di stampa ed altre spettacolari cabrate dimostrative, tutte atte a dimostrare e convincere della bontà del nuovo mezzo, con future possibilità commerciali e di servizio.

   Lo spettacolo fu ripetuto il 28 marzo (tre ragazze sartine affacciatesi su un poggiolo per vedere, per cedimento del parapetto precipitarono su un tetto sottostante di 2 metri, senza ferirsi gravemente) e di nuovo il giorno 30, assistito da oltre 25mila persone accalcate su tutti i punti dominanti.

   Il 2 aprile 1913 alle 15,45 se ne andò salutato dalla folla sino a Portofino, programmando un atterraggio a Pisa, sulla prateria di Gagno (contro il suo programma di partire in mattinata, gli fu concesso decollare nel pomeriggio, perché non disturbasse il varo all’arsenale di La Spezia della corazzata Andrea Doria; prima di partire gli fu offerto un salvagente da tenere a bordo, che - preludio di un modo di pensare - rifiutò.  La non concessione di volare di mattina da parte della Questura, aveva sollevato maligne affermazioni di sospettata fede anarchica, e quindi pericolosità del pilota una volta sopra LaSpezia; queste voci furono smentite categoricamente dal SecoloXIX). Ma arrivato sul cielo di Pisa trovò nebbia e forti correnti; decise trasferirsi a Livorno ma il motore andò in panne e perse quota da 1100 metri in spirali finché precipitò da cento metri d’altezza in località Arnaccio, capotando ed imprigionando sotto di esso il pilota contuso ma illeso, che fu aiutato ad uscire da alcuni contadini accorsi. Fu portato a Pisa per essere sottoposto a visita medica, denunciando forte oppressione al petto (il Secolo scrive che la notizia arrivò a Genova per telefono poco dopo le ore 13 quindi non poteva essere partito alle 15,45).

   Era stato preceduto già da altri piloti sul cielo di Genova: una ascensione con pallone aerostatico il 12 genn.1784, appena sette mesi la prima assoluta fatta a Parigi; il primo assoluto con aereo nei cieli genovesi, il belga Jean Olieslager il 15 magg.1910 che si librò per sette minuti fino a 50 metri di altezza.  Sabato ore 15 del capodanno 1911, Luigi Malagò  pilota di un Bleriot;  annunciò con manifesti i suoi voli sopra la Piazza d’Armi di SAMPIERDARENA”; ed in particolare  nel 1912, le evoluzioni aeree del sampiedarenese Guido Paolucci, nato 01.03.1891, brevetto n° 144 del 1912, figlio di un fabbricante di carrozze (tra le più antiche e stimate famiglie dedite a quella produzione): la rottura di una ruota in fase di atterraggio,  diede emozione a non finire alla folla, che applaudì il pilota uscito indenne dall’aereo semidistrutto. 

   Il primo aprile seguente, sul cielo di Vicarello, fu costretto ad un atterraggio di fortuna, danneggiando l’aereo per il terreno paludoso.

   Erano gli anni dei raids; ed il Cevasco vi partecipò raggiungendo traguardi,  record, allori e fama, incoraggiato dalla propaganda industriale da un lato e dall’esplosione di interesse internazionale per il nuovo mezzo di trasporto. Particolarmente interessante era la possibilità di trasportare persone a bordo, e di raggiungere sempre più lunghe distanze in sempre migliori tempi .

    Così il Cevasco partecipò ad un raid  Milano-Roma (27 mag.1913) conquistando il ‘primato mondiale per lunghezza di percorso, senza scalo, con passeggero’; al Milano-Torino, con primato di velocità;  ed in agosto al Milano-Venezia con nuovo primato per quattro (altri dice 3) passeggeri a bordo.

A Genova, aveva programmato volare sull’Esposizione (ricca di entusiasmanti novità e possibili interessati del nuovo mezzo: dalla presenza dei reali; alle personalità politiche, ai militari coinvolti nella recente conquista della Libia; a imprese  tecniche come la Telfer ovvero la ferrovia monorotaia; a quelle commerciali con la presenza di tanti rappresentanti di tutto il mondo. Il programma prevedeva volare proprio quando il re visitava i vari padiglioni: per sicurezza (verso le “loro maestà” si presume; anche se il ministro della Marina quella mattina si ruppe una gamba scivolando in luogo creduto sicuro: un corridoio dell’albergo) non gli concessero l’autorizzazione e, nel dubbio che lui potesse fare il giro lo stesso, conoscendolo, per quel giorno furono sequestrati lui ed il velivolo: un nuovo idroplano del valore di 35 mila lire.

   La sua esperienza lo portò ad essere nominato istruttore pilota alla scuola di Cameri (NO, ora aeroporto militare) e, per le industrie, collaudatore.

   Così nel dic.1913 – primo dei liguri - entrò in contatto con l’uso del nuovissimo mezzo, l’idrovolante: giudicato ideale per tutti gli scali costieri.       

   Progettò debuttare  coinvolgendo la sua città compiendo un altro raid Milano-Roma a tappe, su un Gabardini con pareti di acciaio: il giorno 14 dicembre 1913 decollò da Sesto Calende sul lago Maggiore, ed arrivò alla Foce alle 13 esatte, tra applausi, familiari in trepida attesa, autorità, festeggiamenti (il primo ad atterrare in mare a Genova nel porto, era stato il francese Ernest Laurens, arrivato pochi mesi prima da Bealieu: il 5 marzo 1913 con un Deperdussin munito di scivoli e con passeggero quello Schneider industriale che promosse la omonima coppa per la velocità, che favorì in modo determinante il progresso tecnico dei velivoli). Rimase in città una settimana, e poi via verso la capitale, con progettato scalo a Livorno ma dovette fermarsi sul mare a Quarto per un guasto al motore; riparato, fu sconsigliato ripartire per il mal tempo su Livorno; vi arrivò poi tra folla entusiasta ma alla ripartenza dovette atterrare a Follonica per un altro guasto; ripartito il 26 dicembre, arrivò a Roma  atterrando sul Tevere.

   Con un aereo terrestre Gabardini, da lui chiamato l’ “Avvoltoio della Sierra” in ricordo delle sue avventure argentine, effettuò tra il 18 e 22 (altri dice ‘dal 21’) apr.1914 il raid  Milano-Torino-Genova-Milano con il giornalista Buffon del Secolo di Milano come passeggero a bordo, dovette atterrare a Voghera causa una fitta nebbia e tempo da lupi; e solo l’indomani sorvolò i Giovi a 2mila m. di altezza, ed arrivò al Lido d’Albaro ove atterrò male sul suolo rammollito dalla pioggia e spezzando una ruota si ammaccarono le ossa senza altri danni: anche qui conquistò un record di velocità.  Ripartito il giorno dopo, fu questa l’ultima sua visita a Genova.

   Ogni grande impresa ha sempre in sé una frazione di rischio: il 2 giu.1914 essa ci rapì il pilota (caparbiamente ribelle all’uso della casacca salvagente, già in uso); fu durante l’incarico, a Chighignola, di  sperimentare un idrovolante monoplano Gabardini  con motore da 80 Hp (70CV), al fine di tentare di conseguire con esso il record di altezza (doveva superare i 2300 metri di altezza).  Dopo un volo di 45’, si apprestava a scendere sul Ticino (così è scritto su Google; ma fu sul lago Maggiore) col motore spento (volo librato); mentre il velivolo stava sfiorando l’acqua il motore si riaccese da solo determinando un disassestamento che a sua volta causò l’inabissamento trascinando dietro il venticinquenne pilota (incapace di nuotare) che moriva annegato

      La ricerca del corpo fu lunga e difficile; vennero chiamati anche i palombari genovesi ( tra cui un famoso ‘Manuelin da Ciappella’).

   Venne solennemente sepolto a Staglieno il giorno 6 successivo, a cura dell’amministrazione comunale genovese. Più tardi i suoi resti mortali vennero traslati al paese di origine, nell’alta Valbisagno.

E questo, mentre nell’Europa scoppiava la follia della prima guerra mondiale, con l’arma aerea non ancora decisiva (l’Italia aveva 58 velivoli, l’Austria 96, la Germania 764, la Francia 1150; l’Ansaldo ne costruì 3800 e 600 la Piaggio) ma dai risultati psicologicamente positivi e determinanti. Con la guerra, finiva l’epoca degli spavaldi pionieri, ed  iniziò quella dei professionisti.

 

BIBLIOGRAFIA

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