CAVERI                                                via Antonio Caveri

 

 

 

TARGHE:

via – Antonio Caveri – giurista-politico – 1811-1870

San Pier d’Arena – via - Antonio Caveri – giurista-politico – 1811-1870

                                                      

 

angolo via C.Rolando

 

nello slargo, all’apice della strada, in continuazione con via F.Marabotto

 

QUARTIERE ANTICO:  Pieve san Martino

 da MVinzoni, 1757. In rosso, pieve di san Martino; giallo via s.Martino (C.Rolando); verde vico Cicala con villa Moro; celeste via e villa Currò..

 

N° IMMATRICOLAZIONE:  2750   CATEGORIA 3

 da Pagano 1961. La parte alta della strada, sconfina nella futura via F.Marabotto, ed accenna alla prevista Quota 40

 

CODICE INFORMATICO DELLA STRADA - n°:  14800

UNITÀ URBANISTICA: 24 - CAMPASSO

 

in giallo, via W.Fillak; in verde via Caveri.

 Da Google Earth 2007

 

 

CAP:   16151

PARROCCHIA:  san Gaetano e san G. Bosco

STORIA:

il tratto iniziale, per un centinaio di metri, agli inizi del 1900 si chiamava vico Cicala (da via UmbertoI) e portava alla proprietà ed alla villa Moro (vedi sotto, a civ.11) . L’inizio in basso del vicolo, era assai stretto, limitato dai due palazzi  - quello a mare oggi modificato (vedi civ.1, sotto) proprio per allargarne la carreggiata.

   Intestata sempre con questo nome, nel 1933  arrivava sino ai civv. 4 e 9, ed era di 5.a categoria.

   La titolazione fu cambiata con l’attuale, con delibera del podestà, il 19 ago.1935, esistendone una omonima in Centro.

   La strada venne completata quando negli anni 50, nel primo dopoguerra, gli eredi Moro vendettero parte del terreno all’impresa soc.Coop.edilizia ‘La Moderna’. Su progetti dell’ing. Bonistalli, l’impresa si adoperò all’erezione di numerosi palazzi (per circa 380 appartamenti) lungo la via che, viene scritto, veniva costruita pezzo per pezzo  man mano che venivano eretti i palazzi e non secondo un piano ben prestabilito; all’incirca  sino dietro  alla villa di proprietà che era stata abbattuta. Così, in anni di espansione edilizia tutt’altro che rigorosamente e pianificatamene controllata, una strada di cantiere è divenuta definitiva.

Nel Pagano/40 la strada sale da via Mazzucco ai monti; ha la chiesa succursale “s.Martino”; alcuni privati nei civv. neri 3 e 9; sette n. rossi per una trattoria (di Robotti I. al 3r), due fruttivendoli, una latteria, due commestibili, calzoleria.

 

La parte di terreno più sopra, fu poi concessa alla soc. la ‘Palmetta’ che appaltò l’impresa Mongiardino e Sanguineti per i palazzi di via Marabotto ***

   Ancora nello stradario del 1950, è scritto che  finisce chiusa.

 

STRUTTURA:

È  strada  privata, esclusi i primi 70m. che sono comunali.

Doppio senso veicolare (eccetto nel primo isolato in basso (civ.1), che è senso unico in ascendere), da piazza R.Masnata a via F.Marabotto.


Sale per circa 780 metri (così scrive il Gazzettino ma ad occhio non supera i 500),  a tornanti collegati tra loro da una scalinata - che per ragioni di sicurezza nella parte più alta nel 1990 fu transennata ed impedita al passaggio, e non riparata perché privata e non comunale; con poco spazio per i veicoli dei residenti;


ha delle limitazioni al traffico pesante perché causa la pendenza del terreno e la vicinanza delle case in più tratti, la strada fu aperta sulla sommità usando impalcature in cemento armato con vuoto sottostante; ha - e non sempre - un solo marciapiede.

Nel dic. 2003 compare infatti nell’elenco delle 192 ‘vie private di interesse pubblico’ e quindi in programma di municipalizzazione. Per questo, il Comune non interviene a riparare quanto sarebbe necessario; però si dice disposto ad assumersi l’onere di manutenzione della strada, purché la consegna dai privati avvenga in forma ‘aggiustata’ e non ‘da aggiustare‘.

Non è solo su questa spesa che i  singoli condomini non si sono mai trovati d’accordo proponendo anche come contropartita l’apposizione di una sbarra che il Comune non vuole perché in alto, la via dà accesso al civ. 23 con l’asilo scuola materna “H.C.Andersen” ed alla scuola elementare “E.Montale”. Questa diatriba bifronte, ha generato notevoli problematiche sia sulla bitumatura della strada  (era  stata  chiamata ‘la  strada dei mille buchi’),  sia  sui  servizi  (spazzatura, illuminazione, incanalazione delle acque piovane; la scalinata è ormai da innumerevoli anni raffazzonatamente sbarrata perché pericolosamente sbrecciata negli scalini in cemento, il piccolo prato già descritto lasciato all’iniziativa di pochi volontari, ecc.); spesso ciascun condominio riparando il suo pezzettino di competenza, e altrettanto spesso abbandonando all’incuria i tratti comuni.

   Questo ha favorito anche ogni peggior  vandalismo incivile sulla affiancata salita Millelire (vulgo ‘rompicollo’): dopo la decisione del sindaco Sansa di chiudere questa crosa  perché punto di ritrovo di tossicodipendenti, all’altezza dell’ultimo tornante di via Caveri (prima di congiungersi con via Marabotto), era possibile - prima dell’erezione di una cinta metallica - vedere dall’alto la sottostante salita in stato di totale, deprecabile e colpevole abbandono: ricettacolo di ogni tipo di rifiuti; nel 2004 vi ho visto reti di letti, poltrone, sacchetti della spazzatura, zetto, arbusti divenuti alberi, muretto abbattuto, ecc..

   A fine gennaio 2004 il Comune – e per lui l’Ufficio Pubblica Incolumità - ha inviato una ingiunzione obbligatoria di riparazione, minacciando la chiusura; ma il rimpallo e contenzioso di strada privata - ma di pubblica utilità - non ancora strada comunale, a fine maggio 2004 permette un sostanziale nulla di fatto. A fine agosto il decreto è stato pubblicamrente esposto per l’impegno da sottoscrivere al passaggio di proprietà; e la proposta per questa strada è di procedere all’acquisto per aprire poi un vero e proprio cantiere per la riparazione ed asfaltatura, e contenere così l’alta pericolosità delle irregolarità mai riparati per contenziosi tra privati, di lunga durata

Appare servita dall’acquedotto DeFerrari Galliera.

 

CIVICI:

NERI    = da 1 a 11 (compreso 1a)

                        12                   6a ed 8a)

ROSSI     da 1r a 33r  compresi 13a-15a-19a-21a.b.c-31a)

                     2r     12Ar                6a.b.c.d. g.h.i

 

 

 

===civ. 1: in epoca  antica, dagli anni 1200 al 1800, al suo posto era lingresso della abbazia parrocchiale di san Martino (vedi Cicala).

   A fine 1800, prime decadi del 1900, furono costruite delle abitazioni.

   In epoca anteguerra 1940-45, il portone di questo palazzo si apriva  in via A.Saffi (poi via Mazzucco oggi via Rolando) col n° civ. 37, ultimo della via;  la costruzione era  meno profonda verso il monte, e più larga lungo via A.Saffi (cosicché  l’interspazio con l’altro palazzo verso nord era un vero e stretto vicolo: vico Cicala)  Una bomba (potrebbe essere la stessa che demolì l’Oratorio se cadde nel mezzo), distrusse il retro e fianco sinistro del palazzo: alla ricostruzione, si preferì allargare il vicolo a strada e concedere al palazzo di essere più profondo (infatti è costruito a L); e l’ingresso del portone fu aperto nell’apr.1953 nella nuova ala.

   Nel porre le fondamenta della modifica, si racconta furono trovati sia un muraglione (presumibile facente parte della abbazia, con grossi oblò rotondi, posto trasversalmente; delimitava il sagrato e quindi chiudeva l’area corrispondente alla proprietà della chiesa) e sia resti umani, a testimonianza di un antico cimitero (per l’usanza - di quei tempi - di seppellire in chiesa  o al limite nelle strette vicinanze, si era conservato intatto il sottosuolo. Quello in superficie delle strutture esterne invece, considerato che la vecchia abbazia andò incontro ad una lenta autodistruzione da abbandono, tutto il materiale fu soggetto a progressivo asporto che poteva essere utilizzato privatamente altrove).

===civ 1A: al suo posto c’era sino al 1943, l’antico Oratorio di san Martino,  distrutto da una bomba durante l’ultimo conflitto (vedi a Cicala).

Il civico fu assegnato nel mar. 1954.

 

===civv.6, 6B, e 6C : il primo fu soppresso nel ’74 assorbito nel civ.4; gli altri attribuiti nel 2000, a locali cambiati come destinazione d’uso.

=== civv. 7 - 8 -10 furono eretti nel 1935 circa. Nel retro del civ. 8, dalla finestra delle scale si nota nel giardino sottostante - a piano terra - un acciottolato a pietre bianche e nere, tipiche di un giardino dell’epoca sei-ottocentesca, a testimonianza che in loco c’era una dipendenza della villa soprastante. Tutti e tre sono del 1935 circa

===civ. 9; nel ’57 fu demolita una precedente costruzione nella quale, nel 1939 era il “Colorificio Alberto Vittorio Queirolo / colori-smalti-vernici-antiruggini-sottomarine / tel. 42-374“; ed il civico  poi assegnato a nuova costruzione nell’apr.1958.

 

        

       partic.di antica foto: considerata la torre dei pallini a dx                                                                                                            

       -a sin, la villa più alta dovrebbe essere la Durazzo di via

       Currò; la villa Moro quella sottostante.                                                  

Non è facile ricuperare la posizione precisa, ma - pressoché sicuramente- è a livello di questo civico che esisteva una villa Moro alla quale portava il vico Cicala.

 

  in alto villa Currò; in medio, villa Moro

   Nella carta Vinzoniana (vedi sopra) del 1757 la villa è segnata, ma come casa nella proprietà del mag.co Lagomarzino Giuseppe  ed ha accesso dal vico Cicala con un viale diritto malgrado la salita (che ora viene fatta a tornanti);  in altra carta -antecedente al 1781 -  l’edificio compare in


terreno che essendo ultimo al limite nord della mappa, permette confermare che era posizionata a monte della antica abbazia di s.Martino; aveva terreno a monte, esteso  fino alle pendici di salita Belvedere; =non è visibile la strada di accesso; appartiene al m.co Giuseppe (illeggibile-fose sempre Lagomarsino).

Cento anni dopo circa, non abbiamo alcuna carta determinante.

Infatti in altra planimetria del 1876, riguardante l’istituto don Bosco, non compare la villa ma solo i confini con la proprietà: in essa i terreni di competenza sono segnati ai Montano Negrotto (dB pag 57).

L’arciprete Tiscornia scrive che dopo essi, fu di un Pittaluga, dai cui eredi fu venduta (1899) alla famiglia Moro, quando, la villa - con alcuni casolari attorno probabilmente di contadini - si apriva in via A.Saffi (e di questa strada aveva i civv. 35B, 41 e 42)  tramite vico Cicala -che evidentemente era una stretta carrettabile non degna di avere numerazione propria delle case-. 

   La proprietà nel 1901 appare di Moro Giambattista e nel 1906 è della vedova Moro; a questi successe poi Tommaso, ricordato perché grande benefattore nella costruzione del nuovo ospedale nel 1915; tutti della famiglia di grandi commercianti di olio d’oliva.  La strada di accesso, iniziava a monte dell’abbazia, dove ora iniziano a salire le scalette. Dapprima orientata verso il mare passava dove ora è il civ.3 e facendo in salita una curva diventava orientata verso nord praticamente dove ora sono i palazzi civ.8-8A (dietro il quale c’è l’acciottolato di qualche aiuola) e 10; arrivava così all’altezza dell’11 con altra curva da monte. In una planimetria del 1905, si vede un’altra via di accesso alla proprietà: passando da quel vico Landi (vedi) che ora non esiste più ma allora iniziava da via s.Martino e -dopo aver tagliato la proprietà dei Salesiani (poi, fu spostato sovrapponendolo a via G.Bosco; e fu chiamato ‘passo Moro’)-, passava sopra le proprietà dei preti;  ed orientato verso nord (con ad est la proprietà dei march. Durazzo Pallavicini) arrivava a questa villa. Tutta la fascia a mare, era giardino.

   DeLandolina,  scrittore nel 1923 purtroppo di una superficiale storia locale, perché ricca di errori dati per sicuri, scrisse “Il palazzo à l’architettura usa nel ‘600 e vi erano nelle sale pitture di pregio andate distrutte come distrutta fu pure alcuna parte del fabbricato per il passaggio presso le fondamenta di una galleria ferroviaria”.

   La casa fu definitivamente distrutta tra il 1956-7  al tempo della costruzione delle case per abitazione popolari sul fianco della collina (ing. R.Bonistalli). Di quel manufatto rimangono solo i resti di un pozzo o fontana, dispersi in un piccolo appezzamento di terreno posto sul retro, ogni tanto pulito dagli abitanti della zona, e da loro conteso alla passiva burocrazia comunale;  un ciottolato - a sassi bianchi e neri -  visibile nel micro giardino posto nel retro del civico 8; ed alcuni marmi abbandonati e poi scomparsi, in una aiuoletta di via Marabotto, vicino alla porticina che dà adito a salita Millelire.

   

ciottolato nel cortile sotto la strada          il pozzo o fonte,  in mezzo al prato

===civ 11   :  il palazzo attuale fu costruito prima del 1950.

===civ. 13  : fu assegnato a nuova costruzione nel genn.1960 ; però con la nascita di via F.Marabotto fu trasferito ad essa nel 1961, come civ. 3.

===civ. 15 fu demolito nell’ago.1961.

 

DEDICATA

 


All’avvocato genovese nato il 2 apr.1811 (sul busto a Tursi è scritto erroneamente 1812), da Cesare (negoziante, di famiglia benestante originaria di Moneglia dedita al commercio di cereali ed abitante in via del Campo) e da Emilia Curotto (figlia di banchieri); fu battezzato con i nomi Antonio  Francesco (l’atto di nascita, è scritto in francese quale ‘septième du Regne de l’Empereur Napoléon le vingt deux Juin’; l’atto di battesimo in san Marcellino, è scritto in latino).


   Ebbe anche il dono dell’intelligenza; così potè facilmente superare (da ‘garzonetto’) le scuole medie a Lucca raccogliendo diplomi e premi, erudito di filosofia e letteratura greca, romana, germanica, ma anche americana, indiana, cinese; fino, giovanissimo, la laurea in legge nell’università di Genova nel 1832.

   Compì il tirocinio andando ad esercitarsi nello studio di un allora noto professionista, Ludovico Casanova, trattando cause commerciali, civili e canoniche.  Fecondo nello scrivere (più da giovane che da adulto), lavorò alla ‘Guida di Genova e del Genovesato’, voluta dal Comune per il Congresso degli Scienziati del 1846; nonché primo collaboratore del Corriere Mercantile

   Di  cultura molto spaziosa (il Cabella lo definì profondamente erudito in ogni parte dell’umano sapere”), ingegno versatile, acume professionale, ebbe una carriera progresivamente in crescendo: prima professore collegiato nell’Università di Genova (1839 vi tenne il corso di ‘storia del Diritto’), poi 1847 professore ordinario (chiamata ‘cattedra dei Razionali del diritto’- insegno la ‘introduzione generale alle scienze giuridiche e politico-amministrative) incarico che conservò sino a divenire preside di facoltà (nov.1866-8), e rettore dell’Università (1868-fino alla morte).

    Intanto anche libero professionista; ben presto divenne un giurista di fama, lasciando  vasta impronta di sé nel foro, profonda opera nell’insegnamento, incisiva partecipazione al rinnovamento del Codice. 

    Quando Carlo Alberto concesse lo Statuto, fu inviato al Parlamento (1848), deputato dalla prima legislatura, per tre volte, al parlamento subalpino (in rappresentanza della Liguria fin dalla prima riunione indetta da Carlo Alberto. Assolse varie missioni ordinate dal Parlamento, come un progetto di legge per unire sia il Veneto -con Venezia, Padova, Vicenza, Treviso e Rovigo-, sia Mentone e Roccabruna, al regno sardo. Partecipò alla stesura del primo codice di commercio italiano, rimasto famoso nell’ambito delle riforme statali, ed a cui diede il massimo del suo sapere; ed all’adattamento delle istituzioni scolastiche).

  Si dice disgustato dall’ambiente (scuramente molto influenzò l’esito della ribellione genovese ed il modo con cui fu soffocata da La Marmora), nel 1849 si ritirò dalla vita politica nazionale e si dedicò all’ amministrazione comunale, come Consigliere, per 22 anni (quale civico Consigliere del nuovo Comune, fece parte – assieme  Orso Serra e l’avv. Cataldi, il 6 aprile 1849 - della delegazione che si recò a Torino a perorare l’amnistia per i responsabili della sollevazione a Genova del marzo-aprile1849; ottenne l’amnistia che però fu esclusa per i Triunviri, per altri nove ‘ribelli’(Avezzana per primo) e per chi era militare o giusdicato reo di delitti a parte. Si adoperò per far raddoppiare le scuole genovesi, lasciandone ben 162 aperte e funzionanti; fu pure presidente del Consiglio provinciale e della Camera di Commercio, collaborando attivamente alla stesura del primo codice di commercio italiano;  partecipò al riordinamento delle imposte municipali e degli uffici amministrativi comunali; nel 1863 ebbe l’incarico di Sindaco di Genova, per soli tre mesi).

   Dedicandosi unitamente all’ insegnamento universitario, divenne docente di storia del diritto (1851); di storia del diritto e diritto pubblico nel 1856;   ebbe poi la carica di vice rettore dell’Università nel triennio 1857-59, quando con un accordo tra istituti municipali e governativi, istituì le scuole serali e domenicali per i lavoratori, la biblioteca degli operai, classi speciali per analfabeti, scuole preparatorie al Magistero per le fanciulle, migliorando anche le condizioni sociali dei maestri e direttori.

Preside di facoltà di Diritto nel triennio successivo  quando fu riconosciuto anche Senatore del regno nel 1860 (con questo incarico, nella storica seduta del 26 febbraio 1860, fu lui a proclamare l’avvenuto Regno d’Italia). Nello stesso anno, qundo venne ufficialmente istituita la Provincia di Genova, ne divenne presidente.  

   Nel 1863 fu eletto Sindaco della città di Genova

   Compare nel 1865 il suo nome tra gli azionisti di una ‘società di Beneficenza per la costruzione di abitazioni per le classi meno agiate’; questa cooperativa, seppur efficiente, riuscì a costruirne uno solo. Altre società similari, e con denominazione altrettanto similare, ma con azionisti diversi,  nel periodo post unitario, eressero in Genova in tutto 5 case per operai, a fronte di 70 edifici di lusso. Presidente della Società Ligure di storia Patria (1866); rettore dell’Università nel 1868; membro del consiglio provinciale nel 1869 eletto nel sestiere del Molo.

   Di nuovo rettore dell’Università di Genova dal 1868 al 1870, anno della sua morte avvenuta il 23 febbraio, poco prima di compiere sessant’anni.

   Di probità ed onestà unica, dopo aver guidato la vita pubblica cittadina nazionale e locale  per tanti anni, lasciò agli eredi gli stessi beni che lui aveva acquisito dai genitori.

 

L’Alizeri precisa  essere stato: avvocato, professore, grand’ Uffiziale de’ SS Maurizio e Lazzaro; commendatore della Corona d’Italia; cav. dell’Ordine della Concez. di Portogallo; senatore del Regno; rettore della r.Università di Genova; consigliere municipale.


 


   Fu in seguito alla sua morte che il Consiglio Comunale decise ospitare le sue spoglie – con quelle dei grandi e meritevoli cittadini genovesi - in una parte apposita del Cimitero di Staglieno, innalzando allo scopo il Pantheon.

Così, per decisione comunale, venne tumulato a Staglieno nel Famedio, cappella pantheon dei Suffragi, dedicato agli uomini illustri.

La lapide dice:  “Antonio Caveri / 1811-1870  /   maestro e rettore.

 

   


A Tursi, nel corridoio-galleria  del piano nobile, sopra una porta è stato collocato un suo busto. Un altro rende più austera la sala degli avvocati in Corte d’Appello.


dell’ateneo /vanto del foro genovese / ebbe nel giure e nella sua storia / dottrina di filosofo // nel Parlamento nel Senato servì la Nazione /   riformandone le leggi commerciali // civico consigliere e sindaco / fu reggitore perfetto / promosse l’educazione del popolo / di cui conobbe come un savio antico / il cuore le aspirazioni le necessità / i sicuri destini // bella e operosa vita / troncata da morte immatura”.

 

BIBLIOGRAFIA

-Alizeri F.-notizie de’ professori di disegno...-Sambolino1866-III-pg 554

-AA.VV.-Annuario-guida archidiocesi- ed./94.pag393—ed.02-pag.431

-AA.VV.-Avvocati di Genova del XX secolo-Ordine Avvocati.2000-p.20

-AA.VV.-Dizionario biografico degli italiani-Ist.Encicl.Italiano

-AA.VV.-Enciclopedia dei Liguri Illustri-Erga.1970-vol.III-pag.197

-AA.VV.-Personaggi illustri Pantheon – Grafiche G7 2011- pag.26

-Archivio Storico Comunale Toponomastica - scheda 1043

-Bampi&Oneto-L’insurrezione genovese del 1849-ilCerchio 2010-pag.64.86 

***-C.Cabella-da vedere,***citato da “Lamponi” io non l’ho  - pag. 405-6

-DeLandolina GC- Sampierdarena-Rinascenza.1922-pag.19

-Doria G.-investimenti e sviluppo econ. a Ge.-vol.I-Giuffré.1969-pag.260

-Gazzettino S.   :  4/82.5  +  8/87.14  +

-Genova Rivista municipale  :- 6/34.536  +  4/37.32  + 

-Il Secolo XIX :  25.11.03 + 29.1.04 + 3.3.4 + 23.8.04 +

-Lamponi M.-Sampierdarena- Libro Più.2002-pag. 132

-Morro G.-commemorazione morte-Atti SLSP.1970.v.II-p.I-f.I-pag.VII

-Pastorino.Vigliero-Dizionario delle strade di Genova-Tolozzi.1985-p.412

-Poleggi E. &C.-Atlante di Genova-Marsilio.1995-tav. 21.22

 

non citato Enciclopedia Motta né Sonzogno