BOVE                                    Piazza Giacomo Capitan Bove

 

in celeste la villa Centurione di piazza N.Montano; in verde la proprietà dell’abate Spinola con villa; in rosso ipotetica apertura di via GB Monti; in giallo il viale d’accesso alla villa Doria

 

 

La piazzetta, di 30x30 mq circa, era esistente in Sampierdarena fino al 1940, col n° di immatricolazione 2734. Fu cancellata  (delibera del consiglio comunale del 18 genn.1954) totalmente dallo stradario genovese e sostituita con via Vittorio Alfieri, che preesisteva – come vico -,  ma solo per il tratto da via GB.Monti alla piazza stessa.

Nella carta vinzoniana del 1757 non esiste; ma in essa, lo spazio corrispondente sembrerebbe far parte di parte del giardino della villa del  mag.co Abbate Spinola q.Nicolò.

Quando la famiglia cedette la villa –forse alla sua dipartita; essendo monaco, quindi senza eredi diretti- molto probabilmente al Boccardo prima; e da questi al Comune, che la occupò adibendola a molti usi, tra cui un carcere (nei piani alti) ed una scuola tecnica, ed adibì la strada di accesso alla villa stessa – che essendo privata probabilmente aveva un cancello -  quale via pubblica (ed allora popolarmente battezzata “de-e bandëte” ovvero dei ventagli (vedi- si suppone sia stata così chiamata per la presenza delle mamme che si facevano vento  “ciattellando”, in attesa dei figli che uscissero da scuola) .

Dobbiamo immaginare gli spazi: via Cantore non esisteva; quando invece la via Daste –che è a mare di essa, proseguiva in diagonale per congiungersi con via Rolando che è a monte. Quindi lo spazio concesso alla nostra piazzetta, era più ampio, sovrapponendosi a buona parte di via Cantore stessa.

Alla eliminazione del cancello che si apriva direttamente in  via Mercato  (via N.Daste; quindi nel bel mezzo di via Cantore), rimase il vialetto di accesso reso stradina carrozzabile (con attorno il piccolo giardino della villa),  corrispondente ad una rampetta anonima, a crosa (mattoni centrali e rissêu ai lati), lunga 20-30 metri delimitata dalle costruzioni ai fianchi: della villa a ponente, e della cappella dell’Oratorio della Morte a levante (ultimamente gestita da don Giordano e localizzata dove ora è il civ. 49 di via Cantore).

Metà piazza quindi, corrispondente praticamente dove ora passa via A.Cantore (la sua apertura determinò la demolizione di alcune case -una delle quali ha lasciato il segno del tetto sul fianco a levante del palazzo ora civ.51-  e dell’Oratorio della Morte che “spuntava” in avanti, con rimaneggiamento strutturale della zona).

      Lo slargo negli anni a seguire del 1850, era delimitata dalle proprietà Parodi, Scaniglia ed a ponente, ove ora è l’attuale civ. 51 di via A.Cantore dal vasto palazzo Boccardo (forse già Spinola - vedere via Mercato), nel quale –come detto sopra- furono ospitate le Scuole Tecniche; l’identità di corrispondenza -tra il palazzo e le scuole -in assenza di più esatte indicazioni nelle carte o documenti-  viene da me fatta in considerazione dei seguenti fattori:

 a=  la “numerazione delle vie” raccolta all’Archivio Storico Comunale. Conferma le Scuole Tecniche al civ. 11 di via Mercato, ad ovest della casa marchese Admaro (attuale Ist.donDaste-allora al civ.1 di via Mercato), della casa Samengo (civ.2), e - ancora più a ponente - dell’Oratorio (=civ.7);

b= una planimetria conferma che nel 1899 nel palazzo d’angolo di levante di via GB.Monti c’era una ‘scuola municipale’: questo confermerebbe la corrispondenza con il palazzo in questione, che delimitava a ponente la piazza capitan Bove

c= anche  nella biografia di don Daste si scrive che ‘…in seguito ancora nel palazzo Boccardo in piazza Giacomo Bove’  detta delle Bandete.

   E si presume fu in qualche scantinato del palazzo, comunque al civico 37r di allora, che ci fu negli anni 1856-60 una delle prime sedi dell’Universale, allora ancora solo ‘circolo Mazzini’ e dove venivano nascoste le munizioni.

   Fu il 25 magg. 1905 che fu proposto il nome dell’esploratore e nel 1906 divenne ufficiale. 

   Nel 1910 la piazza non aveva civici abitativi e faceva comunicare via N.Daste con via GB Monti; pochi anni dopo, al tratto stradale trasversale fu dato il nome di ‘vico Vittorio Alfieri’ per cui fu cambiato l’itinerario: da via N.Daste al vico V.Alfieri.

   Nei primi decenni del 1900, per lunghi anni, vengono ricordati nella piazza più d’un negozio di materassai ( strapuntê; forse è per questo –e per le reti attinenti al mestiere-, che sul Gazzettino viene ricordato -da chi vi giocava da bambino- che la piazza veniva da loro chiamata “ ciassa reti “ oppure ‘retti’ ma con  dizione tutta unita di “ciassaretti”; senza però ricordarne il motivo) che usufruivano di uno spazio (loro consentito dal Comune dietro solo richiedta verbale ed all’uopo pavimentato con selciato liscio e piano, non frequentato da traffico (carri a trazione animale, con loro…produzione),  per battere la lana con i bastoni snodati onde cardarla e preparare i suoi manufatti: pare che espressamente per loro, il Comune aveva lastricato parte della piazza a lastroni, lasciando la parte rimanente a ciottoli (che facevano parte dell’arredo del viale della villa). Non poteva mancare la solita osteria con pergolato,  detta “del Ciaeire (sic) o Ceire” (probabile storpiatura del Cé di Cesare o di   ‘ciaccere’-vedi sotto-), ove si giocava a scopone sui tavoloni di legno e si parlava –ricorda Valdemi- di caccia, lavoro e politica sindacale (le pensioni, non esistevano ancora).

   Nel 1927 compare nell’elenco comunale delle strade e piazze, di 5° categoria.

   Nel Pagano/40  è ancora presente, da via ACantore a via VAlfieri, con un solo civico rosso: 3r bottiglieria di Rasore A ved. Pozzo.

   Nel 1950 già vi era al civ.7  l’albergo Stella, allora di Gattinara M. di quarta categoria;  ed un bar al 3r, di Rasore A. ved Pozzo.

Nel 1951 fu ultimata una nuova costruzione, cui fu assegnato civ.1, che modificò in buona parte la piazza, divenuta praticamente una strada; infatti con delibera del 18 gennaio 1954 il Consiglio comunale decise annullare il nome del capitano, il titolo di vico al tratto trasversale unificando tutto in ‘via Vittorio Alfieri’; e modificare il civ. 1 che divenne –e così sta scritto nell’atto del cambio nome- l’attuale il civ 4 della nuova strada

DEDICATA ad uno degli innumerevoli capitani  di mare dell’epoca della vela, che fecero grande e famosa l’ Italia nel mondo.

Dei Capitani di navi, vengono ricordati i Devoto (tra i quali Francesco, capitano ed armatore sampierdarenese, il quale face sventolare sulla sua nave il tricolore – a bande orizzonatli e con la scritta nel bianco “Libertà o morte!!” vedi B23);  i Casanova (vedi C45); Vignolo Francesco; Gambaro Benedetto (comandante tra tanti, dell’ ‘Orco’ e del ‘Sampierdarena’); Galleano Mosè (comandò uno dei primi bastimenti a ruota battezzato ‘Febo’. Anche il fratello era capitano, ricordato a Bahia dagli inglesi per spettacolari imprese marine); Raffo Francesco (comandò anche il ‘Erminia Dallorso’ e l’’Adriatico’); Cepollina (che costruì una casa tutta sua per sé ed i figli, il civ. 8 di via Carzino)Moraschi (che comandò il ‘Salamanca’); Lagorara Nicolò; Tixi; Canevaro (divenuto genero del camoglino Maggiolo, nel 1822 a Buenos Ayres aveva fondato –assieme al camoglino cap. Mortolo- una forte casa ‘raccomandataria e di ship’s chandlers’); Lagorara (che dalla vela passò ai vapori. Con lo ‘Jupiter dei Raggio, scrisse una bella pagina di eroismo, non abbandonando lo scafo rimasto senza governo e senza rifornimento, tenendo duro per 40 gg. fino al salvataggio ); Romairone Enrico (dopo aver molto navigato, si stabilì in Argentina introducendo laggiù l’uso dei macchinari a vapore per l’industria del legname che si procurava direttamente nelle foreste locali; e dove portò a fondare la soc. di MS Italiana). 

Nato a Maranzana (AL.; la città di Acqui Terme lo ricorda con una via ed un monumento, eretto nel parco pubblico nel 1908) il 23 aprile 1852 (per DeLandolina nacque a Montemezzo), arrivò fanciullo a San Pier d’Arena, ove frequentò le scuole comunali con ottimi risultati. Qui visse i suoi anni di infanzia.

   Raggiunto un ottimo livello di cultura generale, entrò giovanissimo nell’accademia navale genovese, avviato a quella carriera, conseguendo nel 1872 il brevetto di guardiamarina di prima classe.   L’anno dopo iniziò la pratica imbarcandosi sulla corvetta ‘Govérnolo’ inviata dalla

 

regia Marina nei mari dell’est  raggiungendo il Giappone, Filippine e Borneo, per una delle prime missioni mirate a  rilevazioni carto- idrografiche internazionali . Rientrò nel 1874.

   Divenuto ufficiale, col grado di tenente di vascello nel 1877 fu chiamato (dalla Soc. Geografica It. Diretta da Cristoforo Negri) -assieme al t.d.v. Eugenio Parents- come rappresentante della Marina italiana e come idrografo e –pare  anche a comandare la nave baleniera “Vega”- nella spedizione artica comandata del norvegese (il secolo scrive svedese) Adolf Eric Nils Nordenskjöld (ne effettuarono due diverse). Partirono il 22 giu. 1878 alla ricerca del passaggio di Nord-Ovest, tra l’ Atlantico ed il  Pacifico, raggiungendo lo stretto di Bering ed il mare di Siberia; terminarono attraccando a Stoccolma il 4 febb. 1880, dopo 41mila km di navigazione. Di questa spedizione fu redatto un ampio resoconto che divenne pubblico solo nel 1940.

Al ritorno in Italia, calorosa fu l’accoglienza nell’ambiente scientifico e militare, invitato a conferenze e manifestazioni per il tricolore portato e nobilmente rappresentato nel mondo. Fu in queste occasioni che lanciò l’idea che da anni covava nel cervello: una spedizione italiana, per il passaggio a sud ovest, già conosciuto e praticato ma non studiato nel dettaglio delle innumerevoli isole della Patagonia, Terra del Fuoco ed antartico.

Il mondo scientifico di quei tempi (Società scientifiche, geografiche, mecenati, banche, impresari privati) per finanziare una impresa avanzava pregiudizi (era gradito un blasonato, presupposto che fosse ricco di suo), sospetti (tanti erano gli avventurosi che proponevano viaggi esplorativi senza averne i requisiti o soprattutto capacità tecniche);e preventivi (non solo di spesa ma di ritorno: per aprire i cordoni delle borse, occorreva presentare piani dettagliati con le prospettive di conoscenza geografica ma anche di possibile sfruttamento di quanto scoperto).

Bove non era nobile né ricco; il padre, perché il figlio si inserisse in quella scuola, si adoperò per divenire fornitore -a prezzi stralciati- dell’istituto stesso;e quindi ebbe difficoltà enormi a presentarsi autonomo, ricco solo del grado militare.

   Quindi la preparazione fu laboriosa, non tanto dell’approvazione (Soc. Geografica It.; CAI; Comitati promozionali specifici) quanto nel programma economico non riuscendo a raccogliere la cifra necessaria. Dovette allo scopo associarsi ad altra iniziativa promossa dalla SGI e dal Governo argentino mirata alle potenzialità economiche e produttive di quelle terre estreme, e data in incarico ad altri (geologo, Domenico Lovisato; zoologo, Decio Vinciguerra; botanico Carlo Spegazzini, idrografo, Giovanni Roncagli). I cinque, col Bove capo missione, partirono dalla capitale argentina e fecero una dettagliata ricognizione raggiungendo le varie tappe locali (Stretto di Magellano; Isola degli Stati; Punta Arenas; Ushuaia –capitale della Terra del Fiuoco-;le isole di Capo Horn –anch’esse oggi parco nazionale-). Nei lunghi e travagliati mesi trascorsi, il Bove percorse a lungo quelle terre procedendo a cavallo, e lasciò una traccia decisamente forte tanto che ancor oggi esiste un ghiacciaio –vicino a Ushuaia- che porta il suo nome, ed un piccolo museo con reperti del ricercatore piemontese nella cittadina dell’isola di Dowson. Però la spedizione, iniziata a settembre, fu interrotta il 28 maggio 1882 successivo per naufragio nella baia Slogget, obbligandoli a rientrare nella capitale argentina il primo settembre successivo.  Il resoconto della spedizione, minuziosamente corredato di disegni e figure, fu completato in un volume presentato nel 1884, accettato ed acclamato dalla comunità scientifica internazionale con attestati e pubblicazioni.

L’evento finale determinò l’invito al governo argentino a porre un faro su quell’isola sempre disabitata, impervia e spesso avvolta nella nebbia più fitta; oggi essa è valutata parco nazionale ed è stata chiamata ‘isla de los estados=isola dei naufragi’.

   L’entusiasmo e l’occasione gli permisero l’anno dopo, sett.1883, intanto anche promosso capitano, di essere presente in un altro viaggio oltre l’Arcipelago di Magellano, in terre di interesse multinazionale (Argentina, Paraguay, Brasile) dette ‘territorio delle Missioni’ (alto Paraguay-Paranà)  da dove erano stati allontanati da poco i missionari gesuiti. Lo scopo era anche la ricerca di terre da colonizzare. Rientrò nel gennaio successivo.  A Buenos Ayres si conservano ancora suoi manoscritti, schizzi ed appunti.

   Ricco di queste esperienze, ed in epoca di congressi internazionali (1885-Berlino) e di grande interesse per nuove conoscenze geografiche di terre inesplorate o comunque sconosciute (la terra era per tre quarti ancora da scoprire), fu incaricato di altre missioni esplorative nel mondo: dal governo italiano ebbe l’incarico di risalire il  Congo, per analizzare possibili insediamenti nazionali in quelle terre che dopo la spedizione di Morton Stanley erano negli appetiti di tante nazioni europee: partito da Liverpool il 2 dic. 1885 (assieme al cap. di fanteria Giuseppe Fabrello e Enrico Stassano) portò a termine la missione con onore, risalendo il fiume sino alle cascate Stanley. Concluse sconsigliando il governo a impiegare energie in quelle terre ambientalmente  inospitali   e dove lui stesso vi contrasse una malattia tropicale insensibile alle cure di allora. 

   Questa malattia, assieme a delle delusioni personali e ad ingiusti ed invidiosi attacchi di interesse, lo portarono a dimettersi dalla Marina, accettando un lavoro quale direttore tecnico della soc. di navigazione genovese ‘La Veloce’.  Ma il nuovo incarico non fu sufficiente a sbloccare quell’inquietudine più profonda che lo divorava: una depressione grave che lo spinse ad allontanarsi da Genova come a cercare ossigeno altrove,  ed al suicidio a Verona il 9 ago. 1887 sparandosi al capo con la rivoltella, stando sdraiato sotto un gelso (il Novella scrive nel 1883; ma è incerto anche sul nome se Bove o Bovo). Ciò, malgrado fosse molto devoto: fu tra i presenti ad onorare nel 1885 l’arrivo a Sampierdarena di don Bosco, di cui era grande ammiratore, ma a cui evidentemente non comunicò le esasperazioni interiori che il Santo avrebbe certamente saputo riequilibrare visto la ancor giovane età dell’esploratore e la freschezza delle sue imprese note a tutti gli interessati di scoperte geografiche.

Nell’anno 2007 una spedizione italiana cerca di riproporre il viaggio dell’esploratore in Patagonia, alla ‘Tierra de Humos’ che ha come capitale la città di Ushuaia, oggi di 50mila abitanti, ma con particolare attenzione allo studio dell’Isola degli Stati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

-Archivio Storico Comunale  

-Archivio Storico Comunale - Toponomastica scheda 549 

-Autore anonimo-Dattiloscritto chiesa s.Gaetano-s.G.Bosco-vol.I-pag.86

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-Ferrari GB.-Capitani di mare e bastimenti-Tigullio.1939-pag.143  

-Gazzettino Sampierdarenese:   5/85.8   +   8/90.4  +  1/97.7

-Il Giornale -quotidiano-sulla rotta dei viaggiatori- 12.01.07

-Il Secolo XIX-viaggio al termine del mondo- 01.02.07 +

-Morabito L.-Il mutuo soccorso-Ist.Mazziniano 1999- pag. 324

-Surdich S.-il coraggio di viaggiare nell’ignoto- Il SecoloXIX-12.01.07-p.17

-Novella P.-Strade di Genova-manoscritto bibl.Berio-1900-30-pag.11.17

-Pagano/1933-pag.245--/40 pag.215

-Pistarino G.-Immagini d’un Congresso tra Vecchio...-su rivista Liguria, 4/90-pag.7

-Presciuttini P-L’Istituto Idrografico della Marina-IIM.1998-pag.207.209

-Stradario del Comune di Genova, edizione 1953-pag.27

non citato Pagano/61 ed ovviamente  Dizionario biografico +