ALBERTO                                       vico Alberto Di Bozzolo         

            

TARGA:

San Pier d’Arena – vico – Alberto di Bozzolo – console di Sampierdarena – secolo XIII.

 

   

angolo con via Pacinotti

 

QUARTIERE ANTICO:  Mercato  (poi Ponte)

Carta di M.Vinzoni del  1757:in verde, ipotetico tracciato di vico Alberto di Bozzolo

   In questa carta la nostra strada non c’è, ovviamente; ma è ben visibile la strada principale che porta al Ponte (oggi via E.Degola-R.Pieragostini). Sulla prima, si leggono quattro case strettamente affiancate, delle quali la più vicina al ponte – ed addossata alla quale potrebbe essere il tracciato della nostra - è di: ‘Ferrai’ (forse un fabbro, o forse Ferrari come il seguente); la seconda –più grossa- è del ‘R.do Stefano Ferrari’, che possedeva a mare un vastissimo terreno; la terza è dei ‘M.ci Crosa’ (quelli della villa in via N.Daste); la quarta è di ‘Matteo Cas.io’ (il nome è scritto accorciato perché incrocia una indicazione più importante). Ma essendo stata via Degola allargata oltre un secolo dopo, probabilmente quelle case furono distrutte).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N° IMMATRICOLAZIONE:   2702    CATEGORIA 2

 carta dal Pagano/1961

 

UNITÀ URBANISTICA:  26 - SAMPIERDARENA

 

CODICE INFORMATICO DELLA STRADA - n°:   00920

 da Google Earth 2006

 

CAP:   16151

PARROCCHIA:   s.G.Bosco

STORIA  della strada:

  Il vicolo fu così intitolato, sostituendo il precedente nome di ‘vico Solferino’, perché con l’assorbimento del Comune di San Pier d’Arena nella Grande Genova nel 1926, essendoci già in Centro una strada omonima, si decise cambiarla in periferia. Ma nel 1933 la variazione non era ancora avvenuta e la strada appare ancora ambiguamente intitolata a nessuno. La nominazione attuale però avvenne ufficialmente con delibera del podestà (on. comm. march. Carlo Bombrini) il 19.8.1935 (per questo, il nome del console non è citato né dal Novella né dal Pagano/33; ed è italianizzato).  

   Nel 1940 era classificato ‘vico’; aveva civv.neri 2 e 4 e rossi da 1 a 14 (con uno stracciaio ed un ottoniere)

  In quegli anni, le attuali aiuole che oggi la separano da via Pacinotti, erano occupate da case (vedi carta dal Pagano e foto sopra), che limitavano a ponente il vicolo: furono poi demolite nel luglio 1963, per allargare la viabilità della Crociera (come appare in alcune foto degli anni ’10-’20, nelle quali tra l’altro si scorge che oltre le officine elettriche vicine, ad avere  una alta ciminiera erano anche i due corpi di fabbrica di cui tutt’ora permane la struttura a delimitare la strada- vedi foto1-.

STRUTTURA

   Vicolo privato;  collega via A.Pacinotti con via E.Degola; praticamente inutilizzato a scopo viario.  Inizia pochi metri dopo il sottopasso della ferrovia.

   A monte del sottopassaggio esiste un microscopico rientro –vedi foto 4 e 5-, sino a pochi anni fa ancor chiuso da un cancello, con una porta il cui civico -che appare posto all’entrata ora murata sul lato sud del caseggiato- è l’ultimo (57r) di via A.Pacinotti.

 

 

CIVICI:  

L’intero e basso edificio è composto di due parti contigue di diversa altezza: a monte ad un piano, a mare alto due piani; anche il tetto appare asimmetrico, con vertice bombato nel tratto a mare; rettangolare a monte.

Anche funzionalmente sono due edifici consecutivi ma differenti: quello prospicente via E.Degola, ha l’ingresso in questa ultima strada; e in via Alberto di Bozzolo ha solo quattro aperture,  chiuse da saracinesche, senza numerazione.

===1r  nel 2007 è l’ unico riconosciuto, posto quasi al centro della facciata ed appartenente alla metà a mare che ha altre aperture sulla strada, differenti da quelle dell’altra metà ma anch’esse senza numerazione.

Nel 1961 c’era  il commerciante di frutta Nizzo C.

Sino all’anno 2001 erano ambedue fatiscenti edifici – capannone, residui di ex officine di non precisata natura. Gli ingressi erano murati. Ristrutturati all’esterno, sino ancora all’anno 2002 apparivano internamente abbandonati, con la porta sfondata e  le finestre aperte ai piccioni ed all’intemperie; vuoti e presumibilmente in vendita  anche se nulla lo indicava. Quello a mare, più alto, dal 2003 è utilizzato al piano superiore dalla società Spazio-Danza (con prima sede in via Pittaluga (vedi)). Non sappiamo se la società occupa anche il piano che appare chiuso.

Quello a monte, nel 2006 fu riattivato ed aperto in via E.Degola per ospitare una Chiesa Evangelica (vedi)

===civ 3r, nel 1950-61, Losi G. si interessava di carta da macero

===civ.4r nel 1961 (nei palazzi distrutti), la sede dell’autotrasporti Calcina L.0

===civ. 14r nel 1961 (idem; e dal 1940), la ditta Noli M, ottoniere       

Come già scritto, nella rientranza tra la ferrovia e l’edificio, sulla facciata sud  di quest’ultimo compare un civ.57r che apparterrebbe all’ultimo  rosso di via Pacinotti.     

                                  

DEDICATA:                                                

   Ad uno dei tre consoli che governarono  nel borgo  nell’anno 1131 (Non sono mai riuscito a leggere da dove è tratta questa informazione storica. La data è citata anche dal Novella, e dovrebbe riferirsi al XII secolo;  la targa  ed il Dizionario delle Strade della Vigliero a pag.35 invece dicono XIII sec.. Storicamente il periodo del  ‘Comune dei consoli’ finisce  col finire del XII secolo, iniziando dopo esso il ‘Comune dei podestà’. Sul Caffaro, anno 1131, non c’è alcun accenno alla nomina dei tre).

   Della persona, si sa poco o meglio, nulla,  al di fuori del nome.

   Si sa (ma, ripeto, personalmente non so da quale fonte è stato tratto) che nel 1131  Oberto de Bozolo, assieme a Bongio de la Sala e Pietro de la Plada, furono eletti consoli dal parlamento locale (i nomi, stranamente spagnoleggianti, si riferisce siano scritti con caratteri antichi ed a mano, e possono essere letti diversamente:   Oberto o Alberto; Bozolo o Bosolo, Bangio, Biagio, Boudio; Sala o Scala; Plada o Spada). A quei tempi, nel 1200, molti erano quelli che si chiamavano Obertus, Obertinus, Ubertus ed anche Albertus, Albertinus, Alberton  (ed al nome spesso seguiva il paese di provenienza: così  Oberto de Novis, Oberto di Camogli, Oberto de Langasco).

Dato che nel 1933 la strada non appare ancora  intitolata, si presume che nel clima di estrema italianizzazione dei nomi, anche Oberto abbia trovato un sollecito impiegato che lo trasformò in Alberto. 

   Famiglia = La Scorza, nel suo testo, scrive che Bozolo proviene dalla omonima località della Riviera di levante, e che come famiglia fu ascritta nel 1528 nella famiglia dei Doria. Descrive altresì un complicato stemma: “d’azzurro al mastio torricellato a destra di un pezzo d’argento, aperto nel campo, la torre sinistrata da un leone d’oro tenente un’ancora senza trave capovolta al naturale, il tutto fondato di verde”. Briasco scrive il nome con l’accento sulla seconda o: “Bozzòlo.

   C’è notizia di una famiglia borghese Bozolo, però posteriore di 200 anni, genovese (di Soziglia) e forse tavernieri (poiché citati su atto notarile, il 22.5.1341, avendo acquistato una partita di vino, pagandola a rate). 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 A Genova, nella cattedrale presso il portale di san Giovanni -stipite sinistro- c’è una tomba di una famiglia Bozolo, risalente al 1342, posta sotto la soglia d’ingresso (era coperta da una lastra –ora rimossa-, con semplice epigrafe). Fu quindi un Giovanni e suoi fratelli (ed eredi), fu Guglielmo a scegliere questo posto privilegiato – la porta di s.Giovanni il Vecchio - per sepoltura di famiglia

Nel muro, inserita nello stipite di un più antico portale romanico della Cattedrale, a poco meno di due metri da terra,  c’è  - come una anta apribile - una scultura (37x69 cm.) in altorilievo di una Madonna in trono - detta “Madonna del soccorso” - con Bambino ed Angeli - posti nel fondo con scopo di reggicortina -. Dentro una fascia orizzonatele, due stemmi (dei due fratelli) dei Bozzòlo, scalpellati nel 1797.   Sullo stipite si leggono –scritti in gotico - la data ed il nome: 

«+.M.CCC.XXXXII.DIE.XV.AGUSTI.S.JOHJS. 7.GULLI.D.BOZOLO.TABR.FRM.7.HEREDUM »

(in chiara lettura senza abbreviazioni è “+ MCCCXXXXII DIE XV AGUSTI Sepulcrum JOHannIS et GULLIelmi De BOZOLO TABernariorum FRatruM et HEREDUM”   mentre la traduzione appare così: “ nel segno del Signore, anno 1342, giorno 15 di agosto, questo è il sepolcro di Giovanni e di Guglielmo di Bozzòlo, fratelli tavernieri, e degli eredi”.

 


 

Il bassorilievo fu eseguito da sconosciuto scultore campionese.

Briasco ed i Remondini, interpretano  FRM per fratrum; Banchero e Miscosi leggono FABR per fabrum; Di Clario ha interpretato con TABB.

Dove è il segno 7, Briasco legge una ‘et’ (e quindi due fratelli; per due stemmi); Miscosi, Banchero e Di Clario lo leggono come una “q” di quondam ovvero ‘fu’, quindi Giovanni fu Guglielmo.

Miscosi scrive che il sepolcro era stato preparato prima della loro morte e che la scelta della Madonna  è significativa della forte devozione della famiglia (ma di tutti i genovesi) in quei tempi.

   Di un paese Bozzolo, sappiamo che è tutt’ora una frazione subordinata a Levanto: sono dell’anno 1132 i primi  documenti riguardanti questo centro, con riferimento alla guerra condotta da Genova -alleata con i signori di Passano (a cui promisero terre ed un castello per l’aiuto)- contro  Levanto.

Negli annali di Caffaro viene citato il ‘castello ossia la villa di ...Bozolo’: a novembre il marchese Uberto Pelavicino invase ‘con grande oste’ il territorio della Repubblica occupando anche questa piazzaforte. Il podestà di Genova reagì inviando un forte esercito che lo costrinse alla fuga.

Delle carte, si cita l’esistenza di un Graziolo de Bozolo, presumibilmente compaesano, che nel 1349 era taverniere nel carugio Pera  (“carrubus Peyre”), in Genova; molto probabile quello descritto sopra.

 

   Del nostro borgo,

La storia della chiesuola di s.Agostino (vedi in via della Cella) dimostra e suffraga che già prima dell’anno 1000 esisteva una comunità capace di erigere una cappella in muratura al centro di un agglomerato sparso e probabilmente eretto e coperto con materiale ligneo e paglia. Essendo anche praticamente tutti analfabeti, nessuno era ancora in grado di assumere un comando, se non basandosi sul potere o prepotenza dalla famiglia che, a sua volta valeva in base all’estensione del territorio occupato.

Negli anni attorno al periodo di vita di Oberto, si descrive che nell’anno 1056 San Pier d’Arena, composta da poche centinaia di abitanti, era già soggetta al potere di Genova (il quale fa iniziare la sua storia con primitive organizzazioni familiari, occupanti un rione – dette Compagne - gradatamente coinvolgenti in consorzi le attività marittime, militari e giudiziarie.   Dall’unione di esse, fino ad otto circoscrizioni – circa nell’anno 1100 - nacque la Compagna Communis, destinata a chiamarsi brevemente Comune) osservandone le leggi, pagando le tasse (all’Arcivescovo  si pagavano le ‘decime del grano’), fornendo soldati (fanteria e balestrieri) e marinai.

In quegli anni Genova scelse essere una Repubblica: 24 anni dopo, 1080 circa, essa riuscì a  scuotersi dal giogo dell’impero tedesco di Arrigo IV  dichiarandosi libera. A governare gli affari interni -sia politici che  militari, in pace ed in guerra-  fu nominato un console, legato alla presa di potere di famiglie di imprenditori marittimi fautori dell’espansione verso tutta l’area del Mediterraneo (ma di cui alcune legate con l’Impero e per ciò dette “feudali”; altre investite dalla Chiesa dette “viscontili”. Da esse poi ebbero origine i guelfi (Fieschi e Grimaldi) ed i Ghibellini (Doria e Spinola))Iniziarono i tempi  dell’espansione territoriale circondaria (nell’entroterra di ponente sino a Voltaggio e partecipazione alla fondazione di Alessandria; sulla costa ponentina fino a Savona e Taggia (mentre Ventimiglia preferì rimanere autonoma). Ambiguo il comportamento di Genova: di dominio anche amministrativo e politico in Liguria, di semplice sede mercantile nelle altre terre, tipo Campania e Sicilia)e delle lotte contro Pisa ed i pirati saraceni (con gli arabi in genere, i rapporti furono sempre improntati a grande tolleranza e predominio dell’affare sulle idee: solo i motivi di interesse promossero battaglie e guerre, o solo spedizioni punitive secondarie a turbativa di potere; ma questo indistintamente sia contro gli arabi che i cristiani).

   Anche San Pier d’Arena, seppur lontana dalla città e dalle mura (dette ‘del Barbarossa’) limitate a ponente dalla porta dei Vacca o più propriamente di santa Fede) iniziò sull’esempio di Genova a farsi governare da dei consoli; a quei tempi infatti era già divenuta un più denso agglomerato di case, strutturato a quartieri, chiamati:  Coscia (o Capo Di Faro) a levante,  Canto al centro-mare,  Mercato al centro-mediointerno e san Martino a nord sino al Polcevera, dove era eretta la chiesa parrocchiale; (Promontorio si aggiunse dopo). Essi erano collegati da sparsi casolari in pietra e legno, di pescatori ma soprattutto di pastori e contadini, probabilmente già alle dipendenze di ricche famiglie genovesi.

I monaci –provenienti da varie abbazie italiane e francesi- avevano già iniziato una educazione, non tanto scolastica quanto solo religiosa ed al limite, anche agricola, architettonica, sanitaria  e sociale.

  Come fosse strutturato e governato il borgo a quell’epoca, si desume con l’intuizione ed il ragionamento, perché una delle prime carte scritte esistenti all’Archivio che parlano del territorio, fu stilata pochi anni prima del 1139  (essa chiarisce una tra le varie funzioni che aveva il cintraco: l’assegnazione dei posti di guardia ai  cittadini dei sobborghi e vallate, chiamati al servizio attivo (mentre per altri sobborghi, non tenuti  al servizio, si poneva una tassazione in denaro o natura): così si legge  «homines Sancti Petri Arene, qui soliti sunt facere guardiam, debent  eamdem guardiam facere; ......homines de Prementore et de Basali per unumquemque debent dare  phiolam unam olei......  (gli uomini di San Pier d’Arena che sono già soliti fare la guardia, debbono continuare a farla; ....gli uomini di Promontorio  e  Basali    (- ovvero  di  san  Bartolomeo -  ndt)  ciascuno  debbono  dare  una  fiala  di olio...)». Ogni paese quindi offriva alla comunità o una compagnia di soldati (balestrieri o marinai), o olio (per il Faro o uso comunale).

   Il borgo ebbe da allora una autonomia politica ed amministrativa locale, anche se fondamentalmente sottoposta alle decisioni centrali della città; ovvero il Console si riuniva con gli altri genovesi per decidere l’amministrazione politico-militare (lasciando ad altri Consoli l’amministrazione giudiziaria) del territorio. Per evitare litigi, si arrivò ad eleggere un superpartes in un forestiero che ebbe sotto di sé gli 8 più ricchi e colti (nobili) e quelli  minori (popolari).

   Qui in riviera questa istituzione democratica,  comprendente tutti gli uomini dai 17 anni in su, veniva confermata tramite elezione annuale; si riunivano all’aperto nella piazza del Mercato oppure presso la pieve di San Martino e legiferavano i provvedimenti locali da prendere (come  far costruire un castello a difesa sulla spiaggia -ove poi si trasferirono le riunioni-; o nominare ed  assegnare le cariche ai consiglieri (detti “massari”), o  eleggere un cancelliere (che doveva essere anche notaio e quindi persona di cultura), ed anche un cintraco (quale pubblico banditore e quindi elemento di riferimento e connesione col governo centrale, nonché custode del pubblico orologio),  nonché  un custode del pubblico orologio). Come detto, il governo locale non somministrava giustizia, essendo questa affidata al Podestà della Polcevera residente prima a Bolzaneto e poi a Rivarolo. Nel 1257 il sistema centrale fu modificato, creando i Capitani del Popolo; e nel 1339 con l’esclusione dello straniero si passò all’elezione del Doge.

   Nel 1773 sul Vinzoni si legge: «Governo di Rivarolo/ ossia/ della Polcevera/ Valle amenissima per la bellezza, e sontuosità degli Edifici, e Giardini, che ui (sic) si vedono, e particolarm.te  in Sanpierdarena, che non ne sono pari in Europa./ È una delle tre Podestarile della Città Dominante.-/….in uno spazio di quindici miglia, dove sono otto Pieui (sic; per pievi)…/Il Governatore risiede in Riuarolo, che viene eletto dalla Rep.ca per due anni dell’Ordine Nobile, e del n° del Minor Consiglio con L’annuo salario di £.5222.4:11., et un Dottore per Vicario; et ha soggetti l’infrascritti Luoghi. Cioè/  Pieve  di Sanpierdarena/ distinta in 3. quartieri/ cioè/ Della Pieve/ Mercato, e Capo di Faro./ Cornigliano Superiore./ Cornigliano Inferiore./ Campi./ Riuarolo sotto./ Promontorio./ Gallieno./…./ Sanpierdarena. Al Lido del Mare, che contiene più d’un miglio di spiaggia comodissima al varar delle Naui. I Cauaglieri, e Cittadini di Genova vi anno innalzato insino al colle un numero grande di superbi Palazzi, con i loro deliziosi Giardini per passarui i più belli giorni dell’estate, e dell’autonno: con 7. tra Collegi, e Conuenti»  (seguono la  Pieve di Rivarolo, di Mignanego, di S.Cipriano, di Ceranesi, di Serra, di S.Stefano, di S.Ulcere).

Questo  ordinamento, rimase immutato sino al 1800, quando col governo napoleonico si applicarono profonde  e radicali riforme.

 

foto 1

 

foto 2                                                                foto 3

 

foto 4                                               foto 5

 

 

BIBLIOGRAFIA

-Archivio Storico Comunale – Toponomastica,  scheda 071

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-Poleggi E. &C.-Atlante di Genova-tav.33

-Scorza A.MG-Le famiglie nobili genovesi-Olivieri 1924-

-Varese C.-Storia della Repubblica di Genova-Gravier.1837-vol.I-pag.6

-Vinzoni M.-Jl Dominio della Serenissima…-CIElettricheLI.1955-pag.58

non citato su Piastra e Dizionario biografico dei Liguri